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Autore: MaDeSt    26/09/2017    4 recensioni
Non è necessario leggere il prologo ma è caldamente consigliato.
Sei ragazzini provenienti da un villaggio sperduto, cresciuti in un piccolo paradiso, ignoranti dell'orrore che li circonda, si ritrovano ad avere tra le mani sei uova di drago, di cui poi diventeranno amici... e la loro leggenda ha così inizio.
Dovranno salvare il mondo, ecco ciò che ci si aspetta da loro. Ma ne saranno all'altezza? Riusciranno a capire chi è il loro vero nemico prima che questo li distrugga?
[Pubblicazione interrotta. Non aggiornerò più questa storia su EFP, non aggiornerò i capitoli all'ultima versione, pubblicherò solo in privato per chi realmente è interessato a seguire la storia a causa di plagi e ispirazioni non autorizzate non tutelati a discapito del regolamento apparentemente ferreo. Trattandosi della mia unica storia, a cui lavoro da anni e a cui sono affezionata, non vale la pena rischiare. Chi fosse interessato a capire come seguire la storia troverà tutte le informazioni nelle note all'inizio dell'ultimo capitolo pubblicato. Risponderò comunque alle recensioni qualora dovessi riceverne, ma potrei accorgermene con del ritardo.]
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dargovas'
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Il colore del titolo del capitolo corrisponde al colore della regione in cui la storia al momento si svolge, tenete d'occhio la mappa per sapere dove ci troviamo!

CLOSER

Layla e Jennifer fecero ritorno a scuola con passo lento e misurato, guardando ogni guardia della città che incontravano con sospetto, come se ognuno di loro potesse star nascondendo i sei piccoli draghi in casa propria. Un uomo cercò di vendere loro delle cianfrusaglie agitandogliele davanti e Layla rifiutò con un gelido sorriso cercando di non scomporsi per apparire cortese, mentre il tizio le seguiva talvolta tagliando la strada per assicurarsi la loro attenzione e si arrese solo dopo un paio di minuti.
Una volta entrate a scuola non dovettero attendere molto per cenare, riunendosi finalmente a Mike e Andrew, ma naturalmente non si misero a parlare dei draghetti e anzi tutti e quattro intavolarono una conversazione sulla lezione di Evocazione di quel pomeriggio con un finto sorriso, commentando come fortunatamente per i due ragazzini Wolgret non avesse mai ancora richiesto compiti scritti. Sperarono con tutto il cuore che nessuno facesse caso alla mancanza di Susan e Cedric perché non sapevano che inventarsi per giustificarla.
Ma Deala, col suo piatto di granchi rossi in salsa piccante e macedonia di frutti del sud, prese posto accanto a Layla salutandoli e chiedendo proprio dove fossero gli altri due. Ci fu un lungo silenzio durante il quale i quattro ragazzi di Darvil si guardarono cercando di non lasciar trapelare il panico dai loro occhi.
Finché Jennifer finse una risata estremamente ilare ed esclamò: «Probabilmente si saranno appartati da qualche parte, nessuno dei due aveva lezione il pomeriggio.»
E la giovane donna rispose con aria complice: «Allora c’è davvero qualcosa tra quei due, eh?»
«Puoi scommetterci!» continuò la ragazzina, sperando credesse che amasse i pettegolezzi e non cogliesse la preoccupazione di tutti gli altri «È così evidente che te ne sei accorta anche tu che non li conosci bene quanto noi?»
Deala scosse le spalle: «Beh no, evidente no. Non da parte di lui, ma lei...» lasciò cadere la frase con fare esasperato, girando gli occhi con un sorriso.
Andrew si unì al gioco esibendosi in un lungo fischio che fece ridere entrambe e riportò un poco di buonumore al tavolo. Tutto sommato non fu un evento malvagio l’arrivo di Deala, perché andarono avanti con la conversazione ridendo.
Ma sia Layla che Mike ebbero modo di pensare all’argomento: lui arrossì e per fortuna la luce aranciata dei bracieri diffusa nella grande sala lo nascose; lei invece ricominciò a pensare a chi potesse essere innamorato di lei o se invece Jennifer l’avesse presa in giro, aver parlato di quello con Cedric l’aveva aiutata solo a eliminarlo quasi certamente dal cerchio delle possibilità, ma il tarlo rimaneva e si faceva sentire. Soprattutto ora che il ragazzo poteva effettivamente provare liberamente qualsiasi emozione, non come quando erano a Darvil, e considerando quanto fosse accaduto solo poche notti prima.
Finito di cenare la salutarono per andare ognuno nelle proprie stanze - lei aveva deciso di abitare in una camera nella torre di Manipolazione - e i quattro di Darvil si chiusero nella stanza di Susan, che sarebbe rimasta vuota tutto il tempo.
Jennifer si mise subito a raccontare velocemente come fosse andata la ricerca, arrivando al punto in cui avevano trovato il Krun mezzo decomposto; sorvolò il dettaglio del fetore senza soffermarsi sul fatto che avrebbero dovuto sentirlo da un miglio di distanza tanto era disgustoso.
I due ragazzini, che già sapevano della donna salvata dalla creatura, sbiancarono e rimasero a bocca aperta alla fine del racconto senza sapere cosa dire, e Layla ne approfittò per ripetere ciò che lei stessa e Cedric avevano detto nel bosco a Jennifer e Susan, sperando che anche i due maschi sarebbero rimasti relativamente tranquilli e coi piedi per terra.
«Ma quindi è davvero successo qui a Eunev!» esclamò Andrew dopo una lunga pausa «Come facciamo a stare calmi? E se invece dei soldati i draghi avessero incontrato altri Krun e si fossero uccisi a vicenda?»
«Te l’ho già detto, non potremmo fare niente comunque senza far capire che noi siamo gli Amici dei Draghi che cercano!» ribatté Layla cercando di mantenere la calma.
«Sarà difficile da accettare ma ha ragione lei.» disse Mike con voce flebile attirando gli sguardi di tutti su di sé «Insomma, dei ragazzini che studiano magia non dovrebbero essere a conoscenza della presenza di draghi intorno a Eunev. Se indagassimo ci cacceremmo nei guai. Non abbiamo una pista perché i soldati, sempre che abbiano catturato i draghi, non hanno lasciato nessuna traccia. Quindi non possiamo chiedere a nessuno né lasciare la scuola per inseguirli.»
«Non potremmo lasciare la scuola comunque.» intervenne la più grande «Dovremo almeno aspettare di aver passato gli esami per diventare Specialisti. Non possiamo andarcene prima.»
«Lo so.» disse Andrew abbattuto «Sono solo preoccupato per Umbreon.»
«Tutti lo siamo.» disse Layla, ora dolcemente e col viso più rilassato «Ma sappiamo anche che se la sanno cavare. Appena potranno torneranno da noi. Dobbiamo solo aspettare.»
«Non possiamo fare altro...» concluse Jennifer amaramente, odiando la situazione e il fatto di essere completamente impotente per aiutare la sua piccola amica in difficoltà.

Susan cercò tracce dei draghi fino a notte fonda, seguita ovunque andasse da Cedric che le faceva da guardia del corpo; un paio di volte sentirono dei lupi ululare lontano e alla ragazzina gelò il sangue nelle vene pensando che fossero altri Krun. Nessuna creatura però si avvicinò, e il fatto che il ragazzo dietro di lei era armato di arco e perennemente in cerca di altre menti attorno a loro la rassicurava: finché lui era tranquillo lo era anche lei, se avesse avvertito una mente in avvicinamento gliel’avrebbe detto senz’altro per tempo.
Per la notte tornarono alle vecchie tane di volpe allargate dai draghetti e vi s’infilarono per dormire al coperto. L’angoscia aveva fatto passare la fame alla ragazzina che non si era mai nemmeno sforzata di cercare delle piante commestibili mentre pensava a seguire il passaggio dei piccoli draghi, ma anche il ragazzo sembrò non curarsene particolarmente e non le fece nemmeno domande.
Non si erano scambiati che qualche parola per tutto quel tempo, e il costante silenzio stava cominciando a farla sentire inquieta, talvolta l’era parso di udire rumori che si erano rivelati solo frutto della sua immaginazione.
Susan si tolse la casacca per posarla a terra perché schizzinosa; non voleva sporcarsi di terriccio umido, soprattutto i capelli.
«A proposito di capelli, dovrei tagliarli un po’.» borbottò pensierosa passando una mano per tutta la loro lunghezza - le arrivavano oltre le reni. La sua stessa voce le suonò strana dopo tanto tempo passato in silenzio.
Quell’affermazione, e il fatto che fosse così schizzinosa, fecero ridere il ragazzo senza alcun preavviso. Lui stesso era piuttosto schizzinoso, ma non a quei livelli: il terreno non era così umido da dare fastidio o appiccicarsi alla pelle.
Sentirlo ridere in quel modo così spensierato di lei la fece inviperire e suo malgrado la distrasse, lo schiaffeggiò ripetutamente usando come arma i propri guanti neri vuoti ma non ottenne alcun effetto. Nemmeno spingendolo o rimproverandolo a voce, lui continuò imperterrito a scaricare l’arco dalla tensione della corda sghignazzando tra sé. Quindi alla fine lasciò perdere e si accoccolò sulla casacca a terra col viso corrucciato in una smorfia offesa, ma di nuovo non parlarono.
Si addormentò per prima e la mattina seguente si svegliò dopo di lui, sbadigliò assonnata e guardandosi intorno capì di essere rimasta da sola. Quindi si affrettò a rimettersi la casacca sulle spalle e uscire dal rifugio, trovando il ragazzo poco lontano con lo sguardo perso a nord e l’arco già incordato in mano.
Pioveva, ma non dava l’impressione d’importargli.
«Buongiorno.» sussurrò Susan stiracchiandosi, la voce le venne fuori roca e più acuta del solito. Non ottenendo risposta seguì la direzione del suo sguardo ma non vide nulla: «Che stavi facendo?»
Cedric scosse le spalle e rispose vago: «Niente.»
«Non pensavo avrei dormito così bene. Soprattutto pensavo che sarebbe arrivato un Krun nel mezzo della notte. Tu?»
«Più o meno.»
«Più o meno cosa?» gli domandò confusa.
Lui finalmente la guardò: «Cosa mi stavi chiedendo con quel ‘Tu’?»
Susan si guardò le punte degli stivali riflettendo, e i capelli bagnati le scivolarono sugli occhi: «Non lo so... come hai dormito, e se pensavi la stessa cosa?»
Ma a quel punto Cedric smise di fissarla e tornò invece a guardare davanti a sé, senza risponderle, lasciando che solo la pioggia accompagnasse i loro pensieri.
«Ho in mente qualcosa di diverso oggi.» continuò lei, fece una pausa sentendo lo stomaco brontolare e si avviò in un’altra direzione. Lui la seguì qualche attimo dopo e Susan non attese che parlasse prima di riprendere: «A parte cercare qualcosa da mangiare, volevo provare a cercare tracce dei soldati invece che di draghi.»
«Non credo sia possibile, se a malapena siamo in grado di percepire il passaggio di sei draghi.» osservò Cedric.
«Lo so. Ma non possiamo fare molto, e dato che ormai sappiamo che i draghi non sono qui non credo abbia senso continuare a cercare loro tracce.» disse lei, lamentandosi tra sé per essere già fradicia, ma almeno indossava stivali alti.
«E allora perché hai deciso di restare? Io sono rimasto per questo.»
La ragazzina scosse le spalle: «Beh ieri ci ho provato, e non ho trovato niente come mi aspettavo. Sono via da troppo tempo e sono troppo piccoli, non lasciano tracce visibili dopo settimane.»
E volevo farti compagnia pensò, curandosi di non dirlo ad alta voce e sicura di essere arrossita.
Dopo una breve pausa il ragazzo riprese: «Potremmo sempre seguire le tracce dei draghi se i soldati li avessero presi. Per prenderli avrebbero dovuto catturarli da terra. Inoltre i draghi sono ben riconoscibili, i soldati no. Sono umani qualunque alla fine, e chiunque potrebbe essere entrato in questo bosco. Noi stessi siamo entrati, potresti seguire le nostre tracce credendo di seguire le loro.»
«Perché mi fai sempre sentire stupida?» lo provocò sperando che ridesse come la notte prima; in fondo le era piaciuto, l’aveva solo trovato fastidioso in quel momento.
Ma lui rispose inespressivo scuotendo piano le spalle: «Mi dispiace.»
A quel punto si girò a guardarlo notando che era tornato alla sua solita aria malinconica, si sistemò i capelli dietro l’orecchio e gli domandò: «Qualcosa non va? È per ieri sera?»
«Ieri sera?» fece lui alzando lo sguardo, per un attimo confuso, ma appena capì di cosa stesse parlando scosse la testa e rispose tornando a guardare il terreno: «No, non è niente.»
E lei sbuffò: «Dici sempre così, ormai non funziona più.» si girò fingendo di guardare avanti mentre in realtà continuò a guardarlo di sbieco «È da quando siamo arrivati a Eunev che hai qualcosa che non va.»
Lui girò gli occhi: «A dire il vero da quando abbiamo lasciato Darvil.»
«Se vuoi andare fino in fondo direi da quando ti ho conosciuto. Allora, cosa c’è?» domandò beffarda asciugandosi il viso inutilmente.
«Niente.» rispose lui, ma sebbene cercò di non lasciar trapelare il fastidio Susan lo colse.
«Guarda che non mi freghi!» lo canzonò avvicinandosi in punta di piedi alle sue spalle per punzecchiargli la schiena con le dita «Dai, lo so che mi vuoi bene! Ora che non c’è nessuno puoi dirlo! Non vedi l’ora di parlarmi!»
Lui tollerò il suo tocco repentino sopo per pochi attimi prima di sbottare: «No, non è vero. Smettila!»
E Susan obbedì rimanendo interdetta e fermandosi, mentre lui continuò a camminare e smise solo quando si accorse di averla lasciata indietro.
Sospirò alzando lo sguardo al cielo, poi disse esasperato: «Scusa!»
«Scusami tu.» sussurrò la ragazzina sentendosi davvero ferita dal suo atteggiamento, ma si promise di non insistere e invece riprese: «Direi di controllare meglio la radura del Krun, approfittiamo della pioggia.»
«Vuoi tornare indietro?» le chiese sorpreso, perché era stata lei stessa a prendere quella direzione.
«Tanto qui non percepisco nulla.» tagliò corto guardando in basso.
«Stai già provando? Senza nemmeno toccare le piante?» fece scettico.
Sei una stupida Susan... si rimproverò in privato lanciandogli una breve occhiata truce; sebbene fosse certa che lui stesse già cercando altre menti attorno a loro sapeva che non era in contatto con lei, al massimo le loro menti si sfioravano soltanto. Ma non poteva sentire i suoi pensieri.
Si limitò a tornare indietro senza rispondergli, toccando al volo una felce blu a un passo da lei fingendo di aver sempre svolto il proprio compito in realtà, e Cedric la seguì senza commentare.
«Mi dispiace.» le disse infine, dal momento che la ragazzina avanzava tenendo lo sguardo basso, a malapena si curava dei capelli bagnati davanti al viso e lo ritenne decisamente inconsueto.
Susan sospirò: «Sì, l’hai già detto.»
«Mi dispiace che ti abbia offesa.»
Allora non sei poi così impedito a capire cosa provano gli altri si disse guardandolo storto per un attimo dal basso dei suoi cinque piedi scarsi d’altezza.
Si guardò bene dal dirgli quello che pensava, piuttosto rispose: «Non importa, non è niente comunque. Concentriamoci sui draghi finché possiamo, sono sicura che Layla non ci farà tornare qui un’altra volta.»
Dopo una pausa di riflessione tanto lunga da consentire loro di raggiungere la vecchia tana dei draghi, Cedric si convinse ad accontentarla un poco per non farla sentire così inadeguata e disse piano: «Pensavo a mia madre.»
Susan drizzò la testa di scatto, colta completamente alla sprovvista da quella confessione: sapeva che prima o poi sarebbe ricapitato che abbassasse la guardia in sua presenza, come era già successo la notte che l’aveva ospitato in casa propria. E da quell’esperienza seppe anche che non sarebbe durato a lungo.
Pertanto ne avrebbe approfittato e chiese ingenuamente: «Cosa ti ha fatto pensare a lei?»
Solo qualche attimo dopo aver fatto quella domanda le tornò alla mente Mathan e tutto il discorso che aveva fatto su Laurel. Si morse la lingua maledicendosi per aver scelto il modo peggiore per continuare quella conversazione tanto delicata, ma al contempo sperò che non se la sarebbe presa; dopotutto aveva scelto lui di tirare fuori l’argomento.
E Cedric ridacchiò scettico: «A parte l’intera città?»
«Acuta osservazione.» commentò trattenendo un sospiro di sollievo perché non sembrava essersi offeso.
Contrariamente a quanto Susan sperasse la breve chiacchierata sembrava destinata a morire così, perché lui non continuò e lei si scervellò alla ricerca di altre domande da porgli prima che fosse troppo tardi. Il suo stomaco brontolò di nuovo ma non se ne curò, al contrario del ragazzo che la guardò sorridendo senza tuttavia fare osservazioni.
«Quella non era una vera risposta.» buttò giù alla fine, il rumore della pioggia battente quasi la distraeva e sperò di non essergli sembrata stupida quanto lo era parso a se stessa.
Cedric fece un verso che Susan interpretò come ‘Mi hai fregato’ e lei faticò a contenere un sorriso soddisfatto.
«Mmh... sai quella donna, quella che è sfuggita al Krun?»
«Sì?» lo incalzò.
«Lei ha avuto la fortuna di incontrare Rubia, mia madre no.»
«Oh. Mi dispiace.» disse sinceramente mortificata, sebbene sapesse fin dal principio che quel discorso non sarebbe finito bene.
Cedric scosse le spalle e concluse: «Quindi no, non ho dormito bene e sì, mi aspettavo che un Krun sarebbe arrivato.»
Poi di nuovo calò il silenzio mentre a passo lento si avvicinavano alla radura.
«Se vuoi non ci torniamo.» disse Susan d’un tratto smettendo di camminare, poi aggiunse: «Dal Krun.»
«E cosa cambierebbe?» domandò lui fermandosi a sua volta.
«Non lo so, magari non vederlo sarebbe meglio.»
«Non mi cambia niente. L’ho già visto e grazie a Lya è morto.»
La ragazzina rimase in silenzio un attimo, poi scosse la testa: «Non ci torniamo. Tanto non era importante. Continuerò a cercare intorno alla tana.» e dicendo ciò se ne andò a passo svelto verso il rifugio nascondendo le mani nelle ampie maniche della veste nera.
Cedric ancora una volta non commentò e la seguì invertendo nuovamente la direzione di marcia, percepì le menti di una famigliola di lupi ma erano abbastanza lontani da non costituire un pericolo e ad ogni modo troppo occupati a badare ai cuccioli.
Susan era indecisa se indagare più a fondo o accontentarlo e lasciar perdere, perché sapeva benissimo che lui avrebbe preferito la seconda opzione ma non voleva gettare all’aria quell’occasione; difficilmente le sarebbe ricapitato, soprattutto all’interno della scuola e con gli altri attorno. Ma non sapeva cos’altro chiedergli senza entrare troppo nel personale.
Alla fine si decise a chiedere: «Quando è successo? Cioè, quando lei è...»
Non fece in tempo a terminare la frase che lui la anticipò rispondendo inespressivo: «Otto anni fa.» e contrariamente a quanto si aspettasse non le sembrava essere rimasto infastidito dalla domanda.
«E l’hai saputo da Jorel? Immagino non cacciassi già, voglio dire... avevi sette anni, giusto?» l’ultima era più una domanda retorica, era quasi certa che avesse appena compiuto quindici anni, non quattordici né sedici, altrimenti sarebbe stato adulto e avrebbero festeggiato diversamente.
Lui scosse piano la testa e disse: «Ero con lei, in realtà nessuno ha mai saputo cosa sia successo perché ero l’unico a saperlo.»
Quella risposta la lasciò spiazzata e la fece impallidire, ma riuscì a non interrompere la marcia e a continuare: «E tu come sei fuggito?»
«Non l’ho fatto.» tagliò corto il ragazzo.
E a quel punto Susan si fermò e lo guardò incredula e confusa a un tempo: «In che senso non... allora scusa, ma perché sei vivo? Non... mi sono espressa male, scusami. È solo che...» balbettò, sperando un’altra volta di non averlo offeso.
«Capisco che possa sembrare strano.» disse lui fermandosi a sua volta e ricambiando il suo sguardo «Ma il Krun semplicemente se n’è andato quando ha finito con lei.»
«Strano, sì... non so molto di Krun ma mi è giunta voce che siano creature violente.»
«E lo sono. Non so perché se ne sia andato, forse era un giovane che aveva solo bisogno di un trofeo da riportare indietro al clan, e io non gli servivo.»
Dopo quelle parole Susan rabbrividì, non volendo immaginare cosa fosse effettivamente successo quel giorno, né volendosi figurare la scena a cui lui possibilmente aveva assistito.
Inaspettatamente Cedric rise piano: «No, non se l’è portata via mentre lei gridava disperatamente di lasciarla giù. Non era lei il trofeo.»
«Ah.» rispose la ragazzina senza sapere che altro dire, e in effetti ripensandoci non voleva realmente sapere che cosa avesse fatto il Krun, se non si era portato via la donna tutta intera.
Rimasero alcuni minuti in piedi senza fissarsi né parlare, o meglio lei non aveva il coraggio di guardarlo mentre lui non stava facendo altro, chiedendosi come mai non avesse voglia di riempirlo di domande ora che aveva una buona scusa per farlo.
E infine glielo disse: «Mi aspettavo una cascata di domande.»
«Cosa?» fece lei riprendendosi dai suoi pensieri, tornando a guardarlo.
E lui scosse piano le spalle: «No, niente. Tanto meglio.»
«Sì, è che... Non credo mi risponderesti. E in realtà non credo di voler sapere com’è andata.»
«Lo vorresti, ma già ti stai immaginando uno scenario più spaventoso dell’altro e hai paura di quale di quelli possa essere quello vero.» sussurrò lui.
E Susan gli rivolse un’occhiata questa volta perplessa: «Mi stai leggendo nella mente?»
«No.» rispose lui con la massima tranquillità.
«E tu vorresti parlarne?»
«Non vorrei nemmeno pensarci.»
«E allora...»
«Ma ci sto già pensando.» la interruppe, come se non avesse finito di parlare poco prima.
Alla fine Susan balbettò: «E allora voi... insomma, come l’avete incontrato un Krun fuori dalla Foresta?»
«Non lo so.» la sua risposta la lasciò spiazzata, ma meno di quanto seguì «È stata colpa mia.»
«Cosa intendi dire?» domandò «A meno che tu non gli abbia fischiato per chiamarlo, non credo sia stata colpa tua. Nessuno incontrerebbe un Krun di proposito, sbaglio?»
«No. Ma se avessi ascoltato mia madre forse non l’avremmo incontrato affatto.» ribatté lui, e dopo aver riflettuto qualche attimo le fornì una versione più completa: «Stavamo giocando a rincorrerci, e l’ho ignorata quando lei mi ha detto che mi stavo allontanando troppo, pensando che fosse solo una scusa per raggiungermi. Invece quando mi sono fermato ho visto il Krun, ed è successo quel che è successo.»
«Però il Krun non ti ha toccato...» tentennò lei, non sapendo se porla come una domanda.
Ma lui scosse la testa: «No. E ti ripeto che non so perché. Ma avrebbe dovuto.»
«Non scherzare!» lo rimproverò.
«Scusami, ho pensato ad alta voce.»
«E non l’hai mai detto a nessuno?» domandò Susan, al che il ragazzo si limitò a fare cenno di no col capo «Perché?»
«A chi avrei potuto dirlo? Non mi avrebbe creduto nessuno comunque.» fece una piccola pausa, poi riprese con sarcasmo, fissando il vuoto: «‘Sai Jorel, siamo andati nel bosco e abbiamo incontrato un Krun, ma si è divertito a strappare il cuore solo a lei e poi è corso via, io sto benissimo.’»
«Ha fatto... cosa?» sussurrò Susan inorridendo.
«Cosa?» le fece eco il ragazzo, confuso.
«Hai detto che... ha...» balbettò la ragazzina, non riuscendo a dirlo.
«L’ho detto?» sussurrò Cedric, ora preoccupato «Sì, l’ho detto. Merda. Non avrei dovuto dirlo. Mi è scappato, scusami.» si affrettò a dire poi, portandosi l’unica mano libera al viso.
«Non... non volevi dirlo?» tentennò Susan, ancora con voce flebile ma cercando di mostrarsi meno spaventata.
«No, non avrei dovuto.» ripeté lui, riportando la mano al fianco «Il punto è che non mi avrebbero creduto. Non so come spiegartelo, ma so più o meno come sarebbe potuta andare se avessi parlato. Mi è stata data la colpa senza che abbia mai raccontato nulla, figurati se avessi aperto bocca cosa sarebbe successo.»
«Ma è ingiusto...»
«Pensi che importi qualcosa a qualcuno di cosa sia giusto e cosa no? Credimi, sono vivo solo perché serviva qualcuno che si prendesse cura di Lily, e Ilion non poteva dedicarle tutto il suo tempo.»
«E l’hai fatto.» sussurrò Susan senza sapere cosa dire, come aveva temuto la conversazione era caduta a dir poco nel personale.
Cedric scosse le spalle e commentò con una smorfia: «Sì, più o meno. Più che altro sono riuscito a farmi odiare a morte perché non la lasciavo mai uscire e non giocavamo. E non sapevo cucinare, o fare tutte quelle altre cose insieme.»
«Ma avevi solo sette anni, è normale! Tutti i genitori si trovano in quella situazione, solo che tu ti sei ritrovato a esserlo troppo giovane...» concluse con voce flebile, e dato che il ragazzo non rispose dopo qualche minuto di silenzio gli chiese: «Se non l’hai mai detto a nessuno come... voglio dire, come hai fatto a tenerlo nascosto a Jorel? A tua sorella? A tutti. Nessuno ha chiesto dove fosse finita Laurel? Nessuno ha visto che stavi male?»
«Certo che sì.» rispose come se fosse ovvio, guardandola per un attimo come valutando la sua intelligenza, poi tornò a fissare il vuoto davanti a sé: «Ma io non ne volevo parlare. Ci hanno provato in ogni modo, non è stato piacevole. Io non volevo nemmeno sentir nominare lei o il bosco, me ne stavo chiuso in camera in un angolo o in alternativa nella stalla. È meglio sorvolare su come abbia vissuto di lì in poi, paradossalmente vederla morire non è stato poi così tragico a confronto.» concluse rabbrividendo.
«Mi dispiace, avrei voluto poterti aiutare ma nemmeno sapevo che esistessi.» sussurrò lei, ora guardando a terra con aria triste.
«E meno male, altrimenti non saresti qui ora. O non volentieri, almeno.» commentò aspramente.
«Perché dici così?» domandò confusa alzando di nuovo gli occhi su di lui.
«Credimi, probabilmente non mi avresti nemmeno parlato quando abbiamo trovato le uova. Se ora ti sembro strano, non puoi immaginare come fossi allora.»
«Quando te l’ho detto non volevo offenderti.» disse dispiaciuta.
«Lo so. Non mi hai offeso.»
«Ma allora perché non l’hai detto quando... insomma, quando tutto è diventato più tranquillo?» insistette.
«Era già troppo tardi.»
«Cosa intendi dire? Non ti avrebbero creduto comunque?»
Cedric sbuffò guardando verso il cielo, chiaramente non gli piaceva affrontare quell’argomento, che tuttavia lui stesso aveva iniziato. Di nuovo si sentì solo il rumore della pioggia per diverso tempo.
«Non so neanche perché ti sto dicendo queste cose.» riprese il ragazzo infine, ripensando a qualche sera prima, quando si era lasciato sfuggire ben di peggio davanti a Layla; non aveva alcuna intenzione di rifare lo stesso errore, per di più da sobrio.
«Forse perché in fondo sai di poterti fidare di me?» azzardò Susan, lieta che avesse ripreso a parlare da sé.
Cedric scosse la testa piuttosto convinto, ma continuò: «Sicuramente avrai sentito cosa la gente diceva di me.»
«Ho sentito vaghe storie su un ragazzino da evitare perché pericoloso, ma non sapevo chi fosse quindi non me ne fregava niente.» disse di getto «Quindi? Eri tu? La gente diceva che eri pazzo, giusto? Lo eri davvero?»
«Forse.» rispose scuotendo le spalle «Di sicuro nessuno ha cercato di aiutarmi. Tranne Gerida, glielo concedo. Ma in realtà più che aiutare me rendeva tollerabile la mia presenza al resto della famiglia.»
«Con quell’infuso?» domandò, e lui si limitò ad annuire «E hai continuato a prenderlo fino a pochi mesi fa? Non faceva effetto?»
«Oh sì, ma non a lungo termine.»
«Dovevi prenderlo tre volte al giorno.» annuì cercando di non perdersi neanche un pezzo del racconto.
«Jorel mi costringeva a prenderlo ogni volta che accennavo una mancanza di controllo. E io quando ero da solo facevo di testa mia, a volte non lo prendevo e a volte esageravo. Ma alla fine non valeva la pena disobbedire, sarei solo stato peggio.»
«E... cosa cambia adesso che non lo prendi?»
Cedric fece una smorfia tornando a guardarla: «L’ho appena detto, mancanza di controllo.»
«Ho visto solo esagerati sbalzi d’umore finora.» obiettò Susan scura in volto.
«Tu. Ma tu non sei me.» ribatté lui.
«Quindi non ti manca il controllo. Noi non abbiamo notato altro che sbalzi d’umore. Sai controllarti benissimo.»
Sospirò cercando di non perdere la pazienza, ma il tono che usò fu gelido: «Beh forse adesso, solo sono passati anni in caso non l’avessi notato. Se non fosse cambiato nulla sarebbe un bel problema, non credi?»
Ignorò la provocazione, la cosa gli stava sfuggendo di mano e voleva riportare i toni della conversazione a un livello civile prima che degenerasse del tutto.
Quindi disse più calma, di nuovo con voce flebile: «Mi dispiace che nessuno abbia realmente cercato di aiutarti. Ma non vuol dire che debba sempre essere così.»
«Mentirei se dicessi di saperlo.» disse, a sua volta più tranquillo.
«Capisco perché non ti fidi. Ma io non posso fare paragoni, non m’interessa che persona fossi prima e non posso giudicarti per quello che è successo. Io ho dato di matto quando i miei genitori sono stati solo rapiti, figurati...» cercò di scherzare ma lui rimase impassibile, quindi continuò tentennando: «Perciò per quanto possa valere potrai sempre rivolgerti a me se avessi bisogno di qualcosa.»
Stava andando troppo oltre, lo sapeva, sia per lui che non era abituato a questo genere di rapporto sia per se stessa, perché Cedric le piaceva e si era molto affezionata. Temeva di poter piangere, arrossire, o scoppiare in manifestazioni isteriche da un momento all’altro, specialmente se lui avesse apertamente accettato il suo aiuto. Anzi si sorprese di non essere già scoppiata in lacrime ed ebbe l’impressione che anche il ragazzo si stesse trattenendo - non seppe dire se per rabbia o per tristezza.
Ma per il momento Cedric si limitò a ringraziarla quasi freddamente, e Susan si disse che la ragione era proprio perché non ci credeva fino in fondo o altrimenti perché fosse imbarazzato e non voleva darlo a vedere. Considerando però quello che le aveva detto credeva fosse più probabile che avesse davvero poca fiducia nel prossimo, quindi anche in lei. E non poteva del tutto biasimarlo: forse lui stava già aspettando il momento in cui gli avrebbe voltato le spalle, come avevano già fatto tutti gli altri.
Decise di chiudere lì la conversazione non volendo stressarlo troppo o farlo sentire a disagio, quindi sospirò guardandosi intorno ed esclamò ostentando ilarità: «Beh, direi che sarebbe meglio rientrare a scuola se non vogliamo ammalarci, che dici? Dovremmo asciugarci.»
Cedric la guardò confuso inclinando la testa da un lato, ma fu lieto di poter finalmente cambiare argomento e le diede ragione. Fu lui a dover prendere la direzione perché a Susan decisamente mancava il senso dell’orientamento, specialmente dopo aver cambiato senso di marcia così tante volte.
La ragazzina tornò ad avvertire la fame e disse che sperava sarebbero rientrati prima che cominciasse il pranzo perché non avrebbe retto fino a cena. Lui sorrise debolmente, ma per l’ennesima volta non commentò limitandosi a proseguire il cammino.
La pioggia veniva frenata dalle fronde degli alberi e nonostante ciò erano bagnati fradici, si fermarono appena prima di uscire dal bosco osservando come allo scoperto la pioggia fosse così fitta da non permettergli di vedere le mura della città non lontane.
Susan sbuffò: «Maledizione allo scoperto è terribile! Tu sei fortunato!»
«Fortunato per cosa?» fece lui sorpreso con un solo sopracciglio sollevato.
«Hai i capelli corti! Non li devi continuamente allontanare dagli occhi per vedere!»
Con quelle parole riuscì finalmente a farlo ridere come la notte prima, e anche se non durò molto questa volta invece di lamentarsi e prenderlo a sberle lo guardò attentamente; non le era capitato spesso di vederlo apparentemente felice e voleva imprimersi quel sorriso sincero nella memoria.
«Ci converrebbe correre allora, se la pioggia ti dà così fastidio.» riprese Cedric smettendo di ridere.
«Tu hai le gambe lunghe, saresti troppo veloce.» farfugliò Susan fingendosi offesa, poi ghignò divertita: «Ma ho un’idea!»
Il ragazzo non fece in tempo a chiederle cosa prima che lei si avvinghiasse al suo braccio sinistro - il destro era occupato a tenere l’arco.
A un suo sguardo evidentemente confuso spiegò, come se stesse parlando con un bambino: «Così se corri sei costretto a portarti dietro il mio peso morto!»
Ma lui immediatamente dopo perse l’aria felice e invece fece una smorfia contrariata guardando altrove, ritraendosi e costringendola a lasciarlo.
Susan incrociò piano le braccia al petto e osservò contrita: «Il contatto fisico proprio non lo sopporti, eh?» dal momento che lui rimase fermo e zitto senza cambiare espressione continuò, ora con fare indagatore: «Non è semplicemente quello, vero? Ne hai proprio paura.»
A quell’affermazione lui la guardò e ribatté infastidito: «Cosa te lo fa pensare?»
«Non ti lasci neanche prendere per mano. Stavi proprio soffrendo quando ti ho abbracciato. L’hai fatto solo perché era la mia festa e mi hai vista triste.»
«E con questo? Non mi piace essere preso per mano, non mi piace essere abbracciato, non mi piace trovarmi in posti affollati e no, non mi piace essere toccato. Non mi piace nemmeno parlare o guardare qualcuno negli occhi se è per questo. C’è qualche problema?»
«No.» disse lei semplicemente con aria innocente, scuotendo piano le spalle «Se non fosse che ne hai paura.»
«Non ne ho paura!» esclamò spazientito.
«Ma anche qui non ti si può biasimare.» continuò Susan come se il ragazzo non avesse parlato, e si guadagnò l’ennesima occhiata truce «Sono l’ultima persona di cui tu debba aver paura, insomma mi vedi o no? Potresti mettermi fuori gioco in un attimo!»
Cedric per un istante cambiò espressione, come se ora la stesse studiando in cerca di un tranello nascosto, e dopo una lunga pausa rispose: «Non se usassi la magia.»
E la ragazzina girò gli occhi mostrando un sorriso esasperato: «Scommetto che non avrei possibilità comunque. Tu sai usare il cervello.»
Dicendo questo riuscì a farlo sorridere ancora e il ragazzo posò lo sguardo a terra come se stesse riflettendo, finché lei gli allungò la mano e il movimento catturò la sua attenzione. Dopo averla studiata a lungo, Cedric tornò a ricambiare il suo sguardo e lei gli sorrise di nuovo, un gesto sincero e incoraggiante che sperò avrebbe fatto crollare quella barriera eretta da una legittima paura che ancora li separava.
Si prese il suo tempo, ma alla fine molto lentamente e ancora chiaramente non del tutto convinto Cedric strinse timidamente la presa sulle sue dita tese; aveva la mano fredda, notò la ragazzina, o forse era lei ad averla calda perché la sua veste aveva le maniche lunghe, mentre le sue terminavano all’altezza dei gomiti.
Susan si costrinse a rimanere impassibile anche se dentro di sé stava esplodendo di felicità, era in qualche modo riuscita a convincerlo a fare il primo passo e non ricordava in effetti di averlo mai visto prendere per mano qualcuno spontaneamente. Ora le rimaneva da sperare che quella sarebbe stata la prima di tante altre volte.
Ancora al settimo cielo, gli strinse la mano a sua volta e sentendo il contatto col bracciale lo interrogò: «Posso chiederti una cosa?»
«Oh, ti prego non di nuovo.» fece lui guardando il cielo, e Susan non seppe capire se fosse realmente esasperato o la stesse prendendo in giro.
«È un sì o un no?»
«È un... entrambi? O nessuno dei due.» rispose incerto tornando a guardarla.
«Allora te lo chiedo lo stesso e tu deciderai se rispondere o no. Qual è il tuo cibo preferito?» decise di buttarsi su una domanda stupida invece di quella che aveva in mente, per spiazzarlo.
E ci riuscì decisamente bene, il ragazzo la guardò esterrefatto: «Perché questa domanda?»
«Stupida vero? Ti aspettavi un’altra domanda seria?»
«Beh... sì.» confessò infine «Non ne ho.»
Susan lo guardò a bocca aperta e pensò: Mi ha davvero risposto? A una domanda così sciocca?
«Perché, tu sì?»
«Adoro le mele cotte! E i dolci!»
«Ma pensa un po’...» commentò inespressivo.
«Anche tu?»
«Mai mangiate.»
«Devi provarle assolutamente! Il prossimo autunno! O magari qui a scuola le hanno!»
Scrollò le spalle: «Come vuoi.»
«Non te ne frega niente, vero?» lo accusò.
«Non sono un amante del cibo.»
«No, si capiva.» borbottò lei.
Cedric le rivolse una smorfia di disappunto, ma non ribatté e tornò a studiare il breve tratto di pianura che li separava dalle mura della città.
«Però ci sarà qualcosa che non tolleri!» continuò Susan.
«Mmh... beh sì, il formaggio.»
«Davvero? Io invece non sopporto le verze!»
«Hai proprio ragione. E le rape.»
«E il cavolo!» rise.
«Il latte.»
«Cosa? Ma ogni tanto ti ho visto aggiungerlo al tè!» fece attonita.
«Mi fa venire la nausea, non è che non mi piaccia. Mi hai chiesto di cose che non tollero, è più generico di ‘Cose che non ti piace mangiare’.»
«Oh, come sei pignolo!» sbuffò.
«Tocca a te.»
Capì che intendeva fosse il suo turno a elencare una pietanza difficile da tollerare e sorrise felice che volesse continuare a giocare con lei: «Mmh... i funghi.»
«Vediamo... Oh, cavolo.»
«Quello l’ho già detto!» esclamò lei beffarda.
«No, lo so. Mi riferivo al tuo stomaco. Forse parlare di cibo non è l’ideale, che dici?» disse, considerando che aveva ricominciato a gorgogliare.
Susan si strinse la vita con le braccia senza lasciare la mano a lui e ignorò l’avvertimento del suo corpo, accogliendo il suo suggerimento e domandando invece: «Perché porti un braccialetto? Trovo strano che non lo togli mai.»
«Chiedimelo un’altra volta e forse ti risponderò.» disse ambiguamente, senza aggiungere una spiegazione.
Susan non fece in tempo a ribattere perché lui si lanciò fuori dal bosco cominciando a correre sotto la pioggia battente e lei fu costretta a tenere il suo passo veloce pur di non lasciargli la mano; quasi inciampò più di una volta e lo maledì gridandogli di rallentare. Lui non rise di nuovo, ma nemmeno le diede ascolto e le strinse la mano trascinandola fino a che giunsero ai cancelli di Eunev, lei col fiatone quasi si accasciò sul ponte di legno.
Ora non più mano nella mano dovettero indossare i guanti e si diressero a passo più lento verso casa a lasciare l’arco e la faretra di lui, Susan ne approfittò per strizzare i propri vestiti da maga nella vasca da bagno e Cedric attese pazientemente che si fosse rivestita. Poi uscirono nuovamente sotto la pioggia, la ragazzina camminava appiccicata ai muri di case e negozi per bagnarsi il meno possibile e lui non si allontanava mai troppo, per evitare si cacciasse in situazioni analoghe all’aggressione subita da Layla.
Tutto sommato si divertì a stare al passo di Susan che saltava le pozzanghere a terra o che scattava quando il suo sentiero all’asciutto era interrotto da una via laterale, ma non si unì al suo gioco, limitandosi a lanciare occhiate minacciose a chiunque la guardasse troppo insistentemente.
Non sapeva cosa l’avesse spinto ad aprirsi tanto a lei quel giorno e non era certo gli fosse piaciuto; non voleva che qualcuno arrivasse a conoscerlo così bene da trovarsi in mano l’arma per distruggerlo nuovamente. Non l’avrebbe sopportato ancora. Susan aveva qualcosa di diverso, ma non voleva illudersi pensando che gli sarebbe rimasta accanto anche se le avesse detto tutta la verità mostrandosi per ciò che realmente era.
Lei rideva spensierata cercando di accantonare la macabra immagine che si era fatta dal racconto sulla morte di sua madre e non sapendo esattamente cosa dovesse provare per come aveva passato la mattinata: ne era sia lusingata sia angosciata, e non riusciva a capire quale emozione prevalesse sull’altra; Cedric si era aperto a lei ma aveva ugualmente dimostrato una spiccata diffidenza. Non sapeva se fosse peggio non godere della sua fiducia ma essere riuscita a instaurare un rapporto, oppure non godere della sua fiducia ma non avere comunque niente a che fare con lui.
Alla fine non poteva dirsi delusa, se non altro aveva ottenuto qualcosa di cui nessun altro poteva vantarsi. Era persino riuscita a farlo ridere due volte.

  
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