Storie originali > Commedia
Segui la storia  |       
Autore: Tota22    30/09/2017    2 recensioni
Estate 1998. Costretta a delle "vacanze forzate" con sua madre e sua sorella, la silenziosa Alice si ritrova bloccata per tre settimane in un paesino sperduto, bagnato dallo Ionio e baciato dal sole rovente del sud.
A farle compagnia soltanto il suo walkman, una macchina fotografica polaroid e un libro letto troppe volte. Ma sarà davvero così? L'estate porta cambiamento, incontri e forse permetterà ad Alice di ritrovare qualcosa che ha perduto da molto tempo: la sua voce.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Good Riddance (Time Of Your Life) - Green Day


All'una del pomeriggio, quando Alice, Luisa e Selvaggia scesero dal treno, il caldo era soffocante. La stazione era piccola e caotica, anche se non molto affollata.

Camminando sul binario Alice sentiva il sudore scorrerle lungo la schiena. Uscirono tutte e tre fuori sulla piazza stretta antistante la stazione: era contornata da macchine in doppia fila i cui proprietari aspettavano fuori dall'abitacolo viaggiatori in arrivo. Ciò che colpì la ragazza silenziosa fu il rumore di voci concitate, alcune stridule alcune profonde, una fusione di suoni così diversa da quella che era abituata a sentire nella propria città. Sembrava di essere in un paese estraneo in cui si parlava una lingua aliena.

Mentre lei osservava con interesse la piazza, abbagliata dalla luce dorata del primo pomeriggio, Selvaggia e Luisa stavano litigando. Il piano originale era trovare un autobus per raggiungere Monteaureo, il paese dove Luisa aveva trovato la loro casa per le vacanze. Tuttavia dopo aver chiesto informazioni in biglietteria e aver constatato di dover cambiare due treni e un  autobus Selvaggia aveva dato di matto. Le quattordici ore di treno erano state pesanti per tutte e tre così Luisa cedette e chiamò un Taxi.

Il viaggio in macchina fu confortevole: c'era l'aria condizionata e il tassista, Pietro, un uomo sulla quarantina grande come un armadio e col viso comicamente dolce per la sua stazza, le aveva intrattenute in chiacchiere, divertendole con il suo accento marcato.

Il paesaggio dal finestrino era incantevole e inquietante allo stesso tempo. I colori della terra erano giallo, arancio bruciato e marrone; le colline che incorniciavano la strada erano brulle, ma allo stesso tempo vive e punteggiate di case. Alla fine, dietro l'ennesima curva, apparve il mare: piatto come una tavola e di un blu così intenso che Alice ne fu sconvolta.
 

Dopo appena un'ora di viaggio, Pietro accostò la macchina all'imboccatura di un vicolo dissestato, così stretto che il taxi non ci passava. La loro casa era in fondo alla viuzza così il tassista, dopo averle aiutate a portare le valige fin davanti al cancello, le salutò e ripartì.

Ad aspettarle nel cortile oltre il cancello c'era la signora Antonietta, la proprietaria.

L'appartamento prenotato da Luisa era all'ultimo piano di una palazzina bassa, circondata da altri tre edifici simili che affacciavano tutti sullo stesso cortile. Al centro del piazzale di cemento vivo, in un fazzoletto di terra, stava un albero d'ulivo. L'esterno delle case era color menta, anche se un po' sbiadito, ed ogni piano era provvisto di balconi dalle ringhiere bianche.

La signora Antonietta venne incontro a Luisa e alle sue figlie con passo deciso, nonostante l'età avanzata. Era molto bassa e rotonda, i suoi capelli d'argento erano stretti in una crocchia. Il viso severo e rugoso, macchiato dal sole, era illuminato da un paio d'occhi grigi molto vispi.
 

- Arrivastuvu finalmente! Veniti alu frescu, aju preparatu nu pocu d'orzata -.
 

Quando Alice fece per prendere il borsone e portarlo dentro, la Signora Antonietta glielo tolse di mano con una presa ferrea.
 

- Non vi preoccupati signorine, ve li porta mio nipote i bagagli. Federicoo, veni cc'a! -

Poco dopo tutte e tre erano sedute al fresco, nella cucina di Antonietta che abitava al pian terreno, con in mano un bicchiere gelato bevanda alle mandorle. Alice non l'aveva mai assaggiata e se ne innamorò all'istante.
 

Dopo tre bicchieri di orzata accompagnati da biscotti fatti in casa, ciambellone e gelato, la signora Antonietta le accompagnò al loro appartamento: la mansarda al terzo piano. Man mano che salivano per le scale -non c'era l'ascensore- la temperatura saliva. Già Selvaggia si stava lamnetando che sarebbero morte di caldo e la notte non avrebbero dormito.

Arrivate in cima, la porta dell'appartamento era già aperta e quasi tutte le loro valigie nell'ingresso. La casa era piccola, pulita e ordinata: l'ingresso si allungava in un corridoio stretto e luminoso. Subito sulla destra c'era la cucina, dal pavimento di cotto e con i mobili in legno scuro. La porta successiva dava sul soggiorno che era stato convertito in camera da letto per Alice e Selvaggia. Invece sulla sinistra del corridoio c'era il bagno e la stanza di Luisa.
 

Selvaggia si fiondò in soggiorno e scelse il divano letto vicino alla finestra, così che alla sorella minore toccò la brandina contro il muro. Mentre la signora Antonietta spiegava le ultime cose riguardo alla casa a loro madre, anche se c'era qualche difficoltà di comprensione, li raggiunse il nipote Federico. Alice era vicino alla porta quando arrivò, con in spalla il suo borsone azzurro e in mano la valigia a fiori di Selvaggia.

Non aveva più di diciotto anni, era alto qualche centimetro in più di lei, che sfiorava il metro e 75, aveva delle belle spalle ampie e la carnagione abbronzata. I capelli scuri e mossi gli arrivavano al mento e le ciocche davanti gli coprivano gli occhi. La cosa che la colpì furono proprio gli occhi scuri di lui, leggermente tondi, che gli davano un'aria trasognata.
 

Federico appoggiò i bagagli pesanti a terra e la salutò con un gesto della mano, mentre la ragazza rimase immobile come una statua e si limitò a fissarlo imbambolata. Lui la guardò a metà fra l'incuriosito e l'annoiato, finché la sua attenzione non fu catturata da Selvaggia, che ondeggiando i fianchi e scuotendo la sua chioma color caramello, era tornata in corridoio.
 

- Ciao -

La voce del ragazzo era profonda e pacata, come un rintocco di una campana lontana.
 

- Ciao! Tu devi essere Federico, piacere Selvaggia!-

La frase di presentazione fu accompagnata dalle mani di Selvaggia sulle spalle del nuovo arrivato e due baci sulle guance. Il ragazzo rimase un po' interdetto dal saluto caloroso, ma dal mezzo sorriso che Alice notò sulle labbra capì che aveva apprezzato l'espansività di sua sorella.

E chi non l'avrebbe fatto, Selvaggia era una meraviglia: era un po' più bassa della sorella, le linee del suo corpo ricalcavano quelle di una clessidra, esaltate dalla corta gonna bianca e il top con scollo a barca. Nonostante le occhiaie e la stanchezza per il lungo viaggio la bellezza della ragazza non si era sbiadita.

Lo sguardo di Federico poi si posò brevemente sulla ragazza più giovane, come se aspettasse che dicesse qualcosa anche lei.
 

- Lei è Alice mia sorella, non preoccuparti se non ti risponde non ce l'ha con te... ha fatto voto di silenzio e da tre anni non spiccica parola. -
 

Alice fulminò la sorella maggiore con lo sguardo, ma Selvaggia la ignorò e si mise a chiacchierare con il vicino di casa. Il ragazzo non era molto loquace: si limitava a rispondere a monosillabi, o con frasi brevi, alle domande di Selvaggia che dopo un po' si stufò e tornò in camera sua portandosi dietro l'enorme valigia.

Poco dopo anche la signora Antonietta se ne andò portandosi dietro il nipote, raccomandandosi di passare verso sera da loro. La signora aveva preparato qualcosa per loro da mangiare a cena, dal momento che non avrebbero fatto in tempo a fare la spesa. Luisa fu molto colpita dalla gentilezza della proprietaria e promise di mandare una delle sue figlie più tardi.

Selvaggia intanto stava sistemando le sue cose per la stanza, occupando più spazio possibile e anche Luisa, che era stanca si ritirò in camera sua.
 

Alice invece che non aveva voglia di passare il pomeriggio a casa  così scrisse un biglietto, per avvisare la madre che usciva, e lo attaccò sulla porta.

Erano le quattro e faceva ancora caldo, la ragazza percorse il vicolo e attraversò la strada, solo altri cento metri la separavano dalla spiaggia libera.

Tolse le scarpe e i calzini affondando le dita nella sabbia bollente. La spiaggia scendeva dolcemente verso il mare e man mano che ci si avvicinava all'acqua la sabbia farinosa lasciava il posto a ciottoli tondi bianchi, neri e grigi.

Alice avrebbe presto imparato che la spiaggia rimaneva deserta fino alle cinque del pomeriggio, a causa del caldo e della pennichella pomeridiana osservata religiosamente da tutti gli abitanti del luogo.

Tuttavia quel pomeriggio rimase esterrefatta dalla solitudine del luogo. A parte qualche sparuto bagnante la spiaggia era solitaria e silenziosa, si sentiva in lontananza soltanto la radio accesa in qualche lido più in giù.

Si sedette sulla riva con i piedi nell'acqua fresca e perfettamente trasparente. Non aveva mai visto un mare così limpido. Era stata in Liguria e in Emilia Romagna e anche nelle giornate più belle l'acqua del mare era sempre un po' torbida, a causa della sabbia fine che spiraleggiava in volute dorate sotto la superficie. Lì invece l'acqua era una grande lente che permetteva di vedere il fondale azzurro. Presa da una strana smania si alzò e abbandonate le scarpe e il walkman sulla riva, iniziò ad avanzare nei flutti calmi.
 

Non aveva fatto nemmeno tre passi e già l'acqua le arrivava alla vita. Lì il mare era profondissimo e in un attimo già non toccava più.

La ragazza si tuffò sott'acqua e aprì gli occhi. La luce del sole filtrava attraverso la superficie, in lame bianche che trafiggevano l'azzurro, le pietre chiare sul fondale luccicavano come perle e pesci neri e piccoli le circondavano le caviglie. Desiderò di poter rimanere per sempre lì, in un mondo azzurro sia sopra che sotto, nel silenzio ovattato dell'acqua salata. Il suo stesso nome, Alice, non era quello di un pesce? Lei stessa non era silenziosa come una creatura marina? Quando sentì che i polmoni stavano per scoppiare, la ragazza riaffiorò in superficie. Si mise a galleggiare a pancia in sù, con i vestiti pesanti e gonfi d'acqua che la tenevano ancorata, e rimase immobile per molti minuti a respirare la salsedine e a fondersi con il mare.
 

Quando quasi un'ora dopo uscì dall'acqua le scarpe e il walkman erano spariti.



N/A
Ciao a tutti! Grazie per aver letto ed essere arrivati fino a qui. I titoli dei capitoli saranno sempre delle canzoni, pubblicate prima o nel periodo nel quale è ambientata la storia (fine anni 90). Se avete impressioni o suggerimenti o una canzone preferita del periodo che mi volete consigliare sarei felicissima di leggerli! A presto!
T

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Commedia / Vai alla pagina dell'autore: Tota22