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Autore: lagertha95    29/09/2017    1 recensioni
Il ragazzo della biblioteca non ha più visto la ragazza dai capelli di mogano, nè la bambina, dopo quel giorno in cui camminarono tutti e tre affiancati, eppure non l'ha dimenticata.
Ci ha provato, non vedendola per mesi, ma lei è sempre rimasta lì, in un recesso nascosto della sua mente, pronta a palesarsi quando meno lui se lo sarebbe aspettato.
Poi un giorno, sotto Natale, la rivede e in quella visione lui legge una seconda chance che lo spirito del Natale gli ha concesso. Troverà il coraggio di rivolgerle la parola? Oppure lascerà che lei gli sfugga tra le dita, per la seconda volta?
Scoprite leggendo il destino dei ragazzi protagonisti di "Sguardi"
Dal testo:
" I capelli raccolti e fermati da una matita, il telefono in mano e gli occhi chini ad osservare lo schermo. Un maglione bordeaux lungo fino alle cosce con le maniche troppo lunghe, un paio di calze nere pesanti e degli stivali con un leggero tacco.Bella come non mai, l'aveva trovata. [...] Si era seduto, imbambolato, guardandola fisso. Il libro di economia aziendale che albergava davanti a lui aveva perso ogni interesse."
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'La Biblioteca'
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Il seguito di “Sguardi”, ispirato e richiesto da Emotional Fever.

Spero vi piacerà :)

Fatemi sapere qualcosa, dal momento che le One-Shot non sono decisamente il mio cavallo di battaglia.

Buona lettura e a presto!

Baci, Lagherta :*




Era passato diverso tempo (diversi mesi a dir la verità) e non aveva più rivisto la ragazza dai capelli di mogano né la bambina dai capelli d'oro.

Non sapendo come si chiamasse, non aveva neanche provato a cercarla su uno qualunque dei social a cui era iscritto.

La routine universitaria lo aveva inghiottito di nuovo, dopo la breve pausa estiva, e il pensiero della ragazza mora era scivolato in fondo alla sua mente, quasi sepolto dalle miriadi di altri pensieri (le lezioni, gli esami, gli amici, il lavoro) che lo tenevano impegnato. Eppure, ogni sera, appena prima di addormentarsi, gli occhi, i capelli, il corpo, la voce di lei tornavano alla ribalta, occupando l'intero spazio che trovavano a loro disposizione e lui rivedeva la dolce figura di donna che aveva attirato la sua attenzione quel giorno di settembre in biblioteca.

Ogni sera, nel letto, l'immagine di lei si faceva spazio prepotente e lui si addormentava con un sorriso sulle labbra.


Ricordava di averla vista studiare, quando la bambina dai capelli d'oro non era presente, con un ragazzo.

Un ragazzone alto, sempre in tuta, che non la sfiorava quasi mai volontariamente. Eppure aveva notato come ci fosse familiarità tra i due. Una scintilla, più blanda di quella che accendeva gli occhi di lei quando arrivava la piccola bionda, le illuminava il sorriso quando lo vedeva. Aveva sorpreso entrambi, più volte, ad osservarsi di nascosto l'uno dall'altra. Si era scoperto infastidito. Quel gioco di sguardi allora non era una prerogativa solo sua e della ragazza. Quel ragazzone alto e dall'aria simpatica aveva lo stesso privilegio, il cui valore aumentava di molto. Sì, perché negli occhi della ragazza dai capelli di mogano, c'era un amore profondo, un affetto infinito e longevo.

Era geloso, perché negli sguardi tra la mora e il ragazzo alto, c'era un universo intero che sarebbe stato per sempre precluso a chiunque altro. E si rattristava al pensiero che lui non avrebbe mai raggiunto quel livello di intimità che sprizzava palese da quei due. Perché non erano solo gli sguardi. Era tutto il resto. Era come lei fremeva, quando si sedeva al tavolo e aspettava che il ragazzo alto arrivasse. Era come lui la guardava mentre lei si concentrava sulle parole stampate sul libro che aveva davanti. Era come lei percepiva il suo arrivo, riscuotendosi dalla specie di trance in cui sprofondava durante la lettura, riconoscendone i passi. Sapeva che lei riconosceva anche il profumo del ragazzo alto: le aveva visto fremere le narici e poi sorridere, appena prima che lui le posasse una mano sulla spalla, palesandosi.

Eppure, anche se le prime volte lo aveva pensato, quei due non stavano insieme. Forse erano stati innamorati, perché quell'intimità la si raggiunge solo dopo aver condiviso anime e cuori, ma non lo erano più. Sembravano solo due ottimi amici, di quelli per cui il sesso di appartenenza è diventato secondario, di quelli che darebbero qualunque cosa per l'altro senza chiedere niente in cambio, di quelli che mai sarebbero stati invidiosi l'uno dell'altra. Erano due anime affini, che si erano trovate in una situazione di equilibrio in cui l'amore profondo che provavano l'uno per l'altra era diventato un amore fraterno. Migliori amici, ecco che cos'erano. E aveva smesso di essere geloso.


Era passato Ottobre, era passato anche Novembre. Dicembre era iniziato, con la sua aria gelida e il mare grigio, tipico dell'inverno. L'Università era in pausa e la biblioteca era diventata di nuovo il rifugio di un mare di ragazzi.

L'aveva pensata ogni giorno, quando arrivava la sera. Prepotente lei invadeva la sua mente, accompagnandolo verso il sonno e poi se ne andava. Il giorno spariva, ma la sera, puntuale, tornava.

La biblioteca era piena, eppure il tavolo dove lei si sedeva era sempre libero, come se fosse in attesa del suo ritorno. E lui, ogni giorno, aspettava di vederla entrare, dirigersi verso quel tavolo con la sua camminata così particolare, sedersi senza far rumore e sentirla imprecare sottovoce quando le fosse caduta una penna.


Natale si avvicinava e lui aveva quasi perso la speranza di vederla seduta a quel tavolo che senza di lei sembrava così vuoto.

Era mattina, la biblioteca aveva aperto da un'ora e lui era entrato, la cinghia della borsa sulla spalla destra, il giaccone posato sul braccio. Non aveva nemmeno prestato attenzione a quel tavolo, ci era passato accanto senza guardarlo, evitando così di rimanere deluso nel vederlo vuoto. Mentre si sistemava, chinato accanto alla sedia del tavolo che aveva scelto, aveva sentito un rumore di passi che gli era risultato familiare. Allora aveva alzato gli occhi e l'aveva vista. I capelli raccolti e fermati da una matita, il telefono in mano e gli occhi chini ad osservare lo schermo. Un maglione bordeaux lungo fino alle cosce con le maniche troppo lunghe, un paio di calze nere pesanti e degli stivali con un leggero tacco.

Bella come non mai, l'aveva trovata. Forse era perché erano passati mesi dall'ultima volta che l'aveva vista, forse perché il bordeaux le donava, mettendo in risalto le sfumature rossicce dei capelli.

Si era seduto, imbambolato, guardandola fisso. Il libro di economia aziendale che albergava davanti a lui aveva perso ogni interesse.


Ricordandosi della promessa che si era fatto a settembre, aveva preso il coraggio a due mani e si era alzato. A passi svelti, prima che la forza di parlarle gli sfuggisse di mano, si era avvicinato al suo tavolo, dove lei era seduta da sola, tutta concentrata su un manuale di anatomia aperto su una sezione del cuore che lei osservava con aria critica.


Ciao” aveva sussurrato lui, con voce bassa ma chiara.


Lei aveva alzato lo sguardo e gli aveva sorriso. Un sorriso dolce e aperto, di quelli che ti trasmettono calore e che si era espanso fino agli occhi nocciola.


Ciao” aveva risposto


Volevo chiederti…niente. Lascia perdere.” lui aveva scosso la testa con i corti ricci neri, dandosi mentalmente dell'idiota.


Tranquillo...” aveva risposto lei, continuando a sorridere “Comunque, tanto perché tu lo sappia, quella bambina bionda è mia cugina” ed era tornata ad osservare quella sezione di cuore. Lo stesso cuore che adesso batteva nel petto di entrambi, senza che l'altro lo sapesse.


Oh, ma certo. Non...” aveva balbettato lui, le guance arrossate.


Sì che lo avevi pensato. Lo pensano sempre tutti” lo aveva detto sorridendo, senza rancore né fastidio. Era consapevole che sia per l'atteggiamento che aveva con la bambina che per l'età (anche se doveva ammetterlo, sarebbe stata una mamma abbastanza giovane) la gente spesso le scambiava per mamma e figlia. “Che cosa volevi chiedermi, comunque?”


Un caffè. Cioè posso offrirti un caffè?” aveva nuovamente balbettato lui, ormai paonazzo fino alla punta delle orecchie.


Volentieri, stavo per fare anche io una pausa.” aveva sorriso lei, chiudendo il manuale e mettendo una matita a segno della pagina a cui era arrivata. Poi si era alzata, con grazia e delicatezza, aveva preso il telefono e il portafoglio e lo aveva guardato. “Andiamo?”


S-sì, certo” aveva risposto lui, incantato a guardarla. Lei, che se ne era accorta, aveva sorriso di sottecchi e si era avviata verso l'uscita. Lui l'aveva seguita, ipnotizzato dal movimento ondeggiante dei suoi fianchi.


Non che ci mettesse malizia, nel procedere ancheggiante, anzi, non lo faceva di proposito. Era una parte di lei, quella camminata, esattamente come lo erano gli occhi nocciola, i capelli mogano e le labbra, rosate e carnose al punto giusto. Era rimasto incantato dalle labbra esattamente come da tutto il resto.


Come lo prendi?” gli chiese, distogliendolo dai suoi pensieri.


Che cosa? Scusa ero distratto.”


Ti ho chiesto come prendi il caffè” rispose lei, con un sorriso furbo sulle labbra.


Ah si. Al vetro basso, per favore.”

Lei annuì, pensierosa, e si diresse al bancone. Dopo qualche chiacchiera con la barista, che evidentemente conosceva, ordinò i due caffè. Tornò poco dopo, le tazzine in mano e un sorriso stampato in faccia.


Non mi hai ancora detto come ti chiami, in ogni caso” buttò lì lei, con nonchalanche.


Etienne. Ma neanche tu lo hai fatto” rispose lui, riacquistando la parola.


Ariadne”


Lui pensò che fosse un bel nome, particolare, adatto a lei, che di comune non aveva niente.


Come mai” iniziò lei, pensierosa “dopo aver passato settembre a osservarmi – Sì, me ne sono accorta – mi hai rivolto la parola solo adesso?”


Beh…i motivi sono più d'uno e non tutti sono dipesi da me.” rispose lui, gli occhi abbassati a fissare il cucchiaino che girava ritmico nel bicchierino di vetro.


Prego , sono curiosa” lo spinse lei, maliziosa.


Dunque. Il primo è che non ho mai approcciato una ragazza in biblioteca, tanto meno una ragazza come te”


Una ragazza come me?” chiese lei assottigliando lo sguardo.


Beh, si. Non sei come tutte le altre.”


Sì, certo…scusa il mio scetticismo, ma questa frase è, come dire...usurata.”


No. Cioè non nel mio caso.”


Perchè, il tuo caso che cos'ha di diverso?” si stava divertendo a metterlo in difficoltà notò lui. No lei decisamente non era come le altre.


Lo penso davvero. Sai, ti ho osservata tanto. So che te ne sei accorta” disse, zittendola con un gesto a cui seguì un'espressione decisamente contrariata di lei “Non conosco nessuno che tratti i libri come lo fai tu. Sembra che tu...tu veneri quelle pagine scritte. Le sfiori delicatamente, le osservi, credo di non sbagliarmi a dire che a casa tua le annusi pure.”


Gli occhi nocciola si sgranano e scuriscono. L'ha impressionata.


Un altro motivo era la bambina. Non sapevo chi fosse, ma pensavo fosse tua figlia. Il modo in cui la guardavi era pieno di amore e lei ricambiava.”


Anche se fosse stata mia figlia avresti potuto comunque parlarmi”


Davo per scontato che ci fosse un padre della bambina, cosa che mi è stata confermata quando ti ho visto insieme a quel ragazzone alto sempre in tuta. Lui ti guardava, quando tu non te ne accorgevi. C'era un amore profondo in quello sguardo, un senso di protezione assoluto. Pensavo steste insieme e che lei fosse vostra”


Che idiozia. Vivienne è bionda, sia io che Alexander siamo mori.”


Non era il colore dei capelli. Era il modo in cui la guardavi e come lui guardava te. Era la bolla che si creava intorno a voi, quando eravate insieme. Escludevate tutto il resto del mondo. C'eravate te e lei oppure te e lui. Non avrei potuto avvicinarmi. E in ogni caso non hai smentito il fatto che tu e Alexander state insieme”


Lo siamo stati, ma non lo siamo più da anni. Ci crederesti, se ti dicessi che è la prima volta dopo 5 anni che io e lui ci vediamo, parliamo, passiamo del tempo insieme da soli? La sua fidanzata ha fatto in modo che fossi esclusa dalla sua vita, nonostante tra noi fosse finita anni prima”


Se fosse vero vorrebbe dire che l'affetto che provate l'uno verso l'altra può resistere a qualunque cosa e che forse siete fatti l'uno per l'altra…”


No. Ci abbiamo provato. Più volte. Ma la verità è che funzioniamo meglio come amici che come innamorati.” scuote la testa, la voce trema leggermente.


Quindi non state insieme. E lei non è tua figlia. L'ultimo motivo è che non avevo il coraggio.”


Il coraggio? Non sono mica un mostro!” esclama lei, ridendo.


No!” esclama lui di rimando, quasi offeso dell'affermazione di lei. “Certo che no! Ma sono timido e non sapevo se stavi con quel tipo, se la bambina fosse tua figlia…non sapevo neanche quando ti avrei rivista. Ho trovato il coraggio solo dopo quella volta in cui siamo usciti e ci siamo diretti alle macchine camminando praticamente insieme. Poi non ti ho più vista. E neanche la bambina. Ho pensato anche di chiedere a quel ragazzone alto e con la tuta, ma insomma…mi incuteva un po' timore dal momento che ti guardava come se fossi la cosa più preziosa del mondo…”


Beh, fa niente. Adesso il coraggio lo hai trovato. Sai che non sono una mamma e che Alexander è semplicemente un amico. Ora che farai?” lo guarda di sottecchi, le ciglia lunghe e nere che ombreggiano quegli enormi occhi nocciola in cui lui legge…timore?


Non so…potremmo vederci, qualche volta, se ti va naturalmente…” tentenna lui.


Con molto piacere” risponde lei, tirando un impercettibile sospiro di sollievo.


I caffè sono stati bevuti, nelle tazzine sono rimasti soltanto i fondi. Eppure, così come qualcosa è terminato, qualcos'altro è appena nato. Un amore, un'amicizia…

I due ragazzi si guardano, timidi eppure felici.


Quello che sarà, solo il tempo potrà dirlo.

   
 
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