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Autore: Rin Hikari    01/10/2017    0 recensioni
Breve long Soukoku nata per caso durante queste ultime notti estive.
"Si avvicinò al ragazzo e quando fu abbastanza vicino gli mise sulle spalle un suo braccio, Dazai voleva passare per ubriaco fradicio affinché Chuuya non gli chiedesse niente, era meglio così.
"Cosa ci fai qua, mon petit? Non lo sai che questo è il mio locale?" gli sussurrò all'orecchio.
In un primo momento Chuuya si irrigidì poi si scrollò il braccio di dosso e guardò Dazai con aria smarrita, Dazai si bloccò sul posto, con tutti gli sguardi che poteva riservagli quello era proprio l'ultimo. "Ma chi diavolo sei?" gridò Chuuya con irritazione."
Genere: Angst, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Chuuya Nakahara, Doppo Kunikida, Osamu Dazai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un anno prima.

Chuuya si stava ancora godendo il tepore del corpo che aveva affianco quando quest'ultimo si alzò di scatto seduto sul letto, il lenzuolo a coprirgli ancora il bacino, si stava chinando verso il pavimento cercando qualcosa, probabilmente i suoi vestiti.
Se ne stava andando, Chuuya lo sapeva bene, succedeva ogni volta. E ogni volta lui si girava dall'altra parte, dandogli le spalle, e stringeva forte le palpebre e serrava le labbra fin a farsi uscire sangue per non emettere alcun suono. Ogni volta Chuuya si sentiva come un vecchio vestito usato che veniva buttato in un angolo. Ogni volta Chuuya si riprometteva che quella era l'ultima volta ma ogni settimana succedeva ancora, molto spesso era lui a cercarlo, quanto poteva essere masochista?

Quella notte, però, era diversa, entrambi lo sapevano. Partendo dal fatto che non fosse un sabato, perché sì, avevano un tacito accordo di incontrarsi di sabato, perché era più semplice con il lavoro e di conseguenza era più facile ubriacarsi e dare sfogo ai sentimenti più nascosti buttando via l'orgoglio, perché Chuuya non sarebbe mai stato così patetico da lucido, se lo ripeteva sempre. Quella notte era un lunedì, era stato Dazai a bussare alla porta come un dannato all'appartamento di Chuuya. Aveva scoperto, probabilmente da Akutagawa, che il rosso aveva accettato un lavoro troppo pericoloso, era pronto a dirgli qualcosa ma Chuuya lo interruppe ancora prima di iniziare, era stanco di sentire le stesse cose da tutti, da quando Dazai lasciò la Port Mafia, tutti, lui in primis, erano terrorizzati dal suo massimo potere. Durante i primi mesi Chuuya si sentiva spaventato, smarrito e tradito, Dazai era l'unica persona che potesse salvarlo se avesse perso il controllo in battaglia, senza di lui sarebbe morto, ma Dazai lo aveva abbandonato, quindi la sua vita non valeva niente per lui? Poi arrivò la rabbia, non voleva che gli altri lo trattassero in modo differente, anche se era rimasto solo lui della mitica Soukoku poteva ancora fare qualcosa, era ancora utile, se lo ripeteva sempre, ma agli occhi degli altri sembrava che fosse rimasta la metà più inutile, non era intelligente come Dazai, era soltanto una bomba ad orologeria pronta ad esplodere perché nessuno sarebbe mai stato lì a salvarlo, almeno non più.
Accettando quell'incarico Chuuya si risentì utile come una volta, aveva paura ma era stufo di sentirsi in quella maniera quindi non voleva sentire niente da Dazai, se quella fosse stata la sua ultima notte l'avrebbe passata con lui.

Quella notte era diversa anche perché Chuuya, quella volta, non si girò dall'altra parte aspettando che se ne andasse. Appena Dazai si infilò la camicia lui l'afferrò forte. Dazai si voltò sorpreso.
“Ti prego, oggi non andare via.” sussurrò Chuuya mandando giù l'orgoglio, come sei patetico recitava la voce nella sua testa.
Dazai sorrise, Chuuya voleva morire.
“Sai che non posso.”
“Almeno stanotte” sussurrò il rosso. Patetico.
Dazai si alzò in piedi e si infilò la giacca, la luce della luna illuminava il suo profilo.
“Domani, incontriamoci alle 17 nel solito locale, così saprò che non avrai fatto qualcosa di stupido.” Detto questo se ne andò.
Chuuya affondò la faccia nel cuscino e pianse silenziosamente.

Il giorno dopo, alle 17 in quel locale in cui solitamente si incontravano ubriachi il sabato sera, Dazai non si presentò.
Era passata un'ora, e qualche bicchiere di vino rosso, quando Chuuya si alzò dallo sgabello mettendo dei soldi sul bancone e uscì.

Dazai, quel pomeriggio, era sommerso di incarichi. A Kunikida non era andato giù il fatto che il collega fosse arrivato così tardi quella mattina e per ripicca gli diede più incarichi del normale. Per questo Dazai non guardò mai il suo cellulare, perché se lo avesse fatto avrebbe trovato delle chiamate senza risposta e forse si sarebbe ricordato.
Alle 18.30 in punto, ci fu un grosso boato che attraversò mezza città di Yokohama, in quel momento a tutti i presenti nell'ufficio venne naturale guardare fuori dalla finestra ma non vedendo niente si rimisero al lavoro, anche Dazai fece così. Ma un momento dopo si congelò sul posto, guardò l'orologio e sbiancò. Si tirò immediatamente su dalla sedia e si diresse a grandi falcate alla porta con le urla di Kunikida che lo seguivano anche giù per le scale, fatte correndo.

Corse velocemente e ringraziò mentalmente Akutagawa per avergli detto anche il luogo.
Una volta arrivato si diresse velocemente verso un vicolo cieco molto oscuro seguendo anche la scia di rottami, che potevano essere causati solo da una cosa e lo vide.
I capelli rossi svolazzavano attorno al suo viso, erano incrostati di sangue come la sua faccia, aveva gli occhi rossi da cui scendeva del sangue, la pelle era chiarissima e molte vene erano visibili, le labbra erano screpolate e sporche di sangue, vomitato poco prima probabilmente, sulle parti visibili di pelle sulle braccia vi erano i segni inconfondibili della corruzione.
Chuuya lo stava fissando con un sorriso inquietante, ma non si avvicinò a lui e questo poteva significare solo che il suo corpo non poteva più reggere, non era in grado di muoversi.
Ai piedi di Dazai si trovò il cappello di Chuuya, lui senza pensarci due volte lo lanciò in aria per distogliere lo sguardo del ragazzo che aveva di fronte per potersi avvicinare, gli afferrò il polso e lui urlò di dolore, gli si stava sgretolando sotto agli occhi da quanto era ormai fragile, e un fascio blu illuminò il vicolo.

Chuuya gli cadde addosso. Dazai cercò, il più delicatamente possibile di sostenerlo e sistemarlo meglio ma ogni volta che lo toccava dalla bocca di Chuuya uscivano vari gemiti di dolore uniti anche a qualche rivolo di sangue che gli usciva dalle labbra. Ogni suo gemito di dolore era una pugnalata nel cuore.
Una volta che riuscì a vederlo in viso, si ritrovò gli azzurri occhi di Chuuya sbarrati a fissarlo, poi lentamente chiuse gli occhi e una lacrima uscì dagli occhi solcandogli il viso.
Dazai non si ricorda molto bene cosa successe dopo, non era tipo da farsi assalire dal panico ma quella scena gli ricordava troppo un'altra accadutagli qualche anno prima e Dazai non era pronto a perdere un'altra persona cara in quel modo. Non si ricorda come si ritrovò all'ospedale, se avesse chiamato un'ambulanza o fosse andato a piedi fin là con Chuuya tra le braccia, non sapeva nemmeno in che ospedale si trovasse. Era solamente seduto nella sala d'aspetto del pronto soccorso con i vestiti ricoperti di sangue a fissare un punto indefinito del muro, un'infermiera poco prima gli aveva comunicato che lo stavano operando d'urgenza e non sapevano se sarebbe riuscito a superare la notte.

Poi, come un uragano fece irruzione nella sala d'aspetto una donna dai lunghi capelli rossi raccolti vestita in abiti tradizionali che stava imprecando contro qualche infermiera, poi, non avendo avuto la meglio con quest'ultima si girò spazientita verso la sala d'aspetto e sgranò gli occhi quando lo vide. Un secondo dopo gli era davanti, lo aveva afferrato per il colletto e sbattuto contro il muro vicino puntandogli il suo ombrellino verso la gola. Dazai la guardava senza in realtà guardarla sul serio. Mentre gli addetti alla sicurezza cercarono di staccarli lei iniziò ad urlargli contro “Spero che tu sappia che è solo colpa tua, tua e di nessun altro. Lo hai lasciato morire!”
Dazai si girò verso quelli della sicurezza cercando di non far cacciare via Kouyou, spiegando che tanto lui stava proprio andando via, infatti si avviò verso l'uscita a testa alta rincorso dalla voce di Kouyou che gli urlava “Non azzardarti a farti più vedere qui!”

Per questo non si fece più vivo là, non per paura di Kouyou ma perché le sue parole erano vere.
Anche se non si presentò mai all'ospedale, qualcuno, più nello specifico Akutagawa, lo teneva informato con qualche messaggio sulle condizioni del rosso, Dazai ancora si domanda come abbia fatto il suo ex discepolo ad avere il suo numero, forse era stato Atsushi.

Angolo autrice:
Salve a tutti! Scusate la mia assenza ma ho avuto delle settimane piuttosto turbolente. Ringrazio tutti quelli che hanno letto il precedente capitolo e chi leggerà questo, spero che vi piaccia.
Rin Hikari

   
 
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