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Autore: Signorina Anarchia    22/09/2017    2 recensioni
Anno 2099. Albert è un giovane ingegnere di successo che lavora in un'università svedese. Nonostante la sua carriera brillante, un giorno si accorge di aver dedicato tutta la sua vita al lavoro, e di non essere mai riuscito a stabilire un rapporto d'amore o di amicizia con qualcuno. Sentendosi terribilmente solo, decide di usare le sue prodigiose capacità ingegneristiche per costruirsi una compagna, sfidando tutte le leggi vigenti che impediscono agli umani di creare androidi pensanti.
Dal testo:
"Quel cuore artificiale pulsante, in quel momento, era per lui la cosa più vicina a un contatto umano. Lo guardava andare su e giù, quasi come se fosse vero. Poi spostò lo sguardo sui pezzi di ferro ancora da saldare, sulle siringhe piene di silicone, e sulle gocce di vetroresina già levigate. E improvvisamente gli venne un’idea."
Genere: Drammatico, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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CAPITOLO 2

 

 

You walk like a thief

 

 

Il viaggio in macchina sembrò durare un'eternità. Albert aveva cercato di ottenere più informazioni da Søren, ma il suo collega continuava ad asserire di non poter rivelare informazioni riservate.

Intanto, Albert tremava. E se qualcuno avesse saputo dell'androide? Ma come? Era convinto di aver oscurato tutti i vetri della casa, e di certo non aveva lasciato trapelare nulla riguardo le sue intenzioni. Del resto, a chi avrebbe dovuto dirlo? Gli unici rapporti che intratteneva con gli esseri umani erano di tipo lavorativo.

Gli capitava spesso di pensare così intensamente da non rendersi conto di quel che succedeva intorno. Ad esempio, proprio in quell'istante, Søren stava blaterando qualcosa riguardo al professor Walden mentre armeggiava con l'autoradio. Temendo che gli fosse sfuggita qualche informazione fondamentale, Albert tese le orecchie.

“Ci pensi, amico? Lui ha voluto proprio te! Ha detto di aver visionato il tuo ultimo prototipo e di averlo trovato eccellente, quasi come uno vero! Un po' ingombrante e poco estetico, certo, ma meccanicamente perfetto...”

Ancora quel dannatissimo cuore umano. Non appena la Mustang di Søren entrò nel parcheggio dell'università, una forte nausea lo colse. Non voleva parlare con Walden. Non voleva stare ad ascoltare le stronzate di Søren, che solo i soldi di papino avevano strappato da un lavoro in cantiere. Voleva solo tornare a casa e distruggere tutto. Buttare quell'orribile carcassa di metallo che stava generando tante paranoie in lui, e vivere il resto della sua vita da solo. Proprio così: solo, come era predestinato.

Era così assorto che non si accorse nemmeno che Søren stava parcheggiando. Scese dall'auto con il cuore in gola, e si diresse insieme a lui nell'aula 6. Søren lo scrutava: forse l'andatura lenta ed esitante di Albert aveva cominciato a insospettirlo.

“Oh, grazie al cielo!” tuonò il professor Walden non appena vide la coppia di ingegneri varcare la soglia. “Mi sono preoccupato quando non ti ho visto in facoltà, Albert. Ti incrocio sempre nei laboratori o in aula studio. Non sei mai mancato un giorno”.

“Sono...stato poco bene” dichiarò Albert, cercando di assumere il tono più sofferto possibile. Niente da fare, non sarebbe mai stato un buon attore.

Inaspettatamente, però, il professore rispose: “Lo vedo. Non hai affatto una bella cera. Sembri stremato. Mi dispiace per averti disturbato nel tuo giorno di riposo, ma ho delle novità che potrebbero cambiare il corso della tua carriera università, e perchè no, anche tante altre vite.”

Ecco, pensò Albert, ora mi dirà che ha scoperto dell'androide e che sarà costretto ad espellermi. E a consegnarmi alle autorità competenti, che mi faranno fare la fine di Engström.

“Vorrei che tu ci aiutassi a produrne un prototipo anatomicamente corretto e funzionante da poter usare per i trapianti. Gli organi scarseggiano, e con un'invenzione come la tua potremmo salvare molte persone da morte certa. Naturalmente ci serve un cuore fabbricato con materiali che possano essere impiantati nell'organismo senza causare infezioni o essere respinti. È chiaro che ti procureremo tutti gli strumenti e le materie prime di cui hai bisogno. L'università è pronta ad investire somme piuttosto alte, dato che ne guadagnerebbe in visibilità, e non solo. Pensa soltanto agli accordi con le case produttrici di protesi chirurgiche. E poi, la tua carriera universitaria...non solo entrerai a far parte del nostro albo degli studenti eccelsi, ma non avrai problemi a inserirti nel mondo del lavoro. Tutte le riviste scientifiche parleranno di Albert Ivarsson, il filantropo che ha dato una svolta al mondo della medicina.”

Albert avrebbe dovuto sentirsi sollevato, ma per qualche motivo la sua nausea era aumentata. Non solo perchè il professor Walden lo stava mettendo di fronte a troppe informazione dopo una notte passata a infrangere le leggi dello stato, ma perchè aveva paura. Avrebbe voluto essere fermato, avrebbe voluto che qualcuno gli dicesse “fermo, Al, distruggi quell'androide e nessuno scoprirà niente”. Invece il suo professore lo stava mettendo di fronte ad un'allettantissima proposta, grazie alla quale avrebbe avuto soldi, materiali e stumenti a profusione per cadere in tentazione e ultimare facilmente il suo progetto malsano. Forse, se avesse confessato in quel momento, se la sarebbe cavata con una multa e l'affidamento del progetto a qualcun altro. Ma a chi voleva darla a bere? Lui voleva con tutto se stesso il successo accademico. Voleva apparire sulle riviste, essere citato nelle classifiche degli uomini più intelligenti del mondo, vincere il Nobel...ma più di ogni altra cosa, non voleva morire da solo. Era profondamente ingiusto che un idiota come Søren potesse avere una ragazza, o due, o diecimila, mentre lui non riusciva neanche a farsi un amico. Certo, forse Søren non avrebbe mai avuto il successo accademico, ma almeno poteva dire di aver vissuto appieno senza il bisogno di costruirsi un umanoide. Detto così sembrava patetico, ma Albert non la pensava allo stesso modo. Alla fine, aveva le capacità, gli strumenti e il bisogno di costruire quell'androide. Era inabile alla comunicazione con altri esseri umani, e gli sembrava di aver trovato una buona soluzione. Era una sua scelta. Allora perchè lo stato non lasciava i suoi cittadini liberi di decidere con chi intrattenere rapporti? Se interagire con persone, oppure con una dannata macchina?

È ovvio, si rispose. Per via del caso Engström.

In quel momento, Albert prese una decisione. Era consapevole di non essere in grado di decidere da solo: voleva disperatamente compagnia, ma allo stesso tempo non voleva trascorrere il resto dei suoi giorni in galera, più solo di prima. Quindi avrebbe lasciato decidere al caso: bastava una sola, singola domanda al professor Walden. Se egli avesse risposto affermativamente, Albert avrebbe abbandonato per sempre ogni idea assurda sulla costruzione di umanoidi. Si sarebbe rivolto a un bravo psicologo, e avrebbe provato a interagire con persone reali. Ma se invece il professore avesse risposto negativamente, lo avrebbe un segno del destino. Albert non credeva in Dio, ma come tutti, in quel momento sentiva di aver bisogno di aiuto con una scelta importantissima. Quindi prese coraggio, e si rivolse a Walden che aspettava trepidante la sua risposta

“Lavorerò da solo, professore?”

Walden si volse verso le grandi finestre dell'aula, con le braccia incrociate dietro la schiena.

“Temo che nessuno sia al tuo livello di preparazione, figliolo. Ma abbiamo Søren qui che passerà abitualmente in laboratorio a rifornirti di materiali e a controllare che tutto proceda per il meglio. Naturalmente, se le cose dovessero risultare complicate, possiamo sempre accordarci con un'altra università per fornirti un valido aiutante...”

”Laboratorio?” lo interruppe Albert “Lavorerò nel laboratorio dell'università?”.

Il professor Walden scoppiò in una grassa risata: “E dove vorresti lavorare, Ivarsson? A casa tua?”. Ma nel giro di qualche secondo tornò serio: “Scherzi a parte, ragazzo. È chiaro che il tuo lavoro per conto dell'università dovrà essere costantemente monitorato. Il rettore ha espresso le sue perplessità in merito; sai com'è...ci tiene ad evitare un altro caso Engström. Naturalmente nessuno vuole insinuare che arriveresti a creare forme di intelligenza artificiale proibite dal governo, ma controllare e tenere conto dei tuo progressi aiuterà l'università a sentirsi più tranquilla con l'intero progetto. Sempre se accetti, ovviamente”.

Alla nomina del caso Engström, Albert aveva assunto un colorito verdastro, e Walden doveva averlo notato. Tentò di darsi un contegno.

“Ma certo” disse infine “Accetto”.

 

Søren lo riaccompagnò a casa in macchina. “Faresti meglio a riposarti, adesso” gli disse “È da oggi che ti vedo più strano del solito”. Albert ignorò la battuta e lo salutò con un cenno del capo, scendendo dall'auto. Aprì la porta di casa, cercando di ignorare la fitta che lo coglieva ogni volta che non c'era nessuno ad attenderlo. Si sedette alla scrivania, con la testa fra le mani. Si sentiva vuoto. Alla fine prese coraggio, e accese il computer portatile che c'era sul tavolo. Doveva assolutamente impedirsi di fare ciò che si era prefissato. Doveva sapere cos'era accaduto in passato a quelli come lui.

Avviò il browser, e in preda all'angoscia, digitò le parole “caso Engström”.

 

 

N.d.A.: Ciao a tutti! Chiedo scusa per il ritardo nel pubblicare il capitolo. Ho avuto diversi impegni, e proprio quando ho avuto un po' di tempo per scrivere, mi si è presentata la possibilità di partecipare a un concorso letterario, e quindi ho deciso di dare la precedenza a quello. Con un po' di fortuna i prossimi aggiornamenti saranno molto più regolari. Incrociamo le dita :)

Lo so, avevo promesso che in questo capitolo avremmo fatto conoscenza con il caso Engström, ma non volevo che il capitolo superasse troppo gli altri due in lunghezza, quindi ho deciso di tagliarlo. Mi rendo conto che non c'è stata molta azione; è stato un capitolo principalmente riflessivo, ma vi renderete conto che un tipo come Albert non può prendere questa decisione a cuor leggero.

Il titolo di una canzone viene da una canzone di Likke Li, “Possibility”. Potere ascoltarla qui.

Mi piacerebbe tanto sapere cosa ne pensate nelle recensioni. Mi scuso se questa fanfic procede a rilento, e capisco che questo possa portare molti lettori ad abbandonarla, ma prometto che non sarà sempre così.

Nei prossimi giorni probabilmente pubblicherò il racconto con il quale ho partecipato al concorso letterario. Se qualcuno di voi mi legge volentieri, mi farebbe piacere che ci deste un'occhiata per farmi sapere cosa ne pensate. Grazie per la lettura, ci vediamo al prossimo capitolo! :)

 

____Lun@____

  
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