Serie TV > Poldark
Segui la storia  |       
Autore: lady lina 77    27/09/2017    2 recensioni
Seguito di Without you. Un anno dopo la nascita di Isabella-Rose, Ross e Demelza vivono una vita serena e felice a Nampara, insieme ai loro tre figli. Ma il destino si sa, è malefico. E un incidente scombinerà di nuovo le carte, facendoli precipitare in un tunnel di dolore, incertezza e difficoltà.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Ross Poldark, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Preveggenza? Sesto senso?

Quando, otto mesi prima, Demelza gli aveva comunicato di essere nuovamente incinta, la preoccupazione era stata il primo vero sentimento che aveva provato, unito al terrore. Lei gli aveva assicurato che tutto sarebbe andato bene e in effetti la gravidanza era proceduta tranquilla, senza scossoni, monitorata da Dwight. Demelza era stata tutto sommato bene, eccetto per l'infinita stanchezza che l'aveva accompagnata, tanto inusuale per una donna instancabile come lei. Spesso dormiva per ore il pomeriggio e anche la sera si addormentava presto, ma a parte questo non c'erano stati altri problemi. Solo che lui, nel vederla sempre così esausta, non poteva non essere preoccupato. Gli anni erano passati anche per Demelza e quest'ultima gravidanza era molto più faticosa e dura rispetto alle precedenti.

Il travaglio era iniziato dodici ore prima, in piena notte, e ancora non era finito. Ricordava le nascite di Julia e di Jeremy, dei veri e propri parti-lampo, così come gli avevano detto essere stato quello di Clowance, a Londra. Bella era stata più impegnativa, ma alla fine era andato tutto bene.

Ora invece la situazione sembrava bloccata e sentiva solo, dalle scale, i lamenti sempre più disperati di Demelza e la voce pacata di Dwight che cercava di tranquillizzarla.

Ross passeggiò nuovamente nel salotto, avanti e indietro. Prudie e Jud, in un angolo, sfogavano la preoccupazione sorseggiando Porto, Jeremy se ne stava silenzioso alla finestra, Clowance era accovacciata in un angolo, abbracciata ad Artù, e Bella ogni tanto faceva capolino, gli cingeva la vita e cercava conforto in lui. La piccola di casa era la più spaventata e Ross non sapeva come consolarla perché era ancora più spaventato di lei.

In mattinata era arrivata Caroline per avere notizie ed ora, insieme a tutti loro, attendeva la fine di quel parto infinito. Aveva portato con se le sue due bambine, nate dopo la sfortunata Sarah, e ora le bimbe parlottavano fra loro o con Bella, la più vicina per età, cercando di ingannare il tempo.

Le figlie di Dwight e Caroline erano due bambine dalla bellezza raffinata ed elegante, come la loro madre. Biondissime, dal viso e dai lineamenti perfetti, sempre vestite con pizzi e merletti, sembravano due bambole. Sophie aveva quasi dieci anni, aveva dei lunghissimi capelli color miele, lisci come seta, e si muoveva per casa con pacatezza e timidezza. Sua sorella Meliora, di sette anni, era più vivace. Aveva anche lei i capelli chiari, pieni di boccoli tenuti a bada da un fiocco, non stava ferma un attimo ed aveva la lingua lunga e tagliente come sua madre.

Un urlo di Demelza li fece sussultare tutti e Ross alzò lo sguardo verso le scale, sudando freddo.

Caroline gli si avvicinò, poggiando gentilmente una mano sulla sua spalla. "Ross, ascolta, credo sia meglio portare fuori i ragazzi. Esco con loro a fare due passi, almeno si distrarranno un po'".

Ross annuì, con fare assente. "Sì, è meglio".

Caroline richiamò a se le figlie e, dopo una lunga trattativa, convinse Jeremy, Clowance e Bella a seguirla. "Su ragazzi, qui non potete fare nulla e rischiate di impazzire! Vostra madre è forte, ha solo bisogno di più tempo".

Jeremy lo guardò. "Papà?".

"Vai, porta fuori per un po' le tue sorelle per favore" – gli rispose, quasi in una supplica.

Il ragazzo annuì, prese Bella per mano e assieme a Clowance si accodarono a Caroline e alle sue due bambine.

Rimasto solo con Jud e Prudie, Ross riprese a fare avanti e indietro nella sala. L'idea che Demelza stesse soffrendo e che potesse essere in pericolo, lo terrorizzava. Amava i suoi figli, avrebbe amato anche questo nuovo bambino o bambina, ma niente valeva quanto sua moglie. Non voleva, non poteva perderla!

"Ross!". Dwight, giunto precipitosamente dalle scale, lo chiamò.

"E' nato?" - gli chiese, ansioso e speranzoso.

"No. Ho bisogno del tuo aiuto Ross, te la sentiresti di venire di sopra?".

Ross deglutì. Di sopra? Ad assistere al parto? Non si era mai sentito nulla di simile, era una cosa inusuale e lo terrorizzava... Non era tanto il parto in se, era vedere Demelza star male che... che... "Dwight, che sta succedendo?".

"Ross, è sfinita, non ha più forze e ho bisogno che tu salga per darle coraggio. Manca ancora molto e non c'è strada di ritorno, DEVE partorire o saranno guai sia per lei che per il bambino. Solo tu puoi aiutarla, adesso".

Annuì. Per Demelza avrebbe scalato a mani nude ogni montagna del mondo. Avrebbe assistito alla nascita del suo bambino e questo lo spaventava ma allo stesso tempo inorgogliva. In fondo, un giorno, lui e Demelza ne avrebbero riso di questa cosa. "Vengo subito!".

Corse su per le scale, si fiondò in camera e in un attimo fu al fianco di Demelza. Era distrutta, i lunghi capelli rossi erano senza luce, opachi e sparsi per il cuscino, era sudata, stanca, senza forze. Il viso era pallido, non l'aveva mai vista così fragile e indifesa. "Amore mio..." - le sussurrò, sedendosi sul letto accanto a lei. Le prese la mano, la strinse nelle sue e la baciò. "Sono qui, sta tranquilla, presto sarà tutto finito".

"Ross...". Demelza si voltò verso di lui e nonostante tutto, azzardò un sorriso stupito. "Che ci fai qui? Torna subito da dove sei venuto...".

Dwight intervenne nella loro discussione. "Temo di aver bisogno di lui Demelza e quindi dovrai sopportare la sua presenza".

Sua moglie non sembrava troppo d'accordo. "Non voglio... Non voglio che mi veda così".

Ross le accarezzò il viso, la baciò sulla fronte e le disse la medesima frase di tanti anni prima, pronunciata una notte di Natale. "Non ti libererai di me, amore mio".

Demelza dovette ricordarsi di quel frangente ormai lontano e si arrese, sorridendo. Si lasciò abbracciare, Ross le cinse la vita e la aiutò a poggiare la schiena contro il suo petto. "Su tesoro, è ora di far nascere questo bambino".

"Sono stanca".

Dwight la visitò nuovamente e Ross guardò altrove. Era tutto molto difficile per lui, era una situazione nuova ed imbarazzante e non sapeva come gestirla. Cercava di apparire calmo per Demelza ma si sentiva impotente, un pesce fuor d'acqua e sentire sua moglie lamentarsi, piangere, vedere l'espressione preoccupata di Dwight e non potere fare niente... Gli sembrava di impazzire.

"Demelza, coraggio, devi far nascere il bambino! Spingi!" - ordinò Dwight, perentorio, dopo mezz'ora di inutili tentativi.

Demelza provò a fare quello che lui le chiedeva ma era troppo stanca per riuscirci. Il suo respiro si fece corto, gli occhi si riempirono di lacrime e si arrese, lasciandosi andare contro il corpo del marito. "Non ce la faccio" – sussurrò.

La strinse a se, le baciò la fronte e le sollevò il viso perché lo guardasse negli occhi. "Ricorda cosa mi hai promesso Demelza! Avevi detto che sarebbe andato tutto bene e ora non puoi farci... FARMI... questo". La sua voce voleva essere ferma, voleva costringerla a stringere i denti e lottare, ma le sue parole avevano il sapore di una supplica. Dopo tanti anni, aveva di nuovo paura di perderla, come fu quando lei e Julia si ammalarono. "Ti prego".

Sua moglie lo guardò senza forze, senza trovare fiato per rispondergli. Poi il suo sguardo si fece improvvisamente deciso, strinse la sua mano, quasi gliela stritolò. E fece quello che lui e Dwight le chiedevano. Spinse, con tutta la forza che aveva ancora in corpo, con disperazione e senza risparmiarsi.

"Ottimo, continua così" – la incitò il loro amico dottore.

Ross la tenne stretta a se e alla fine, dopo infiniti minuti in cui temevano che la situazione si bloccasse nuovamente, il bimbo nacque.

Demelza urlò, poi si accasciò esausta fra le braccia di Ross, senza avere più nemmeno il fiato per respirare. Chiuse gli occhi, affondò il viso sudato contro il suo petto e scoppiò a piangere. Se per sollievo, stanchezza o senso di liberazione, era difficile dirlo...

Ross si impose di essere forte e di non piangere, non era ancora il momento per commuoversi. La strinse a se, mentre nelle sue orecchie rimbombava il pianto vigoroso del neonato. Dwight si stava occupando di lui... O lei... Non si era ancora accertato di nulla del bambino, ogni suo pensiero era rivolto a Demelza. Mai l'aveva vista tanto fragile e spaventata come in quel momento, così vicina ad arrendersi, ad un passo dal lasciarlo. "Ce l'hai fatta" – sussurrò fra i suoi capelli, accorgendosi di quanto fosse rotta la sua voce.

Dwight annuì, avvolgendo il neonato in una coperta. "Sì ce l'hai fatta. E' un maschietto in perfetta salute, grande e forte".

Ross sentì a malapena le sue parole e forse anche Demelza. Sentì che lo abbracciava più forte, continuando a piangere, senza trovare la forza o la voglia di voltarsi per vedere il bambino. Non poteva darle torto, aveva appena passato l'inferno a causa sua, pensò fugacemente. La coccolò fra le sue braccia per lunghi istanti come se fosse stata essa stessa una bambina, mentre Dwight ripuliva il piccolo, le accarezzò i capelli, le baciò la fronte ed asciugò le lacrime dal suo viso. "Sta tranquilla, è tutto finito".

Demelza annuì, mentre Ross la aiutava a poggiarsi sul cuscino. "Ross" – sussurrò – "Se tu non fossi stato qui...".

"Ma c'ero, non pensarci!" - le rispose, baciandola sulle labbra. "E in fondo non ho fatto nulla, hai fatto tutto da sola. Ce l'avresti fatta anche se fossi rimasto di sotto, in salotto, come ogni buon padre che si rispetti" – concluse, strizzandole l'occhio. "Ora però, promettimi che BASTA BAMBINI".

A dispetto di tutto, Demelza sorrise. "Sì, basta bambini" – sussurrò stancamente, scambiando con lui uno di quei loro segreti sguardi d'intesa che gli sarebbe mancato come l'aria, se lei non ce l'avesse fatta.

Dwight si avvicinò loro, poggiando il bimbo sul petto di Demelza. "Qui c'è qualcuno che vorrebbe fare la vostra conoscenza" – disse, lasciando loro il bimbo.

Demelza lo strinse a se e il bimbo si rannicchiò contro di lei, prendendole un dito fra le manine. Lo guardò. Era bello grosso, con le guance piene, il nasino all'insù e con un ciuffetto di capelli rossi in mezzo alla testolina quasi pelata. E con due occhi neri e profondi che la scrutavano insistentemente, tanto simili a quelli di suo padre.

Appena fu fra le braccia di sua madre, il piccolo smise di piangere. Si lasciò cullare tranquillamente e per lunghi istanti Ross, in assoluto silenzio, rimase in contemplazione di sua moglie e di suo figlio, di quel bimbo che fino a pochi minuti prima era una fantasia che faceva quasi paura ma ora era lì, reale e vero. Strinse a se Demelza, quasi incurante che nella stanza ci fosse Dwight che finiva di prendersi cura di sua moglie. La osservò. Era stanchissima e sofferente, molto pallida e sicuramente distrutta. Quasi stentava a credere che per cinque volte lei avesse affrontato quel calvario per permettergli di essere padre. Veder nascere un figlio era la cosa più straordinaria, potente e allo stesso tempo terrificante che avesse mai visto. Si era sempre creduto forte ma vedere una donna partorire aveva ridimensionato molto il suo orgoglio maschile, arrivando alla conclusione che lui al suo posto probabilmente sarebbe morto.

Gli occhi del piccolo si posarono su di lui e Ross allungò la mano ad accarezzarlo. E in quel momento si sentì di amarlo come gli altri e che senza di lui la sua vita non sarebbe stata perfetta come immaginava. "E' bellissimo Demelza" – sussurrò fra i capelli della moglie.

"Ne è valsa la pena, vero?" - rispose lei, con un filo di voce.

Non sapeva risponderle a dire il vero, sapeva solo di essere incredibilmente felice. "Lui è qui e anche tu. Questo mi basta...".

Demelza annuì. "Vuoi tenerlo in braccio?".

"Sì, certo". Ross lo prese fra le braccia e il bimbo non accennò alla minima protesta. "Henry Vennor Poldark..." - disse, chiamandolo col nome che avevano scelto dopo mesi di lunghe trattative coi figli. Jeremy aveva proposto Napoleon, affascinato da quanto succedeva in Francia, Clowance desiderava un nome aristocratico tipo Gustav mentre Bella aveva proposto il nome di un compositore austriaco morto alcuni anni prima, un certo Wolfang Amadeus. Alla fine però, lui e Demelza avevano optato per un nome semplice come quello dei fratelli e la scelta era caduta su Henry, che aveva trovato piuttosto d'accordo tutti. "Sai Demelza, io mi sbagliavo, non era vero che la nostra famiglia era al completo e ora che l'ho in braccio, so che mancava lui". Baciò il suo bimbo, ottimista sul fatto che tutto sarebbe andato bene, dopo nove mesi di angoscia.

Demelza sorrise dolcemente, accarezzandogli una guancia e prendendo il bimbo con se. "Io lo sapevo che mancava lui. E ora hai ragione, la nostra famiglia è davvero completa". Lo guardò negli occhi e tremò, ricordando quanto patito poco prima. E poi poggiò la testa contro la sua spalla, singhiozzando sommessamente. "Dicevo davvero Ross, se non ci fossi stato tu al mio fianco, sarei morta".

"Non dirlo nemmeno per scherzo".

"Sono seria".

Ross scosse la testa. "Non ho fatto niente, ho solo cercato di aiutarti a tirar fuori tutta la tua forza".

Demelza raggiunse le sue labbra, baciandolo, mentre dietro di loro Dwight usciva dalla porta per lasciarli soli. "Eri qui, era qui per me, Ross. Ed è l'unica cosa di cui avevo bisogno, l'unica che ho sempre voluto".

"Sono sempre qui per te, non solo ora".

Demelza sorrise dolcemente, cullando Henry fra le braccia. "Non è sempre stato così... E ringrazio Dio per averci cambiati tanto, per averci fatto crescere e fatti diventare quel che siamo".

Ross si sentì in colpa per quelle parole e per il pessimo marito che era stato nei primi anni di matrimonio. Tanti errori avrebbe potuto evitarli ma forse, col senno di poi, erano serviti a renderlo un uomo migliore. "Io ti amo, amo te, i nostri figli, la nostra famiglia e questa casa. Amo Artù e Garrick prima di lui e amo anche i nostri servi fannulloni. Non avrei voluto niente di diverso e nient'altro avrebbe reso la mia vita tanto felice come è stata con voi".

"Lo so... Adesso lo so" – rispose Demelza, in un sorriso.

Lo sguardo di Ross si addolcì. "Ora riposa, Dwight è andato a chiamare Prudie per aiutarti a pulirti e a cambiarti. Devi dormire e rimanere a letto a lungo per riprenderti".

Annuì, ubbidendo senza fare obiezioni. Sapeva anche lei di averne bisogno. "Ross" – disse, poggiando la testa sul cuscino.

"Cosa?".

"Una volta odiavo Elizabeth perché guardavi lei in un modo in cui, credevo, non avresti mai guardato me".

"E ora?".

Demelza strinse a se Henry. "Non la odio più da tanto perché adesso è me che guardi in quel modo".

Ross le strinse la mano. "In realtà credo che ti sbagli. Io non potrò mai guardarti come guardavo Elizabeth. Lei era il primo amore, quello perfetto e alla fine irreale che si vive da ragazzini. Tu sei altro, sei molto di più di lei... Sei mia moglie, la mia amante, la mia migliore amica, la mia compagna e la madre dei miei figli. Al mondo non esiste nessuna donna che ai miei occhi possa essere paragonata a te e il modo in cui ti guardo non è ripetibile con nessun'altra, né Elizabeth né la più grande lady che potrebbe passare da qui".

Demelza, con gli occhi lucidi, non disse nulla sulle prime. Serenamente si appoggiò sul cuscino e chiuse gli occhi, con l'espressione di chi è in pace col mondo. "Ross... Sai perché andiamo tanto d'accordo, fra le altre cose?".

"Perché?".

"Perché siamo uguali, entrambi dei veri e propri anticonformisti. Da sempre! Si è mai sentito di un padre che assiste alla nascita di un figlio?".

Ross ci pensò su, poi rise, le strizzò l'occhio e la baciò sulla fronte. "Forse un giorno andrà di moda".

Quando Prudie arrivò, Ross lasciò la stanza col bimbo in braccio. Mentre la serva aiutava sua moglie a lavarsi e cambiarsi e a sistemare il letto, con l'aiuto di Dwight fece il bagno ad Henry, stupendosi di non aver perso la mano a maneggiare un neonato. "Sarà stranissimo avere a che fare con un bimbo piccolo dopo tanto tempo" – disse, sorridendo.

"Ti riabituerai".

Ross lo guardò in viso, con lo sguardo pieno di gratitudine. "Ti ringrazio, le hai salvato la vita".

"E' stato un parto duro ma lei è forte. Non ringraziarmi Ross, è il mio lavoro e Demelza una paziente speciale".

Ross sorrise, riprendendo Henry ormai pulito in braccio, avvolgendolo in una coperta di lana. "Ha i capelli rossi come Clowance, lo adorerò".

"Altro figlio preferito?" - disse Dwight, ridendo.

Anche Ross rise. "Non lo dire a Clowance o tornerà gelosa come quando aveva cinque anni".

In quel momento i ragazzi rientrarono con Caroline e le sue bambine, correndo subito da lui. I loro occhi si illuminarono quando videro il fagottino fra le braccia del padre e gli andarono vicino.

"E' nato? O è nata?" - chiese Bella.

Ross mostrò loro il fratellino. "Vi presento vostro fratello Henry".

Clowance lo guardò, preoccupata. "Come sta la mamma?".

Fu Dwight a rispondere, per lui. "Bene, ma ha bisogno di molto riposo, è stata dura".

Jeremy sospirò, rasserenato. "Dovremo legarla al letto allora, lei a riposo non ci sta mai".

"La murerò in camera, se non starà ferma" – disse Ross, risoluto.

Bella gli tirò la giacca, mentre Artù lo annusava e guardava incuriosito il nuovo arrivato. "Posso prenderlo in braccio?".

Jeremy scosse la testa. "No, sono io il più grande e quindi tocca a me farlo per primo".

"No, tocca alla figlia maggiore, io!" - si intromise Clowance.

Bella sospirò, arrendendosi al fatto che era la terzogenita e che non aveva diritto a niente. "Papà, tu e mamma dovevate fare tre gemelli" – sbottò, incrociando le braccia.

Ross impallidì a quelle parole. "Non dirlo nemmeno per scherzo". Ridacchiò, poi si avviò verso le scale. "Mamma riposa e pure Henry deve dormire. Lo terrete in braccio domani".

"Voglio vedere la mamma!" - implorò Jeremy.

"Domani". Ross sapeva che i figli desideravano abbracciarla, ma voleva non si agitasse troppo. Demelza era troppo spossata per tutte quelle emozioni e l'unica cosa di cui aveva bisogno era il riposo, col suo bimbo fra le braccia.

Caroline ridacchiò. "Ragazzi, non insistete, non capite che i due piccioncini vogliono stare da soli?".

Ross le diede un'occhiataccia, arrossendo. "Buona serata, miss Enys. E grazie dei servigi resi".

"Di nulla" – rispose a tono l'ereditiera – "E congratulazioni, capitano".

Ross annuì e poi salì le scale. In fondo Caroline aveva ragione, tutto quello che voleva era rimanere accanto a Demelza, loro due ed Henry, da soli, per quella prima notte.

Per tutto il resto ci sarebbe stato tempo da domani...




  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Poldark / Vai alla pagina dell'autore: lady lina 77