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Autore: Juliet_Dianna    21/09/2017    0 recensioni
C'è chi crede nella sfortuna, chi nei mostri, negli angeli custodi o chi è semplicemente superstiziosa.
Jonathan non credeva in niente di tutto questo, la sua testa era tra le nuvole ma solamente quando pensava al suo futuro non di certo perché pregava che delle cose belle potessero accadere solo grazie alla sua fede. Era uno scrittore, le cose immaginarie, secondo lui, potevano esistere solo nelle sue storie. Tutto questo fino a quando un evento sconvolgerà la sua vita e si ritroverà faccia a faccia con il suo angelo custode, Sebastian.
Genere: Angst, Comico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Jonathan era ancora un po' scosso dalla vista di Sebastian nel suo bagno e stava provando sentimenti contrastanti alla scena che gli si mostrava di fronte, era felice perché sapeva che stava bene ma in realtà fisicamente non stava bene, aveva il viso livido in alcuni punti e del sangue ricominciava ad uscire ogni qualvolta l'angelo puliva la ferita. Il mezzo sorriso che Sebastian gli aveva appena rivolto lo aveva risollevato un minimo ma non abbastanza per essere sicuro che tutto fosse sotto controllo.

Sebastian raccolse tutti i pezzetti di ovatta ormai rossi che aveva gettato nel lavandino e li buttò nel cestino che si trovava al lato del bagno, passando così accanto a Jonathan ancora fermo nella sua posizione iniziale.

"Cosa hai fatto?" chiese Jonathan mentre ispezionava ogni centimetro di pelle malridotta di Sebastian.

"Qualche attaccabrighe era in vena di divertirsi, ma se la sono presa con l'angelo sbagliato. Non guardarmi in quel modo, loro stavano decisamente messi peggio." Disse Sebastian con un sorriso soddisfatto sul volto.

"Degli angeli ti hanno picchiato?" continuò a chiedere Jonathan mentre aiutava l'angelo a sistemare il bagno.

"No, erano umani."

A quest' affermazione Jonathan si fermò e fece fermare anche l'angelo afferrandogli il braccio.

"Qualcun altro può vederti?"

"Si, mi sembrava di essermi dimenticato di dirti qualcosa, a quanto pare non sono più il tuo piccolo segreto." Rispose in tono ironico.

"Che fine ha fatto tutta la storia dell'invisibilità? Ti si è rotto quella specie di interruttore che avevi?"

"Interruttore? Cosa pensi sia? Un robot? Ovviamente non mi si è rotto il mio interruttore dell'invisibilità," disse l'ultima frase mimando due freccette con le dita "i miei poteri continuano ad andarsene e questo è il risultato."

"Non riesci neanche a curarti." Constatò Jonathan continuando a guardarlo negli occhi.

"Già e se vuoi scusarmi devo rimediare a questo disastro." Lasciò la presa del ragazzo ed evitò il suo sguardo, ma Jonathan aveva notato, Jonathan aveva visto. Nello sguardo di Sebastian era nata un'infinita tristezza quando ha dovuto ammettere di stare perdendo lentamente i suoi poteri. Un piccolo velo che gli aveva ingrigito lo sguardo si era fatto avanti in quegli occhi che solitamente portavano nella vita di Jonathan una serenità che da un po' di tempo lo aveva abbandonato.

Con uno sguardo Sebastian fece sparire tutte le piume e le gocce di sangue che aveva sparso per grande parte dell'appartamento.

"Almeno sono ancora utile a qualcosa." Disse con un piccola dose di orgoglio nella sua voce.

Jonathan aveva appena iniziato a pensare a tutti i problemi che questa situazione gli avrebbe portato ed a come probabilmente si stesse sentendo Sebastian in quel momento e che lui non avrebbe potuto fare nulla, che sentì il padre chiamarlo dall'entrata.

"Jonathan! Sei a casa?"

Come un lampo Jonathan prese Sebastian per il braccio e lo condusse nella sua camera, quel gesto gli ricordò molto la prima volta che aveva visto l'angelo e che cercava di nasconderlo dagli occhi del padre.

"Cosa diavolo stai facendo?" chiese Sebastian che non opponeva resistenza al tocco di Jonathan che lo stava strattonando dirigendolo verso il suo armadio.

"Non vuoi farlo davvero!?" disse con tono incredulo ed irato l'angelo, fino a che con un ultimo strattone ed un piccolo calcio Jonathan lo fece finire dentro il suo armadio circondato da diversi cappotti che stavano cadendo uno ad uno a causa della presenza inaspettata dell'angelo.

"Sono un fottuto angelo, non puoi chiedermi in un armadio come se fossi un-" Sebastian venne interrotto da Jonathan che chiuse con forza le ante dell'armadio, zittendo l'angelo e lasciandolo nell'oscurità di quel piccolo posto.

"Quel ragazzino ha più forza di quanto pensassi" disse sottovoce mentre fece cadere gli ultimi abiti rimasti sulle stampelle per puro divertimento, un ghigno soddisfatto gli nacque sul viso.

Anthony continuava a chiamare il figlio.

"Jonathan, cosa è questo trambusto? Jonath-"

Il figlio gli si parò davanti prima che Anthony potesse finire di chiamarlo, Jonathan era visibilmente affannato e si sorreggeva allo stipite della porta mentre guardava il padre.

"Ciao pà! Tutto okay a lavoro?" chiese Jonathan con un grande sorriso.

"Si, cosa hai distrutto esattamente? Ho sentito diversi rumori."

"Oh nulla, era entrato solamente un insetto che mi stava infastidendo e l'ho cacciato via." Stava davvero paragonando Sebastian ad un insetto entrato dalla finestra, in qualche modo era proprio così che Sebastian era entrato nella sua vita.

"Ultimamente sei strano," disse mentre si stava togliendo la giacca "Vado a farmi una doccia, dopo ceniamo insieme?"

Il tono del padre era quasi supplicatorio, era un po' che i due non mangiavano insieme a causa degli orari di lavoro di entrambi, ed erano più le volte che parlavano mentre uno dei due entrava e l'altro usciva.

"Certamente." Gli rispose Jonathan, il loro rapporto sembrava che stesse riprendendo ad essere come quello di una volta, Anthony dopo la morte della moglie era cambiato drasticamente, era diventato più freddo e distaccato. Ma come Jonathan aveva potuto constatare poco tempo prima, ci sarebbe stato sempre per il figlio ed anche se ora il loro rapporto non era dei migliori potevano sempre contare l'uno su l'altro.

"Cucino io!" disse felice Anthony prima di dirigersi nel bagno.

Per fortuna pochi minuti prima Sebastian aveva mantenuto la sua promessa ed aveva sistemato tutto.

Appena Jonathan sentì la chiave del bagno girare si avviò verso la sua stanza.

Aprì l'armadio e trovò Sebastian seduto a terra che giocava con un cappello di lana che aveva trovato lì dentro.

"Finalmente." Sbuffò mentre uscì dall'armadio continuando a maneggiare l'oggetto in mano.

"Hai lottato con i vestiti?" chiese Jonathan con tono alterato mentre osservava il disastro che si trovava davanti, tutti i vestiti che prima erano ordinatamente posizionati sulle stampelle ora erano tutti a terra, arrotolati ed ammucchiati tra di loro.

"Mi avevano provocato" Disse sorridendo l'angelo mentre si sedette sulla sedia girevole di Jonathan che si trovava davanti la sua scrivania.

"Non sei divertente" disse in tono seccato Jonathan.

"Io invece penso di esserlo, molto." Fu la risposta dell'angelo che ora stava roteando sulla sedia con la testa appoggiata sullo schienale di finta pelle ed osservava l'umano sistemare gli indumenti.

"Potresti darmi una mano invece di stare lì a fare nulla."

"No grazie e guarda che sto facendo qualcosa, sto cercando una spiegazione sul perché tu stia ancora tenendo questa oscenità nel tuo armadio." Disse alzando il capello con il braccio.

"È un regalo e ci tengo." Gli tolse il cappello dalle mani e lo riposizionò al suo posto. Sebastian platealmente fece la faccia offesa, prendere in giro Jonathan era una delle cose che preferiva fare e vedere le sue reazioni lo rendevano felice.

"Ah ora ricordo," cominciò l'angelo con tono canzonatorio "te lo regalò quella ragazza, quella per cui avevi una cotta ma non sei mai riuscito a dichiararti."

"Smettila." L'imbarazzo cominciò a crescere e Sebastian lo notò dalla voce di Jonathan.

Decise di lasciarlo perdere, per adesso.

"Non hai proprio ripreso da me." Disse canzonandolo Sebastian.

"Se non la smetti di fare quel ghigno ti ricomincerà ad uscire sangue dal taglio che hai sul labbro, buffone."

Sebastian alzò gli occhi al cielo e continuò ad osservare Jonathan che sistemava il disastro da lui creato.

"Sai mi è sempre piaciuta questa bacheca." Disse indicando la grande bacheca che Jonathan aveva posizionato proprio sopra la scrivania.

"Già, ne sono molto orgoglioso anch'io." Gli rispose Jonathan.

Sulla bacheca erano attaccati articoli di giornale scritti da Jonathan che era riuscito a vendere a qualche piccolo giornale, alcune recensioni che aveva scritto per dei blog online, foto di paesaggi che lui stesso aveva scattato durante i suoi viaggi e qualche biglietto di concerti o spettacoli teatrali ed altre foto della sua infanzia che lo ritraevano con la sua famiglia o con degli amici.

"Sai ti rappresenta molto." Gli disse l'angelo mentre accarezzava i piccoli pezzi di giornali.

"Disordinata ed inutile?"

"No, interessante e sognatrice. Sai la cosa che mi ha sempre affascinato di voi umani è che continuate a sognare, continuate a sperare, ad andare avanti, anche quando succedono le cose peggiori o vi ritrovate in qualcosa che è più grande delle vostre potenzialità, non mollate. Trovate conforto nelle cose che possono sembrare futili ma che in realtà sono importanti ai vostri occhi, che sia un tramonto, un sorriso di un bambino o un cane che vi si avvicina per farvi delle feste. Queste singole cose possono essere rappresentate da questo pezzo di sughero intriso di ricordi e di prospettive future. Ogni singolo pezzo di questa bacheca rappresenta qualcosa che tu sei, una parte di te, unendo pezzi della tua vita che ti hanno fatto diventare quello che sei. Ed anche se è disordinata questo non la rende meno magnifica di quanto lo sia."

Jonathan aveva osservato per tutto il tempo Sebastian mentre parlava, la malinconia nella sua voce lo aveva rattristato, sembrava che l'angelo invidiasse tutte quelle cose che aveva appena elencato, che gli umani riuscivano a provare. Gli si avvicinò e cominciò ad indicare uno per uno quei pezzetti di carta che erano attaccati a quella bacheca come tutti i ricordi che essi custodivano erano attaccati al cuore di Jonathan.

"Quello è il primo articolo che mi pubblicarono, era per il giornalino della scuola, non mi interessava il numero di persone che lo avrebbe letto o se la maggior parte lo avesse utilizzato per fare delle palline di carta da lanciarsi durante le lezioni. Era il mio primo lavoro di scrittura e quando la mia insegnante lo lesse e disse che andava bene per essere pubblicato, ero la persona più felice del mondo. Il giorno in cui fu consegnato il giornalino presi diverse copie e quando finalmente le lezioni terminarono corsi a casa per fare vedere a mia madre che finalmente ce l'avevo fatta, finalmente il mio nome era scritto sotto un articolo. Lei era felice per me e mi disse che il secondo passo sarebbe stato un mio romanzo." Jonathan dovette smettere di parlare a causa dei singhiozzi che il ricordo della madre gli aveva causato.

"Sono sicuro che sarebbe orgogliosa del lavoro che stai facendo." Gli disse Sebastian confortandolo con una pacca sulla spalla.

Il seguente silenzio fu interrotto dalla suoneria del cellulare di Jonathan, passandosi una mano sugli occhi per togliere le lacrime nascenti si avviò sul letto dove si trovava il cellulare. Rispose con la voce più felice che potesse utilizzare in quel momento. Sebastian ascoltò la telefonata senza intromettersi mentre cercava di far avvicinare Zeus, che era appena entrato nella stanza, ricevendo solamente un soffio da parte del felino.

"Vorrei proprio sapere cosa ti ho fatto." Disse l'angelo rivolto al gatto che si andò a rannicchiare sulle gambe del padrone.

"D'accordo Elle, allora a domani."

"Elle? La figlia della signora Rhyme? È successo qualcosa?" chiese sopraffatto dall'ansia Sebastian.

"Calmati, non è successo nulla, vuole solamente parlarmi della libreria. Spero non voglia chiuderla." Jonathan era pensieroso mentre accarezzava il pelo morbido di Zeus.

"Beh Elle odia quel posto, sarebbe la scelta più ovvia. Anche se dispiacerebbe anche a me se decidesse di farlo."

"Già" rispose Jonathan mentre si tolse Zeus dalle gambe e prese la piuma di Sebastian che aveva sul comodino.

Si diresse verso la bacheca sempre tenuto sott'occhio dall'angelo e la attaccò vicino al suo primo articolo di giornale.

Notando lo sguardo confuso che l'angelo gli stava rivolgendo, gli rispose:

"Anche tu sei una parte di me."

  
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