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Autore: bimbarossa    26/09/2017    4 recensioni
**FANFICTION SCRITTA PER IL CONTEST Inu No Taisho INDETTO DAL GRUPPO SU FACEBOOK "TAKAHASHI FANFICTION ITALIA"**.
Invecchiare non è mai facile.
Farlo da soli è ancora peggio.
Per questo solo chi sta vivendo l'autunno della sua vita può capire il senso di sfida e di rinnovato entusiasmo di fronte a qualcosa e a qualcuno di inaspettato a cui è quasi impossibile voltare le spalle.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Ayame, inu taisho
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Contest sponsorizzato da Writer's Wing. 
Prompt: Inu no Taishō vive la crisi di mezza età.



Avvertenza: questa breve OS è ambientata alcuni mesi prima della fanfiction C2H6O.

 

Nella vita, a differenza che negli scacchi, il gioco continua anche dopo lo scaccomatto.
(Isaac Asimov)

 

 

Ayame strizzò gli occhi sputazzando dappertutto nel lavabo un misto di catarro e sangue.

Fecero seguito dei gorgheggi, poi abluzioni piuttosto rumorose, per finire con qualche grugnito suino che sembrava più fatto da un cavallo. Un cavallo incazzato nero.

“Inu-baka, è tutta colpa tua!”

“Cos'è che avrei fatto adesso?”

Un ben poco delicato verso, quello che ti scappa dal naso quando hai la bocca aperta ed inspiri forte, riverberò sinistramente nella cucina della dependance dei No Taishō.

“Mamma m-mia, Generale, mi avete spaventata a m-morte. Non vi avevo sentito entrare.”

La figura alta e ben vestita le si avvicinò lentamente. “Sei Ayame del Clan Yōrō, vero? Un'amica di mio figlio. Che ti è successo?”

Il naso gonfio e pesto spurgava sangue, che la ragazza tentava faticosamente di tamponare con un misero fazzolettino di carta.

“Vieni qui, ti aiuto.” Solerte e veloce, prese da chissà dove uno strofinaccio che le porto alle narici. Sapeva di pomodoro e rosmarino. Con un retrogusto di colonia maschile.

Almeno qualcosa riesco ancora a sentirla, anche se solo da molto vicino.

“Qualche settimana fa ho avuto un incidente d'auto, e ho rotto il naso. Stava guarendo, ma poi quello stupido di InuYasha, in piscina, mi ha rifilato una gomitata, e adesso non smette più di sanguinare.”

“Se è così sono mortificato per il gesto di mio figlio. E' talmente esagitato, a volte, che non si accorge di poter arrecare danno a qualcuno, però sono sicuro che non lo abbia fatto apposta. E' il suo modo di mostrare allegria. Ti prego di scusarlo.”

Ayame arrossì fino alla scollatura del suo bikini, non solo perché il demone cane le sembrava sinceramente dispiaciuto, ma anche perché se lo trovava talmente vicino, talmente imponente e raffinato in quella camicia azzurro accecante che lo fasciava come una seconda pelle, che quasi le mancò il respiro, e un nuovo grugnito non propriamente femminile le uscì senza permesso, imbarazzandola fino al midollo.

“S-c-u-s-i.”Che figura di merda!

L'angolo superiore destro della bocca del Generale si curvò in un accenno di risata, cosa che le fece perdere un battito di cuore e qualche millimetro di mercurio di pressione.

“Alza il viso, piccola Ayame. Ecco così. Tieni lo strofinaccio premuto mentre io ti rinfresco la fronte e il collo, ok?”

“Si, va b-bene. Grazie.”

Prese un fazzoletto di seta pregiata ricamato con tanto di iniziali personali direttamente dal suo taschino, e lo bagnò con acqua fresca per poi deporlo delicatamente alla radice del naso della ragazza, che sospirò platealmente per la sensazione di immediato sollievo.

“A proposito, il tuo costume è singolare, non credere che non l'abbia notato. Ti piacciono gli scacchi?”

Le piante dei piedi, nude e bagnate -era scappata dalla piscina così come si trovava- emisero una sorta di risucchio non appena li mosse, agitata e con la voglia di coprirsi come non mai.

Perché aveva indossato quell'affarino minuscolo rosa corallo e bianco, rappresentante una scacchiera con tanto di pedoni in ogni scacco, proprio quel giorno?

“In effetti si, mi piacciono, ma non ci so giocare. Mio nonno è un giapponese testardo e vecchio stile, preferisce che io impari il mahjong piuttosto che una cosa da occidentali. So solo che ci sono molte regole e trabocchetti. Lei invece, se ne intende?”

Gli occhi dorati lampeggiarono quasi, mentre la lunga ed alta coda brillava sulla spalla sinistra come una cascata di stelle liquide. “Praticamente è l'unico linguaggio che riesco ad usare con Sesshōmaru, se voglio sapere se sta bene, male, se è felice, o se sta per uccidere qualcuno. Comunque, si è vero, ci sono molte regole, e qualche campione introduce sempre nuove mosse. Ma la cosa importante è solo una.”

“Cioè?”

Stavolta una risata sincera e mozzafiato le venne regalata in pieno viso, tanto che l'immagine di Kōga, il ragazzo che inseguiva da una vita, per un lungo attimo sparì completamente da ogni parte di lei, sostituita da qualcos'altro di ben lunga più irraggiungibile.

“Piccola Ayame, l'unica regola che devi tenere sempre in mente è proteggere il re.”

Solo allora si accorsero entrambi che le stava tenendo le mani a coppa ai lati del viso, cosa che smise di fare, Inu No Taishō, con un movimento brusco che quasi le provocò un senso di vertigine.

“Potrebbe insegnarmi i principi base? Le cose semplici, insomma.”

Con magnifico orrore Ayame vide lo sguardo di lui cadere, letteralmente, e scivolare, e accarezzare, e poi tornare su per l'intero suo corpo, le gambe tremanti e atletiche, i fianchi torniti, il seno sodo, per finire sui codini rosso scuro bagnati e gocciolanti.

“In effetti potrei.” Il tono roco con cui le rispose sembrava fatto di elettricità allo stato puro. “Si, diciamo che potremmo proprio iniziare con le cose semplici, i movimenti dei pezzi che dovrebbero venirti più naturali mentre giochi.”

“Del tipo?” la bocca ridotta ad un deserto, Ayame quasi si strozzò nel tentativo di deglutire, il naso che batteva spasmodicamente eppure bellamente ignorato come se non stesse perdendo alla stregua di un rubinetto spanato.

“Ti potrei dire che iniziano ogni volta questi qui, i bianchi.” Punto il dito affilato verso una torre avorio disegnata sullo scacco rosa corallo, e che riposava tranquilla e risoluta, piatta e alta, sopra il costato destro della ragazza.

“Ah, e il cavallo è molto pericoloso, può infilarsi in luoghi proibiti e all'apparenza ben difesi. Tuttavia è lei la più temibile. La regina. Si può muovere in tutte le direzioni, dove più le aggrada, e molto spesso è il pezzo che quando si perde, si perde anche l'intera partita.”

Era impossibile che non si riferisse all'equino bianco che svettava sul suo capezzolo destro in campo rosa e alla regina nera che si profilava su quello di sinistra in campo bianco latte.

Corpo mio, non mi tradire! Tutto ma non questo.

Invece il suo corpo non solo mise in atto il tradimento più scabroso della storia, ma fu lampante che il grande, e potente, e famoso Inu No Taishō se ne compiacesse alquanto, di tale spettacolo, di quelle piccole punte che emergevano e si alzavano sotto i suoi carezzevoli occhi di polvere dorata.

L'uomo maturo e di mezza età che riusciva a far eccitare la ragazzina alle prime armi.

Ayame stessa poteva vedere come la regina adesso portasse sul capo una corona molto più realistica di prima, e il cavallo -o forse era un demone cane in piena trasformazione?- fosse molto più panciuto e vivace del normale.

“Non puntare il naso in basso. Vedi, hai ripreso a sanguinare. Credo che dovremo andare in ospedale per farti vedere.”

Una secchiata di acqua gelida sarebbe stata meno brutale. La magia che aleggiava tra di loro cadde al suolo con uno schianto che le rimbombò nelle orecchie. Quasi le venne da piangere per la stizza.

“D'accordo.”

“Ti accompagno io, devi solo vestirti e metterti le scarpe.”

Un trillo breve e riconoscibile lo avvertì che aveva un avviso di chiamata sul portatile.

“Sarà una questione di pochi minuti, piccola Ayame. Vado di là a vedere chi è e poi andiamo. Intanto tieni la testa all'indietro e bagnati i polsi.”

Sparì veloce, così come la luce nell'intera stanza.

Ayame aspettò paziente dopo aver seguito le sue indicazioni. Aspettò ed aspettò.

Controllando l'orologio sopra il cucinotto fece passare un quarto d'ora. Novecento lentissimi secondi.

“Ma dove sarà finito?” si accorse con disappunto che parecchie gocce di sangue stavano cadendo sul pavimento, dato che ormai il fazzoletto era zuppo.

Meglio che vada a cercarlo, prima di morire dissanguata.

Fu facile, anche senza l'olfatto. Bastava seguire la voce dolce e femminile che usciva da qualche apparecchio elettronico, il computer che aveva intravisto prima, presumeva.

“Allora ci sentiamo la prossima settimana. Stammi bene, mi raccomando. Salutami tanto InuYasha e digli che è sempre nei miei pensieri. Come suo padre, del resto.”

Non poteva vedere chi fosse, ma dal tono e dal contenuto delle frasi poteva trattarsi di una sola ed unica persona. Izayoi, la madre di InuYasha.

Il Generale era seduto sul divanetto del salottino, lo schermo che illuminava il suo profilo nobile e senza tempo.

Non seppe come, però fu certa che il collegamento si fosse appena interrotto ma che tuttavia il volto della donna con cui parlava fino a poco prima doveva essersi cristallizzato sul desktop, come un fermo-immagine.

“Mi manchi così tanto Izayoi. Così tanto.”

Si dovette aggrappare allo stipite della porta, Ayame, mentre l'uomo allungava le dita affusolate e virili per sfiorare quella pellicola così sottile che tuttavia rappresentava l'ultimo intenso legame con la sua seconda amatissima moglie.

Moglie a cui aveva rinunciato con il cuore a pezzi, evidentemente, per proteggere lei e il figlio che gli aveva dato.

Una vera sovversione delle regole.

Infatti, in quel caso, era stato il re a sacrificare tutto per la sua regina.

 

“InuYasha, hai visto Ayame? L'ho lasciata qui pochi istanti fa.”

Erano davvero stati pochi istanti? Parlare con Izayoi gli faceva perdere la nozione del tempo ogni volta.

Suo figlio, appena uscito dalla piscina sul retro, lo fissò contrito. “Ha detto che andava in ospedale per farsi vedere il naso. Mi sono offerto di accompagnarla, dopo essermi scusato più volte quindi non fare quella faccia, ma non ha voluto sentire ragione. Già mi sono dovuto subire la strigliata di Kagome, quindi non ho bisogno anche della tua. Non l'ho fatto apposta, come devo ripeterlo?”

“Va bene, eviterò per stavolta. Ma sta più attento.”

Sembrava distratto, suo padre, anzi, se non lo avesse conosciuto bene, pareva avere un'aria tra lo spaesato e il deluso guardandosi in giro.

“Meno male, ti ringrazio per la cortesia. Più tardi la chiamerò per vedere come sta.”

“Avverti anche me, quando avrai qualche notizia. Ah, InuYasha, tua madre mi ha detto di riferirti che gli manchi tanto.”

Sorrise, il ragazzo, uno di quei sorrisi sinceri e rari che elargiva solo quando c'era in giro una certa ragazza dagli occhi azzurri e la lingua saputa.

“Nah, lo dice sempre.” Fece per andarsene. “Papà, c'è qualcosa che non va?”

“Non direi.”

“E che di solito quando parli con la mamma sembri più-” felice.

“Cosa ti fa credere che stavolta sia diverso?”

Si fissarono per alcuni secondi.

“Non so. Dimmelo tu.”

“Torna fuori dai tuoi amici, InuYasha.” Uno scappellotto veloce non riuscì a far tacere tutti i dubbi del figlio minore. “Sei giovane e devi goderti la vita. Non pensare a me, starò benissimo. E' solo il peso dei secoli.” Sospirò per poi slacciarsi stancamente la cravatta. “Succede quando si invecchia.”

“Mpf. Come vuoi.”

Dopotutto InuYasha era InuYasha, e suo padre era suo padre. Demoni cane con la smisurata ed inopportuna fobia dei sentimentalismi.

“Padre, siete distratto, stasera.”

Non fece in tempo a rispondere al figlio maggiore, che questo afferrò il suo ultimo cavallo rimastogli mettendolo tra i pezzi mangiati al genitore. “Siete stato disarcionato. Di nuovo.”

“Può capitare.”

“Certo, ma di solito non devo impegnarmi così poco per prendervi tutti questi pezzi in una sera sola. Come ho detto, siete distratto.”

“Sesshōmaru, dovresti badare più alle tue mosse piuttosto che alle mie.”

Un alfiere nero -stavolta erano toccati a lui di quel colore, con gran seccatura del ragazzo- venne mangiato mentre avanzava di stoccata laterale verso l'avversario.

“Vedi? Se io sono distratto, tu Sesshōmaru, sei troppo incauto.”

Sono tornata.”

La voce di Rin, la ragazza umana che avevano preso in affido da quando era bambina, si propagò nel salottino del secondo piano, anche se entrambi sapevano del suo ritorno da prima che lei varcasse i cancelli della tenuta.

“A dispetto della tua reputazione e del tuo carattere, so che hai degli scrupoli, e che ti prendi il pieno peso delle tue responsabilità, anche se non vuoi. Come con tuo fratello.”

Un guizzo della bocca severa e il sopracciglio alzato del figlio ammonirono l'uomo di non esagerare. “Ma ti ricordo che Rin, fino ai suoi diciotto anni è sotto la mia tutela, quindi vedi di comportarti come si deve.”

Mangiò una semplice pedina nera che si era spinta fino alla penultima fila dei suoi bianchi. Una piccola pedina che si era addentrata in territorio nemico senza un'adeguata forma di protezione o qualcuno che le coprisse le spalle.

“Non mi va più di giocare, stasera. Mi ritiro. Comunque, padre, “Sesshōmaru si fermò sulla porta di sbieco, freddo eppure interessato, “anche voi dovreste prendere le vostre precauzioni.”

“Spiegati meglio.”

“Si sa che nella mezza età è molto facile cadere in certe tentazioni. Tipo quella di fare di un pedone una nuova regina, se questo arriva nel posto giusto e al momento giusto. E soprattutto se si è persa la precedente.”

Si fulminarono con gli occhi, due soli che lottavano per brillare alla stessa maniera, che lottavano per amare con la stessa fatica, che lottavano per mantenere la dignità che li contraddistingueva come leader della loro razza con lo stesso testardo orgoglio.

“Grazie per il consiglio, ma non ce ne è bisogno.”

“A giudicare dalla puzza di lupo che sento su di voi, e di come vi è venuto vicino, questo pedone, credo di dover dissentire la vostra affermazione. Buonanotte, padre.”

“Eccoti, finalmente.”

Ayame si voltò mentre procedeva verso casa, il sole del pomeriggio che dava ai suoi capelli dei riverberi color mogano.

“Generale.” Notò la berlina nera ferma sul marciapiede mentre il demone l'aspettava appoggiato ad essa, il lungo soprabito scuro che non riusciva ad infagottarlo, altresì sembrava, il padre d InuYasha, il modello âgée di una sfilata autunno-inverno.

“Ero preoccupato da morire. Te ne sei andata senza nemmeno una parola. Ho dovuto sapere da InuYasha che ti avevano dato qualche punto in più.” Dire che era seccato era un eufemismo. “Ti sembra il modo di comportarti?”

“Sono veramente desolata. Non volevo apparire maleducata o ingrata, davvero. E che-”

No, non poteva rinfacciargli di essersi dolorosamente incantato davanti all'immagine della moglie e di essersi dimenticato di lei che lo aspettava in cucina mezza dissanguata.

Avrebbe fatto solo la figura della bambina.

“Lasciamo perdere. Di nuovo, mi vergogno tantissimo, spero che mi possa perdonare.” Fece per inchinarsi ma lui la fermò.

“Devi tenere il naso in alto, mica vorrai sanguinare di nuovo?”aveva rilassato le spalle, il senso di irritazione completamente sparito. “Scusami tu, ho la sensazione di aver peccato anche io di disattenzione nei tuoi confronti. Solo un attimo.” L'ultima frase la diresse verso l'autista che gli aveva appena fatto un segno.

“Senti, ti propongo un modo per rimediare. Che ne dici se ti insegno a giocare a scacchi?”

“Davvero lo farebbe? Ma no, non posso accettare. Lei è sempre così impegnato, non ha tempo da perdere con me.”

“Del mio tempo ne dispongo come meglio mi aggrada.” La squadrò risoluto. “Quindi, se vuoi, io sono qua.”

In fondo che male c'era ad accettare una proposta così innocente? Niente di particolarmente difficile, o sconveniente.

Erano solo scacchi.

 

 

 

 

 

Salve salvino! Al di la del saluto simpsoniano, vi propongo questa breve storia messa in piedi letteralmente con i “pezzi” “di scarto” di C2H6O, e che non ho potuto mettere per non allungare troppo la fic e appesantirla troppo. Il Sommo del Sommi mi ha sempre affascinata e  questo crack-pairing mi ha talmente presa, che sono ormai la mia OTP di InuYasha, riuscendo a scalzare gli inossidabili Rin/Sesshomaru (ma non così di tanto eh eh) tanto da voler scrivere su di loro anche un seguito (se ci riesco). Comunque, anche se ho rinunciato al rosso per stavolta, le allusioni a qualcosa che è ormai nell'aria tra i due ci sono tutte, seppur lievi. Apprezzatele.

Che dire, se non buona lettura?!

  
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