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Autore: Piccole Pietre    28/09/2017    1 recensioni
Una voce profonda si levò da questa, facendo tremare il suolo sotto i loro piedi. Una figura maestosa dai tratti severi, troneggiò su di loro con la sua imponenza, con una barba lunga e un incarnato di un pallore etereo e occhi chiari e limpidi come l'acqua cristallina, si impose su di loro. Alice lo riconobbe subito: quello era uno dei tre Reggenti, il loro capo. Questa volta la loro ricerca aveva avuto fortuna.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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CAPITOLO 2
UN BRUSCO RISVEGLIO


Il silenzio che seguì non era rassicurante. Bella, rannicchiata al suolo, aveva il respiro accelerato e il corpo che le tremava per la paura appena provata. Immobile fissava il punto in cui si era appena volatilizzata quella sagoma mostruosa, che l'aveva colta alla sprovvista. Un gemito di dolore catturò la sua attenzione. Un lamento maschile provenì dalla parte più buia di quella stradina. La ragazza, ancora per terra, concentrò il suo sguardo in quella direzione, sporgendosi con il busto per poter vedere meglio chi si stesse lamentando. A causa del buio pesto, non riuscì a distinguere un granché. Così, preso un lungo respiro, gattonò verso quella sagoma distesa al suolo.

«Stai bene?» chiese al ragazzo con quel poco di voce che le rimaneva.

Bella che domanda stupida. Questo poverino ha appena fatto un volo di chissà quanti metri.

Il ragazzo si lamentò ancora mantenendosi con una mano la spalla ferita. Quando poi girò il capo Bella lo riconobbe. Era il ragazzo solitario del pub. Pochi secondi dopo quest’ultimo parlò.

«Merda!» Sbraitò il ragazzo.

«Come, scusa?» Bella non fece in tempo a chiedere altro che il tizio aggiunse.

«Si può sapere chi diavolo sei? Hai rovinato tutto».

«Ma di che diavolo stai parlando? Qui chi ha il diritto di fare delle domande sono io. Cos’era quella cosa? Sono quasi morta dallo spavento». Il ragazzo senza nemmeno guardarla, raccolse da terra la batteria e il cellulare, che nel volo si era aperto e aggrappandosi ad un cassonetto della spazzatura, si rialzò.

Quando inserì la batteria nel cellulare e provò a riaccenderlo, questo non diede segno di vita.

«Maledizione!» Imprecò il ragazzo camminando avanti e indietro nervosamente. «È andato tutto a farsi fottere». disse con rabbia. Poi si massaggio la spalla che gli faceva male e delle espressioni di dolore si formavano sul suo volto.

Bella ancora spaventata, lo seguiva con gli occhi senza sapere cosa fare. Poi prese coraggio si alzò da terra e lo raggiunse alle spalle.

«Stai bene?» disse la ragazza. Ma il ragazzo non la degnò di uno sguardo. Così lei gli si avvicinò più vicino e spazientita alzò il tono della voce.

«Se non l’avevi capito, sto parlando con te! Mi stai ascol…» Bella non terminò la frase, perché presa alla sprovvista, venne strattonata malamente. Il ragazzo dall’aspetto misterioso la teneva ferma da un polso e fissandola negli occhi minaccioso le disse:

«Non so chi tu sia e nemmeno il motivo perché tu abbia visto, ma di una cosa sono certo. Se tu non fossi stata li, le cose sarebbero andate diversamente».

«Io sono quasi morta dallo spavento e tu sai solo accusarmi. Sai cosa c’è di bello? Me ne frego di come stai e della tua spalla. Me ne vado. Idiota!». Disse la ragazza alzando il tono di voce e riuscendo a svincolarsi dalla stretta del ragazzo, ma lui repentinamente l’afferrò nuovamente e avvicinando il suo viso a quello di Bella le disse:

«Dove credi di andare? Pensi realmente che ti faccia andare via così? No, signorina. È colpa tua se mi è scappato ed è colpa tua se mi sono fatto male. Quindi inutile dire che le cose andranno diversamente. Adesso devi aiutarmi!»

«Ma tu sei fuori di testa! Non ho nessuna intenzione di aiutarti». Concluse cercando di mantenere un atteggiamento sicuro, ma tutta la sua sicurezza venne meno quando il ragazzo, nel muovere il braccio, emise un gemito di dolore.

«D’accordo ti aiuterò!».

 

La luce di un nuovo giorno illuminava e riscaldava la piccola stanza. Bella dormiva profondamente quando un rumore improvviso la disturbò svegliandola, si mosse nel letto e si mise distesa di schiena. Con ancora gli occhi chiusi, rivisse nella sua testa gli avvenimenti della sera prima e tirò un sospiro di sollievo, perché convinta fosse solo un brutto sogno.

Tranquilla Bella era solo un brutto sogno, non è successo realmente e quell’idiota non l’hai mai incontrato”.

Dopo qualche minuto, pronta ad affrontare la giornata, aprì gli occhi e l’incubo divenne realtà. Il ragazzo della sera prima era d’avanti a lei, seduto comodamente sulla sedia di fianco alla finestra, con le gambe accavallate e tra le mani un cellulare.

Bella spaventata scattò indietro, lanciando un urlo e sbatté la schiena contro il muro. La coperta stretta a se, il battito del cuore accelerato e il respiro irregolare.

«Non puoi essere realmente tu». Disse Bella, portandosi una mano sulla fronte e scuotendo la testa.

«Bella, calmati stai ancora dormendo, lui non è realmente qui» Pensò la ragazza ad alta voce.

«Per me puoi credere quello che vuoi, non cambia la mia presenza qui da te». Disse il ragazzo senza alzare lo sguardo e continuando ad utilizzare il cellulare. «Permettimi di dirti, che questo Taylor è un idiota!»

La ragazza ancora sotto shock non capì subito le sue parole.

«Cosa scusami?» Tutto fu chiaro quando lui sollevo l’oggetto stretto nella sua mano.

Bella portò gli occhi su di esso e pochi istanti dopo riconobbe che quello era il suo cellulare. Con un balzo scese dal letto e sfilò l’apparecchio elettronico dalle mani di quello sconosciuto. «Ma come ti sei permesso? Questa è violazione della privacy, lo sai che potrei sporgere denuncia?»

«Ma fammi il favore, la tua vita è piatta, stavo solo cercando di passare il tempo nell’attesa che ti svegliassi. E poi ricordi?». Disse indicando la parte della spalla che gli faceva male.

In questo modo sperava di manipolarla, per farla sentire in colpa.

«Non puoi restare qui. Io…» Bella non terminò la frase, perché qualcuno iniziò a bussare alla sua porta.

Perché proprio ora?” Pensò preoccupata Bella.

«Muoviti devi nasconderti». Disse Bella spingendo il ragazzo dietro l’armadio.

«TU, non azzardarti ad uscire da qui, non fiatare e se puoi non respirare!» disse puntando il dito verso di lui.

Poi si diresse ad aprire la porta.

«Arrivo!» Gridò Bella avvicinandosi verso di essa, ma prima di aprirla, si girò indietro per intimare nuovamente al ragazzo di non fiatare. Prese un lungo respiro e decise di aprire.

Sulla soglia della porta, come poteva immaginare, c’era l’anziana signora Clotilde con in viso un espressione di rimprovero. Bella si sporse con metà busto fuori dalla porta mantenendo quest’ultima il più possibile socchiusa per impedire alla donna di sbirciare all’interno della sua stanza.

«Signorina, le avevo detto che la colazione è servita alle 7:00 in punto. Sa che ore sono?» Disse la donna spazientita.

«In verità..» provò a dire Bella.

«Glielo dico io, se non lo sa. Sono precisamente le 9:00 e nonostante lei non abbia usufruito della colazione, non pagherà un solo centesimo in meno». Mise in chiaro la vecchietta, che nel frattempo iniziò a dondolarsi sulle punte reggendosi al bastone, per curiosare all’interno della stanza.

«Non si preoccupi, non avevo intenzione di chiedere sconti». Disse la ragazza frettolosamente e cercando di celare il più possibile la visione alla donna. La signora Clotilde guardò Bella ancora per qualche istante prima di girarsi per andar via. Sfortunatamente però il rumore improvviso, all’interno dell’abitazione non passò inosservato alle orecchie dell’anziana signora tanto che, con un’arcata, spinse malamente Bella aprendosi un varco tra il muro e la ragazza.

Adesso sono fritta” pensò Bella consapevole del fatto, che la stanza fosse troppo piccola per non far scoprire Edward dietro l’armadio. “Cretino!” pensò.

Passarono pochi secondi, che per lei furono lunghissimi. Stranamente la vecchietta non aveva ancora aperto bocca, così convinta di essere scampata ad un guaio, si voltò verso l’interno della stanza.

Quello che gli si parò d’avanti era anche peggio di quello che aveva immaginato. Sul letto, il ragazzo se ne stava comodamente sdraiato, con le gambe accavallate. Tutto era chiaro, il rumore sentito era quello del materasso che sbatteva contro la rete del letto. Quel cretino aveva volontariamente fatto rumore, per provocarla e farla innervosire.

«Signorina, potrebbe spiegarmi cosa ci fa questo giovanotto in camera sua? La mia è una pensione di persone perbene, non un postribolo». Disse la signora indignata e scandalizzata, mentre volgeva lo sguardo dal ragazzo ad una Bella ammutolita.

«Signora Clotilde, non è come pensa. Posso spiegarle» disse Bella balbettando imbarazzata. Non si era mai trovata in una situazione così fino a quel giorno.

A quel punto il ragazzo si alzò e si avvicinò alla vecchietta. «Signora mi presento, il mio nome è Edward Cullen e sono il suo ragazzo». Disse il giovane porgendo una mano verso l’anziana donna, ma quest’ultima impugnando il bastone gliela rifiutò malamente.

«Siete due imbroglioni. Così volevate alloggiare in due pagando una sola tariffa?» Disse la donna infuriata iniziando a battere ritmicamente il suo bastone sul pavimento.

«No, non è come pensa». Cercò di discolparsi Bella, ma Edward intervenne ancora una volta.

«Signora Clotilde, in verità sono arrivato ieri sera tardi. Alla reception non c’era nessuno. Le posso assicurare, che era nostra intenzione avvisarla questa mattina non appena fossimo scesi. Non si preoccupi, pagheremo il costo di due pensioni».

A quelle parole la donna si rilassò, si calmò e smise di battere il bastone sul pavimento.

«Mi sta bene. Ma vi avviso, non ho altre stanze disponibili. Vi aspetto di sotto per registrare i suoi dati sig. Cullen». E detto ciò la donna si congedò dai due ragazzi.

Altro che indignazione, la signora era solo arrabbiata perché voleva essere pagata le due pensioni”, pensò Bella.

Poi si ridestò dai suoi pensieri e come una furia si avventò sul ragazzo.

«Idiota! Sbaglio o ti avevo chiesto di rimanere nascosto e in silenzio? Mi hai messo nei guai adesso». Disse Bella ringhiandogli in faccia.

«E no ragazzina, al contrario ti ho risolto un problema». Disse Edward con un espressione di ovvietà.

«Mi hai risolto un problema? Me l’hai creato il problema, anzi mi correggo, il mio problema sei tu!» disse la ragazza iniziando a camminare avanti e indietro per la stanza.

«Si, ti ho risolto il problema. Pensaci, se non fosse stato per me, adesso e per tutto il resto del mese, avresti vissuto con l’ansia che mi scoprissero, invece così tolto il dente tolto il dolore. Se vuoi adesso puoi anche ringraziarmi». Terminò Edward incrociando le braccia al petto.

«Chi ti ha detto che puoi stare qui un mese? Che io ricordi, non ho mai detto una cosa simile».

«Se non fosse per te, sarei già lontano da qui. Per di più ho una spalla lussata». Disse Edward cercando di far sentire Bella colpevole.

«Ma se stai benissimo?» disse Bella.

A quell’affermazione Edward si rigettò sul letto iniziando ad assumere espressioni di dolore sul volto. «Non vorrai negare il tuo aiuto ad un povero ragazzo ferito?»

«Non stai male veramente, sò che stai mentendo» disse Bella sicura di sé.

«Ho capito, sarò costretto a richiamare la signora Clotilde e dirle che in realtà mi hai rimorchiato ieri sera in un locale e che non avevamo nessuna intenzione di pagarle il mio pernottamento» la minacciò Edward alzandosi dal letto e avvicinandosi alla porta di quella minuscola stanza.

La ricattò e Bella fu ancora una volta costretta ad assecondare i suoi capricci.

«Ok. Puoi restare» sospirò Bella rassegnata. In fretta e in silenzio, recuperò gli indumenti dall’armadio e il suo beautycase, uscì dalla stanza lasciando all’interno un Edward vittorioso.

Quando ritornò di Edward non vi trovò nemmeno l’ombra. Approfittando dell’assenza del suo nuovo compagno di stanza, decise di dedicare qualche minuto al vero motivo del suo trasferimento. Aprì il cassetto del suo comodino e recuperò l’agenda di suo padre.

Sfogliò quelle pagine lentamente per non farsi sfuggire neanche il minimo particolare. Con sguardo indagatore si fermò sulla pagina nella quale era stato appuntato l’indirizzo di Londra: “25 Islington High St”. Senza nemmeno accorgersene passò le dita su quell’inchiostro nero.

Era strano sfogliare quell'agenda all'interno della quale erano stati segnati appuntamenti di lavoro, nomi e tanto altro, senza una vera e propria coerenza. Si sa, i padri al mattino si svegliano presto, baciano i loro figli prima di andare a lavoro e la sera ritornano stanchi raccontando poco o niente della loro giornata lavorativa. Adesso sfogliando quell’agenda poteva provare ad immaginare quello che faceva suo padre nelle ore in cui era lontano da lei. Bella, troppo presa dai suoi pensieri, non si accorse della presenza di Edward alle sue spalle, fin quando quest’ultimo non le parlò.

«Ho sistemato la questione dei documenti con la proprietaria. Che tenera, scrivi ancora il diario?» disse Edward prendendola in giro.

«Non sono affari tuoi quello che faccio». Lo rimbeccò la ragazza indispettita chiudendo l’agenda e mettendola nella borsa.

Dalla risposta della ragazza, Edward capì che se continuavano così, la convivenza sarebbe diventata per entrambi insostenibile e sicuramente non sarebbero mancati giorni carichi di tensione.

Così non và. Devo cambiare atteggiamento se voglio scoprire come sia riuscita questa semplice umana, ad assistere all’apparizione di un Reggente”. Pensando questo, Edward le si avvicinò.

«Ok, l’ammetto, forse abbiamo iniziato col piede sbagliato. Ricominciamo tutto daccapo. Ciao, il mio nome è Edward Cullen» disse porgendo una mano verso Bella.

«Ok, avevo il sospetto che fossi matto, ma se fai così non farai che avvallare le mie supposizioni. Lo sai che sei completamente fuori di testa?». Disse la ragazza appoggiando una mano sul fianco e passando l’altra tra i lunghi capelli.

«Solitamente quando ci si presenta, ci si aspetta che anche l’altro faccia la stessa cosa». Disse Edward continuando a porgerle la mano.

Bella guardò scettica, ancora una volta, la mano tesa del ragazzo. Lui, a differenza di lei, stava provando ad andarle incontro con quel gesto.

«Assurdo!» disse Bella, posando per la prima volta il suo sguardo incerto e titubante nei fieri occhi verdi del ragazzo. Prima di quel momento, non aveva mai notato quanto bello fosse il suo viso.

Poi Edward con uno sguardo supplicante aggiunse «Ti prego».

Bella orgogliosa com’era, non voleva cedere e dargliela vinta, ma nello stesso tempo doveva riconoscere una cosa, quel ragazzo che in meno di ventiquattro ore le aveva complicato la vita, stava facendo un passo verso di lei.

Bella guardò ancora una volta il ragazzo, che le sorrise sinceramente.

«Isabella Swan, ma solo Bella può bastare». Disse la ragazza stringendogli la mano.

 

   
 
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