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Autore: Calime23    01/10/2017    1 recensioni
Solitamente andavo verso il bosco e ancora una volta facevo i miei trecentocinquanta passi per arrivare alla mia casupola in legno, dove mi attendevano la nonna e il cacciatore, ma quella volta tutto fu diverso...
Da quel momento superai i confini del mio piccolo mondo.
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Il mattino seguente, dopo essermi accertata d’essere a debita distanza dallo sguardo della nonna, chiamai il lupo, ma non ottenni risposta, così proseguii lungo strada.
Onestamente ero delusa: avevo trovato finalmente qualcuno che suscitasse il mio interesse, qualcuno a me sconosciuto e di cui volevo scoprire la storia; avevo così tante domande da porgli, eppure non si faceva vedere.
Solo quando arrivai al passo numero duecentosessantatré le foglie si mossero e il muso del lupo apparve tra i cespugli.
"Sei sempre in orario" mi disse.
"Come sta la ferita?" domandai avvicinandomi cautamente, mentre l'enorme bestia faceva altrettanto.
"Meglio. Non so se odiarti per avermela procurata, o ringraziarti per avermela sistemata".
Sorrisi: "ti ho già chiesto scusa".
"D'accordo, le accetto" disse lui con finto tono melodrammatico "avevi promesso che mi avresti detto il tuo vero nome. Ricordi?".
"Anche tu" replicai.
Il lupo si sdraiò, io mi sedetti a terra. Visto che stava in silenzio, fui io a iniziare: "mi chiamo Ambra".
"E’ un nome singolare. Perché ti è stato dato?" domandò lui.
Come risposta tolsi il cappuccio per fargli vedere meglio i capelli: "fin da bambina sono sempre stati di questo colore e mia mamma diceva che sembravano ambra pura. Da qui il nome. E tu?".
S’alzò e si prostrò in una sorta di inchino mentre io sorridevo leggermente.
"Jonathan, al tuo servizio" poi tornò a sdraiarsi accanto a me.
"Chi ti ha dato questo nome?” domandai.
“I miei genitori” rispose prontamente.
“Hai dei genitori?”.
“Tutti ne hanno”.
“Hai ragione, ma… parlano come te?” chiesi ancora.
“Parlavano. Ora sono morti” specificò cupamente. Capii immediatamente che non ne voleva parlare, così decisi che sarebbe stato meglio cambiare discorso per non infastidirlo.
“Ti piacerebbe della salsiccia? Potrei passare dal macellaio più tardi” proposi.
“Lo faresti veramente? Grazie!” rispose lui entusiasta, sorrisi e stavo anche per chiedergli se desiderasse altro quando le campane della chiesa incominciarono a suonare.
“Sono ancora una volta in ritardo!” borbottai alzandomi di controvoglia e percorrendo rapida il sentiero, mentre Jonathan mi seguiva con lo sguardo “Ci vediamo dopo allora” lo salutai.
“A dopo, Ambra”.
 
Questo fu l’inizio della più strana e duratura amicizia di cui io abbia mai avuto conoscenza.
Jonathan amava parlare del più e del meno, contento che ci fosse qualcuno disposto ad ascoltarlo. Io, del resto, adoravo sentirlo discorrere e seguirlo per i boschi. Conosceva posti straordinari che neppure immaginavo si potessero celarsi in quella piccola macchia di natura inesplorata: mi mostrava fonti e ruscelli mai visti prima, spazi in cui trovare tane di cervi, scoiattoli, talpe, volpi e lepri, indicava piante a me sconosciute e i luoghi in cui trovare bacche e frutti di bosco che raccoglievo per gustarle poi in compagnia di Gared e della nonna.
Dal canto mio, gli portavo ogni giorno cibo in abbondanza e compravo cose che gli potessero tornare utili, come una coperta per la sua caverna, o una spazzola di ferro per pulirgli il pelo, quando un giorno Jonathan si presentò incrostato di fango da cima a piedi.
Purtroppo, potevo intrattenermi con lui solo per un breve tempo, sempre di fretta per andare in paese o tornare a casa, così che non nascessero sospetti in coloro che non sapevano, né avrebbero capito.
Per intanto non avevo dato motivo di dubitare di me e certo mia nonna non mostrava sospetti. Anzi, pareva piuttosto felice. Almeno due volte a settimana, infatti, le portavo un dono, che fosse una nuova vestaglia, un libro o dei dolcetti, e lei apprezzava molto. Capitava perfino che prendessi dei regali per Gared, sebbene più di rado.
Questi gesti di generosità non solo mi fornivano un valido alibi per i miei continui ritardi, ma avevano il magico dono di far sorridere mia nonna e smorzare, anche se di poco, la sua rudezza. Mi diedi della sciocca per non averci mai pensato prima.
Credevo d’essere più felice di quanto mi fosse possibile: avevo trovato un amico che sapeva rendere la mia vita meno tediosa ed ero lieta d’essere per lui un altrettanto apprezzata valvola di sfogo, che lo allontanava dalla solitudine e dai pensieri cupi.
Giunse però un giorno diverso dagli altri e questa strana armonia incominciò a incrinarsi: trotterellavo sulla strada di casa, mentre Jonathan mi seguiva di nascosto tra il fogliame com’era ormai sua abitudine, perché era sempre più curioso di conoscere mia nonna e il cacciatore, che pure gli suscitava timore.
"Eccoti finalmente" disse mia nonna vedendomi di ritorno. Gared sedeva accanto a lei e mi salutò con un sorriso.
"Ciao, nonna. Ti ho portato qualcosa" aprì il cestello e le porsi una nuova pipa, fatta in mogano.
"Mi serviva proprio, la mia è molto vecchia. Sei gentile" replicò.
A quel punto guardai il cacciatore: “e ho notato che il tuo pugnale è poco affilato. Non me ne intendo molto, ma spero che questo sia di tuo gradimento” di nuovo estrassi dal cestello un panno e al suo interno era uno stiletto, riposto in un fodero di cuoio.
Era esposto nella bottega del fabbro e io l’avevo comprato perché, per qualche motivo, ne ero rimasta molto colpita. Quando lo mostrai a Jonathan, subito l’istinto gli impose d’arretrare, ma ben presto la curiosità ebbe la meglio e cominciò ad annusarlo e osservarlo, così commentando: “è di ottima fattura e ben bilanciato. Sono certo che il cacciatore lo apprezzerà molto”.
“Come riconosci la qualità di un pugnale?” gli chiesi perplessa e la domanda lo ammutolì per un istante, il che mi insospettì, perché ben di rado l’enorme lupo rimaneva senza parole.
“Il mio motto è: ‘conosci il tuo nemico ’” rispose infine e, sebbene la questione mi sembrasse assai strana, decisi di lasciar correre.
Ad ogni modo, Jonathan dimostrò d’aver ragione, perché il cacciatore ne fu estasiato: “è perfetto, ti ringrazio” mi rispose impugnandolo. Senza aggiungere altro, mi avviai verso casa, così da preparare la cena, ma lui mi fermò, prendendomi delicatamente per il polso: "Cappuccetto Rosso, potremmo parlare in privato?" chiese e mia nonna già sorrideva soddisfatta, immaginandosi probabilmente una proposta di matrimonio.  
Rimasi in silenzio per pochi attimi, poi gli feci cenno di seguirmi: "certo” acconsentii “andiamo dentro".
Ci sedemmo al tavolo in cucina e io avevo una perfetta visuale della finestra, dalla quale potevo vedere l’enorme lupo nero nascondersi nel folto vicino alla nostra casupola.
"Vuoi che ti offra qualcosa?" domandai al cacciatore.
"No grazie" sorrise col suo naturale charme "sei libera questa domenica?".
"Certo" risposi.
Ero sempre libera di domenica. Tutto ciò che facevo d’inusuale era dormire fino a tardi. Per il resto c’era ben poca differenza con gli altri giorni della settimana, anche se trovavo più tempo per leggere e non andavo a lavoro.
"Bene. Mi chiedevo se ti andasse di andare al fiume. E’ fantastico in questa stagione".
Erano anni che non facevo una gita e certo mia nonna non si sarebbe opposta, se era il cacciatore ad accompagnarmi.
Pensai che anche Jonathan avrebbe potuto seguirci, prestando ovviamente attenzione a non farsi scorgere dal mio accompagnatore.  
"Sarebbe magnifico" accettai senza esitare.
"Ne sono contento” sorrise nuovamente Gared “dunque, come è andata la giornata?".
Scrollai le spalle: "al solito. La tua?" domandai
"Molto bene. Ho preso un paio di fagiani e perfino un cervo. Tua nonna ne aveva tanta voglia... mi ha invitato a cena per mangiarlo con voi”.
"Non mi starete chiedendo di pulirlo, vero?" chiesi subito perché, se c’era qualcosa che non sopportavo, era occuparmi della selvaggina.
"Non temere, ci penso io" ridacchiò il cacciatore.
Sbarrai gli occhi dallo stupore: "dici sul serio?".
"Certamente. Vado a recuperarlo a casa mia e torno."
"Va bene… e grazie."
Attesi che la porta si richiudesse alle mie spalle prima di avvicinarmi alla finestra per dialogare con Jonathan.
"Il cacciatore ha un debole per te" disse prima ancora che io aprissi bocca.
"Se questo significa che cucina al posto mio, per me va più che bene" replicai sorridendo.
"E la gita al fiume?” domandò interessato.
"Da troppo tempo non mi allontano un po’ da qui. Potresti venire anche tu: c’è molta natura in cui nascondersi e faresti qualcosa di diverso dal solito" proposi sedendomi sulla finestra e lasciando penzolare i piedi che quasi toccavano il manto erboso.
"Sarebbe una buona idea per conoscere meglio questo cacciatore".
“Giusto” annuii concorde “domani ti porterò gli avanzi del cervo, d’accordo?” domandai poi cambiando argomento.
“Che domanda è? Certo che sono d’accordo”.
 
   
 
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