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Autore: Bellamy    29/09/2017    2 recensioni
La battaglia tra i Cullen e i Volturi termina in maniera inaspettata: i Cullen perdono, Edward e Bella si uniscono alla Guardia di Aro e Renesmee perde la memoria. I pochi mesi di vita vissuta da Nessie vengono spazzati via.
Dopo quasi un secolo, Aro invita Renesmee a Volterra.
Genere: Malinconico, Suspence, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Nuovo personaggio, Renesmee Cullen, Volturi | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Breaking Dawn
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Ciao a tutti i lettori!
Prima di tutto, vi ringrazio per continuare a leggere la mia storia.
Vi vorrei informare di una cosa: il capitolo 22 è stato tagliato, non so per quale motivo, dall’editor di EFP. Quindi avete letto solamente un pezzo del capitolo 22 e non il capitolo intero.
Mi dispiace essermene accorta in ritardo, cercherò di modificare il capitolo aggiungendo la parte mancante.
Ora vi auguro buona lettura del nuovo capitolo!  : )
Bellamy :D
 
 
 
 
 
Bella ed io continuammo a guardarci in cagnesco, in silenzio. Io seduta nella poltrona, lei appoggiata in uno scrittoio di legno intagliato, in quella posizione sembrava una modella durante un servizio fotografico.
“Continua a bere.”, ordinò, indicandomi la seconda scatola semivuota, appoggiata nel tavolino.
Le mandai un’altra occhiataccia. Adesso gli ordini! Sorse l’istinto di comportarmi da bambina e fare i capricci – infondo avevo sempre quattro anni -  ma la sete di sangue era troppa e così l’assecondai e afferrai un’altra bottiglia.
Mi raggomitolai nella poltrona e continuai a nutrirmi cercando di assimilare più calore, proveniente dal camino, possibile. Sentivo gli occhi di Bella puntati su di me, sulle mie spalle, ma io feci finta di non farci caso. Mi sentivo un po’ a disagio.
Il silenzio fitto che si era creato venne interrotto da una suoneria acuta di un cellulare.
Bella ruppe l’equilibrio della sua posizione e sbuffò. Prese da una tasca del suo jeans scuro un tipo di cellulare strano, mai visto prima.
Prima di aprire la conversazione guardò chi era il mittente, alzò gli occhi al cielo e sibilò un lamento.
“Cosa?!”, sbottò e si mise in ascolto. Man mano che il suo interlocutore nell’altra parte del telefono parlava, lei diventava sempre più pallida. Tratteneva il fiato, le labbra socchiuse.
“Va bene. Arrivo.”, sussurrò, la voce incredula.
Si ricompose e si avviò in direzione della porta senza dire una parola, gli occhi spalancati. “Devo andare. Spero di fare presto. Tu se vuoi ti puoi riposare e farti un bagno. Io ritornerò con altro sangue.”
 Appoggiò una mano sulla maniglia ma, prima di tirarla giù, si voltò verso di me e disse: “Non essere arrabbiata con me, Renesmee.”, sussurrò febbrile, “Io ti voglio bene e voglio saperti al sicuro.”
Spalancai la bocca, incapace di poter proferire parola e rispondere a quella confessione, mentre Bella mi lasciava sola, chiudendosi la porta dietro di sé.
Intontita, ritornai a sedermi nella poltrona. La mia mente era stata messa a tacere dalle parole di Bella e adesso non riuscivo a formulare una frase di senso compiuto.
L’intensità delle parole di Bella mi colpirono. Erano cariche di un significato profondo, impenetrabile. Avevano avuto uno strano effetto su di me. Nonostante avessi sentito tante volte dire dai miei familiari che mi volevano bene, sentirselo dire da Bella era come sentirlo per la prima volta nella vita e la conseguente reazione era un impatto indimenticabile per l’animo.
Anche i Cullen mi ripetevano sempre che la cosa più importante per loro era proteggermi. Sentirselo dire da Bella, però, era tutt’altra cosa.
Mi sentivo frastornata e la sete, tutto ad un tratto, era passata.
Bella mi voleva bene. Non le importava di mettersi contro tutti pur di proteggermi.  Aveva promesso che mi avrebbe portata via da Volterra e non intendeva non rispettare la promessa.
Non sapevo come sentirmi a riguardo.
Ovviamente ero grata e rincuorata che qualcuno, in quel covo di pazzi millenari, avesse a cuore il mio stato e si battesse così tanto per farmi mandare via.
Dall’altra parte, però, il suo comportamento mi inquietava, mi spaventava.
Ero io la causa delle sue azioni -insolite dal punto di vista dei Volturi- ma non capivo il perché.
Bella diceva che ricordavo sua sorella, Vanessa, la sorella che aveva abbandonato per proteggerla dai Volturi.
Ma io non ero sicura che il motivo fosse veramente quello.
La ragione forse era un’altra o poteva essere molteplice. La cosa curiosa era il vantaggio: tutto mio.
Una spiegazione o un’altra, Bella voleva che io andassi via da Volterra. L’aveva promesso.
Ma come poteva mandarmi via? Aro e i suoi fratelli se ne sarebbero accorti immediatamente e la Guardia, sicuramente, non si sarebbe messa dalla parte della vampira e non l’avrebbe coperta, aiutata nel suo intento. Non lo avrebbe fatto neanche suo marito.
Bella rischiava di avere decine di vampiri contro di lei. Per cosa, poi? Aiutare me. Per Bella, non ne valeva la pena. Cosa guadagnava a farlo? Nulla, assolutamente nulla.
“E’ inutile per te?”
“Sì.”
“Non era inutile decenni fa.”
La breve ed enigmatica conversazione fra Edward e Bella, quando stavamo aspettando l’ascensore, ritornò ad occupare la mia mente.
I due parlarono di me come se mi conoscevano  già prima che io arrivassi a Volterra.
Si erano riferiti a me come un affare.  
In quel  momento volevo chiarire che io non ero un loro affare perché non li conoscevo e perché, nonostante fossi un ibrido, ero pur sempre una persona.
Ma rimasi agghiacciata di fronte alla scena che si era riversata davanti a i miei occhi per poter parlare: Bella triste, visibilmente scossa, Edward totalmente disinteressato.
Bella aveva chiarito che io non ero più affare di Edward.
Ero stata, quindi, un affare di Edward, il vampiro che mi odiava, tempo fa.
E che l’obbiettivo di Bella, di cui, apparentemente, ero protagonista io, era inutile.
“Non era inutile decenni fa.”
Non era inutile decenni fa.
Decenni fa.
Bella aveva in programma di fare qualcosa con me decenni prima?
Il mio cervello urlava: “ERRORE!”
Impossibile.
Prima che io arrivassi a Volterra, non conoscevo nessuno dei Volturi, tantomeno Edward e Bella.
Non li avevo mai visti prima. I Cullen non avevano mai fatto riferimento a loro conoscenze che facevano parte della Guardia dei Volturi, oltre Eleazar però lui aveva lasciato la Guardia per unirsi al clan di Denali, molto tempo fa.
Se Edward e Bella conoscevano me, conoscevano anche i Cullen.
Prima di partire, Carlisle me l’avrebbe detto che, ad aspettarmi a Volterra, c’erano alcuni suoi amici oltre ad Aro, no?
Forse…forse li avevo conosciuti prima che perdessi la memoria. Chi può dirlo? Io non ricordavo nulla, non avevo mai sentito la mia famiglia menzionare i nomi dei due vampiri quindi era improbabile che io avessi conosciuto Edward e Bella prima che mi capitasse il triste evento.
Forse…forse era tutto un piano di Aro. Un piano per trattenermi a Volterra fino a quando lui voleva. Il piano era già stato programmato anni prima ed io e i Cullen eravamo cascati nella trappola. Ma Alice, con il suo dono, avrebbe visto che i Volturi stavano tramando qualcosa,no?
Un piano… Edward e Bella, soprattutto Bella, erano dei bravi attori.
Probabilmente anche Andrew ne faceva parte.
La stanza girava velocissima intorno a me ed io insieme a lei. La gravità si era annullata ed io lasciai la poltrona, elevandomi, girando intorno a me stessa, in un circolo senza fine.
Gli oggetti iniziavano a librarsi in aria e a vorticare mentre uno  scenario, incatenandomi, si apriva davanti a me: cappucci neri e giubbe rosse, neve, una foresta, freddo.
Il mio incubo ricorrente. Il mio respiro venne mozzato.
“Renesmee! Renesmee, rispondimi! Ora!”
Spalancai gli occhi ma volevo richiuderli subito. Avevo paura che tutta la stanza, gli oggetti cominciassero di nuovo a girare e che io ricominciassi a fare strane supposizioni e avere altre visioni.
Ma non li chiusi. Non potevo. Misi a fuoco l’immagine davanti a me e scoprii che il soggetto era Andrew, chino su di me, che copriva tutta la visuale del camino. Il viso leggermente allarmato.
 “Ma che ti ha preso?”, domandò a denti stretti. Si alzò, appoggiò le mani sulle mie braccia e mi mise di nuovo seduta nella poltrona e prese posto accanto a me. Non mi ero accorta che mi ero distesa, quando l’avevo fatto?
Mi scrollai di dosso la sua presa e lui non fece resistenza. “Quando sei arrivato?”, domandai.
“Sono sempre stato qui.”, bofonchiò tranquillo. “Ti ho visto fissare il caminetto e poi sei crollata. Quindi sono entrato.”, continuò a denti stretti.
Non me lo ricordavo. “Cosa?! Dove? Come?”, esclamai in un millesimo di secondo, senza voce.
Andrew mi guardò come se fosse ovvio: “Tetto. Ho ascoltato tutto.”
Dopo indico una finestra aperta dietro di noi. Era entrato da lì.
“Andrew! Non puoi!”, esclamai di nuovo ma a bassa voce. Balzai in piedi, lo presi per una mano e tirai per farlo alzare. Lui si alzò, rigido in volto, io lo spinsi verso la finestra.
“Non puoi stare qui. Bella verrà al più presto e sentirà il tuo odore. Sarà la fine per tutti e due.”
Non volevo neanche immaginare la reazione di Bella a vederci insieme.
Andrew strabuzzò gli occhi. Il suo volto era un misto di sorpresa, curiosità e nervosismo.
“Ho sentito la tua frase due volte. L’hai pronunciata a voce ma l’ho sentito anche… nella testa.”
Mi guardò e fece un sorrisetto imbarazzato. Evidentemente non capiva e si sentiva stupido.
Gli indicai le nostre mani strette. “Il mio dono: posso mostrare i miei pensieri agli altri attraverso il tocco della mano.”
Fece un sorrisone, divertito. “Fallo di nuovo.”
Ricambiai il suo sorriso, divertita. Era da tempo che non trovavo più divertente il mio dono. Crescendo era diventato il mio unico e speciale modo di comunicare, qualcosa conosciuto solo da me e dai Cullen.
Da piccola mi divertivo un mondo a giocare con Jasper ed Emmett, mostrando loro immagini di animali feroci mentre loro mi raccontavano le loro avventure contro quelle bestie, imitando le loro movenze.
“Andrew, devi andare!Bella starà per arrivare!”, gli dissi, immaginandomi Bella aprire violentemente la porta e scovarci insieme, mentre mostravo il mio dono.
Andrew scoppiò in una risata fragorosa ma non si spostò neanche di un centimetro. Anzi, il suo volto si ombreggiò di nero.  “Ren, quella donna si comporta in maniera strana con te.”, disse a bassa voce, con calma.
Scossi la testa e cercai di non ascoltarlo. “Si comporta in maniera normale. Ora vai!”, mormorai in fretta. Non era il momento per parlare di questo. Lo spinsi e riuscii a fargli fare qualche passo fino a quando non arrivò di fronte la finestra.
Prima di saltare si voltò verso di me e disse: “Un comportamento del genere l’ho visto solamente in mia madre… quando non era in camera da letto con il mio patrigno. Una forte somiglianza tra te e Bella…”
Lo spinsi. “Io non ho una madre… adesso vai via!”, urlai con la voce mozzata. Ti prego, vai.
Andrew mi guardò dritto negli occhi, scuro in volto. “Vado. Anche Aro mi ha chiamato.”, mi sorrise ma gli occhi erano cupi, come se si fosse ricordato di un ricordo spiacevole. 
“Ci vediamo, piccola Ren!”, sussurrò sul mio orecchio e sparì, uscendo dalla finestra.
“Ciao, Andrew.”, lo salutai. Sospirando mi misi a sedere a terra, spalle al muro.
Anche Andrew si era accorto dello strano comportamento di Bella. Se l’avevano notato Andrew e Edward allora anche Aro e i suoi fratelli l’avevano notato? Jane e Alec?
Bella. Mia madre. Impossibile.
Mi alzai e andai alla ricerca di uno specchio. Vagai per i corridoi della suite ma quasi tutte le stanze erano chiuse a chiave e quelle aperte erano per lo più piccole biblioteche.
Infine trovai uno specchio appeso nel muro, all’ingresso.
Feci un respiro profondo e mi specchiai come se lo facessi per la prima volta e non sapessi cosa aspettarmi.
Era sempre io. La solita Renesmee.
Un po’ più pallida del solito, ma non mi distanziavo dal mio colorito naturale. Le labbra erano pallide, il rosa le aveva abbandonate. Occhiaie violacee erano un po’ accentuate.
Le guance erano un po’ scavate ma colorate da una sfumatura rosa, sbiadita, data dalla recente assunzione di sangue.
I capelli, sciolti, arrivavano oltre la vita, erano scuri ma non erano illuminati dai reggi del sole. Il loro colore era castano ramato. Tutto normale.
Iniziai a perlustrare il mio volto, alla ricerca di qualche tratto che indicasse la mia somiglianza con Bella…
Mi sentivo stupida. Lanciai uno sguardo perplesso e spazientito al mio riflesso sullo specchio.
Bella non era mia madre. Era una vampira. Le vampire non potevano portare in grembo dei bambini.
 Zia Rose soffriva molto per questo motivo.
Una antica, non conformata, leggenda latino americana diceva che le umane, che portavano in grembo dei mezzi vampiri, morivano durante il parto poiché il feto si apriva un varco nell’utero della madre per poter uscire alla luce del sole. Non c’era nessun tipo di speranza, per la madre, di salvarsi.
Se la leggenda era vera, io avevo ucciso mia madre e il vampiro, con il quale mi concepì, se ne lavò le mani e mi lasciò in quelle dei Cullen. Se la leggenda era vera, anche io ero un assassina.
Mi ripetevo questa teoria da anni. Ormai era l’unica cosa a cui credevo veramente.
Sospirai e tornai in salotto, a sedermi nella poltrona. Fissai il camino e continuai a bere sangue, aspettando Bella.
 
 
 
“Nessie! Spiegati meglio! Usa il tuo dono o non ti capiremo!”
“Bella!”
“Per caso Nessie ha imparato il linguaggio dei segni? Edward, gliel’hai insegnato tu?”
“MAMMA HO FAME!”
“Prepotente come suo padre.”
 
 
 
La porta venne aperta esattamente un’ora dopo e fece capolino Bella.
“Renesmee, devi venire con me.”
Il suo tono di voce mi fece venire i brividi. La sua voce era morta, come se fosse appena tornata da un funerale. Il suo viso era ritratto della sua voce.
Annuii ma non dissi nulla. Mi alzai dalla poltrona e la raggiunsi, ci chiudemmo la porta alle nostre spalle.
Bella camminò a passo svelto, quasi correvamo. Irradiava nervosismo e paura da ogni singola parte del corpo. Iniziai a sentire freddo.
Bella non mi rivolse nessun sguardo. Guardava dritto davanti a sé.
Arrivammo in meno di un minuto nella Sala delle Udienze, a vederci le guardie aprirono subito le due grandi porte, come se non vedessero l’ora di aprirle.
Aro, Caius e Marcus era seduti comodamente nei loro trono, come se non si fossero mai mossi da lì.
Aro, vedendoci entrare, si illuminò in un sorriso.
Bella mi lasciò e si mise nel suo solito posto, dietro Edward, accanto al trono di Aro.
Nonostante fosse coperta da suo marito, si notava sempre la sua presenza dietro Aro, un fantasma pronto a proteggere il suo signore.
La guardavo e notavo che… era diversa.
Lo spazio sotto i tre troni era già occupato da altre tre persone.
Riconobbi un vampiro e due ragazze, non erano vampire.
Il vampiro, vestito tutto di bianco, capelli corti anch’essi bianchi, si voltò verso di me e iniziò a scrutarmi dalla testa ai piedi con attenzione. Era un grande sagoma bianca, una nuvola. La sua carnagione si confondeva con il suo abbigliamento. Gli occhi rossi, però, erano scintillanti e si distinguevano da quel complesso monotono.
Quando finì di studiarmi, il vampiro assunse un’aria perplessa.
“Bé, sicuramente lei non è mia.”
  
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