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Autore: _Agrifoglio_    23/09/2017    6 recensioni
Questa è una storia molto breve, tutta incentrata su Diane de Soisson. Saranno narrate le cause - vere e presunte - che portarono alla rottura del fidanzamento della giovane, sarà analizzata la personalità dei protagonisti, in un piccolo campionario di ingenuità adolescenziale, di sogni infranti, di pragmatismo quotidiano, di inguaribile goffaggine, di meschinità umana e di grottesco senza tempo. Saranno, infine, esplorati gli stati d'animo dei personaggi e le loro mutevoli reazioni di sconforto, di comprensione, di stizza, di impazienza, di inadeguatezza caratteriale, di livore, fino all'epilogo della vicenda.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Satirico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, Diane de Soisson, Madame De Soissons, Nuovo Personaggio, Soldati della guardia metropolitana di Parigi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Una corda
 
Diane tornò a casa sconvolta come non mai e, varcata la soglia dell’abitazione, si fiondò in camera sua, sotto gli occhi interdetti di una basita Madame de Soisson.
Nei giorni che seguirono, le condizioni della giovane non fecero che peggiorare e l’umore di lei scese alle profondità di un pozzo carsico.
Come aveva potuto Gustave preferirle quell’essere volgare? E, soprattutto, come aveva potuto ingannarla in modo così spregevole? Il fidanzamento con Marie Claude Poissarde risaliva a due mesi addietro e, quindi, il tentativo di seduzione di quel pomeriggio di quaranta giorni fa era stato perpetrato dal giovane reprobo nella piena consapevolezza che, per loro due, non ci sarebbe stato un avvenire da sposi. Gustave aveva progettato deliberatamente di disonorarla per, poi, sbarazzarsene come di uno straccio vecchio, abbandonandola alla sua vergogna e, magari, ai problemi ben più gravi paventati da Madame de Soisson.
Diane era un’anima candida e, pur sapendo che esistevano, in astratto, le persone malvagie, non poteva concepire che queste le vivessero accanto o che fossero, addirittura, degli esseri a cui ella voleva bene.
Gustave de Morvan si era, in effetti, comportato in modo, prima, opportunista e, poi, abietto. Essendo stato, sin dall’infanzia, dotato di una personalità narcisistica ed egocentrica ed animato dal fermo proposito di vivere al di sopra delle proprie possibilità, sforzandosi il meno possibile, aveva sempre visto gli altri come degli strumenti da utilizzare per i suoi fini. Dopo avere conosciuto Diane, si era risolto a chiederla in moglie, giudicando quell’unione convenientissima, giacché la ragazza cumulava due doti che egli reputava essenziali, ma difficilissime da reperire in un solo essere umano: la nobiltà delle origini e la sollecitudine di un servitore. La fanciulla era così ingenua, ben disposta, arrendevole ed innamorata senza riserva alcuna che sarebbe sicuramente diventata una moglie docile, sottomessa, ricolma di lodi e prona ad ogni desiderio del suo signore e padrone. Più fedele di un cane e più schiava d’amore di un’odalisca dei racconti persiani, insomma. Ella, inoltre, sapeva cucire e cucinare molto bene e ciò avrebbe fatto sì che, dopo il matrimonio, egli si sarebbe abbigliato e nutrito molto meglio di come aveva fatto da scapolo, risparmiando, oltretutto, sul sarto e sul cuoco. Avere una moglie giovane ed innamorata, poi, gli avrebbe consentito di dismettere la sua garçonnière e di tenere per sé i soldi prima destinati alle donne compiacenti, almeno fino a quando non si fosse stancato della graziosa, ma poco conturbante consorte. Tutte queste economie gli avrebbero permesso di vivere una vita estremamente comoda, con il minimo dispendio di fatica. Successivamente, aveva conosciuto Mademoiselle Poissarde che non gli era affatto piaciuta, avendola considerata né più né meno che una detestabile villana. Egli, invece, era piaciuto a lei o, meglio, alla giovane arricchita, era piaciuta soprattutto l’idea di diventare Marie Claude de Morvan. Gustave era, ben presto, venuto a conoscenza della sconfinata ricchezza di Monsieur Poissarde e della circostanza che Marie Claude era la sua unica figlia ed erede. I due piccioncini non avevano, quindi, tardato a fidanzarsi, soddisfacendo, così, vicendevolmente, l’ingordigia di lui e l’arrivismo di lei. In tutti questi eventi, Diane aveva rivestito il ruolo di una variabile irrilevante, sacrificabile senza troppi pensieri. La piena soddisfazione di Gustave de Morvan era, però, stata offuscata dal dover rinunciare alla prospettiva di stare in intimità con la giovane de Soisson. La ragazza, fisicamente, gli piaceva tantissimo quasi quanto l’idea di appropriarsi del candore di lei, distruggendolo per sempre e rendendolo inaccessibile a qualsiasi altro uomo. L’ideale, per Gustave de Morvan, sarebbe stato prendere Marie Claude Poissarde come moglie e Diane de Soisson come amante, ma l’uomo sapeva benissimo che quell’idea era irrealizzabile, perché Diane non avrebbe mai acconsentito mentre Jean Paul Poissarde, con tutti gli sgherri che aveva al suo servizio, non avrebbe tardato a scoprire la tresca ed a punire severamente il genero adultero. Si risolse, perciò, a sedurre la ragazza, togliendosi il capriccio una volta sola. Il progetto, nelle previsioni dell’ideatore, sarebbe andato sicuramente in porto, perché Diane gli era completamente soggiogata e, oltre a ciò, il giorno della seduzione era stato, da lui, scelto con cura, cadendo proprio nel sesto mese dal loro fidanzamento. Immenso era stato lo stupore di quel libertino da quattro soldi nel trovarsi di fronte tanta resistenza ed una ragazza, da sempre ritenuta priva di volontà, che era, invece, passata alle vie di fatto. De Morvan si era risentito profondamente per quel rifiuto culminato, addirittura, in uno schiaffo, avendolo preso come un affronto in piena regola, quasi come una lesa maestà. Si era, quindi, vendicato, descrivendo Diane come un’ebete stracciona e calunniandola in modo infame, ottenendo, così, il duplice risultato di sfogare il proprio livore e di compiacere la sua nuova fidanzata che, malgrado la spavalderia, era intimamente consapevole dei propri limiti ed oltremodo contrariata dal confronto con una rivale di nobili origini.
Diane, da parte sua, si era invaghita di Gustave de Morvan perché questi era stato il primo uomo, a parte il fratello, da lei frequentato con una certa assiduità. Tutte le conoscenze maschili della fanciulla, dai vicini di casa, ai garzoni delle botteghe, fino ad arrivare ai commilitoni di Alain, erano costituite da giovani lavoratori di umilissime origini, il più delle volte, completamente analfabeti e dalle maniere spicciole e, spesso, brusche. La scarsa esperienza del mondo non aveva consentito a Diane di percepire l’affettazione e la falsità delle maniere del giovane fidanzato e, anzi, questi difetti le avevano ricordato la solennità e l’enfasi dei poemi cavallereschi. La corte di Gustave de Morvan si era, dunque, indirizzata verso un obiettivo sin troppo facile da conquistare.
 
********
 
Era trascorsa una decina di giorni dall’incidente nell’atelier di Madame Blanchard e Diane, con grande costernazione dei suoi familiari, come al solito all’oscuro dell’accaduto, peggiorava di giorno in giorno, essendo arrivata al punto di rifiutare il cibo.
Alla recrudescenza del dolore morale ed all’umiliazione subita, si erano unite una profonda delusione, in particolare, su Gustave e, in generale, sull’umanità intera e la consapevolezza dell’ineluttabilità del proprio destino. In qualsiasi modo avesse tentato di ricostruirsi una vita, qualunque lavoro avesse trovato, ovunque fosse andata, non sarebbe mai stata al sicuro, perché gli incontri come quello di dieci giorni prima sarebbero sempre potuti capitare e, magari, sarebbero avvenuti proprio nei periodi di maggiore stanchezza e vulnerabilità.
La madre non sapeva più come regolarsi con lei. Nel momento in cui il problema sembrava essersi avviato ad una soluzione, la situazione era tornata a peggiorare, divenendo più ingestibile di prima. In Alain, invece, l’impazienza stava prendendo il posto della comprensione. Aveva tentato di fare appello a tutto il suo affetto ed a tutta la sua calma, ma, nella mente del giovane, un problema, per quanto enorme, prima o poi, avrebbe dovuto risolversi, non essendo ipotizzabile, invece, che esso si ripresentasse ciclicamente ed all’infinito. Il soldato cominciava a pensare, sebbene con rammarico, che, se la faccenda non si stava risolvendo, ciò era da imputarsi all’assenza di buona volontà della sorella che preferiva crogiolarsi nel dolore e farsi compatire piuttosto che rimboccarsi le maniche e collaborare coi familiari.
Fu in questi frangenti e nel perdurare di tali stati d’animo che Madame de Soisson, una mattina, si affacciò nella stanza della figlia.
– Ti consiglio di venire in sala da pranzo e di mangiare qualcosa, così da metterti in forze, dato che, domani, dovremo lavorare molto. Io scendo giù, nella bottega qui di fronte, a comprare delle uova, con le quali prepareremo la pasta per il banchetto organizzato dalla moglie del Notaio de Hauteville. Madame de Hauteville vuole far servire ai suoi ospiti la pasta all’uovo, un alimento di provenienza italiana che io, in zona, sono l’unica a sapere preparare, avendo imparato, da giovane, da Madame Ridolfi. Pensa che Diderot e D’Alembert hanno descritto lo strumento di produzione di questo alimento di origine straniera!
Madame de Soisson sperava che il riferimento ai due letterati avrebbe risvegliato l’interesse della figlia. Sperava anche di fare un’ottima figura con la pasta all’uovo, giacché il Notaio de Hauteville, come tanti altri giuristi, apparteneva alla nobiltà di toga ed entrare nelle grazie della moglie di lui avrebbe potuto significare accedere al giro delle feste delle famiglie illustri e ricevere commissioni importanti.
La donna tornò nella sala da pranzo, salutò Alain, si mise il mantello sulle spalle e si avviò verso l’uscita, aprendo la porta di casa. Fatto ciò, si accorse di avere dimenticato il cappello e, lasciata la porta socchiusa, tornò indietro. Indossato il copricapo, si riavvicinò alla porta di casa e fu allora che questa fu aperta di scatto e con forza e che Madame de Soisson fu scaraventata a terra.
– Eccomi qua! – esclamò l’ineffabile Gérard Lasalle – Oh, Madame de Soisson, ma Voi siete caduta, lasciate che Vi aiuti a rialzarVi!
– Grazie, faccio da sola. Soldato Lasalle, se tutti i nostri militari fossero come Voi, i nemici della Francia sarebbero spacciati!
– Madame de Soisson, ma Voi state uscendo!
– Vado nella bottega qui di fronte a comprare quattro cassette di uova.
– Lasciate che Vi aiuti a portarle su.
– Noooooooooooo!!!!!!!!!!!!!!!!!
– Gérard, per favore – si intromise Alain – precedimi in caserma, dato che io ho ancora delle faccende da sbrigare.
Alain era stanco, i dispiaceri esistenziali della sorella lo stavano spossando e la prospettiva di sorbirsi le stramberie di Lasalle per tutto il tragitto lo infastidiva.
Il giovane soldato accolse l’invito del commilitone e se ne andò. Madame de Soisson scese le scale un paio di minuti dopo, quando, ormai, l’altro se ne era già andato e non avrebbe più potuto farla rotolare giù.
Fu allora che Diane uscì dalla sua stanza e si accostò al fratello con aria afflitta.
– Oh, Alain, ti prego, parlami ancora un po’ di quel malinconico soldato dall’animo gentile e dell’infelice amore che nutre per il suo Comandante!
Alain, che aveva i nervi sfibrati e che, da tempo, era preoccupato per la situazione in cui versava la Francia, considerando tutti quei piagnistei del tutto fuori luogo, se rapportati ai gravi problemi reali e contenendo, a stento, l’impazienza, rispose:
– Diane, te ne prego, lascia perdere. Si tratta di storie di fantasia, capito! André è un povero illuso, perché il Comandante non lo guarderà mai. Quella donna gode un mondo nel condurre la vita che fa, guidando reggimenti ed impartendo ordini a destra e a sinistra. Non sarà contenta finché non ci rimetterà le penne nell’infuriare di una battaglia, alla testa del suo esercito e con la spada fra le mani. Non abbandonerà mai tutto questo per mettersi a fare la calzetta e, se anche decidesse, per assurdo, di farlo, c’è la fila di pretendenti nobili e ricchi fuori dal suo palazzo. Non si sposerà mai con un orbo spiantato! Per favore, cerca di ragionare e metti al bando le assurdità. Buona giornata.
Ciò detto, Alain si mise il berretto ed andò via.
Pochi minuti dopo, Madame de Soisson tornò in casa con le cassette delle uova fra le mani e si trovò di fronte sua figlia piangente come Niobe.
La donna, non sapendo più cosa dire alla ragazza, scosse il capo, ripose le uova e si apprestò ad uscire di nuovo.
– Vado in Rue Saint Louis ad aiutare Madame Dubois i cui figli hanno contratto tutti la scarlattina. Hai capito, Diane? C’è una madre i cui cinque figli sono tutti malati di un grave morbo. Non sa quanti ne perderà, forse tutti o forse no, ma difficilmente guariranno tutti e cinque. Questi sono i problemi, questi sono i dolori irreparabili, altro che storie! Tornerò prima dell’imbrunire e, domani, cadesse il mondo, mi aiuterai con quella pasta all’uovo, perché il lavoro è tanto, da sola non ce la faccio e, se non te ne sei accorta, non siamo una famiglia ricca con decine di servitori ed è ora che anche tu dia un contributo al nostro ménage.
Madame de Soisson si accomiatò dalla figlia ed uscì.
Diane si trovò sola in casa, ma ciò non la impensierì, perché, in cuor suo, aveva già deciso cosa fare. I suoi familiari avevano perfettamente ragione, soltanto che non avevano compreso la totale incapacità di lei ad adattarsi al mondo reale. Avrebbe posto fine per sempre alle sue sofferenze. Nella bottega in fondo alla strada, vendevano corde robuste e non facevano troppe domande. Le travi del soffitto erano solidissime e di sedie ce n’era più d’una. Un semplice salto e tutto sarebbe tornato a posto.
Esiste più di un modo per volare.
 
********
 
Diane camminava per strada, frastornata e stanca. I suoni le giungevano alle orecchie ovattati e lontani. Fu così che la graziosa donna dietro di lei dovette chiamarla più volte per essere udita e farla voltare.
– Mademoiselle! Mademoiselle!
Diane si voltò, si riscosse e guardò la giovane donna gentile con cui aveva parlato nell’atelier di Madame Blanchard.
– Buongiorno, Mademoiselle, Vi ricordate di me? Sono Rosalie Châtelet. Ci siamo incontrate nell’atelier di Madame Blanchard. Oh, ma Voi avete pianto!
– No, non Vi preoccupate – mentì Diane – E’ soltanto un’allergia.
– Come Vi chiamate?
– Diane de Soisson.
– de Soisson…. Siete, forse, parente di un soldato che milita al comando di Oscar François de Jarjayes?
– E’ mio fratello.
– Io ho abitato per oltre dieci anni a Palazzo Jarjayes, grazie alla magnanimità di Madamigella Oscar! – disse Rosalie, iniziando a parlare a Diane col cuore in mano, giacché erano entrambe accomunate dalla conoscenza di una persona eccezionale.
– Quindi, conoscete lei ed André Grandier?
– E come se li conosco! Ormai, sono per me delle persone di famiglia! Le più importanti della mia vita, insieme a mio marito ed a mio figlio, naturalmente! Mi hanno accolta in casa quando ero poco più di una bambina e la vita mi sembrava finita. Mi hanno rimessa in piedi, mi hanno insegnato i veri valori e mi hanno forgiato lo spirito. Con loro, sono diventata una persona diversa. Prima, pensavo soltanto alla vendetta. Dopo, grazie alla loro guida, ho capito quali sono le cose importanti della vita.
– Si vede che, per Voi, c’era ancora una speranza.
– Per tutti c’è ancora una speranza! Perché, quella mattina, siete fuggita via, come se aveste avuto i creditori alle costole? Madame Blanchard sta proprio cercando un’apprendista e Voi le avete fatto un’ottima impressione. A Madame Blanchard basta un’occhiata per valutare le persone e di rado si sbaglia. E’ una padrona estremamente esigente, ma anche giusta ed umana. Gli insegnamenti che impartisce sono ottimi e le paghe sono eque e più che dignitose.
– Ma io stavo giusto tornando a casa e….
– Niente da fare – disse Rosalie, prendendo Diane sotto braccio – Voi, adesso, verrete con me e, fra due giorni, festeggeremo il battesimo di mio figlio e Voi siete invitata. Ci saranno le lavoranti della sartoria e molti colleghi di mio marito Bernard che fa il Giornalista. Non sono ammesse defezioni!
Le due giovani donne si incamminarono in direzione dell’atelier di Madame Blanchard.
Esiste più di un modo per volare.
 
 
 
 
La storia di Diane de Soisson è terminata. Ho voluto concederle una possibilità in più rispetto alla storia originale. Ho gettato il seme e spetterà a Diane farlo germogliare.
Madame Blanchard e Rosalie si sono accorte che Diane è una brava ragazza, ma che ha dei problemi ed hanno deciso di tenderle una mano. In particolare, Rosalie è stata aiutata da Oscar in un periodo cruciale della sua vita ed ha deciso, adesso, di restituire il favore ad un’altra creatura. Certo, Diane non ha la resilienza di Rosalie e quest’ultima non è Oscar, ma meglio di niente.
Ho voluto, invece, evitare improponibili nuovi amori, perché Diane è ridotta ai minimi termini. Dovrà, prima, farsi le ossa lavorando e capire chi è, cosa vuole dalla vita e dove vuole andare e, soltanto dopo, potrà decidere che tipo di uomo volere accanto, per il quale essere una compagna di vita e non una bambola di porcellana da proteggere.
Ringrazio tutti coloro che hanno voluto lasciare un commento ed invito quante più persone possibile a dire, sinceramente, come la pensano. Questa storia è quasi un originale, perché sfrutta una vicenda della quale è stato detto poco o nulla e nella quale i protagonisti non compaiono se non nei racconti dei personaggi e come termini di paragone degli stati d’animo di Diane. Proprio perché i protagonisti e le consuete tematiche di Lady Oscar, qui, non ci sono, questa storia non contiene facili richiami né forme di captatio benevolentiae verso i lettori. Le recensioni saranno, perciò, più che sincere. 
   
 
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