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Autore: Sarasvati    25/09/2017    5 recensioni
★Iniziativa: Questa storia partecipa al contest “Humans +” a cura di Fanwriter.it!
★Numero Parole: 1353
★Prompt/Traccia: « Some of us were born to be different. Some of us were born to take risks » (Viktoria Modesta – Prototype)
Uomini corrotti al potere, il dilagare inesorabile di una tecnologia sempre più avanzata e in grado di rendere gli esseri umani dei perfetti burattini al servizio del sistema. Ma quando il popolo si ribella, le tragedie sono assicurate.
Genere: Angst, Drammatico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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★Iniziativa: Questa storia partecipa al contest “Humans +” a cura di Fanwriter.it!
★Numero Parole: 1353
★Prompt/Traccia:  Some of us were born to be different. Some of us were born to take risks » (Viktoria Modesta – Prototype)

UNCHANGEABLE
 
Mèl, la chiamavano i pochi che ancora avevano il coraggio di guardarla come una giovane donna che aveva combattuto per proteggere la propria terra da un male che avanzava inesorabile, colonizzando le menti di grandi e piccini.
In principio a chiunque era parso grandioso poter possedere ogni genere di comfort, nessuno aveva realizzato che dietro l’arrogante incursione della tecnologia nelle loro vite, si nascondesse una schiera di uomini potenti tutt’altro che interessati al benessere dei civili, e ben presto i pochi rimasti completamente umani, senza alcun chip impiantato nel cranio e finalizzato a tenere sotto controllo le masse, avevano dato il via ad una guerra brutale, giocata con armi il cui potenziale avrebbe potuto sterminare un intero continente in pochi attimi.
Melissa, durante la grande guerra, era sempre stata in prima fila a capeggiare gli Arkadi, un piccolo clan di umani puristi infervorati, che rifiutavano ogni forma di tecnologia avanzata, quali chip e robot umanoidi; un AK47 imbracciato e la rabbia che ribolliva in ogni sua parte del corpo, l’avevano spinta in prima linea nei più violenti scontri, nella convinzione che un giorno gli uomini avrebbero recuperato la loro umanità.
 
La notte in cui il destino di Mèl prese una piega tutt’altro che piacevole, fu quella in cui gli Arkadi, insieme ad altri clan umani, attaccarono l’ambasciata cinese, considerata uno dei pilastri dell’eccessiva modernità giunta sino a quelle terre un tempo verdi e rigogliose.
 
Il buio incombeva e le sagome dei grattacieli si stagliavano fin quasi a coprire la fioca luce della falce di luna decrescente, lungo le strade l’unico suono percepibile era quello dei macchinari della vicina industria BeRob incaricata di produrre arti ed organi bionici che le tanto stimate Colonne della società, i potenti, avrebbero utilizzato per sanare i disgraziati feriti durante le battaglie, rendendo anch’essi schiavi del loro subdolo sistema.
I ribelli, durante gli scontri, difficilmente venivano uccisi: gruppi di soldati ai quali di umano restava ben poco, venivano addestrati appositamente dalle Colonne per mirare agli arti, cosicché una volta feriti e prelevati dal campo, potessero divenire cavie da laboratorio per interventi di sostituzione sempre più elaborati; una volta recuperati, li catapultavano nelle loro schiere, in modo tale che ai ribelli restassero sempre meno guerrieri.
“Mèl, è ora.”
Eagle giunse alle spalle di Melissa, mentre sovrappensiero ammirava il cielo dal piccolo varco aperto tra le pareti del rifugio; si voltò lentamente, scrutando l’espressione tesa dell’uomo, soffermandosi sul naso prosperoso e pensando tra sé e sé che il motivo di tale soprannome sarebbe stato chiaro persino ad un bambino, ma che l’amore con cui la guardava le faceva scordare ogni difetto.
Melissa annuì, prima di gettarsi nell’abbraccio caldo e potente dell’uomo e lasciare che affondasse il viso nella sua chioma ambrata, raccolta in un’elegante treccia che le avrebbe permesso la più totale libertà di movimento senza che i ciuffi ribelli la disturbassero.
Insieme raggiunsero gli altri, riuniti alla Platz: un soprannome ideato per dare una parvenza di normalità a quel tugurio nauseabondo scavato sotto la metropoli, fulcro dei vari cunicoli attraverso cui i ribelli si muovevano.
Erano anni che attendevano quel giorno, tre anni passati a studiare l’attacco e il campo di battaglia, ispezionando ogni centimetro e vagliando ogni possibilità, affinché il tutto volgesse a loro favore; le brigate sembravano essere più agguerrite che mai, con i loro mitra, le granate agganciate alle fibbie e le maschere antigas avvolte ai loro volti, e Melissa sentiva di essere pronta a guidarli, con Eagle e i capi degli altri clan.
Richiamò l’attenzione dei presenti salendo in piedi ad un gradone ed alzando un braccio verso di loro, e non appena il silenzio calò e l’eco delle urla cessò di rimbombare, iniziò a parlare.
“Oggi è un grande giorno per tutti noi. Questa notte irromperemo nel palazzo in cui le Colonne hanno riposto per molto tempo la loro fiducia, i loro progetti, il palazzo attraverso cui la loro merda giunge fin qui.
Compagni, in questi anni abbiamo perso affetti, madri, figli, mariti, tutti resi schiavi dai maiali che risiedono in quel palazzo. Ma stanotte si pentiranno di ciò che hanno fatto, capiranno che non ci piegheremo mai al loro volere, non diventeremo mai i loro burattini bionici!”
Un vociare d’incitazione si sollevò dalla miriade di persone che stava ad ascoltarla.
“Alcuni di noi sono nati per essere diversi. Alcuni di noi sono nati per rischiare. Ed è per questo che stanotte saliremo nella città e combatteremo! Non li piegheremo, li spezzeremo con la stessa violenza con cui loro ci hanno sottratto la libertà… combattete con tutta la forza che avete in corpo, ricordando che solo così potremo salvare l’umanità!”
Le urla e le armi sollevate spinsero Melissa a volgere lo sguardo verso Eagle, poi con un cenno del capo si incamminò decisa verso la lunga scala metallica che conduceva alla superficie, seguita dai ribelli pronti a mettere in atto il piano, passaggio per passaggio.
 
L’ambasciata spiccava in tutta la sua sfarzosità, circondata da possenti mura dalle quali un centinaio di automi sorvegliavano l’esterno.
Mèl strinse la mano di Eagle, consapevole del rischio che di lì a poco avrebbero corso entrambi, ma fiduciosa nell’idea che se anche lei fosse morta, le brigate sarebbero state in grado di terminare l’attacco.
La coppia, aveva studiato ogni singola percezione di quei mostri, finché Eagle non aveva notato un piccolo errore nel sistema, che avrebbe permesso loro di forzare le barriere del palazzo ed entrarvi; erano stati così stolti da progettarli con un sensibilissimo apparato percettivo, ma testato esclusivamente sulla distanza: si aspettavano attacchi da lontano, ma non avevano fatto i conti con la possibilità che i ribelli avrebbero potuto giungere alla cinta muraria utilizzando il sottosuolo, e così, i primi ad arrampicarsi, tra cui Mèl ed Eagle, avevano il delicato compito di disattivare gli automi tramite un congegno ad onde elettromagnetiche messo a punto da alcuni ingegneri dei clan.
"Andiamo."
* * *
 
Le giornate di Melissa trascorrevano lentamente, nella quasi più totale solitudine, fatta eccezione per Eagle e Jamie, un ragazzino rimasto orfano nella battaglia dell’ambasciata, i quali ancora le stavano accanto incondizionatamente.
Nonostante il successo finale dello scontro, le perdite erano state molte e i feriti innumerevoli; Melissa non aveva potuto evitare un colpo ed una conseguente emorragia al braccio sinistro, che aveva costretto i medici ad un’amputazione, ma la donna aveva rifiutato categoricamente di sottoporsi all’intervento che le avrebbe permesso di condurre una vita quasi normale, in compagnia una protesi.
“Avresti dovuto accettare Mèl.”
Eagle aveva visto la sua compagna combattere con immenso coraggio per anni, e quando finalmente avevano raggiunto lo scopo facendo crollare le Colonne, si trovava costretto ad assistere al lento decadimento psichico di lei, ogni giorno sempre più chiusa in sé stessa e nel suo silenzio.
Era seduta sulla poltrona del piccolo loft che avevano acquistato, con lo sguardo fisso sulla strada che si intravedeva fuori dalla finestra e le lacrime sempre in agguato.
“Abbiamo combattuto contro quella merda, io sono così perché ho lottato e tu mi dici che avrei dovuto mettere me stessa al servizio di ciò che ho sempre disprezzato?”
“Melissa abbiamo combattuto contro coloro che ne abusavano, non contro la tecnologia stessa. Ricorda che sono i macchinari ad essere nostri schiavi, non il contrario!”
“Io non sarò mai la puttana di un sistema che ci vuole tutti uguali.”
“Nessuno ti ha chiesto di dare il tuo corpo per un esperimento. Una protesi non farà di te un automa!”
“Esci da questa casa.”
“Ma…”
“Esci!”
Scuotendo la testa Eagle si precipitò verso la porta, lasciandola sola, in lacrime e in preda dei suoi peggiori incubi.
 
 
Speravo che combattendo il mondo sarebbe tornato ad essere quello di una volta, ma dopo la battaglia finale, la sofferenza che provo nonostante la pace sia tornata a regnare, mi sembra persino peggiore.
Non c’è più alcuna ragione che mi spinge a lottare, nulla per cui valga la pena esistere.

 
Eagle strinse quel pezzo di carta tra le mani portandoselo al cuore, mentre il pianto strozzato sembrava quasi soffocarlo.
Melissa, per l’ultima volta aveva scelto, ed aveva scelto di andarsene, lasciando i suoi dolori ad un mondo che non avrebbe mai accettato. 


N.d.a: Per la prima volta mi cimento in qualcosa del genere, e grazie Fanwriter per le splendide iniziative. 
-S.
   
 
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