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Autore: Rossella Stitch    02/10/2017    4 recensioni
Dieci capitoli. Dieci parole. Due donne. Un unico amore.
Questa Medieval Supercorp è una sorta di continuo della shot "A night to love a life to stay".
Dieci capitoli nei quali verrà esplorato il rapporto di Kara e Lena in un arco temporale che spazia dal passato, al presente e chissà, forse anche al futuro.
Dieci momenti che raccontano di un impavido cavaliere e della duchessa che le ha rubato anima e corpo.
Una fanciulla che non ha mai avuto bisogno di essere salvata da alcun cavaliere, soltanto amata e questo Lady Zor-El lo ha capito dal primo istante.
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Kara Danvers, Lena Luthor
Note: AU, Lime, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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AVVISO:
La seguente storia è collegata alla oneshot “A NIGHT TO LOVE A LIFE TO STAY”.       
Qualora voleste iniziare questa long, per una maggiore comprensione è necessario che leggiate prima la shot sopra citata, in quanto è da considerarsi come ‘shot zero’, ovvero il punto di partenza dal quale ho deciso di sviluppare quanto segue.

 (Link della oneshot: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3672685&i=1)
 



 
WORD I
 



 
 
Kilig – Tagalog, una lingua delle Filippine
“La vertigine che si prova quando si incontra la persona per cui si ha una cotta.”
 
 



 
Attrazione. Malinconia. Romanticismo. Empatia. Erotismo.          
Se qualcuno le avesse chiesto di descrivere le sensazioni che la pervadevano ogni volta che si trovava in prossimità di un testo scritto, non avrebbe esitato neppure un secondo nel pronunciare quei cinque aggettivi.

L’odore d’inchiostro - così intenso e permeante -  l’attraeva a tal punto da scombussolarle anima e corpo. Il senso di libertà che le serpeggiava su per la schiena quando la fragranza di quel liquido nero le stuzzicava le narici, non lo avrebbe saputo spiegare neppure se avesse posseduto tutte le parole fino ad allora conosciute dall’intera razza umana.

In quel nero così fluido e brillante erano racchiuse parole su parole, significati su significati. L’intenzione di un libro prendeva letteralmente forma grazie al modo in cui l’inchiostro veniva intrappolato dalla carta, rendendo indelebile e reale ogni cosa scritta.           
E solo i suoi stessi occhi erano a conoscenza delle volte in cui aveva tracciato con le dita i contorni di ciò che era impresso tra le pagine dei suoi libri, pagine e parole che spesso le riportavano alla mente momenti passati, ma non per questo meno intensi o portatori di una violenta malinconia.

Ma quelle stesse pagine racchiudevano anche un sussurro dolce ed armonioso. Una melodia che il romanticismo non si sarebbe mai stancato di suonare e che grazie alle storie racchiuse nei libri, avrebbe potuto travolgere irrimediabilmente il lettore fino a trasportarlo in mondi sempre diversi ed entusiasmanti.            
Aveva sempre percepito una connessione particolare con i libri, non li aveva mai considerati come dei semplici cumuli di carta. Credeva fermamente che in quegli involucri apparentemente inanimati in realtà risiedessero tante, infinite anime ed ognuna di esse in qualche modo misterioso fosse connessa alla sua, così solitaria ed evasiva. Per tale motivo considerava la biblioteca il suo rifugio segreto e i libri i suoi migliori amici: in loro trovava comprensione, accettazione, sprono.
Nella biblioteca si sentiva sempre come se fosse… beh, a casa.

Con gli anni aveva scoperto che le pagine di un libro riuscivano a sprigionare un profumo che l’attirava come un’ape viene attratta dal polline.      
E proprio durante una delle sue letture, aveva scoperto che la carta era figlia dagli alberi, i quali contengono lignina, una sostanza che ricordava il sapore della vaniglia e quando le pagine iniziavano ad invecchiare rilasciavano quell’odore caratteristico che per lei era sempre stato irresistibile[1].

Da quando il Wessex era diventato il suo nuovo luogo di residenza e King George le aveva permesso di usufruire di una personale biblioteca piena di manoscritti, disegni e trascrizioni, si era letteralmente barricata all’interno di quelle stanze senza rendersi conto di quanto effettivamente stesse avvenendo intorno a sé.       
Spesso la gradevole compagnia della Regina rendeva più frizzanti i momenti di lettura, poiché talvolta la donna chiedeva a Lena di intrattenerla con una lettura a voce alta prendendo in considerazione un testo a lei più gradito. Con il passare delle settimane però, la compagnia di Queen Gwyneth aveva lasciato il posto ad una nuova presenza – molto più curiosa e intrigante – che aveva donato ai suoi pomeriggi in biblioteca un qualcosa di dinamico e solare, un brio ed una vivace curiosità totalmente estranee alla sua persona.

Da ben trentadue giorni, Lena era costantemente sorvegliata e seguita da Lady Zor-El - il cavaliere che la Regina e la sua migliore amica le avevano scelto affinché potesse sentirsi sempre al sicuro – e nonostante alcune titubanze iniziali, la mora poteva affermare con convinzione di essersi abituata alla presenza dell’altra nella sua vita.

Era seduta ad un’enorme tavolo in legno sui quali erano aperti scompostamente decine di libri, soprattutto scritti di autori classici latini a cui Lena da alcune settimane era interessata. Il suo intento era quello di voler tradurre quanti più testi possibili dal latino all’inglese e poiché il latino l’affascinava soprattutto a causa della morfologia delle parole, non aveva resistito un solo minuto prima di cimentarsi attivamente nella sua nuova idea.
Era immersa nella lettura di alcuni carmi, il cui autore doveva essere sicuramente un tale chiamato Catullo. Le sue letture spesso inciampavano in problematiche strutturali, poiché King George in quella biblioteca possedeva frammenti di pergamene di ogni genere e anche se molte di queste erano catalogate, si faceva ancora fatica a distinguere bene gli autori, ma soprattutto i periodi storici nei quali erano stati scritti.     
Roma e il suo impero erano un argomento spinoso da affrontare in società, soprattutto da quando aveva compreso che nell’immaginario collettivo era percepito come una grande massa di peccatori, i quali avevano idolatrato degli Dei blasfemi e ridicoli agli occhi di ogni cristiano rispettoso della propria fede. Moltissimi affreschi che decoravano le pareti dei sotterranei dello stesso castello, grazie a King George, aveva scoperto che raffiguravano storie, leggende riguardanti le grandi gesta di questi Dei.     
Era assurdo pensare che centinaia di migliaia di persone avessero pregato e donato la propria anima ad un insieme di figure così… volubili, reali e tangibili tanto quanto lo erano gli umani stessi. Al contempo però, Lena trovava affascinante pensare che nel passato ci fosse stato qualcuno capace di venerare delle figure onestamente molto più comprensibili ai suoi occhi di quanto spesso non lo fosse il suo Dio, poiché le Sacre Scritture - da che avesse memoria-  non erano mai state tanto esplicative rispetto a domande che il suo animo si poneva irrazionalmente riguardo la sua fede. Ogni volta che le balenava nella testa qualche quesito, titubanza o il semplice desiderio di approfondire la natura di quanto letto nelle Sacre Scritture, sapeva di peccare inesorabilmente. Il suo animo ribelle e tremendamente insolente non le permetteva di adeguarsi ad un conformismo che – con il passare del tempo – iniziava a stringerle sempre di più la gola e a dirla tutta, anche se avrebbe dovuto, in realtà non si sentiva affatto sbagliata a causa di ciò.

D’un tratto un sospiro estasiato la distrasse dai suoi pensieri e alzando il volto dalla pergamena che stava analizzando, notò Lady Zor-El appoggiata con la schiena ad una parete della biblioteca, le gambe accavallate l’una sull’altra e il viso – in quel momento immerso nella lettura di una pergamena – delicatamente accarezzato dai tenui raggi del sole di settembre.   
La bellezza di quella fanciulla era da togliere il fiato, Lena ne era sempre più convinta ogni volta che il suo sguardo iniziava ad analizzare dettagli dell’altra. Il profilo longilineo del collo, il naso ritto e la lucentezza dei suoi capelli esattamente dello stesso colore del sole.      
Lady Zor-El era come il sole: aveva la capacità di riscaldarla tutta con appena la sua presenza.

Quando si rese conto di star effettivamente sorridendo però, cercò di dissimulare versandosi un calice di sidro di mele, ma una volta portato alle labbra il bicchiere notò che l’altra l’aveva decisamente beccata in flagrante e lo capì dal leggero sorrisetto sbarazzino che cercava i nascondere inutilmente.

“Posso disturbarvi chiedendovi cosa leggete, Duchessa?” Esclamò divertita Kara, guardando ancora la pergamena che aveva in mano, cercando di non ridere.

“Mh?”

“Vi ho chiesto cosa leggete…” Riprovò la bionda, questa volta alzando lo sguardo e puntandolo in quello trasparente ed immenso dell’altra.

“Oh, si.” Rispose lei, focalizzando di nuovo l’attenzione sul suo lavoro. “Sono una sorta di poesie scritte in latino. Un tale Catullo le chiama carmi… sono davvero interessanti, parole davvero avvolgenti. Talvolta sembra quasi di immergersi nel pensiero di quest’uomo.”

“Affascinante.” Disse Kara, allontanandosi dal muro con un colpo di reni e con passi calmi, cadenzati, arrivò alle spalle di Lena, poggiando un braccio sulla spalliera della sua seduta e sporgendo il busto verso il tavolo.          
Osservò brevemente quanto sparso su di esso, voltando poi il capo verso sinistra ritrovandosi il viso di Lena a pochi centimetri di distanza.
Spontaneamente si ritrovò ad osservare con scrupolosa attenzione i dettagli del viso di lei: prima gli occhi, poi la curva piena della labbra ed infine – solo dopo qualche secondo – si rese conto che il respiro di Lena si infrangeva sul suo viso e che le sue guance erano leggermente più rosee del solito.          
Kara non aveva mai avuto occasione di osservarla da una distanza così ravvicinata e se a metri di distanza la ragazza le sembrava l’incarnazione stessa della bellezza, a pochi centimetri si sentì quasi inadeguata dinanzi a tutta quell’accecante meraviglia. E le mancava il fiato… letteralmente.  Senza che riuscisse a prenderne davvero coscienza infatti, una sensazione simile alle vertigini la invase e dovette distogliere lo sguardo, abbassandolo leggermente. Ma nessuna decisione fu più sbagliata, perché dinanzi allo sguardo di una sempre più imbarazzata Kara si presentò tanta, troppa pelle, che - come una cascata di latte - sgorgava a partire dal collo di Lena per sfociare in tutta la sua generosa abbondanza nella sua scollatura. Una scollatura decisamente pronunciata a causa del corpetto che indossava.

“A-affascinante, si.” Sussurrò Lena, che dal suo canto era completamente immersa nel calore e nel profumo dell’altra. Quando lo sguardo di Kara ritornò ad incrociare il suo, notò un bagliore inedito, un guizzo che non era ancora pronta ad identificare, per cui si schiarì leggermente la voce cercando di togliere entrambe da quell’ambigua situazione.

Kara si ritrasse immediatamente all’udire di quel suono gutturale prodotto da Lena e raggiunta una lontananza accettabile, quest’ultima si rese conto di quanto le mancasse già il calore del corpo della giovane.

“Ahm, beh, se volete sarei interessata ad ascoltare ciò che avete prodotto f-fino ad ora.” Incalzò Kara, che nel frattempo aveva raggiunto l’altro lato del tavolo per poi sedersi su una delle sedute in legno. “L-Le vostre traduzioni intendo… se volete…” Continuò, iniziando a gesticolare con le mani, evitando di guardare l’altra.

“C’è qualcosa che vi turba Lady Zor-El?” Domandò a quel punto Lena, consapevole di non essere stata l’unica ad aver percepito una strana tensione tra di loro durante quel fugace incontro ravvicinato. Ma lei era una Luthor, non avrebbe mai permesso alle sue emozioni di dominarla, tanto meno di far capire ad altri ciò che – irrequieto – si insinuava nel suo animo. “Sembrate nervosa, una strana cera vi colora il viso… state bene?”

“I-io…” Cercò di controbattere Kara, insicura sul suo tono di voce. “Si, n-non preoccupatevi per me.” Continuò poi, cercando di apparire tranquilla e risoluta.

Lena, dal suo canto, non volle metterla ulteriormente in difficoltà, perciò decise di far cadere l’argomento e ritornare al suo lavoro.
Per il successivo quarto d’ora nessuna delle due provò ad interagire con l’altra, immerse ognuna nei propri pensieri. Kara soprattutto, non riusciva a spiegarsi quanto era accaduto soltanto pochi istanti prima. Non era mai stata avvolta da una tale instabilità emotiva, ma più di tutto la turbava l’incomprensibilità di quella reazione, in quanto non riusciva a collegare nessun particolare gesto o evento che potesse aver scaturito tale scompiglio nel suo essere.  
Che fosse… che fosse stata la presenza della duchessa a farla fremere in quel modo? Che fosse stato il suo profumo così forte ed avvolgente ad averla introdotta in quella spirale libidinosa?  
Non poteva credere di… non sarebbe stato giusto. Oppure lo sarebbe stato? Oh misericordia, era un cavaliere, le era stato insegnato che in determinati contesti era giusto e doveroso domare i propri istinti e con essi anche tutto ciò che ne poteva conseguire emotivamente. Ma gli occhi infiniti di lei, il suo odore che le ricordava quello dei boschi in pieno inverno, il calore sprigionato dal suo corpo e la voluttà in cui veniva trascinata alla sola visione di parti del corpo di lei così esposte… buon Dio, stava decisamente perdendo i lumi della ragione.

“-dy Zor-El?”

Al suono armonioso della voce dell’altra, le ritornarono alla mente le parole di una traduzione che aveva letto solo qualche giorno prima e nulla come in quel momento le ricordava Lena Luthor se non quelle parole. Così si alzò velocemente dalla sua seduta, sotto lo sguardo incuriosito della mora, la quale senza muoversi continuò a seguirla con gli occhi. La bionda frugò per qualche istante in alcuni cassettoni e dopo una rapida ricerca ne estrasse la pergamena tanto agognata.          
Senza ulteriori pensieri, decise quindi di avvicinarsi di nuovo all’altra, che – sorpresa – si posizionò composta sulla sedia, ritraendo leggermente il busto in un gesto assolutamente inconsapevole.

Kara non vi badò molto e una volta arrivata di fianco a Lena, srotolò la pergamena e con voce tremante iniziò a leggerne il contenuto.

A-afrodite eterna, in variopinto soglio, di Zeus fìglia, artefice d'inganni, o Augusta, il cor deh tu mi serba spoglio, di noie e affanni.” Iniziò, prendendo poi un lungo respiro per poter continuare la sua lettura. “E traggi or quà, se mai pietosa un giorno, tutto a' miei prieghi il favor tuo donato, dal paterno venisti almo soggiorno, al cocchio aurato giugnendo il giogo. I passer lievi, belli te guidavano intorno al fosco suolo battendo i vanni spesseggianti, snelli tra l'aria e il polo, ma giunser ratti: tu di riso ornata poi la faccia immortal, qual soffra assalto di guai mi chiedi, e perché te, beata, chiami io dall'alto.”[2] Esclamò, fermandosi appena per poterle rivolgere un fugace sguardo. Ed una sola fuggitiva occhiata le era bastata per leggere la commozione e lo sconcerto sul viso di Lena, che dal suo canto non sapeva se tale commozione fosse dovuta al modo in cui l’altra stava declamando quello scritto oppure era frutto di una passione inedita, alla quale prima d’ora non aveva mai voluto dare ascolto.

Kara continuò per qualche altro minuto, parole leggiadre e delicate che – come gocce di rugiada – si depositavano sul cuore di lei, impregnandola d’affetto.

Vienne pur ora, e sciogli a me la vita d'ogni aspra cura, e quanto io ti domando che a me compiuto sia compi, e m'aita meco pugnando.” Concluse la sua declamazione Kara, alzando definitivamente lo sguardo per poggiarlo su Lena, che – a bocca aperta ed occhi lucidi – non sapeva cosa dire o cosa fare.

La bionda a quel punto riavvolse la pergamena e la porse all’altra, che lentamente la afferrò per poi portarsela al petto. Kara indietreggiò giusto di qualche passo, spostando la sedia libera posta di fianco alla mora e vi si sedette, accavallando le gambe e guardandola di nuovo in viso.

“H-ho fatto delle ricerche.” Iniziò a spiegarsi Kara, non ancora del tutto convinta di ciò che aveva appena fatto. “Vi guardo ogni giorno mentre vi perdete tra decine di scritti e ho sempre pensato, sin dal primo momento, che ci fosse qualcosa di magico nel guardarvi lavorare con così tanta passione. E-e così ho deciso di non disturbarvi mai, p-perché non volevo vi pesasse troppo la mia presenza, ecco.”

“T-tu non… non mi disturbi affatto Kara. Mai.” Rispose titubante Lena, uno strano cipiglio che le solcava la fronte e un moto di dolcezza che le esplodeva nel petto al sentire le giustificazioni dell’altra.

“B-beh io… insomma ho scoperto che le parole possono essere molto più antiche dei vostri amati romani e che anche questi uomini amavano… si insomma, p-più di un Dio.”

“Oh” Esclamò sorpresa Lena, oltremodo interessata alle parole dell’altra.

“E insomma, alcune traduzioni sono state complesse da leggere, m-ma il monaco che prima studiava qui ha fatto davvero un bel lavoro.” Spiegò ancora, per nulla convinta delle sue parole.

“C-cosa ho appena ascoltato?” Domandò Lena, con una fame di sapere ed un desiderio ambiguo ad attanagliarle le membra.

“Si chiama Afrodite… ho letto un’invocazione a questa Dea. Probabilmente lo scrittore di questo testo stava pregando in suo nome o q-qualcosa di simile.” Spiegò la bionda, muovendosi poi leggermente sulla sedia e arrossendo improvvisamente. “ H-ha un’eleganza, una dolcezza espressiva e un’accortezza di significato che… si beh, ciò che ho provato la prima volta che ho letto questa preghiera mi ha ricordato ciò che provo ogni volta che vi guardo mentre leggete: è come... c-come se una strana magia vi possedesse tutta e non so…”

“Non sapete cosa?” Sussurrò Lena, sporgendosi esponenzialmente sul tavolo alla ricerca di risposte. Posò le mani aperte sul tavolo, molto più vicine all’altra di quanto volesse e poi aspettò, impaziente.

“E’ a-affascinante guardarvi, ecco.” Rispose infine Kara, arrossendo irrimediabilmente e abbassando lo sguardo, timida come non lo era forse mai stata.

Lena la osservò, cercando di assimilare quanto appena udito e anche se non le era esattamente chiaro quello che stava succedendo quel pomeriggio, decise di assecondare il suo istinto e non nascondersi per una volta.         
Sorrise. Rivolse a Kara un luminoso e dolce sorriso, per poi tornare a sedersi composta sulla propria sedia.

“Sapet-“

“Ve ne prego, gradirei se mi chiamaste con il mio nome.” Incalzò prontamente la bionda, che nel frattempo aveva iniziato a giocherellare con l’impugnatura della sua spada.

“Io sono Lena allora, intesi?”

Un sorrisino timido e un cenno del capo fecero capire a Lena che l’altra aveva acconsentito alla perdita di formalità, per cui rinvigorita riprese da dove era stata interrotta.

“Ogni volta che ti guardo allenarti… a me quello affascina, sai?”

“Davvero?” Rispose dubbiosa Kara, decisa ad incontrare di nuovo gli occhi di lei.

“Davvero.” Concordò ancora Lena. “Vorrei saper fare anch’io ciò che sai fare tu. Sai, il mio amato fratello è un ottimo spadaccino e da bambina mi ha insegnato a maneggiarla piuttosto bene, ma tu… il tuo corpo si muove in una maniera a me sconosciuta durante un combattimento. Ed è oltremodo affascinante.” Concluse, sorridendole ancora, prima di srotolare di nuovo la pergamena donatale da Kara e posare avidamente gli occhi su quanto scritto.

Un rintocco di campane dopo qualche momento però, le avvisò che era giunta l’ora della messa e senza ulteriori parole entrambe lasciarono velocemente la biblioteca per recarsi in chiesa. Lena camminava con risolutezza al centro del corridoio – in quel momento deserto - che le avrebbe condotte alla sala grande, con passo tranquillo e ritmico.

“Lena?” La richiamò gentilmente la bionda.

Ella semplicemente si voltò in risposta e sorrise all’altra, esortandola a continuare.

“Domani niente sidro di mele. Normalmente a quest’ora mi viene sempre fame, per cui ho pensato che potremmo portare della frutta da mangiare in biblioteca. C-che ne dici?”

In tutta risposta Lena scoppiò in una gioiosa risata e Kara d’istinto credette che l’altra si stesse prendendo gioco delle sue parole, per cui tentò subito di controbattere. Ma l’altra non glielo permise, avvicinandosi impercettibilmente a lei. “Si direbbe che ho trovato un’ottima compagna di lettura allora.” Sussurrò giocosa, per poi allontanarsi e riprendere a camminare. Dietro di lei Kara, che dopo qualche secondo di esitazione affrettò il passo per raggiungere la mora.

“ Si beh, sarebbe un piacere per me.”

E prima di svoltare l’angolo e ritrovarsi entrambe nella sala del trono dove Lena era attesa, quest’ultima si fermò un istante, in tempo perché l’altra l’urtasse leggermente.

“Sarebbe un piacere anche per me Kara, immenso.” Rispose furba, incamminandosi poi in direzione della Regina e lasciandosi il cavaliere alle spalle.
E anche se ancora nessuna delle due era pienamente consapevole di quanto stava accadendo, sicuramente erano entrambe convinte di quanto detto: sarebbe stato un immenso, grandissimo piacere farsi compagnia.
 
 
 
 
 





 
 
NOTE AUTRICE:
Buon Lunedì a tutti.            
Se siete giunti fin qui, posso soltanto che ringraziarvi.   
Sono tornata – come promesso – con un seguito a cui ho lavorato per circa due mesi (e a cui sto ancora lavorando, poiché sto scrivendo gli ultimi capitoli) e spero davvero che abbiate apprezzato il primo capitolo.            
Innanzitutto ci tengo a ringraziare tutto coloro i quali hanno deciso di recensire, inserire tra preferiti/ricordati/seguiti la shot che ha permesso a questo progetto di prendere vita, ovvero ‘A night to love a life to stay’. Sono davvero molto orgogliosa di quella shot e a seguito di alcune chiacchiere e consigli avuti da diversi amici, ho deciso di cimentarmi in questa nuova sfida. A tutti gli effetti questa è la prima long alla quale lavoro ed è magnifico poter inserire così tanto di me in quello che scrivo.       
Oltretutto però, è fantastico poter condividere con voi i miei pensieri, le mie emozioni e sapere che in qualche modo apprezziate e condividiate con me tutto ciò.          
Ho intenzione di pubblicare una volta alla settimana, ma non ho ancora deciso esattamente il giorno preciso, perciò per adesso sappiate soltanto che di sicuro ci rileggeremo la prossima settimana.        
Vi ricordo come sempre che mi farebbe molto piacere ricevere un commento, un parere o qualsiasi altra parola per poter discutere insieme di quanto letto, in modo da poter sapere i vostri pareri che mi aiutano sempre a crescere con passione.     
Appuntamento quindi alla prossima settimana e grazie infinite per aver deciso di intraprendere assieme a me questo piccolo viaggetto nel passato che – spero – potrà portare tante soddisfazioni a tutti! 
Un bacione grande e VIVA SUPERCORP ASDFGHJKL
 

[1] La pergamena fu utilizzata come materiale scrittorio fino al XIV sec, dove fu sostituita poi dalla carta di canapa e/o fibre tessili. Nonostante l’incongruenza descritta nel periodo, ho voluto inserire il dettaglio della lignina in quanto a causa di un’esperienza personale sono venuta a conoscenza di tale particolare.
[2] Riferimento sitografico
  
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