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Autore: Clonnie    27/09/2017    3 recensioni
Speak my name and I'll appear
Right here
Hideaway

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Dean è in un'altra cittadina uguale a tutte quelle in cui John ha trascinato lui e Sam da quando sono piccoli. Non è facile attirarsi le simpatie degli altri diciassettenni quando si hanno vestiti troppo grandi e tasche troppo vuote e forse per questo finisce spintonato in un vicolo da un gruppetto di ragazzi del posto. È li che lo trova Cas, un altro ragazzo isolato da tutti per via delle voci sulla sua famiglia, silenzioso e strano, ma efficace nel salvare Dean con un paio di pugni...
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Teen!Destiel
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Gabriel, Jo, John Winchester, Sam Winchester
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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1 - Perfect Stranger

Tonight I feel something over me
Something I can't change 
Many nights I have spent sailing

With may reasons to be brave
But, Tonight I feel my heart begin to fail me 
And my 
head begin to fall 
Like two ships crossing their paths
I see you like a new dawn 

My perfect stranger
Don't sail away 
It was meant to be 
We met this way 
We met this way

("
Perfect Stranger" Civil Twilight)
 
Erano in quattro, quindi la quantità di coglioni presenti dentro quel drugstore era esorbitante.
“Esorbitante” era la parola del giorno sul calendario di Sammy, sarebbe stato fiero di come Dean era riuscito ad usarla. Forse.
Aveva provato a fare i propri acquisti senza dare fastidio a nessuno, ma quelle montagne dei suoi compagni di scuola - che per altro manco giocavano a football o qualche sport del genere, no, erano nel gruppo della fottutissima chiesa - gli avevano strappato di mano il sacchetto, e tutti i suoi tentativi di distanziarli tra le file del negozio erano andati falliti.
«Whiskey, birra... Winchester, hai un documento falso, per caso
Il più grosso di tutti, un biondissimo esemplare di maschio americano, aveva scoccato uno sguardo d'odio verso il commesso, che aveva alzato i palmi in aria, spaventato. «Ehi, il documento era valido.»
Certo che lo era, l'aveva fatto suo padre, ed era solo una delle identità false che gli aveva affibbiato per truffare le banche, e perché no, per mandarlo di sera a comprargli il whisky quando ne aveva bisogno. Le birre, invece, beh, quelle erano un acquisto personale, ma se le era fottutissimamente meritate.
«Perché non smetti di sorridere e rispondi, Winchester?»
«Perché non sono cazzi tuoi, bello.»
Non c'era stato bisogno di altro per essere preso di peso dagli altri tre e sbattuto nel vicolo fuori. Sperò che il commesso fosse abbastanza intelligente da non chiamare gli sbirri, Dean se la sarebbe potuta cavare da solo.
«Bene, come ve la volete gioca-»
Il pugno lo colpì dritto in bocca, schizzandogli la lingua di sangue. 'Okay', si disse, mentre cercava di divincolarsi dalla presa ferrea che gli teneva entrambe le braccia dietro la schiena, 'forse non posso cavarmela da solo.'
  
Castiel era in ritardo di cinque minuti. Il tragitto per arrivare a casa era di quindici se tagliava la cittadina lungo la via principale, dieci se usava la scorciatoia. Comunque troppo, secondo i canoni di sua zia Naomi. Da quando si era trasferita da loro al ranch - da quando il padre di Castiel era sparito - le regole erano diventate infinite e ferree. L'unica speranza era che Gabriel fosse ancora più in ritardo di lui, come sempre. 
Girò l'angolo del vicolo a fianco al piccolo drugstore, pronto a scattare per saltare la recinzione metallica lì in fondo, quando vide quattro ragazzi dalle facce note - occupavano sempre le panche in fondo alla chiesa, al contrario di Castiel e della sua famiglia - accanirsi contro qualcuno di decisamente meno familiare. 
Si avvicinò, il passo lungo e deciso, e colpì nei reni uno dei tizi, visto che gli stava dando le spalle. Aveva avuto la sua dose di bullismo, quando era piccolo, perché studiava a casa e la sua famiglia era un po' stramba oltre che molto religiosa, quindi aveva imparato ad approfittare subito delle debolezze. Parlare era sempre stato inutile. Il ragazzo si voltò, sorpreso, e Castiel lo colpì rapido anche allo stomaco, facendolo crollare. Gli assestò un ultimo calcio nelle costole che già un altro di loro - gli altri due pietrificati nel loro occuparsi del malcapitato - si stava facendo sotto. 
«Lascialo perdere, non ne vale la pena. Né lui né quest'altro,»  lo fermò quello che si stava sfogando sul loro bersaglio fino a un attimo prima. 
Castiel aveva ancora i pugni serrati ed era pronto a continuare. Ma i tizi lasciarono andare il ragazzo e raccolsero il loro amico dall'asfalto, per superare Castiel dando qualche infantile spallata. 
«Ci vediamo domenica, Novak! Se Naomi ti dà il permesso!» urlò uno di loro quando erano già lontani, seguito dalle risate degli altri. 
  
Dean raccolse il sacchetto e la propria dignità da terra, passandosi la manica sulla faccia per pulirsi dal sangue del labbro spaccato.
A Sammy sarebbe venuto un infarto, ma Dean avrebbe comunque detto di averli stesi tutti lui, fanculo il tizio impalato davanti a lui che era arrivato silenzioso e letale come una dannato serial killer in un film. Doveva avere più o meno la sua età e Dean non lo stava affatto invidiando per averli fatti scappare solo con la sua reputazione, perché solo così si spiegava come li avesse fatti fuggire con un paio di pugni e uno sguardo assassino.
Sputò a terra un miscuglio di saliva e sangue, cercando di non dare nell'occhio mentre lo osservava un po'.
Doveva ringraziare? Magari lo aveva fatto solo per un patteggiamento di conti tra di loro.
Sammy lo avrebbe preso a calci se non l'avesse fatto, però, quindi decise di fare uno sforzo.
«Grazie... credo.»
  
Castiel rilassò la postura: le spalle a incurvarsi leggermente sotto l'enorme impermeabile - lo aveva pescato nell'armadio di suo padre -, la mascella meno serrata, le braccia lungo i fianchi. Scrutò il ragazzo che aveva davanti con attenzione, lo sguardo a scavare come suo solito alla ricerca di qualcosa che non aveva mai trovato negli altri.  
Era un bel ragazzo anche nella penombra, la giacca di pelle e i capelli impeccabili nonostante il recente scontro. Non era di quelle parti, di questo Castiel era certo.  
Nella busta tintinnarono bottiglie di vetro.  
«I tuoi acquisti sono salvi?» domandò, neutro, incerto su come ci si dovesse comportare in quella situazione. 
Non aveva mai avuto occasione di aiutare qualcuno. Forse perché le persone avrebbero preferito cavarsela da sole pur di non essere associate a lui. 
  
Dean pescò fuori una lattina di birra con un sorriso - che si trasformò subito in una smorfia di dolore, dannati stronzi - e l'aprì, per poi buttare giù un lungo sorso accompagnato da un soddisfatto schiocco di labbra.
«Tutto apposto,» allungò il sacchetto. «Vuoi una?»
Alla fine il tipo gli aveva salvato il culo, dignità Winchester o meno, quindi se la meritava. La sua coscienza sotto forma di voce di Sammy gli stava imponendo le buone maniere come sempre.
  
Castiel capì di essere davanti a uno di quelli. Bere, magari fumare, tutto pur di mantenere l'apparenza da cattivo ragazzo che sembrava andare per la maggiore da quelle parti, vista la noia generale delle ragazze. Gabriel diceva che Castiel doveva togliersi il palo dal culo, ma lui non giudicava il gesto in sé. Era tutta la questione delle apparenze ad annoiarlo a morte. Alla fine erano tutti terrorizzati dalla vita allo stesso modo, birre o meno. Spostò lo sguardo che fino a un istante prima era stato fisso sullo sconosciuto, lasciandolo vagare sulla recinzione in metallo alle sue spalle oltre la quale si trovava il tragitto per andare a casa. 
«Non bevo. E sono in ritardo,»  dichiarò, senza però muoversi visto che ancora non sapeva bene cosa fare in quella strana situazione.  
A parte i suoi fratelli, non parlava con nessuno. Nessun essere umano, almeno; gli animali al ranch erano un'eccezione. 
  
Dean alzò le spalle, borbottò un 'okay' e si scolò altra birra, macchiando il bordo di rosso vermiglio.
«Dannazione,» borbottò di nuovo, e si appoggiò la lattina fresca contro il labbro che sentiva gonfiarsi di secondo in secondo.
Quando alzò lo sguardo, il tizio era ancora lì. Aveva detto di essere in ritardo per qualcosa, quindi Dean aveva semplicemente dato per scontato che se ne sarebbe andato.
Gli venne in mente quello che avevano urlato i coglioni prima di defilarsi.
«Ehi, ti serve una mano domenica con quei tizi... fammi sapere, okay?»
Il suo Sammy-interiore gli fece notare che si era offerto di aiutare uno sconosciuto senza manco presentarsi. «Uhm, mi chiamo Dean,» aggiunse, alzando il palmo a mo' di saluto, la faccia ancora premuta contro la lattina.
  
Castiel frugò fra le tasche dell'impermeabile, continuando ad incappare in oggetti che non sarebbero stati utili all'occasione, fino a trovare nella tasca interna superiore quello che stava cercando.  
Allungò a Dean il fazzoletto in stoffa. 
«Sono Castiel,» disse. «E non credo stiano pianificando un agguato fra le panche della chiesa,» constatò poi, serio. 
  
Dean accettò il triangolo bianco per il semplice motivo che non aveva voglia di tornare da quel commesso di merda a chiedere qualcosa per medicarsi - non aveva nemmeno chiamato gli sbirri, che razza di stronzo fa una cosa del genere a un ragazzo?
«Aspetta, in chiesa?», chiese, sostituendo la lattina con il fazzoletto. «Il vostro incontro di domenica sarà...»
Aggrottò le sopracciglia. «Non ti ho mai visto a scuola con loro.»
  
«Non vado a scuola,» si limitò a rispondere Castiel, come fosse un dato di fatto e Dean avesse dovuto saperlo. 
Era strano avere quella conversazione, tutto lì. Ogni singola persona in quella cittadina conosceva i Novak e Castiel non aveva mai dovuto spiegarsi più di tanto. Probabilmente il ragazzo era appena arrivato, ma avrebbe presto imparato ad evitarlo per strada. O a comprare qualche dose da Gabriel, se era il tipo. O a sparlare di Anna e della sua salute mentale. Una delle tre o tutte insieme, perché no. 
  
«Mmh,» mormorò, prendendo un altro sorso. «Hai mollato o è per scelta? Perché in caso vorrei sapere anch'io come si fa a non andarci.»
In realtà non era tanto la legge statale a tenerlo a scuola quanto Sammy. Dean si rifiutava categoricamente di lasciarlo da solo duranti gli anni del liceo, probabilmente quando avesse finito sarebbe rimasto come bidello o qualcosa del genere pur di stargli vicino.
  
«Studio a casa,» rispose Castiel, ancora. «Ma ti basterà chiedere dei Novak per saperlo,» chiarì.  
Da una parte non voleva che accadesse, che anche quella persona spuntata lì da chissà dove lo guardasse come un alieno quando lo incrociava per strada. Era così strano, parlare con un ragazzo della sua età come se fosse normale, che non voleva quel momento finisse. Dall'altra era meglio non farsi illusioni in merito... 
Senza che se ne fosse davvero accorto, il suo sguardo era tornato a studiare Dean con attenzione. 
«Visto che non sei di qui e ancora non lo sai,» aggiunse, quindi. 
  
Dean abbassò lentamente il fazzoletto.
Le cose cominciavano a quadrare, non c'era una faida in corso tra due gruppi di chiesa, semplicemente quel Castiel doveva essere stato dall'altra parte delle botte in più di una occasione.
«Non è che mi importi molto di chiedere alla gente,» asserì, scrollando le spalle come se si liberasse del fastidio di dover dare conto alle voci di paese. Anche i Winchester non avevano una buona nomea, in qualunque città finissero per piantare il culo John trovava sempre il modo di farli conoscere, e anche lì non sarebbe stato diverso.
  
Castiel si sorprese per quella risposta noncurante, poi tornò a dipingersi in viso la sua espressione neutra. 
Forse era vero. Forse no. Non che avesse molta importanza. 
Il vecchio cellulare prese a vibrare in una delle tasche dell'impermeabile proprio mentre formulava quel pensiero vagamente cinico, così diverso dall'attitudine speranzosa che Castiel aveva prima della fuga di Chuck. Si mise a frugare velocemente, fino a trovarlo. Non avevano il permesso di averlo, a dire il vero, ma Gabriel gliel'aveva dato perché potessero chiamarsi in caso di emergenza. 
«Dove cazzo sei finito, Cassie? Naomi sta schiumando di rabbia,» gli sussurrò il fratello dall'altra parte della telefonata. 
«Ho avuto un contrattempo, sarò a casa fra dieci minuti.» 
«Sì, e poi ci resterai per i prossimi dieci anni. Almeno hai una buona scusa? Spero stessi compiendo l'opera del Signore o qualcosa del genere, perché solo quello ti salverebbe,» scherzò Gabriel. 
«Non ho bisogno di una scusa,» rispose Castiel, allontanandosi da Dean in direzione della recinzione.  
Si rese conto di doverlo salutare, probabilmente, così si voltò appena Gabriel mise giù. 
«Buona serata, Dean,» dichiarò, solenne, prima di sparire di corsa. 
  
Dean sventolò una mano goffamente, dato che il ragazzo era già sparito oltre la staccionata.
Lanciò la lattina ormai vuota, sistemandosi meglio il sacchetto tra il petto e l'incavo del gomito, e si avviò verso casa. Sammy sicuramente stava finendo i compiti sul tappeto e John era ormai semisvenuto sul divano, se Dean era fortunato.
Era ormai a due passi dal portone quando si rese conto di essersi tenuto il fazzoletto bianco di Castiel, ormai tinteggiato di ampi cerchi rossastri. 
 
Ehi!
AAAAAAAAAAAAAA
Siamo serClizia e DonnieTZ, questo è il nostro profilo condiviso e questa è la nostra ultima fatica scritta insieme. Essendo già completa, aggiorneremo probabilmente ogni settimana (salvo cataclismi).
E ora sono le due di notte quindi andiamo a letto. 
Grazie per essere arrivati fino a qui! 
   
 
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