(Leggere
ascoltando “Holding On and Letting Go”-Ross
Copperman e subito dopo “Never Say
Never”-The Fray)
Cara Caroline,
ho
deciso che durante questo mio viaggio le lettere saranno
l’unico modo con cui ti farò avere mie notizie, a
te e a tutti gli altri. Ti
chiedo scusa se ti scrivo dopo così tanto tempo. Ma era
quello di cui avevo
bisogno: tempo. La mia è stata una scelta difficile.
Difficile è stato lasciare
voi, lasciare Mystic Falls. Ma dopo la morte di Enzo ho voluto dare una
svolta
alla mia esistenza. Non avrei potuto riprendere le fila di questa vita
dopo
tutto ciò che è successo. E soprattutto voglio
mantenere la promessa fatta ad
Enzo, vivrò la mia vita al massimo, voglio vedere il mondo.
Godermi la vita. Voglio
concentrarmi su me stessa. Questo non è solo un viaggio
fisico, è anche
interiore. Voglio trovare un po’ di pace.
Enzo
mi manca immensamente. Il vuoto che ha lasciato è troppo
profondo. A volte mi manca il respiro. Mi fa impazzire non poterlo
stringere,
non sentirlo accanto. So che tu puoi capirmi meglio di chiunque altro.
Mi
rattrista non poterti stare accanto, affrontare insieme questo dolore.
Ma
ricorda, con il pensiero sono sempre lì con te.
Sai,
mi piace pensare ad Enzo e Stefan che, in pace, vegliano
su di noi. E immagino tua madre, sempre con te, pronta a dare una mano
alla sua
bambina.
Non
so se per te è lo stesso, ma a volte ho come la
sensazione di sentirlo camminare accanto a me, e prima di prendere
sonno un
lieve brivido mi attraversa, come se mi toccasse il viso. Sento la sua
voce che
mi chiama, come un sussurro, quando soffia il vento, nel fruscio delle
foglie,
nello zampillare dell’acqua.
Ed
è in quei momenti che il cuore mi si riempie nuovamente,
si scalda.
Porto
ancora la collana con il suo sangue, per niente al
mondo me ne separerei. È come portare una parte di lui
sempre con me, una parte
concreta, fisica.
Immagino
te e Alaric mentre crescete Josie e Lizzie, tra
incantesimi e piccoli disastri. Sei fortunata ad averlo al tuo fianco,
sappiamo
che non ti lascerà mai fino a che la vita non glielo
concederà, che farà di tutto
per renderti ancora felice.
Si, a
volte mi sento un po’ sola. E quando mi sento così
immagino voi, tu, Elena e Damon, qui con me ad ammirare la bellezza del
mondo.
Come
già sai la prima tappa di questo lungo viaggio è
l’Africa. Non appena sono entrata in contatto con la terra di
questo continente
ho sentito una scossa partire dai piedi e raggiungere la mente. Questo
mondo è
impregnato nella magia. Lo si sente nell’aria, nella sabbia,
nella vegetazione
e negli animali. È una sensazione meravigliosa,
inspiegabile. Ti senti parte di
un’unica cosa, sei un tutt’uno con ciò
che ti circonda. Sei connesso al mondo.
Quasi
tre mesi fa sono atterrata a Nairobi, in Kenya. Sono
rimasta stupefatta dalla grandezza di quella città, e
soprattutto dalla varietà
degli strati sociali che vivono nei diversi quartieri. Intorno alla
città si
estendono gli “slum”, le baraccopoli. Qui la
povertà urla e ti trafigge. Non
puoi neanche pensare di capirla finché non la vedi di
persona, e ti rendi conto
di quanto tu sia stato fortunato a nascere lontano da questa
realtà. È come
vedere una gigantesca discarica, ovunque sorgono e si incastrano tra
loro una
quantità esorbitante di baracche, costruzioni instabili
fatte con materiali di
fortuna. La quantità di bambini è impressionante,
rimangono sulla strada tutto
il giorno, fanno festa ai visitatori. Non potrò mai
dimenticare il momento in cui
ho messo piede in una di quelle polverose strade. Un gruppo di bambini
mi è
venuto in contro correndo, mi hanno circondata, le loro mani mi
toccavano
ovunque. I loro sorrisi erano stupendi. È
un’esperienza che lascia un segno.
Qualche
giorno dopo mi sono unita a un gruppo di turisti
addentrandomi nelle stupende riserve africane. Leoni, ghepardi,
elefanti,
rinoceronti, bufali, antilopi … e altri animali ancora.
È stato strano vedere
quelle creature dal vivo, dopo una vita passata ad ammirarli dai libri
e dalla
Tv. Per non parlare poi della natura. Dominavano l’ocra, il
verde, varie sfumature
di bruno, l’azzurro dell’immenso cielo.
Natura
incontaminata.
Aria
pura.
Sono
riuscita a vedere anche il tramonto. Uno spettacolo
stupefacente che tutti dovrebbero ammirare almeno una volta nella vita.
Il
cielo si tinge di rosso, giallo, arancione, e di tutte le loro
tonalità. Le
nuvole sbucano prepotentemente. Gli stagni riflettono tutto. Un trionfo
di luce
ti accarezza gli occhi. In quel momento ho pianto, ma non riuscivo a
rinunciare
di sorridere. Quanto avrei voluto Enzo accanto mentre mi godevo quel
meraviglioso dipinto, lo avrebbe amato.
Poi
è arrivato il momento di cambiare.
Una
settimana dopo ho preso un volo di cinque ore diretto ad
Accra, in Ghana. E qui ho deciso di fermarmi per un po’.
Arrivata
nella capitale mi sono
imbattuta in un gruppo di ragazzi che facevano parte di
un’associazione
umanitaria. Mi hanno coinvolta così tanto che alla fine ho
deciso di unirmi a
loro. Ho iniziato a fare volontariato in un orfanotrofio. È
molto diverso da
quelli in America, le risorse sono limitate, la struttura è
molto spoglia. Ho
fatto del mio meglio per renderla più accogliente. Mi sono
presa il compito di
occuparmi delle attività creative assieme ai bambini.
Ho
vissuto giornate incredibili. Da una parte
la consapevolezza delle condizioni di questi poveri bambini, il
trovarmi faccia
a faccia ogni giorno con i numerosi problemi che ciò
comporta. Per non parlare
della difficoltà nel comunicare, qui la lingua ufficiale e
l’inglese, ma
esistono numerosi altri linguaggi. Dall’altra ho provato la
gioia di stare tra
loro. Vedere i loro sorrisi, la loro vivacità. Ti riempiono
il cuore di
allegria. È stata un’esperienza unica e profonda.
Ti
ritrovi immersa in una nuova cultura, ogni giorno impari
qualcosa di nuovo. Le tradizioni e i costumi sono affascinanti e
interessanti.
Pensa che hanno due modi per salutarsi: le donne quasi si inginocchiano
quando
si rivolgono a persone più anziane; gli uomini si dispongono
come soldatini.
Per loro è forma di maleducazione offrire qualcosa con la
mano sinistra. E poi
la danza e la musica … meravigliose. Sono di una
varietà incredibile, a seconde
delle occasioni e delle località. Gli uomini ballano con le
gonne, proprio come
le donne. Questo perché una leggenda narra che il sesso
forte doveva unirsi con
quello gentile per impedire catastrofi. Ci vorrebbero centinaia di
pagine per
descriverti questa cultura, ma direi che è una impresa ardua.
E poi
la svolta.
Una
settimana fa mi trovavo ai villaggi artigianali di Accra,
immersa tra colorati tessuti, gioielli di vetro, bamboline e svariate
sculture
in legno. Un posto dalla vivacità dirompente. Ed
è qui che l’ho incontrata. Una
signora di età avanzata, con il viso segnato dalle rughe e
dalla vita. Portava
un lungo abito tipico ghanese, era di
un intenso rosso con decorazioni nere. Sulla testa aveva un turbante
nero.
Camminava a piedi scalzi. Le braccia erano coperte da un gran numero di
bracciali. Dal collo pendevano quelli che sembravano amuleti. Ma era
diversa da
tutte le donne anziane che fino a quel momento avevo incontrato. Aveva
un
portamento fiero, uno sguardo profondo e austero. E soprattutto, da lei
si
sprigionava una forza enorme. Era magia. La percepivo chiaramente. Nel
momento
in cui ho incrociato il suo sguardo una forte energia mi ha investita.
Mi sono
fermata. Ci siamo fissate intensamente per secondi infiniti. Dentro di
me
sentivo la magia crescere. Ed improvvisamente eccola davanti a me.
Aveva degli
occhi di un verde intenso. Mi ha preso la mano e una scossa di energia
mi ha
oltrepassata. Continuando a fissarmi ha pronunciato con un filo di
voce, ma
fermamente, una frase: “Un’ombra ti segue Bonnie
Bennett”.
Ogni
atomo del mio corpo ha iniziato a vibrare e poi ad
essere risucchiate nel vuoto. Non ho più sentito il suolo
sotto i miei piedi.
Le immagini si sono fatte sfuocate ed indistinguibili. Ho provato una
forte
nausea, la testa mi girava velocemente. È finito
tutto velocemente. Ho sentito
nuovamente la terra sotto i piedi, l’aria sulla pelle. Ho
aperto lentamente gli
occhi. Non mi trovavo più ad Accra, ma in mezzo alla savana.
L’anziana signora
era ancora davanti a me e lasciandomi la mano ha aggiunto:
“Bentornata a casa”.
Quelle due frasi come
puoi immaginare mi hanno turbata molto, ma non ho ancora trovato
risposte.
Immerso
nella natura
africana sorge un villaggio. Ma non è un villaggio
qualunque. Ospita una
congrega di streghe e stregoni. Kwabena, la donna anziana che ho
incontrato ad
Accra, è la “Tindana”, cioè
la strega a capo. Il villaggio è nascosto
all’occhio umano. Sorge in prossimità di
un’oasi d’acqua. Le capanne sono
costruite su uno spiazzo rotondo di terra rossa, in quelle tonde vi
abitano le
donne, mentre in quelle quadrate gli uomini. Sono fatte di mattoni di
terra
rossa e sono coperte da tetti di paglia.
Al centro si
erge un albero gigantesco, un baobab millenario.
È alto quasi come
il Guggenheim Museum
di New York e il tronco
è largo poco meno di 50 metri.
Si lo so, sembra assurdo, ma è così! La congrega
lo chiama Akorade. Le
sue grandi radici rompono la terra e si intrecciano tra loro. Da
queste sono ricavate innumerevoli e piccole figure umane in posizione
fetale.
Ogni volta che un appartenente alla congrega muore la sua immagine
viene scolpita
dalle radici. Così si crea un groviglio di corpi elaborati e
bellissimi. Sul
tronco invece vi sono incisioni molto antiche. Sono simboli ed
incantesimi. Per
farti capire, è come una sorta di Grimorio. La
congrega delle origini non
avendo supporti su cui scrivere, ha utilizzato il tronco
dell’Akorade. Ma la
ragione non è solo questa, e neanch la più
importante. Essendo la magia, come
sai, strettamente legata alla Natura e all’anima di qualsiasi
cosa,
trascrivendo simboli e incantesimi sul tronco (elemento di pura Natura)
ottengono
maggiore forza e trasmettono maggiore potere a chi lì legge
direttamente dall’Albero.
Inoltre interagiscono direttamente tra loro utilizzando un collegamento
puramente naturale e creando uno scudo difensivo che protegge il
villaggio e
tutti quelli che vi sono dentro. Nessuna forza e creatura oscura
può penetrarvi
senza essere neutralizzato. E nessuno può accedervi senza
prima essere stato
sottoposto a un rituale.
Lo
scopo è
neutralizzare qualsiasi energia negativa, purificare il soggetto da
qualsiasi
traccia di magia nera.
Qui
chiamano questo
processo “Tingere l’anima di bianco”.
Due
sono gli elementi
fondamentali di questo rituale: il Fuoco e il Sale. Il Fuoco purifica e
distrugge tutto affinché si possa rinascere. Il Sale
protegge
dalla
corruzione l’anima.
Il
rito viene svolto in mezzo all’oasi d’acqua, dove
emergono pochi metri di terra. Il punto del rituale si trova appena
fuori dalla
sfera protettrice dell’Akorade. Dal
villaggio si raggiunge attraverso una
passerella in legno, ma io, essendone fuori, l’ho dovuto
raggiungere immergendomi
in acqua. Quando sono arrivata Kwabena si
trovava già lì, inginocchiata davanti a un fuoco.
Mi sono
messa di fronte a lei, all’interno di un cerchio fatto di
sale.
Kwabena, dopo aver detto il mio nome per
sette volte, ha pronunciato una formula per altrettante volte:
“Phesmatos
incendia, phesmatos salis. Focus
salem incendit. Focus malum deles. Sal puram protegis. Focus et Sal
animam
purgatis. Anima culpam diluo”.
Al
termine della settima ripetizione il cerchio di sale si è
incendiato e ho
iniziato ad inalarne il fumo. Era bollente, mi
bruciava le narici. Non so per
quanto tempo ciò è andato avanti, ma è
sembrato un tempo infinito. Kwabena
ha pronunciato nuovamente il
mio nome per sette volte e al termine ho riaperto gli occhi, ho
raccolto le
ceneri e le ho buttate nel fuoco alimentandolo. Alla fine mi sono
dovuta
immergere nell’oasi, per lavare via ogni traccia rimasta di
impurità, e così sono
stata ammessa al villaggio.
Ora
vivo qui, è un luogo pacifico, ne avverti la forte
spiritualità. Dopo aver compiuto il rito mi sono sentita
rinascere. Mi sento
pura e in pace con tutto ciò che mi circonda. Sto imparando
cose nuove, sulla
magia, sulla cultura della congrega, la lingua … Ho il tempo
di concentrarmi su
me stessa, passo molto tempo a meditare, cerco di percepire ogni
sentimento,
ogni sensazione che provo. Kwabena è diventata come una
sorta di mentore, mi
insegna tutto quello che devo sapere, mi aiuta a potenziare i miei
poteri.
Non
so per quanto tempo rimarrò qui, ma per ora non intendo
lasciarlo. Vivrò in questo bellissimo villaggio fino a
quando non mi sentirò
pronta a riprendere il mio viaggio.
Ti
scriverò ancora, lo prometto.
Ti
voglio tanto bene Caroline, ricordalo. Porta un bacio alle
bambine da parte mia e saluta Alaric.
Sempre tua Bonnie.
NOTA DELL'AUTORE:
Ciao a tutti! Spero vi sia piaciuta questa lettera
che Bonnie scrive a Caroline.
Questo testo fa parte di un progetto più amplio, che sto scrivendo
sulla nostra amata strega dopo la fine degli eventi dell'ultima stagione.
Volevo darvi un assaggio e sentire qualche parere!
Grazie per aver letto!