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Autore: bulmasanzo    24/09/2017    0 recensioni
Alfred ha accantonato il suo sogno di diventare un musicista per aprire un negozio di ciambelle, ma fatica ancora a definirsi un fallito. Le cose si fanno particolarmente bizzarre quando crede di concludere un affare per l'ottenimento di un ingrediente segreto per rendere le sue ciambelle più dolci, che però causa un effetto completamente inaspettato.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4

 

 

Le sirene della polizia risuonarono per la via, Steve si affrettò ad accostare per far passare la volante. Essa sfrecciò a tutta birra, infilandosi subito dopo nella corsia di sorpasso.

"Che fretta" pensò, con una lieve apprensione "Staranno inseguendo qualche criminale?"

Continuò, seguendo, senza saperlo, la stessa direzione che aveva preso quella macchina della polizia.

Più avanti, la ritrovò.

Era ferma di fronte alla ciambelleria di Alfred.

L'insegna semplice, che recitava in modo molto poco fantasioso 'Ciambelleria' a lettere maiuscole, rosa pallido su sfondo bianco, appariva come il presagio di un delitto.

"Mio Dio!" si allarmò "È successo qualcosa! In effetti Al era un po' strano l'altra volta, non voleva dirmi che problemi aveva avuto, probabilmente ha..."

Si interruppe, un poliziotto era appena uscito dal negozio con un pacchetto sottobraccio.

Raggiunse il suo collega in auto e ripartirono a sirene spiegate.

Steve li guardò sconcertato.

Non c'era nessuna emergenza, dunque, volevano solo arrivare in fretta per poter comprare delle dannatissime ciambelle!

Alfred era come sempre al bancone, aveva il gomito sul ripiano e la testa poggiata sul pugno, sembrava annoiato.

Steve fece tintinnare la campanella e richiamò la sua attenzione.

"Ti prego, dimmi che non hai appena venduto delle doughnuts a quei poliziotti"

Al girò appena gli occhi "Una scatola da cinque, gusti assortiti" disse.

"Mannaggia al luogo comune!" fece Steve, incredulo.

"Perché?" Al si stiracchiò "A me conviene"

"Quelli mi hanno sorpassato poco fa con le sirene accese, come se stessero inseguendo qualcuno!"

"Ma è così, infatti. Stavano inseguendo lo sconto" spiegò Al "C'è una offerta limitata, che dura solo oggi fino a..." guardò rapidamente l'orologio "...È scaduta da tre minuti, toh! Spiacente, Steve, tu dovrai pagare prezzo pieno"

Steve mise su un broncio "Al, non è divertente, quelli abusano del loro potere, lo sai?"

"Eh, ma non devi preoccuparti" sorrise Al "Fatman farà tutto il lavoro per loro".

Steve sbuffò "Certo. Fatman."

Si sedette e Al si mise i pugni sui fianchi.

"A te non piace Fatman" disse.

"No di certo" ammise Steve "È un ciccione che se ne va in giro a far finta di fare il super eroe, quando l'ordine dovrebbe essere mantenuto da chi è pagato per farlo"

Al sembrò stranamente turbato.

"Non mi sembra che faccia finta, io penso che stia aiutando bene la città"

"Per carità! È solo un pagliaccio!" esclamò Steve esasperato.

"Non hai sentito dello scippo che ha sventato? Della banda di taccheggiatori che ha sgominato? Del borseggiatore che ha beccato con le mani nelle tasche di quella signora?" elencò Al.

"Sono tutti reati minori." fece Steve noncurante.

"Beh, dà una mano!"

"Mah, ho un mezzo sospetto che si sia preso il merito senza in realtà muovere un dito"

"Già, e i testimoni li ha pagati?"

"Non mi stupirebbe. Te lo dico io, quello sta solo cercando di far parlare di sé"

"Perché lo pensi?" Al si strinse nelle spalle "Magari vuole davvero solo aiutare la gente"

"Perché dovrebbe? Nessuno fa niente per niente!"

"Perché, tu pensi che quando qualcuno fa una cosa gentile deve per forza averne un tornaconto?" disse Al "Ci sono persone migliori di quanto credi, in questa città"

"Ma dove vivi? Insomma, 'sto cicciobomba dovrà pur pagare le tasse, no? Secondo te, andandosene in giro ad aiutare le persone senza chiedere nulla in cambio, come cavolo le paga?"

"Ehm" fece Al "Ma che ne sai, magari fa questo nel tempo libero e, per il resto, è una persona normalissima con un lavoro normale, forse perfino una famiglia..."

"Quel lardone? Non ci conterei.

E poi, che tipo di lavoro potrebbe fare un tipo così grasso? Neppure al Mc Donalds hanno una divisa così grande."

Al si grattava la faccia, come in cerca di un argomento per ribattere "Hai la luna storta?" gli chiese invece.

Steve sospirò e si prese un bombolone dal frigo, senza neppure chiedere, e lo addentò.

"Ehi, quello ti costa due dollari" lo rimproverò Al.

"Due dollari per i clienti normali. Ma per me?"

"Due dollari" confermò Al, spingendo indietro la sedia.

"Sei proprio un amico di merda" disse Steve roteando gli occhi.

"Ho anche io le mie tasse da pagare, sai?"

Steve depositò due dollari sul bancone con fare sprezzante "Spero che ti ci compri le medicine con questi" sibilò.

"Avevo ragione, hai proprio la luna storta" disse Al ridendo. Ma Steve non rise.

"Stamani ho perso il mio lavoro" rivelò a bruciapelo "Ero passato di qua per dirtelo"

Il sorriso di Al disparve subito "Oh no!" fece "Di nuovo? Che cosa hai fatto, questa volta?"

"Niente, ho detto al capo che... Non ero perfettamente d'accordo con la sua politica..." rispose vago.

Era il terzo lavoro da cui Steve si faceva buttare fuori in sei mesi. Stavolta era stato qualcosa di più semplice, era bar tender in un pub, non avrebbe immaginato di perdere anche questo, quale idiota non riesce ad abbassare un rubinetto per spillare una stupida birra?

"Di' la verità, Steve" lo esortò Al.

"Il mio capo è un po' permaloso"

"Steve..."

"Non gli si può dire niente..."

"Cosa gli hai detto, di preciso?"

Steve tacque. Diede un altro morso al suo dolce e masticò con lentezza, sembrava studiare con attenzione la crema che ne usciva fuori.

"Steve?"

"Gli ho detto che è uno stronzo" disse, senza alzare lo sguardo.

Al battè le palpebre "Eri ubriaco quando glielo hai detto, vero?"

"No!" strillò Steve, troppo in fretta "Avevo bevuto solo una pinta, giuro!"

"Steve. Anche se non eri ubriaco, se stavi rubando il suo alcool, aveva tutto il diritto di licenziarti"

"Ma... ma lo fanno tutti!" protestò "Ce l'aveva con me, è questa la verità"

"Beh, magari è vero. Non hai fatto che lamentartene fin dal primo giorno in cui hai cominciato questo nuovo lavoro, hai detto che aveva messo troppe regole..."

"Ehi, stai insinuando che è stata tutta colpa mia?"

"Non sto insinuando proprio un bel niente" ribattè Al "Dico solo che magari, visto che era il terzo lavoro che provavi a fare, avresti potuto provare a seguire quelle regole..."

"Per te è facile criticare, tu hai questo bel negozio, tu sei a posto per tutto il resto della tua vita..."

"Io ho dovuto accendere un mutuo per poter aprire la mia ciambelleria, e non ho ancora finito di pagarlo!"

"Vabbè, quello che volevo dire è che non hai nessun dannato capo sopra di te, sei il capo di te stesso..." Steve esitò, gli occhi di colpo sgranati mentre una nuova idea gli balenava in testa "Al" fece "Potresti assumermi qui!"

"Che cosa?" urlò lui, confuso.

"Sono al verde, Al. Assumimi nella tua pasticceria!" ripetè Steve.

"Ehm... Non sto cercando nessuno, al momento"

"Alfred! Ti sto chiedendo un favore come amico!" gli occhi di Steve si sforzavano per sembrare il più disperati possibile "Avrai pur bisogno di qualcuno che ti dia una mano, non puoi mica fare tutto da solo"

"Me la cavo benissimo" Al sembrava in difficoltà.

Steve cercò di insistere, più che altro perché gli sembrava assurdo che il suo migliore amico gli potesse rifiutare un aiuto quando ne aveva bisogno.

Non sapeva che Alfred aveva soltanto una paura, che Steve potesse scoprire la sostanza, i suoi esperimenti, il suo segreto... La prospettiva lo spaventava a morte, perché a quel punto avrebbe dovuto spiegargli tutto e sarebbe andato contro le clausole del contratto che aveva firmato con il sangue. Era da un po' che iniziava a preoccuparsi seriamente delle conseguenze.

"Non ho le finanze per assumere qualcuno a tempo pieno, al momento" disse con calma "Però ti concedo volentieri un prestito"

Andò alla cassa, premette un certo bottone aprendo il cassettino. Tirò fuori una manciata di banconote e si mise a contarle. Aggiunse anche quei due dollari che Steve gli aveva appena dato per il bombolone.

Questi lo guardò con sdegno.

"Non ho bisogno di un prestito, Al. Ho bisogno di un lavoro"

Alfred aggrottò la fronte. "In questo caso, io non posso aiutarti" suonava dispiaciuto per davvero.

"Potresti aiutarmi! La verità è che non vuoi" lo accusò.

Alfred abbassò lo sguardo.

"Perché non mi vuoi aiutare, Al?"

Alfred aprì le braccia e sollevò il capo all'indietro in un gesto esasperato "Ma cosa ti aspetti da me? Gli affari non vanno così bene, non fosse per Jon e quei due poliziotti stereotipati, questo posto sarebbe praticamente vuoto"

"Non posso crederci, Al, dopo quello che io ho fatto per te, stai rifiutando di aiutarmi!" Steve era molto offeso.

"Ma non vedi che io voglio aiutarti?" Alfred avanzò disperatamente il malloppo di denaro, cercando di metterglielo in mano "Prendili, per favore, me li restituirai quando avrai trovato un nuovo lavoro"

"Non ti ho chiesto l'elemosina!"

"Non posso fare nient'altro"

"Non riuscirò a ridarteli in tempi brevi!"

"Non importa, non c'è alcuna fretta"

(Basta che stai lontano dal mio laboratorio) aggiunse mentalmente.

Steve emise una specie di grugnito di rabbia.

Con un gesto brusco afferrò i soldi e se li mise nella tasca interna del suo giacchetto. Non era veramente nella posizione di rifiutarli.

Poi prese un'altra ciambella alla marmellata, sempre senza chiedere il permesso. "Grazie" bofonchiò addentandola.

Al gli rivolse uno sguardo strano "Steve, ma hai pranzato oggi?"

"No, sono a digiuno da ieri sera, oggi ho fatto colazione con una pinta di birra e subito dopo sono stato licenziato"

Alfred si mise una mano sugli occhi.

"Vado in pausa tra due ore, ti offro il pranzo" si offrì.

"Uh" esitò Steve "Sul serio?"

"Sì, certo. Poi ti chiamo."

Erano entrati due clienti proprio in quel momento, Alfred si dedicò a loro e Steve uscì dalla ciambelleria.

Si diresse verso la sua auto.

Si strinse il giacchetto al petto e continuò a masticare la sua ciambella, aveva ancora i sentimenti confusi.

Salì in auto, cercando di organizzare nella sua testa il resto della giornata.

Ecco cosa avrebbe fatto.

Andare in banca, depositare i soldi che Al gli aveva prestato, fare un giro per schiarirsi le idee, tornare alla ciambelleria e farsi offrire il pranzo da Al...

Improvvisamente si sentì un approfittatore.

Dapprima era stato arrabbiato, ma ora stava considerando quanto fosse stato sfacciato a pretendere che Al lo assumesse.

Insomma, se gli aveva detto di no ci doveva essere una ragione valida, e al contempo il prestito era troppo consistente per credere che non potesse permetterselo.

"Sarà stato mica perché il mio curriculum è pieno di lavori falliti?" si chiese.

Il rombo dell'acceleratore lo avvisò che stava correndo, stava quasi per sforare il limite di velocità.

Non se ne era accorto.

Ci sarebbe mancata solo una multa, a quel punto, e avrebbe concluso quella bella giornata di merda.

Nel momento in cui rallentava, sentì un botto e le ruote dell'auto sbandarono.

Il volante gli sfuggì dalle mani roteando velocemente, allora tirò il freno a mano con tutta la sua forza.

L'auto si fermò stridendo, con un singhiozzo del motore che moriva.

Gli batteva il cuore.

Doveva calmarsi.

Si era sbagliato.

Non era ancora arrivato, il peggio.

Scese dall'auto e notò che aveva una gomma a terra.

Precisamente, la posteriore destra.

Ma la cosa davvero carina era che il motivo per cui era esplosa era un enorme chiodo acuminato, infilzato di diversi centimetri nel battistrada.

"Ma chi ce li ha messi?" si irritò, notandone molti altri, sparsi sull'asfalto.

"Li abbiamo messi noi, per farti fermare, andavi un po' veloce, sai com'è"

Steve non fece neppure in tempo a chiedere chi diavolo avesse parlato che si trovò la canna di una rivoltella puntata tra gli occhi.

Fece un salto all'indietro e urtò qualcuno che stava alle sue spalle.

"Non è possibile..." mormorò.

Quattro uomini dalla corporatura massiccia lo avevano circondato. Indossavano degli impermeabili e dei grossi cappelli che mettevano in ombra i loro volti.

"Facciamola semplice" cominciò quello che gli puntava la pistola addosso "Devi darci, senza protestare, quel bel malloppo di soldi che hai nella tasca della giacca"

Steve sgranò gli occhi "Come fate a sapere..."

"Genio, ti abbiamo visto" disse l'uomo che era alle sue spalle.

"Saresti dovuto essere più prudente" fece il terzo.

"Ma come..." balbettò.

Si iniziò a impanicare, gli occhi sfrecciavano da un lato all'altro della strada, alla ricerca di una via di fuga.

Eh no, non poteva star succedendo sul serio, prima veniva licenziato e dopo pure rapinato?

Quella giornata ce la stava mettendo tutta, per vincere il premio di giornata peggiore della sua vita.

Tentò di svicolarsi, passando attraverso lo spazio ristretto tra le spalle serrate di due di quegli uomini, e a quel punto venne afferrato per le braccia.

"No, vi prego!" urlò, adesso parecchio terrorizzato "Sono un poveraccio, questi soldi non sono neppure miei! Non..."

"Non urlare" uno degli uomini lo interruppe, afferrandogli i capelli per tirargli la testa all'indietro e tappandogli bruscamente la bocca con una mano.

Lo spinsero tutti e quattro, lo trascinarono, facendolo andare dietro un muro poco distante da dove c'era l'auto, allontanandosi così da quel punto forse troppo scoperto.

Steve si rese conto di avere appena ammesso, nel panico, di avere quei soldi.

Ma tanto, anche se avesse negato di averceli, gli avrebbero certamente frugato addosso.

Anzi, iniziavano già a farlo.

Non c'era modo di scappare.

L'uomo con l'arma gliela premette sulla fronte, Steve potè sentire quanto il metallo fosse freddo.

"Fatti un favore e prendili tu per noi" gli ordinò. Il suo tono era piatto, ma nascondeva una punta di impazienza.

E poi usò deliberatamente il pollice per caricare il cane della pistola.

Era pronto a sparargli!

Moriva anche l'ultima, irrazionale speranza che stessero scherzando.

"Va bene, basta che non mi fai male" disse Steve, con un filo di voce gracchiante che stentò a riconoscere come la propria.

Non aveva scelta, così si aprì la giacca e vi infilò la mano.

Lo tenevano sempre fermo, e appena tirò fuori i soldi gli acchiapparono il braccio e lo torsero, sfilandoglieli di mano.

"Poveraccio" ripetè l'aggressore. Fece passare il pollice sul bordo delle banconote facendole frusciare "A giudicare da questi, non mi sembri poi così povero"

"Non sono miei" disse di nuovo Steve "Prendeteli e andatevene"

"Aspetta, aspetta" fece quello "Che fretta hai?"

Steve strillò trasalendo, quando sentí la mano di uno di loro che gli si infilava nella tasca sul retro dei pantaloni.

Gli chiusero di nuovo la bocca e risero, sentendo quanto fosse enormemente spaventato.

Nella tasca c'era il suo telefono cellulare.

Nella custodia del telefono, una di quelle in pelle rigide che si aprivano e chiudevano con un magnete, c'era una fessura in cui se ne stava una carta di credito. Steve la teneva lì per comodità.

La estrassero.

"Uh, conto oro" lessero "Wow! Sembra qualcosa per gente importante"

Steve sentiva la derisione fendergli le guance come un rasoio appena affilato.

"Che ne pensi di andare in qualche sportello automatico a prelevare il resto dei tuoi soldi per noi?" ghignò quello che teneva la carta in mano "Così potrai dire di essere veramente un poveraccio"

Steve cercò disperatamente di dissuaderli.

Sapeva di non avere tanti contanti in banca, ma se gli avessero tolto anche quelli sarebbe finito a vivere sotto i ponti, non si sarebbe potuto più permettere di pagare un affitto.

Ed era già in ritardo di un paio di settimane, il padrone lo aveva definito un ex drogato inaffidabile, e questo era l'epiteto più gentile che era riuscito a trovare.

C'era uno sportello bancomat poco distante, i quattro delinquenti ce lo stavano spingendo contro.

Steve tentava di guardarsi intorno per capire se ci fosse qualcuno che potesse aiutarlo, ma loro gli bloccavano la visuale.

Poi lo piazzarono di fronte alla stazioncina, gli misero in mano la carta e gli puntarono nuovamente il revolver alla schiena.

"Sai come si fa, vero?" li sentiva ridere. Ridevano di lui.

Steve introdusse meccanicamente la carta dentro la fessura.

Comparve la scritta sullo schermo: "Digitare il codice PIN"

Il codice Pin...

Quale diavolo era il suo codice Pin?!

Steve si accorse che stava sudando. Il sangue gli pulsava, il cuore gli tamburava super velocemente.

Il codice Pin.

Non se lo ricordava per niente.

"Perché stai perdendo tempo?" sentì.

Il sangue gli andò alla testa, si sentì male.

Gli avrebbero sparato, era quella la fine della sua misera vita.

Non si era laureato, non aveva sfondato con la musica, non riusciva a mantenere un dannato lavoro, non aveva una ragazza fissa da secoli e doveva elemosinare soldi dal suo amico Al.

Era inutile, e ora la sua vita stava per fare la fine più ridicola che poteva.

Senza una ragione.

Respirava velocemente e non riusciva a parlare.

"Sei così terrorizzato che non ricordi il codice?" indovinò uno dei suoi aggressori.

"Ti conviene sforzarti a ricordare" ora la canna della rivoltella gli premeva sulla guancia.

Steve andò in iperventilazione.

Non voleva che gli sparassero.

Non voleva morire in una maniera così stupida.

Non prima di avere raddrizzato la sua vita.

Chiuse gli occhi e fece qualcosa che non faceva mai: pregò.

Accadde tutto molto in fretta, troppo in fretta.

Di colpo non sentì più la pressione dell'arma sulla faccia, la presa su di lui si sciolse e le urla dei quattro si accavallarono.

Steve si voltò, sgomento, e vide un grasso ciccione con indosso una tuta arancione brillante che sedeva sopra i corpi contorti di tre dei malviventi

I loro cappelli volavano via.

Urlavano, si agitavano, tentando di togliersi di dosso la massa di grasso che li bloccava.

"Fatman!" esclamò Steve sconvolto.

Il petto gli faceva male, aveva ancora il fiato corto.

Il bizzarro supereroe si mise ad alzare e piegare le ginocchia su e giù, a rimbalzare, come se stesse giocando con uno di quei palloni con il manico dei bambini.

I corpi dei delinquenti si appallottolarono, incastrandosi tra di loro e alla fine sembrava veramente che si fossero trasformati in una sfera.

Fatman afferrò le loro teste e le fece sbattere le une contro le altre.

Steve non aveva mai visto Fatman in viso, prima, ma gli sembrò che cercasse di tenerlo basso, come se non volesse farsi guardare.

Era senza parole e i suoi sentimenti erano contrastanti, ricordava le cose poco gentili che aveva detto poco prima su di lui, si chiedeva come avesse fatto a trovarlo, come avesse capito che era stato in pericolo, come...

Urlò.

Il quarto uomo, sfuggito alla carica, lo aveva afferrato alle spalle ed era disgraziatamente quello con la pistola.

Adesso gliela puntava apertamente sul cuore.

Steve registrò a mente tutti i punti in cui era stato minacciato.

Prima alla testa, poi alla schiena, alla guancia, ora al petto.

L'uomo era pericoloso.

"Brutto grassone" sputacchiò "Lascia stare i miei colleghi o questo poveraccio si troverà un bel buco in mezzo ai polmoni"

Ah, ecco.

Fatman strizzò gli occhi, le sue guancione ricoperte di ciccia sembrarono seppellirglieli.

Si alzò, rilasciando i tre uomini che si contorcevano, probabilmente agonizzanti nel dolore.

Erano semi paralizzati e sul punto di svenire.

Poi fece uno scatto così fulmineo che sarebbe stato del tutto impossibile da compiere, per una persona della sua stazza.

Chissà come, l'uomo che teneva Steve in ostaggio si trovò una delle sue enormi mani sulla faccia.

Gliela prendeva completamente tutta, il palmo da solo gli copriva occhi, naso e bocca.

Fatman spinse la sua testa contro il suolo, facendogliela sbattere violentemente.

Quello fu così sorpreso da quell'attacco che spalancò le braccia, lasciando così cadere Steve in avanti.

Non finì anche lui a terra, perché il braccio ciccione di Fatman bloccò la sua caduta.

La pistola saltò via e Fatman la afferrò.

Ma un colpo esplose con un boato assordante che fece sobbalzare Steve.

Lo aveva colpito? si chiese.

Il corpo adiposo di Fatman venne scosso in maniera violenta, la ciccia vibrava tutta attorno, come quando si lancia un sasso in uno stagno e le increspature agitano la calma piatta dell'acqua.

Ma poi il braccio si stese, la canna era rivolta verso il basso.

Fatman liberò il tamburo con un giro di dita e ne fece cader giù il bossolo vuoto, e poi tutti gli altri proiettili ancora all'interno.

Steve non riusciva a crederci, Fatman si era messo a galleggiare nell'aria mentre faceva questa cosa.

Lo aveva appena salvato.

Lo depositò qualche metro più in là, lo mise in piedi, ma appena lo lasciò, Steve si piegò, le sue ginocchia avevano ceduto.

Fatman teneva la faccia girata, i suoi capelli erano folti, ma gliene coprivano solo un lato.

Stava sudando, le vedeva benissimo quelle goccine che gli rotolavano giù per la faccia.

E Steve credette di scorgere del sangue mischiato a quel sudore.

Ma non vide bene, poiché egli ripartì a razzo, forse per attaccare di nuovo gli uomini a terra.

Poi tornò da lui e gli afferrò le braccia, spingendogliele in avanti.

Steve non capì, abbassò lo sguardo.

In una mano gli aveva messo i soldi, nell'altra il telefono e la sua carta di credito.

Nello schermo del cellulare vide che era stato digitato il numero della polizia, stava chiamando e dopo pochi secondi avevano già risposto.

"Pronto, pronto?" sentì "Polizia! Chi è? Qual è l'emergenza?"

Steve alzò gli occhi.

Fatman era sparito nel nulla, allo stesso modo in cui era comparso.

Steve realizzò in quel secondo che non aveva detto una parola per tutto il tempo, aveva solamente agito.

E lo aveva salvato, lo aveva salvato senza motivo, non era solo uno che voleva essere famoso, era un supereroe ed era reale, aveva messo fuori combattimento i criminali e gli aveva restituito ciò che gli avevano rubato.

Senza chiedere nulla in cambio.

Steve prese un profondo respiro, tentando di regolarizzare il battito del cuore.

Portò l'apparecchio all'orecchio, la voce del poliziotto continuava a chiedere spiegazioni.

"Smettetela di ingozzarvi di ciambelle e venite a prendere questi figli di puttana!"

 

 

 

 

 

 

 

note autrice:
Bene, sono tornata dalla vacanza! Come va?

Visto che lo scorso capitolo è stato, come dire, ignorato completamente, ho pensato di seguire i consigli che mi erano stati dati e di cambiare la sezione e aumentare il rating. Spero che in questo modo otterrò maggior pubblico... Non credo, ma tentar non nuoce, giusto?
Chiunque sia arrivato fin qui è invitato a lasciare una recensione :)
Ringrazio comunque quei quattro che hanno visualizzato lo scorso capitolo e chiunque abbia letto questo e gli altri! un kiss

  
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