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Autore: Scarlatta    27/09/2017    5 recensioni
"Solas, Var lath vir suledin"
"Vorrei che fosse possibile, Vhenan"
[...] Eppure lei continuava a cercare, sognare e attendere... Decisa a trovare un modo per cambiare il cuore del Temibile Lupo.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cullen, Inquisitore, Solas
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il sospiro di quelle montagne le sembrava più gelido del solito quella notte ma non voleva tornare dentro.
Le luci dei candelabri nel salone principale le erano diventati insopportabili, quasi quanto le voci. Le voci, come se non bastassero quelle dentro la sua testa.
Non sapeva come ma doveva uscire da quel torpore.

Ai suoi passi veloci mentre scendeva le scale fuori dal portone di Skyhold si aggiunsero quelli di un altro.
«Inquisitore».
Titubò all'idea di doversi fermare, ma lo fece. «Dimmi, Cullen». Si sforzò di mostrarsi il più normale possibile.
«Stai bene?».
«Ti serve qualcosa?». Sapeva che non era una vera risposta, tuttavia era l'unica che le venne in mente.
Lui percorse adagio gli scalini che li separavano.
Ogni tintinnio metallico della sua armatura le faceva avere un brivido di inspiegabile disagio.
«Vorrei parlarti. In privato. È possibile?».
"No", pensò. «Certo».
Cullen le fece segno di tornare indietro, probabilmente voleva andare nel suo studio, e lei a malincuore lo seguì.

Il ritmo con cui camminava per stare al passo del ragazzo era lento, quasi estenuante se paragonato ai suoi pensieri frenetici.
«Non ti ho mai ringraziata a dovere per quello che hai fatto per me», iniziò a proferire lui con evidente imbarazzo. «Per il lyrium. La tua forza di volontà mi ha spinto a resistere. Sei stata un esempio e... Ti ammiro molto».
«Sei un ottimo comandante, Cullen. Temo di non avere alcun merito in questa faccenda. Ce l'hai fatta con le tue sole forze ed è questa la cosa veramente ammirevole».
Lui fece un sorriso amaro mentre guardava il trono in fondo alla sala. «Non credo, Halla». Era la prima volta che la chiamava col suo nome, le fece un effetto strano. «Hai una forza magnetica. La tua determinazione è ciò che ha creato l'inquisizione, ciò che ha plasmato il futuro e tutti noi. Non è stata solo l'Ancora ad averti reso il nostro capo».
Lei si strinse nelle spalle. Non poteva e non voleva iniziare a spiegargli quanto in realtà fosse fragile e sul punto di frantumarsi, quanto avesse faticato tutta la vita a convincere se stessa e gli altri di essere forte.
Cullen, con uno scatto inaspettato, la trascinò oltre una porta, lontano dagli sguardi curiosi di tutti i loro ospiti. Le si parò dinanzi prendendole entrambe le spalle con la sua salda stretta. «Lasciati aiutare. Permettimi di aiutarti».

"Non mi toccare"

«Lo fai già», rispose con freddezza.
«No. Voglio dire aiutarti davvero». Era preoccupato e triste. Si accorse di non averlo mai visto così. E le venne il dubbio di non sapere se lui non lo fosse mai stato o lei non lo avesse mai notato. «Non posso ignorare il dolore nei tuoi occhi e non posso neanche sopportarlo. Devi andare avanti!».
Halla ridusse gli occhi a due sottili fessure, quasi quel gesto potesse aiutarla a capire meglio. «Cosa intendi?».
«Intendo lui! Devi smetterla di pensare a lui, non si merita nulla di tutto questo. Ci ha traditi. Te per prima».
Istintivamente lei si ritrasse cercando di divincolarsi dalla presa del ragazzo, ma dietro c'era solo la parete dello stretto corridoio.
«Halla, ti prego. Lo so che fa male ma tu devi farcela. Per te, per tutti noi. Se solo me ne dessi la possibilità ti dimostrerei che io non ti abbandonerei mai».
Riuscì infine a liberarsi dal suo giogo. Chiuse gli occhi per cercare di cancellare la sensazione delle sue mani su di lei. «Non...», pensieri e parole iniziavano a confondersi nella sua gola mentre indietreggiava verso il centro della stanza, «Non sai neanche di cosa stai parlando, Cullen. Ti prego, smettila qui».
«Sto parlando del fatto che tengo a te. Moltissimo».

Ora il suo sguardo crucciato vagava sul volto del giovane comandante. Era esattamente il tipo di uomo che chiunque si sarebbe augurato di trovare al proprio fianco. Ed era lì per lei, per aiutarla. 
Per un attimo si costrinse a immaginare una vita diversa, una vita dove tutto era straordinariamente normale, dove tutto andava come doveva, dove aveva ancora la sua mano sinistra, dove il suo cuore non era mai stato spezzato, dove i vallaslin erano ancora sul suo giovane viso, dove non aveva mai scoperto la verità sul suo popolo e le sue origini. Una vita con Cullen al suo fianco. Una vita senza lui nei suoi pensieri.
Ma lui non era nei suoi pensieri, lui era il silenzio tra ogni suo pensiero, era il respiro tra ogni parola, era l'ululato che la svegliava nel cuore della notte. Lui era la sua testa.
Halla si sforzava di guardare Cullen ma riusciva a vedere solo lui.
Non c'era altra vita con Cullen che avrebbe potuto avere, o almeno non più.

Ed ecco di nuovo quei bisbigli incomprensibili nella sua mente che soffocavano ogni suono esterno. "Non adesso, ti supplico" pensò mentre un fischio le faceva pulsare le tempie. «Non capisco...», le scivolarono quelle parole fuori dalle labbra.
Cullen si avvicinò cautamente, quasi avesse paura che lei potesse scappare di nuovo come un animale ferito. Arrivò circa al centro della rotonda, a poco più di un passo da lei, ma stavolta non osò nemmeno sfiorarla tanto la vedeva turbata. Pensando che il suo fosse un incoraggiamento a spiegarsi, continuò. «Ho immaginato per molto tempo cosa dire in una situazione come questa... Nella mia mente suonava meglio», ammise con crescente vergogna mentre si grattava nervosamente la fronte. «È che non lo credevo possibile. Sapevo che avevi un legame con lui ma mai avrei immaginato che potesse lasciarti in una maniera simile. Sono passati anni e non vedo più il motivo di celarti ancora i miei sentimenti. Io ho combattuto per te, ho pregato per te e sei sopravvissuta all'impossibile, sei tornata qui... Da me. E mi sembra più di quanto avrei mai potuto sperare».
Ma Halla non sentiva nulla se non quei maledetti sussurri che continuava a non comprendere. Alzò gli occhi quasi stesse cercando una risposta intorno a lei e le sembrò che tutte le figure degli affreschi iniziassero a prendere vita come fumo e ombre, presenze spettrali che la stavano osservando.
Un lupo nero cominciò a muoversi lungo le pareti circolari, puntandola come una preda.
«Cullen, cosa sta succedendo?».
Solo quando sentì la sua voce spezzata dal puro terrore, il ragazzo si accorse di cosa stesse accadendo all'Inquisitore. Le chiese cosa vedesse per essere così spaventata ma lei non poteva sentirlo, e in ogni caso non sarebbe riuscita a proferir parola tanto era paralizzata dalla paura.
Il lupo di tenebra continuava a fissarla mentre le vorticava lentamente intorno.

"Mythal". Le sembrò che avesse ringhiato la bestia tra le zanne.
"Tempio". E stavolta non aveva dubbi su cosa avesse udito e chi lo avesse detto.

Cullen capì che stava avendo delle visioni e non sapendo cosa altro fare per tranquillizzarla, l'abbracciò e, così facendo, non vide il verde soprannaturale che invase per un secondo le iridi di Halla. Poi quella luce scomparse lasciando al suo posto solo uno scudo di lacrime, troppo vischiose perché potessero scendere a rigarle il viso. 
Tutto era tornato normale. Era ancora confusa ma quella sorta di allucinazione era finita. Stava quasi per iniziare a spiegare, quando il templare la allontanò bruscamente da sé.
«Bastardo!», sbottò lui in un ruggito tirando un pugno sulla scrivania, tanto forte da far tremare anche l'anima della ragazza. «Lo vedi cosa ti ha fatto? È colpa sua! Ti sta facendo impazzire! È lui che ti ha messo queste visioni nella testa».
«No, Cullen», cercava di essere lucida anche se in realtà era maledettamente scossa, «Lui non c'entra con questo», ma non ne era poi così sicura se ripensava all'espressione familiare che aveva il lupo.
«Perché Halla?», continuava ad infuriarsi, persino contro di lei, «Perché lo giustifichi ancora? Perché?».
«Perché lo amo», rispose senza neanche accorgersene.
«Ma non capisci che ti ha solo usata?! Ti ha ingannata fin dall'inizio, come ha fatto da sempre con tutti! Eri solo una pedina nelle sue mani e tu sei ancora qui a parlare di "amore"?».
Si morse le labbra pur di non reagire a quelle accuse.
«Distruggerà il nostro mondo, tu lo sai», incalzò Cullen non sopportando quel silenzio come risposta. «E glielo lascerai fare, solo perché non riesci ad ammettere a te stessa di essere innamorata di qualcuno che non è mai esistito e al quale...».
«Sta zitto!», lo interruppe bruscamente urlando tanto che forte che l'eco rimbombò fino alla cima della torre svegliando i corvi di Leliana.
Cullen rimase impietrito.
La tempesta che scorreva nelle vene di Halla si acquietò  in modo innaturale, come se fosse nell'occhio del ciclone. «Che ne sai tu di come si salva il mondo? Sei solo uno stupido soldato che esegue gli ordini». Battiti d'ali e in quell'istante la speranza di Cullen di salvarla volò via con loro. 
«E ora vattene».
A quelle parole così fredde e cariche di disprezzo, il capitano serrò i denti e non poté fare altro che obbedire, per quanto ferito nell'orgoglio. «Inquisitore», disse con non troppo velato astio mentre si congedava.

Silenzio.

Ma la mano di Halla tremava ancora.
"Cosa ho fatto? Perché l'ho voluto ferire in questa maniera? Questa non sono io. Io non sono così...".
Toccò il segno sulla scrivania lasciato dal colpo di Cullen.
Il suo sguardo si posò sulla figura del lupo, immobile sulla parete. "Cosa mi hai fatto?" iniziò a strisciare tra i suoi pensieri.
Prese la prima cosa che si trovò sul tavolo e la lanciò sgraziatamente contro il profilo del lupo. La piccola ampolla si ruppe allo schianto e ne fuoriuscì della china che creò un buco nero sul muro, una crepa che si spandeva di pari passo con la sua ira.

«Che cosa mi hai fatto?». Urlava più volte questa domanda come se fosse l'unica frase che conoscesse.
«Che cosa mi hai fatto?»

Dopo qualche istante, in tutta fretta, fece capolino dalla porta Cassandra, probabilmente allarmata da Varric.
La ragazza corse subito da Halla cercando di bloccarla nella sua furia distruttiva ma lei aveva già ribaltato mezza stanza.
Nonostante la Cercatrice la immobilizzasse tenendola per le spalle, l'altra continuava a scalciare. «Lo odio!», digrignava tra i denti, mentre lacrime di rabbia iniziavano finalmente a scenderle giù per il viso. E Cassandra non poteva fare a meno di provare un gran dispiacere nel vederla ridotta così e sapeva di non poter fare molto per alleviare la sua pena. La lasciò andare solo quando l'altra fu sfinita per lottare ancora.
Halla crollò a terra con le dita della mano intrecciate come rami secchi tra i capelli. «Io non ce la faccio».
La mora si chinò al suo fianco.
«Non ce la faccio più».
«Inquisitore, di cosa hai bisogno?», non sapeva cosa fare ma avrebbe tentato di tutto per non vederla più in quello stato.
«Di cosa ho bisogno?», ripeté quasi singhiozzando tanto le faceva male la gola per il troppo disperarsi. «Ho bisogno che tu mi dica che hai trovato qualcuno. Qualche traccia. Insomma, qualunque cosa! Devi darmi una speranza... Devi dirmi che tu, o Leliana, o chiunque altro in questo merdoso Thedas, lo troverete e lo riporterete indietro!».
Ma di Solas non c'era traccia da fin troppo tempo. Era sempre un passo avanti a loro e onestamente Cassandra era convinta che non sarebbero mai arrivati a lui a meno che lui non avesse voluto che lo trovassero. «Non posso ancora farlo, Halla
», ammise a malincuore, «Ma posso giurarti che non mi arrenderò mai». 
L'Inquisitore scrollò leggermente la testa, poi la guardò dritta negli occhi e in quel momento Cassandra sentì di starsi facendo carico dello stesso dolore dell'altra. «Allora dimmi: come posso svegliarmi ogni mattina senza sentirmi sprofondare in questo modo? Ho bisogno che mi spieghi almeno questo. Dimmi cosa posso fare per andare avanti, perché chiaramente io sto sbagliando tutto».
Cassandra sentì una stretta al cuore, come se percepisse direttamente sulla sua pelle quanto quell'amore stesse consumando l'amica.
L'abbracciò. 
«Non lo so».
   
 
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