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Autore: Anukis    03/10/2017    1 recensioni
Nessuno vorrebbe mai svegliarsi con un Hollow a torreggiare sopra di sé, per giunta dopo essere appena morto. Nel caso di Aomura Okumi, a complicare le cose ci sono uno strano kimono nero e una spada dal carattere volubile. Seguendo gli insegnamenti di un pigro Shinigami senza peli sulla lingua, la ragazza dovrà imparare a destreggiarsi in una situazione che diventa sempre più pericolosa e misteriosa...
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[*Nota: la dicitura Nuovo personaggio si riferisce a tutti gli OC presenti nella storia, ovvero l'intero cast*]
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Season of denial




















  - Qui si sta sfiorando il ridicolo... -
  - Ma dai. - anche senza vederlo, poteva immaginare il mezzo ghigno di Jukunemu - Non sei felice di essere qui, dietro ad un fantastico magazzino abbandonato, a farti la tintarella? -
  - Come no. Hai pure degli occhiali da sole da prestarmi? -
In realtà, Okumi si sentiva molto come un panno steso ad asciugare. La sensazione non era delle migliori.
  Sdraiati sul terreno brullo dopo essersi fatti travolgere da una bella ondata di acqua purificante; era proprio un momento degno della nuova vita della ragazza. C’era di buono che la maggior parte delle puzza se n’era andata da tempo. Anche se Jukunemu continuava a lamentarsi dello stato del suo shihakusho.
  - Ehi, Aomura. -
  - Gli onorifici non fanno male. -
  - Ehi, pivellina, mi dici un po’ che hai fatto con quell’Hollow? -
  - Di che parli? -
  - Mi pare di aver visto... anzi, li ho proprio visti... gli Incantesimi di Distruzione Numero Trentadue e Trentatré. Com’è possibile? Cinque giorni fa ti stavi uccidendo per fare il Primo. -
  - Ricordi le pergamene che mi hai dato per imparare i kido? -
  - Mh-hm. -
  - Ricordi il foglietto catalizzatore di reiatsu? -
  - Ho l’impressione che tu stia sottovalutando la mia memoria. -
  Okumi sorrise compiaciuta, sapendo che il suo interlocutore non poteva vederla. - Beh, ho pensato che, se si potevano scrivere su carta incantesimi per succhiare via il reiatsu, allora potevo fare la stessa cosa con i kido di Distruzione. -
  - Ehi, ma fai sul serio? -
  - È bastato immettere un po’ di forza spirituale per farli attivare. Però non credo che fossero alla piena potenza. -
  - Ma che ti frega! Cioè, questa è proprio una figata! Sei... sei... -
  - ...un genio? -
  - Hai idea di quanta gente negata per il Kido ci sia? Questa è la loro salvezza! -
  - Ti ci metti anche tu, nel gruppo dei negati? -
  - Beh, diciamo che vado meglio negli Incantesimi di Restrizione. Sono quelli che vanno per la maggiore, nella Seconda Compagnia. Lì non piacciono le cose che fanno troppo casino. -
  - Già. La Compagnia degli assassini, no? - fece Okumi in tono canzonatorio - Non ti ci vedo proprio là. -
  - Beh, sai com’è, è facilissimo fare carriera. Tanto sono tutti un mucchio di sicari addestrati che come Shinigami fanno pena. -
  - Carriera, eh? Neppure questo sembra da te. -
  - Uno deve anche pensare un po’ a se stesso, no? -
  - E come ti è andata? -
  - Ecco... poteva andare meglio. -
  Il tono col quale era stata pronunciata quella risposta la fece desistere dall’indagare oltre.
  Però la cosa la portò a riflettere. Non aveva mai pensato a quanto effettivamente potesse essere forte il suo mentore. In assenza di termini di paragone, poteva solo affermare che fosse enormemente più forte di lei. Non che ci volesse molto per venire superata.
  - Jukunemu. -
  - Gli onorifici, prego. -
  - Tu perché hai deciso di diventare Shinigami? -
  - Eh? Perché ti interessa? -
  - Un allievo non dovrebbe trarre ispirazione dal suo sensei? -
  Okumi percepì chiaramente quello che sembrava uno sospiro spazientito.
  - Vediamo, ti ho spiegato la divisione della Soul Society? -
  - Rukongai e Seireitei? -
  - Quello. Beh, io sono nato nel Rukongai. Faceva schifo e volevo andare a vivere nella Seireitei. Fine della storia. -
  Per diversi secondi, Okumi non fu in grado di replicare alcunché.
  - Mi prendi in giro? -
  - Ah, già, volevo anche farmi figo col kimono nero. -
  - Va bene, non mi stai prendendo in giro. -
  - Delusa? -
  - Delusa da cosa? Sono fatti tuoi. Solo un po’ sorpresa, magari. -
  - Ok, forse non faceva così schifo. Insomma, c’era di peggio. Però la mia casa dava proprio sulla Seireitei. Di solito non c’è niente a dividere le zone, non uno straccio di rete o qualcosa. E tu vedevi che all’improvviso la strada sterrata diventava un pavimento di mattonelle bianche, tutto tirato a lucido. Lo odiavo. -
  - Non c’è bisogno che ti giustifichi. -
  - Guarda che io non mi giustifico con nessuno per quello che faccio. -
  Per qualche ragione, Okumi non riuscì a credere fino in fondo a quella replica infastidita.
  Certo, forse scegliere di fare un lavoro così importante, di salvare vite mettendo in gioco la propria per tirarsi fuori dalla povertà, non era quello che ci si sarebbe aspettati. Ma era un motivo del tutto comprensibile agli occhi della ragazza.
  Poteva non essere una ragione molto ispiratrice, e non l’aveva aiutata a mettere insieme un nuovo tassello dell’ideologia che stava dietro gli Shinigami, ma era scontato che fosse così. Lei e Jukunemu avevano una visione del mondo inconciliabile, da non potere che divergere su un qualcosa talmente importante. Perché se c’era un fatto di cui Okumi era certa, era che le motivazioni di un qualsiasi altro Shinigami non avrebbero mai potuto essere le proprie.
 
 
 
  - Brutto stronzo... Spero ti spediscano nell’ottantesimo distretto... -
  Daisuke imprecava e borbottava, rientrando nel capannone. Aveva afferrato i lembi del kimono e li strofinava fra di loro, nella speranza di veder scomparire quelle disgustose macchie giallastre lasciategli in ricordo dall’ultimo Hollow affrontato.
  Alla fine, la ferita non si era rivelata così grave. Erano bastate un paio di bende e un incantesimo basilare di guarigione. Anche se poi aveva dovuto sorbirsi le lagne di Aomura che gli recriminava di non aver mai fatto cenno al kaido per curarla dalle condizioni pietose in cui si riduceva certe volte negli allenamenti.
  C’era da dire che Daisuke aveva oramai capito che spegnere il cervello, contro quella là funzionava quasi sempre. Se ignorata, sbolliva in fretta, la lagna rientrava e la ragazza ritornava l’allieva semi-decente che era gran parte del tempo.
  Lei se n’era appena andata, affrettandosi per quella via dei tetti che, passato il tramonto, iniziava a farsi buia.
  All’interno del magazzino l’oscurità era invece quasi totale. Daisuke inciampò in qualche scatolone, cadendo a terra, inveendo contro chiunque l’avesse lasciato in giro. Senza pensare di essere stato lui a farlo.
  Poi lo Shinigami si accorse di una lucina lampeggiante dall’altra parte dell’ambiente. Arrancando nel buio, arrivò a quella che pareva una semplice macchina per i fax. Difatti, quelli che Daisuke afferrò da un lato dell’apparecchio erano un paio di fogli.
  Dovette avventurarsi ad accendere la luce, ma si rivelò come aveva temuto un messaggio dalla Soul Society. Per fortuna, leggendo si tranquillizzò nel capire che non riguardava direttamente né lui né Aomura. La questione era molto breve, e gli sembrò pure abbastanza stupida.
  Il secondo foglio, al contrario, gli fece digrignare i denti appena notò il mittente. I suoi propositi di stendersi e riposare in pace andarono poi alle ortiche nello scorrere con gli occhi anche il testo della missiva.
 
 
 
  L’edificio era forse il più anonimo del circondario. Un comunissimo condominio di cemento su dieci piani, dalle pareti ruvide e parzialmente scrostate.
  Ciononostante, l’umore già non proprio solare di Daisuke risentì di quella vista. Scivolò attraverso il portone e salì le scale. Dovette appiattirsi contro il corrimano per lasciar passare un uomo, il quale, camminando accanto allo Shinigami, rabbrividì.
  Il dio della morte giunse di fronte ad un uscio nel corridoio dell’ultimo piano. C’era una barriera di copertura a schermare l’abitazione, ma lui poté aprire la porta senza problemi.
  Daisuke si trovò in un appartamento nel quale la maggior parte delle pareti erano state abbattute per creare un unico ambiente continuo. Sebbene negli angoli delle pareti spuntassero macchie di muffa, il posto non era troppo sporco e non dava nemmeno l’impressione di essere abbandonato. Tutti i mobili erano stati ammucchiati da una sola parte e coperti da un lenzuolo. Ad ogni muro rimasto disponibile erano state appoggiate librerie ed armadietti di metallo straripanti di pergamene, libri, documenti vari che lo Shinigami non si preoccupò di identificare. Sul fondo era stato collocato lo stesso schermo del suo quartier generale.
  - Ehi, spiegami un po’ una cosa. - Daisuke si avvicinò alla scrivania che capeggiava al centro dello spazio - Ma quelli che vivono nel condominio non si chiedono che cacchio ci sia qui dentro? -
  - Buonasera anche a te, Jukunemu. - replicò atono Zamuku, senza staccare gli occhi dal foglio sul quale stava scrivendo fluidamente una lunga serie di frasi - Per rispondere alla tua domanda, no, non se lo chiedono, visto che hanno una paura dannata di questo appartamento. Credono sia abitato da spiriti. -
  - Beh, hanno ragione, no? -
  - Tecnicamente parlando... -
  E nessuno ha ancora chiamato Raid Infestati?
  - Va bene, piantiamola e dimmi solo perché hai voluto vedermi. E, prima che me lo dici, c’è mica un’altra sedia qui dentro? -
  - Alla tua sinistra. -
  Daisuke posizionò una malandata poltroncina girevole di fronte alla scrivania, per poi lasciarcisi cadere sopra.
  Zamuku poggiò il pennello su un sostegno di ceramica, sollevando infine lo sguardo sul suo ospite. Mise i gomiti sul piano dello scrittoio, intrecciando le dita. - Suppongo abbia ricevuto anche tu l’ultimo messaggio della Soul Society. -
  L’altro gli lanciò un’occhiataccia. - Riguardo ai falsi allarmi? E mi hai fatto venire qua per questo? Se l’hanno inviato a tutti, mi sembra ovvio che l’abbia ricevuto anche io. -
  - Cosa ne pensi? -
  - Eh? Boh, non è che ci ho riflettuto granché... Qualcuno al Dipartimento R&S si è addormentato sulla tastiera del computer? -
  - Lanciando falsi allarmi a Shinigami diversi e a vari giorni di distanza l’uno dell’altro? -
  - Ehi, questi dettagli non c’erano scritti. - si difese piccato Daisuke.
  - Suppongo stiano indagando e non vogliano ancora sbilanciarsi. -
  - Aspetta, ma tu quindi come lo sai? -
  - Ho richiesto una perizia sul luogo di una delle segnalazioni e il tizio che hanno mandato non era bravo a tenere la bocca chiusa. -
  - Ti hanno fatto sapere i risultati? -
  - No, dato che non c’è stato bisogno di nessuna analisi specifica. Ma gli strumenti hanno rilevato subito la traccia energetica di un Garganta. Non si è addormentato proprio nessuno sulla tastiera, il passaggio si era davvero aperto, solo che non ne è uscito nessun Hollow. -
  Daisuke si concesse un paio di secondi per riflettere su quella scoperta. - Ok, non è normale per niente. - ammise infine - Ed è inquietante. Stanno succedendo un bel po’ di cose strane negli ultimi tempi. Prima gli Hollow che non crepano, ora questo... -
  - Come? Di che parli? - si sorprese Zamuku.
  - Nell’ultimo mese o giù di lì ho incontrato alcuni Hollow che non volevano saperne di crepare. Io li colpivo a morte, ma quelli si rialzavano e continuavano a combattere. Sembravano degli zombi, davvero. -
  - Zo... cosa? -
  - Sì, insomma, dei morti viventi. -
  - E perché non hai fatto rapporto? -
  - Beh, sai com’è, ultimamente preferisco mantenere un basso profilo. -
  - Male, male, malissimo. - scandì Zamuku - Cosa faresti se questo diventasse un problema grave? Ti stai solo attirando addosso altri guai. -
  - Ormai non mi pare di avere molta scelta. E comunque problema un cavolo; vabbè, non crepavano, ma mica erano fortissimi o che. Alla fine riesci ad ammazzarli e stop. -
  Zamuku staccò i gomiti dalla scrivania e si appoggiò allo schienale, alzando lo sguardo al soffitto. - Spero che tu non stia dicendo sul serio. -
  - Perché? -
  - L’unica cosa a consolarmi da quando sono diventato complice di questa pazzia era il pensiero che in ogni caso non avresti trascurato i tuoi doveri. Devo rivedere le mie convinzioni? -
  - Ehi, aspetta un po’, razza di infame! - esclamò Daisuke, raddrizzandosi di colpo sulla sedia - Non ti venga in mente di spifferare tutto, eh! -
  - E allora calmati e cerchiamo di risolvere la questione, finché possiamo ancora farlo. - ribatté freddamente l’altro.
  - Hai dei suggerimenti? -
  Zamuku rimase silenzio piuttosto a lungo. - Ancora no. -
  - Perfetto. -
  - Per ora, ne sappiamo un po’ di più riguardo a tutte le stranezze che stanno succedendo. -
  - Tu pensi che siano collegate? -
  - È stata la prima cosa che ho pensato. Ma non ci sono prove che lo confermino. -
  - Fammi indovinare: tu vuoi che ti aiuti a scoprire di più, no? -
  Un sorrisetto tetro comparve sul viso di Zamuku. - Credevo sarei stato io a chiederlo a te. Dopotutto, sono l’unico col quale potresti lavorare liberamente. -
  - Mh, vedi di non farmi cambiare idea subito... - bofonchiò Daisuke, aggiustandosi sulla sedia.
  Lo Shinigami emaciato tese la mano al di sopra della scrivania. - Collaborazione, dunque? -
  Daisuke spostò titubante lo sguardo dal collega a quel gesto inaspettatamente amichevole.
  - E collaborazione sia. - si decise infine.
  Allungò a sua volta la destra per stringere quella dell’altro, ma non poté farlo. La mano di Zamuku si staccò dal polso, al quale restò connessa con una serie di cavi metallici, per schizzare oltre la spalla di Daisuke. Il dio della morte si voltò di scatto, osservando l’arto estensibile afferrare da uno scaffale un rotolo di pergamena grande quanto un mignolo. Poi seguì con lo sguardo la mano ritrarsi e tornare al proprio posto come nulla fosse stato.
  E quella quando se l’è fatta impiantare?
  Daisuke si morse la lingua per non porre la domanda ad alta voce.
  Zamuku ruotò il polso con fare disinteressato. Eppure neanche lui pronunciò una parola a riguardo.
  - Se hai trovato inquietante quello che ti ho detto prima, allora preparati... - annunciò quest’ultimo.
  Tolse l’elastico che teneva chiuso il piccolo involto. Il plico di fogli si ingrandì fino a divenire grande quanto la superficie della scrivania.
  Daisuke si sporse per osservare cosa rappresentassero quelle carte, aiutandosi con le mani per stenderle. Ad un occhio umano sarebbero parse come delle immagini satellitari di strani colori, ma uno Shinigami poteva facilmente intuire cosa fossero in realtà.
  - Rilevamenti spirituali del territorio? -
  - Esatto. Dato che la Soul Society si è mossa solo di recente per investigare, ho pensato di controllare gli archivi del Dipartimento Ricerca per cercare di capire esattamente da quanto andasse avanti la faccenda. Non ho trovato niente di nuovo per quello, ma ora guarda qui. -
  Zamuku sfilò da sotto gli altri un foglio che descriveva un’area particolare della città. Indicò un punto piccolo, ma color verde brillante e che spandeva una sorta di debole aura di luce intorno a sé.
  - Di quel colore... - rifletté Daisuke - Dovrebbe essere un’entità spirituale di medio-alto livello, giusto? -
  - Non un’entità. - lo corresse l’altro - Un umano, vivo, con una forza spirituale davvero notevole. -
  Daisuke aggrottò un poco la fronte. - Non capisco dove vuoi arrivare. Si, non è proprio una roba da tutti i giorni, ma non è neanche troppo strano. -
  - Jukunemu, sai per caso che posto è questo? - si ostinò Zamuku, continuando a tenere l’indice sopra il punto verde.
  - Uhm, so che muori dalla voglia di illuminarmi. -
  - Un posto chiamato Liceo Karekishi. Il rilevamento risale a un paio di mesi fa, ore dieci e trentadue. Orario scolastico, dunque. -
  - Ooook, quindi questo tipo con la forza spirituale potrebbe essere uno studente del liceo. O un insegnante. Terrificante, davvero. -
  - Io non ci scherzerei sopra, se fossi in te. - Zamuku scorse ancora alcuni fogli - Rilevamenti fatti in orari simili danno tutti lo stesso esito. L’umano è sempre a scuola, finché... -
  Stese sul tavolo un’altra carta. Daisuke vi gettò una rapida occhiata.
  - Quel reiatsu è sparito. - constatò.
  - Questo risale a poco meno di un mese fa. Il primo nel quale la forza di quell’umano non è più visibile. Inutile dire che non comparirà mai più. -
  Daisuke si strinse nelle spalle, ostentando noncuranza. - Non mi stupirei se se lo fosse mangiato un Hollow. -
  - Jukunemu, questo tipo di esami è regolato in modo da non tener conto dei reiatsu degli Shinigami. -
  - Certo, in confronto agli umani sono così enormi che falserebbero tutto. -
  Zamuku lo guardò con l’espressione di chi contempla un perfetto idiota. - Ma come, non ci arrivi? -
  - E dimmelo e basta! -
  - La tua preziosa allieva ti ha mai detto quale scuola frequenta? -
  Daisuke spalancò le palpebre a tal punto da temere che gli occhi gli sarebbero rotolati fuori dalle orbite.
  - Quella? Quella? Aomura? Ma ti rendi conto di cosa stai dicendo? Lei... -
  - Ha un reiatsu risibile, sì, lo so. In effetti, non ho idea di come il novantanove percento del suo potere possa essersi volatilizzato così. Ma d’altra parte, non sappiamo nemmeno come sia diventata Shinigami. -
  - Ok, aspetta... No, no, non ha proprio senso! - Daisuke piantò l’indice sul foglio - Aomura non ha mai visto un Hollow o un’anima nella sua vita, ed è impossibile che uno non possa se ha una forza del genere! -
  - Beh, la risposta è semplice, allora. Per qualche motivo, ti ha mentito. -
  - La risposta è che è solo una coincidenza. Andiamo, non siamo neanche sicuri che quella sia la scuola di Aomura. -
  - Rifiuti anche solo la possibilità che ciò che sto dicendo sia vero. - prese atto Zamuku, irritato.
  - Beh, mi spiace dirtelo, ma tu sei diventato proprio un complottista. Una volta raccoglievi delle prove per le cose che dicevi, qui ti stai proprio basando sul nulla. - Daisuke si alzò dalla sedia, muovendo alcuni passi verso l’uscita - Mi sta bene aiutarti a indagare sugli Hollow e i Garganta, ma piantala di sparare teorie assurde ed inutili, perché è l’ultima cosa di cui c’è bisogno adesso. -
  Lo Shinigami lasciò l’appartamento accennando un saluto non troppo convinto.
 
 
 
  Atsushi aveva seguito l’uscita di scena del collega nel totale silenzio.
  - Complottista? - mormorò, senza più nessuno a cui domandare il significato di quella parola.
  Riordinò i fogli sulla propria scrivania con espressione che somigliava al compatimento.
  Senza dubbio, aveva fatto bene a non insistere con Jukunemu. Non spettava a lui aprirgli gli occhi, quando era chiaro che l’altro volesse tenerli ben chiusi.
  Eppure Atsushi, a differenza di Jukunemu, aveva fatto le sue ricerche. Sapeva benissimo quale scuola frequentasse Aomura e dove la ragazza abitasse. Solo per confermare le proprie ipotesi, chiaro. Ma sarebbe stato ridicolo dire che non provasse interesse per quella ragazzina.
  Il dio della morte si concentrò su un nuovo luogo nelle carte dei rilevamenti. Quello dove si trovava il condominio della tanto misteriosa giovane Shinigami. Al centro del palazzo, faceva mostra di sé un punto arancione, tendente al giallo, molto più piccolo di quello che aveva portato all’attenzione di Jukunemu.
  Quella era stata una scoperta assai interessante: se si trovavano nello stesso edificio, era ragionevole che pensare potesse trattarsi un parente di Aomura, e che di conseguenza tutta la famiglia di lei possedesse un potere spirituale latente.
  Ma questo non c’è urgenza di fartelo sapere, Jukunemu.
 
 
 
  Okumi tirò un sospiro di sollievo nel momento in cui entrò finalmente in casa. Passando da una delle pareti esterne del condominio. Avere un reiatsu basso poteva essere uno svantaggio la maggior parte delle volte, ma voleva anche dire minor densità delle reishi. In questo modo, poteva rendersi incorporea con molta più facilità di Jukunemu o degli altri Shinigami. Trucco che le risultava molto utile per rientrare nell’appartamento, quando per qualche motivo non si era portata dietro il gigai, nascondendolo dentro l’armadio della propria camera.
  La ragazza fece per muovere un passo nel corridoio, ma la vista di una porta che si apriva la fece bloccare di scatto. Subito si rimproverò, ricordandosi che nella forma spirituale nessuno avrebbe potuto vederla.
  Perciò, recuperata la sicurezza, si avviò spedita per superare suo fratello e raggiungere la propria stanza.
  Appena uscito dalla sua cameretta, però, Kei si era fermato. Alzò lo sguardo confuso, precisamente in direzione del viso di Okumi.
  - Sorellona, ma come sei vestita? -







































 
  Angolo Autrice
 
  E infine! Eccolo qui, il layout che volevo! Non si legge già tutto meglio, eh? Alla fine, è saltato fuori che era l’introduzione a falsare tutto. Sono persino riuscita a deformare tutta la pagina di EFP con il mio barbaro uso del tag corsivo. Che dire, quasi quasi mi sento importante!
 
  Con questo si conclude il periodo di “calma prima della tempesta”. Vengono aperte nuove piste per quanto riguarda i poteri di Okumi, e questo mi ha permesso anche di tirare fuori dallo scatolone Kei. Mi era già stata fatta notare la sua assenza, ma io avevo programmato da tempo la sua riapparizione. Abbiate fiducia, ho una scaletta della storia ormai quasi completa, e non è mia abitudine sprecare il potenziale dei personaggi. Insomma, per quanto mi possa rendere conto.
  La parte più difficile da scrivere del capitolo è stata il dialogo iniziale. Ve ne sarete accorti, Okumi e Daisuke non sono molto quel tipo di persone che si starebbero granché simpatiche, o anche solo si rivolgerebbero la parola in circostanze normali. Avevo in mente fin dall’inizio di approfondire maggiormente il rapporto che hanno costruito, e di certo non è finita qui.
  A proposito di approfondimenti, il prossimo capitolo sarà interamente dedicato alla nostra protagonista. Ci sarà Kei, ci sarà la scuola, ci sarà l’introspezione. Ho un po’ paura di iniziare la stesura, ma devo dire che sto imparando a buttarmi. Voglio dire, se di norma so scrivere in modo abbastanza decente, non è che d’improvviso posso cominciare a metter su carta schifezze, no? Oddio...
  By the way, a parte il momento insicurezza, mi resta da dirvi solo che il titolo “Season of Denial”, è in realtà il nome della mia canzone preferita dei Guilt Machine. Gruppo del quale non mi metto neppure a parlare, causa rischio di sclero totale. Ascoltate i Guilt Machine, ascoltate gli Ayreon, ascoltate qualsiasi cosa partorita da Arjen Anthony Lucassen. Per praticità, vi lascio il link qui (e se non avete ascoltato le theme music dei personaggi siete delle brutte persone, ma potrete rimediare andando a vedere i link che ho aggiunto nei capitolo scorsi).
  Salutoni e recensite,
 
  Anukis
 
 
 
 
 
  …I will remember youuuuu... Keep the pain aliiiiive... This is the season of deniaaaal...




 
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