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Autore: Rinalamisteriosa    21/09/2017    2 recensioni
[Piramide di paura]
[Post-movie | Piccola one-shot, 596 parole]
Elizabeth era morta e il suo cuore, il cuore di Sherlock Holmes, era stato sepolto nella fredda terra insieme a lei. Ne rimaneva solo un residuo essenziale, un riflesso distorto in uno specchio apparentemente perfetto, nulla di più. Risanato in parte dal suo lavoro di consulente investigativo, votato all’unica amicizia che nemmeno lo scorrere incessante del tempo aveva arginato.
{Prima classificata al contest multifandom “Mr Holmes, I suppose” indetto da Setsy e MontyDeeks sul forum di EFP}
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un ponte perfetto tra ragione e cuore

 

 

 

 

 

 

Dimenticare Elizabeth Hardy non fu esattamente facile, non fu come il naturale rimarginarsi e cicatrizzarsi di una ferita superficiale sulla pelle.

Talvolta, chiudendo le palpebre e aprendo la mente, ne rivedeva nitidamente i particolari: i capelli dorati, lunghi e pieni di morbidi boccoli da accarezzare, il profilo delicato del viso, i lunghi abiti scuri, le sue mani delicate che tentavano di prendere un libro da uno scaffale della biblioteca e il sorriso amabile che ella riservava solo a lui, quando l’aiutava a capire qualcosa, quando lo vedeva interessarsi vivamente alle invenzioni bislacche e discretamente geniali del vecchio zio.

La morte prematura della graziosa nipote del professor Waxflatter era ancora vivida nella mente instancabile di Sherlock Holmes, il dolce ricordo di Elizabeth era capace di scaldargli piacevolmente il cuore, e allo stesso tempo di stringerglielo in una morsa dolorosa.

La riteneva una pura contraddizione, questa, legata all’organo pulsante che teneva in vita ogni essere vivente.

Era proprio vero, allora, che “il cuore ha le sue ragioni e la ragione non le conosce”.

Però la logica, le deduzioni, gli indovinelli, gli enigmi si rivelarono invero l’unica medicina in grado di lenire tutto il dolore provato e la tristezza repressa, l’unico stimolo positivo, l’ultima ancora di salvezza.

E Sherlock crebbe, divenne un uomo singolare con la forte convinzione che i sentimenti facessero parte di quelle categorie estranee, di quelle materie da scartare, inutili per il suo lavoro unico.

Questo soltanto perché, in fondo, desiderava che la carissima e gentile Elizabeth restasse la prima e l’unica donna di cui si fosse mai innamorato.

Elizabeth era morta e il suo cuore, il cuore di Sherlock Holmes, era stato sepolto nella fredda terra insieme a lei. Ne rimaneva solo un residuo essenziale, un riflesso distorto in uno specchio apparentemente perfetto, nulla di più. Risanato in parte dal suo lavoro di consulente investigativo, votato all’unica amicizia che nemmeno lo scorrere incessante del tempo aveva arginato.

Il caro Watson era sinceramente dispiaciuto di non aver avuto le competenze necessarie ad agire tempestivamente per tentare di salvarle la vita in quell’occasione: dove ella aveva fatto da scudo al suo amico, mostrandosi più coraggiosa e altruista di lui.

Nonostante tutto, i due ragazzi si erano congedati circondati da un paesaggio sì nostalgico – la scuola era il luogo in cui tutti e tre si erano conosciuti – ma anche pieno di nuove speranze e aspettative migliori.

 

 

 

*

 

 

 

Il dottor John Watson stava disfacendo i bagagli dopo il suo veloce trasferimento nell’appartamento a Baker Street, quando giunse alle sue orecchie un suono vibrato, intenso e malinconico. Pensò che Sherlock Holmes, rispetto al loro primo incontro nel dormitorio scolastico, era migliorato parecchio a suonare il violino. Lo raggiunse con la speranza di non aver ridestato in lui ricordi tristi, quando gli aveva annunciato con una certa soddisfazione di aver messo per iscritto la loro prima avventura, avvenuta molti anni prima, titolandola “Piramide di paura”. Lo osservò maneggiare con cura e attenzione l’archetto sopra lo strumento musicale, poggiato fra il collo e la spalla sinistra. Lo ascoltò in silenzio, poiché per l’ex ufficiale medico non ci fu bisogno di parole: la musica sapeva comunicare in modo eloquente. La musica rappresentava intimi ricordi, il violino la sua mente eccezionale. E l’archetto diveniva, semplicemente, un ponte perfetto tra ragione e cuore.

Non era escluso che, dopo quell’esecuzione toccante, sentita e magistrale, sarebbe tornato a essere il solito Holmes razionale, straordinario e indifferente a null’altro che non fossero i suoi casi, ma per il momento il buon Watson preferì non interromperlo. Per poter rimanere nell’illusione effimera di un sentimentalismo appena riemerso dal suo amico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

_________

Disclaimer: I personaggi citati non mi appartengono e non ho scritto a scopo di lucro.

 

La mia scelta è ricaduta su questo film e su questo Holmes che, per me almeno, è il più sentimentale, sensibile e innocuo fra i vari Holmes che abbiamo avuto il piacere di vedere sul grande e sul piccolo schermo.

Quando ho scritto la parte finale e la definizione ‘ex ufficiale medico’ riferita a Watson, intendevo fare un riferimento all’inizio del romanzo Uno studio in rosso, dove viene introdotto così.

 

Spero vi piaccia, anche se si tratta di un breve omaggio a questo intramontabile personaggio della letteratura poliziesca ^^

Rina




piramide di paura


 

  
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