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Autore: M4RT1    25/09/2017    2 recensioni
Remus guarda Sirius e non lo riconosce, non capisce chi sia.
Storia partecipante al Contest "We looked at each other a little too long to be just friends" indetto da Himeko Kuroba sul forum di EFP.
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Into the fire
 

 

"Lupin! Pss... Lupin! Dai, rispondimi!"

"Sirius, mancano dieci minuti alla fine del test. Non riesci nemmeno a copiare in tempo?"

"Ti prego, amico, aiutami!"

 

 

Fuoco. Rosso, arancio, giallo. Fuoco che danza, che brucia, che avanza imperterrito mentre attorno a lui il mondo muore. Fuoco che distrugge le pergamene, i compiti sbagliati, i bigliettini scambiati nel silenzio ovattato delle aule.

Remus lo osserva nel suo incedere pesante, nella sua marcia mortale. Lo guarda dal suo luogo sicuro, a gambe incrociate sul tappeto della Sala Comune. Siede sulla stoffa consunta, tra la polvere, e fissa le fiammelle. E le fiammelle si riflettono in lui, nel suo sguardo, nel verde cupo dei suoi occhi tristi.

Sirius non è un bravo osservatore. Nessuno lo è, a undici anni. Eppure sta osservando Remus. Lo osserva perché nel suo sguardo c’è qualcosa – non sa bene cosa, non ne può avere ancora idea, ma qualcosa c’è e lo incuriosisce. E’ come un fuoco, ma non è malvagio. Assomiglia alle fiamme tiepide del caminetto o al calore avvolgente della Metropolvere, e ne ha lo stesso colore. Lo osserva con la cura sfacciata di chi non ha interesse nel celare la propria curiosità e, d’altronde, sa che il ragazzino è assorto nei suoi pensieri e non si accorgerà mai del suo sguardo.

Cosi, Sirius continua a fissarlo, perché vuole capire cosa sia quella cosa nei suoi occhi.

 

Fuoco. Nero, grigio, rosso sangue. Fuoco che divampa, che distrugge, che corrode come acido qualsiasi cosa gli si pari davanti. Fuoco che rade al suolo i mattoni, i pianti, le sagome che pian piano spariscono tra le macerie.

Sirius lo fissa nella sua strana immobilità, nel suo silenzio crepitante. Lo guarda dal loro rifugio, immobile, le braccia attorno al petto tra un milione di frammenti di cenere. Se ne sta in piedi tra la polvere, nel fumo, e guarda le fiamme. E le fiamme si riflettono in lui, nelle lacrime che gli scendono sulle guance, nel grigio brillante degli occhi disperati.

Remus è un bravo osservatore. Ha trascorso la sua esistenza a guardare gli altri, perché non era abbastanza coraggioso da parlarci. Così osserva Sirius. Lo fissa perché conosce bene quello sguardo – è lo stesso di due anni prima, lo stesso di quando lo trovò in ginocchio sul pavimento del Quartier Generale. E’ come un fuoco, ma un fuoco morente. Assomiglia agli sbuffi di fumo e cenere che seguono l’incendio, a quell’odore acre di morte, e ne ha il colore. Lo fissa con l’interesse palese di chi ha trascorso anni a guardarlo, a studiarlo, consapevole che Black sappia.

Lo guarda perché sa cosa ci sia nei suoi occhi.

 

Occhi verdi, verde che un tempo era speranza e adesso è spento, come una consunta sciarpa Serpeverde o un Avada Kedavra andato storto.

Sirius guarda Remus e Remus non c’è, non c’è più. C’è il suo corpo, certo, la sua figura alta e allampanata dalla pelle chiara e dai lineamenti più vecchi dell’età che abbia. E ci sono i suoi occhi, il suo naso, le labbra e perfino quell’odiosa camicia che si ostina a indossare – ma Remus, Lunastorta, il Prefetto, l’amico, non c’è più. Lo vede, mentre si sente trascinare via dagli Auror. Lo vede per un secondo e per quel secondo apre la bocca in mute scuse. Scusa, Rem. Scusa se sono stato un cretino, se quel giorno al primo anno ti ho preso in giro, se al terzo ho baciato Mary McDonalds quando eri tu a volerla baciare. Scusa per essere stato un amico tanto pessimo.

 

Occhi grigi, grigio che una volta era affascinante e ora solo spaventoso, come un muro di cemento eretto dove un tempo c’era il loro posto.

Remus guarda Sirius e non lo riconosce, non capisce chi sia. C’è la sua voce, certo, la sua risata folle e latrante e il suo corpo snello. E c’è la barbetta, scura e ispida, la bocca e i capelli arruffati nel vento – ma Sirius, Felpato, il ragazzo di cui è sempre stato innamorato, è sparito. Non è lui che stanno portando via. Ne coglie un frammento – un frammento solitario mentre apre la bocca e poi non parla, e vorrebbe gridargli di andarsene a quel paese. Per essere stato un cretino, per quella volta al primo anno quando lo prese in giro, per aver baciato Mary McDonalds e non lui, mentre li guardava con quel misto di dolore e delusione. Per aver fatto schifo come amico, ma soprattutto per averlo abbandonato.

 

 

"Remus! Rem, amico, rispondimi!"

"Troppo tardi, Black. Dovevi pensarci prima."

"Ti prego, Rem, tu lo sai. Aiutami!"

  
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