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Autore: Nena Hyuga    04/10/2017    1 recensioni
[..]- Ehi, Shiro, se tu fossi un 4000 pezzi, io sarei quell’unico tassello che ti manca per completare il puzzle.- Lance puntò gli indici verso il moro a mo’ di pistola e fece schioccare la lingua contro il palato.
- 4000 pezzi?-
-Sì, un po’ come si può montare Voltron...-
La magia si spezzò nell’esatto istante in cui Lance dovette spiegare la sua battuta ad effetto atta a flirtare.
-Beh, suppongo che Voltron abbia più componenti di così...- fu la batosta finale.
- Nononono! Ricominciamo da capo. Hai presente quel nervoso che ti prende quando stai finendo di fare un puzzle, ti manca un singolo tassello, quello speciale, ma non lo trovi da nessuna parte e ti sale il Keith interiore?-
- ...no?- [...]

Questa fanfiction nasce da un mio headcanon sulla S3 e sulla mancanza di reazioni quando il nuovo fake!Shiro è entrato a far parte della loro comitiva, nessuno ha gioito, nessuno insospettito, piatti come tavole da surf. Ma Lance come avrà reagito davvero a questa intrusione?
Spero che questa Shance/Shangst vi piaccia~
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: McClain Lance, Takashi Shirogane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ordinary habits


 
 
 
 
Zero centimetri di distanza dal suo petto.
La gamba sinistra incastrata sotto la destra del compagno.
Entrambi su un fianco rivolti verso la medesima parte così da fronteggiare il muro.
Non vi era nulla che potesse ferirlo o coglierlo alle spalle, solo Shiro a fargli da scudo da qualsiasi cosa potesse entrare in quella stanza.
Lance amava i suoi abbracci. Erano della misura giusta, né troppo ampi da non avvertirne il calore,  ma nemmeno troppo stretti per non potersi rigirare come desiderava. Erano perfetti per stringerlo ed imprigionarlo nell'unica gabbia da cui non sarebbe mai voluto uscire.
Era piacevole avvertire la sensazione delle pelle calda e profumata di Shiro contro la propria guancia poiché il più grande prediligeva dormire con addosso la canotta e lasciare le braccia scoperte a ricercare la frescura delle lenzuola candide. Fresco che Lance non gli permetteva di godere dato che si acquattava sempre con la testa sulla sua spalla, a volte sbavando su di lui.
Non che guardasse solo i tricipiti in un uomo.
Nemmeno sapeva se avrebbe guardato altri  uomini in generale.
Semplicemente adorava incastrarsi tra le braccia di Shiro, uno degli unici luoghi sicuri in cui non si sentiva fuori posto o incompatibile con il resto degli ingranaggi. Lo faceva sentire a suo agio.
 
 
- Ehi, Shiro, se tu fossi un 4000 pezzi, io sarei quell’unico tassello che ti manca per completare il puzzle.- Lance puntò gli indici verso il moro a mo’ di pistola e fece schioccare la lingua contro il palato.
- 4000 pezzi?-
-Sì, un po’ come si può montare Voltron...-
La magia si spezzò nell’esatto istante in cui Lance dovette spiegare la sua battuta ad effetto atta a flirtare.
-Beh, suppongo che Voltron abbia più componenti di così...- fu la batosta finale.
- Nononono! Ricominciamo da capo. Hai presente quel nervoso che ti prende quando stai finendo di fare un puzzle, ti manca un singolo tassello, quello speciale, ma non lo trovi da nessuna parte e ti sale il Keith interiore?-

- ...no?-
- Ma che infanzia infelice hai avuto?- domandò sconvolto il cubano allargando le braccia con fare teatrale.
- Se quel “ti sale il Keith interiore” significa “nervosismo represso”, allora sono contento di non averlo sperimentato.-  replicò Shiro, sopprimendo le risate e sentendosi lui stesso una pessima persona per aver utilizzato un proprio compagno come esempio di uno stato d’animo.
- Però il paragone con Keith l’hai capito, uhm? – sogghignò vittorioso, dandogli di gomito.
- Piantala, Lance. Se lo venisse a scoprire si potrebbe arrabbiare seriamente. –
Shiro si coprì la bocca per nascondere le prove che stava evidentemente ridendo e si guardò in giro sperando di non dover fare da paciere nel caso Keith li avesse sentiti.
-  Sarebbe fantastico essere quel pezzetto speciale...- bofonchiò Lance melanconico, sedendosi sul divano della sala comune e rannicchiando le gambe.
- Per formare Voltron servono tutti i pezzi, nulla è più speciale degli altri. Non capisco dove vuoi arrivare, Lance. Senza anche un singolo ingranaggio non riusciremmo ad assemblarlo.- il capitano spiegò l’ovvio che Lance non voleva realmente udire.
Sospirò greve per poi fare spallucce, ormai rassegnato al fatto che Shiro avesse i paraocchi, che non centrasse il punto dove voleva arrivare e lui in primis aveva sbagliato a nominare un paragone fraintendibile come...
- Lance, forse non parlavi di Voltron, ma di noi due?-
- ...forse.-
 
 
Lance aveva dato adito per caso all’idea che lo stare con un uomo non gli dispiaceva, o forse si trattava di un singolo episodio circoscritto a Shiro. E sempre per caso aveva scoperto che gli abbracci del capitano si adattavano alla sua misura ed alle sue esigenze, proprio quando una notte non riusciva a dormire, colto da uno dei suoi soliti viaggi che lo riportavano inesorabilmente a casa.
Ironico come si trovassero nello spazio a bordo di un castello spaziale, con tanto di leoni e navette che li avrebbero potuti ricondurre sulla Terra in un battibaleno, ma non ne avevano la possibilità.
Fu dopo essere sbarcati nel centro commerciale spaziale dove lui e Pidge erano capitati in un negozio di chincaglierie terrestri che la nostalgia di casa si era fatta più logorante; vedere anche solo una console, per quanto inutilizzabile, lo aveva lasciato a bocca asciutta ed amareggiato più di quello che non aveva dato a vedere all'occhialuta.
- Sarebbe tutta questione di qualche ora! Andata e ritorno, nessuno se ne accorgerebbe nel cuore della notte...- fantasticò a voce alta mentre attraversava i corridoi per passare di fronte alle cabine degli altri compagni.
- Notte...non so nemmeno se sulla Terra è notte. - aggiunse in un mormorio via via più fiacco.
Trascinava i piedi rumorosamente incurante di farsi sentire, e nonostante accennasse a voler prendere Blue per andarsene non vi era quel rischio, conosceva i pericoli e le conseguenze.
In cuor suo desiderava essere fermato.
Non appena passò di fronte la soglia della camera del loro leader, le porte automatiche si aprirono con un suono metallico e dietro di esse apparve uno scombussolato Shiro mezzo addormentato.
Lance si lasciò sfuggire un urlo che riecheggiò per l'immenso corridoio.
- Che ci fai in giro?- chiese preoccupato.
Ripresosi dallo spavento iniziale, Lance si accorse che non vi era anima viva intorno a loro. Il corridoio era vuoto, lui aveva addosso i suoi soliti abiti quotidiani e le pantofole a muso di leoncino blu ed agli occhi di Shiro doveva apparire alquanto idiota. Non più del solito, si disse per farsi coraggio.
Si guardò velocemente intorno per dare una spiegazione plausibile, ma lo stesso fece il suo leader che sembrava a disagio all’idea di essere beccato da Coran o da Allura ancora sveglio: non voleva sorbirsi una ramanzina su quanto fosse importante il riposo per i paladini, lui per primo.
- Io...io stavo andando a prendere un cavetto per la console comprata con Pidge. - sputò fuori, mordendosi le labbra in un’espressione falsa e contraddittoria.
- A quest’ora?- domandò il moro esasperato dopo uno sbadiglio.
- Noi giovani adoriamo giocare per conciliare il sonno!-
- Ma Pidge non diceva che non avevate il televisore per connetterla? -
- Sì...quella roba lì.- blaterò, cambiando direzione verso cui puntare gli occhioni blu.
Shiro inarcò scettico le sopracciglia: leggere attraverso McClain non era difficile ed intuì cosa aveva inizialmente avuto intenzione di fare.
- Lance...-
- Nonono! Non c’è bisogno che mi strigli come mia madre, Shiro. Lo conosco benissimo quel tono da mamma-che-sta-per-arrabbiarsi, o papà nel tuo caso, ma non...non...-
Il castano si bloccò nel mezzo della giustificazione che stava per propinargli, una spiegazione che sperava lo costringesse a soprassedere sull’accaduto, ma le sue mani iniziarono ad inumidirsi a causa delle gocce che picchiettavano sulla sua pelle scura.
Ingenuamente guardò verso l’alto alla ricerca di una perdita, ma Shiro gli tolse ogni dubbio.
- Stai piangendo?-
La domanda retorica e scomoda per entrambi lasciò i due in uno stato di momentanea paralisi che venne subito dopo smossa dal capitano.
- Vieni dentro, dai. Se Allura ci vedesse svegli si arrabbierebbe.- e lo afferrò delicatamente per le spalle, sospingendolo verso la propria cabina.
Shiro lo fece accomodare sul letto, lo guidò fino a farlo sedere sul bordo del materasso ed incapace di far smettere Lance di piangere si mise di fianco a lui, una mano sulla schiena a massaggiarlo con movimenti piccoli e circolari.
- Non me ne sarei andato.-
Diede per scontato che Shiro sapesse ciò a cui si riferiva, ed il pilota di Black colse l’argomento, annuendo e fermando di colpo la mano che copriva una grossa porzione della schiena del cubano.
- So che non ci avresti mai abbandonati, Lance. Non ho il minimo dubbio su di te, so che posso fidarmi.- rispose prontamente accennando ad un sorriso incoraggiante.
La testa del castano ciondolò fino a posarsi sulla spalla poderosa di Shiro, come se non avesse ascoltato una sola parola di ciò che gli aveva detto.
Parlare era inutile, ma dovette arrendersi all’evidenza.
- Mi dispiace, nonostante possa capire cosa non va, non sono in grado di aiutarti...- ammise il più grande, avvolgendo la spalla del compagno con il braccio galra.
Si rese conto di quanto fosse mingherlino rispetto a lui e la cosa lo fece sorridere.
Passò qualche minuto di silenzio prima che a Shiro non venisse un’idea per smuovere la situazione.
- Ehi, Lance. Mi devi fare un favore.-
Il castano lo guardò dal basso verso l’alto, gli occhi arrossati e gonfi ed il naso da cui scendevano candelotti di muco: una visione orribile e divertente che compromise la sua serietà per un attimo.
- Se posso...- biascicò, staccandosi e ponendo la sua totale attenzione sull’altro.
- E’ una cosa che solo tu puoi fare, a dire il vero.- affermò il capitano con tono greve, poggiando una mano sulla spalla di Lance ed aggrottando la fronte.
McClain non capì dove voleva arrivare.
Non comprese il motivo per cui le dita di Shiro sfiorassero la sua guancia con così tanta dolcezza nel tentativo di asciugare le lacrime che gli scivolavano lungo il viso con minor frequenza.
- Riserva le lacrime per quando torneremo a casa, uhm? Se proprio tu smettessi di sorridere, chi altri potrebbe mai tenere alto l’umore della squadra, Sharpshooter?-
Le parole del capitano suonarono come un compito speciale alle orecchie di Lance, ma nonostante il suo animo si riaccese e si iniziò a fomentare di nuovo, accennando anch’egli ad una smorfia più dolce, d’altro canto non era convinto.
Ma Shiro sembrava incepparsi nel trovare le parole adatte a proseguire il discorso e Lance trattenne il respiro.
- E se dovessi avere ancora un momento di cedimento, vorrei che tu venissi da me in qualsiasi momento tu ne senta la necessità. Fai più affidamento su di me, puoi permetterti di essere egoista qui dentro.-
Shirogane era in evidente disagio quando finì il suo discorso. La mano raggiunse la nuca, si massaggiò il collo, irrigidì le spalle. Tutti segni che suggerirono a Lance quanto quella frase fosse stata detta con da capitano, ma da qualcuno che lo stava prendendo a cuore.
La parte più viziosa di McClain venne in aiuto a Shiro, salvandolo dall’imbarazzo.
- Non voglio dormire da solo.-
Il moro annuì e fu grato della schiettezza con cui Lance richiese attenzioni.
- Puoi dormire con me.-
La richiesta fu subito accolta con trasporto da Shiro che lo avvolse in un abbraccio, coprendo entrambi con le coperte a primo impatto troppo sottili per tenere caldo, ma grazie al tessuto alteano o al calore corporeo di Takashi stesso, Lance non osò lamentarsi del freddo.
Pian piano, sera dopo sera, la paura di assillare e di interrompere gli allenamenti extra del loro leader svanì, lasciando spazio ad una sorta di abitudine: usciva dalla propria stanza, svoltava a destra, dritto in fondo al corridoio e di nuovo a destra. Di fronte a lui trovava la cabina di Shiro dove gli bastava premere un interruttore e, senza porre domande, infilarsi sotto le coperte e poi tra le braccia del capitano.
Era una sorta di rituale intimo e apparteneva solo a loro due, non si era mai sentito il terzo incomodo, né l’ingranaggio fuori posto.
Non vi era alcun “Keith” a farlo sentire inferiore.
Si era illuso di essere diventato finalmente il pezzetto speciale del puzzle di Shiro.
 
 
 
-Lance? –
Lo chiamava con il suo stesso tono caldo di voce che lo faceva rabbrividire.
La solita aria rassicurante mentre lo aspettava sulla soglia della camera.
Il castano si avviò verso la cabina del capitano a passo lento e sorridendo mesto quando gli passò accanto sfuggente.
E non appena Shiro si stese sul letto per coricarsi assieme a lui, Lance non poté fare a meno di pensare a quanto fossero carogne i galra per progettare un clone tanto simile al loro leader a tal punto da inserire nella sua memoria anche le abitudini più private.
- O forse è stato proprio Shiro a volere che tu ti ricordassi che dormiamo insieme..? - si chiese a bassa voce, inudibile.
Se Lance si sforzava di pensare alla seconda opzione poteva chiaramente immaginare il loro capitano che si raccomandava di non lasciarlo solo, soprattutto di notte. Un sorriso grato solcò le labbra del castano che scavava alla ricerca di un lato positivo a cui aggrapparsi.
- Se proprio tu smettessi di sorridere, chi altri potrebbe tenere alto il morale della squadra, Sharpshooter?-
La frase di Shirogane gli rimbombava nella testa, ma quell’assurda situazione era un buon motivo per arrovellarsi e perdere le speranze.
Non era per colpa del nuovo taglio di capelli o del diverso abbigliamento che la sensazione di imperfetto non si affievoliva.
Trattenne il respiro quando avvertì le braccia del clone avvolgerlo senza alcuna titubanza, portandolo più vicino al proprio corpo.
Non aveva visto nessuno accorrere al suo ritorno, come se tutti sospettassero già che non vi poteva essere un happy ending nella navetta di salvataggio trovata nel bel mezzo del nulla cosmico.
Si aspettava un’atmosfera diversa; avrebbe scommesso di vedere Keith piangere di gioia per la prima volta, era già pronto a prenderlo per i fondelli ed aveva una rassegna di battute da propinargli che aveva cautamente riposto per l’occasione giusta.
Pidge doveva essere stata la prima ad intuirlo, ma non aveva fatto una piega; non poteva mostrare che la propria speranza si stava sgretolando un pezzetto alla volta, non prima di aver rivisto Matt.
Hunk non aveva preparato nessun banchetto speciale, niente sbobba spaziale commestibile per festeggiare.
Lui era l’unico ad aver accolto con speranza positiva la persona che tutti sapevano non essere chi cercavano.
- Come può andarti bene così..?- domandò a bassa voce, appoggiando l’orecchio al petto di Shiro per auscultarne il battito ed assicurarsi che fosse di carne ed ossa.
- Così come?- il moro lo guardò perplesso, abbassando di poco il mento spigoloso e fissando gli occhi grigi in quelli blu.
La stretta si rinvigorì, proprio come accadeva con Shiro quando voleva rassicurarlo.
- Sei tornato e nessuno ha voluto festeggiare il tuo arrivo. -
Mentì. Nessuno aveva davvero fatto ritorno sulla nave spaziale.
Lance si lasciò permeare da un piacevole calore famigliare, tanto che socchiuse gli occhi abbassando la guardia.
- Non abbiamo tempo per festeggiamenti quando non abbiamo di fatto vinto nessuna battaglia, non siamo giunti a nessun punto.-
Rispondeva esattamente come lui, inquadrato e pacato nonostante le condizioni non fossero a loro favore.
- Hai ragione. Beh, allora più che fare baldoria ti servirà una bella dormita, uhm? Buona notte, Shiro.- le parole uscirono vuote dalla sua bocca, voleva colmare lo scomodo silenzio che si sarebbe venuto a creare.
- Buonanotte, Lance.-
La fronte di Takashi si poggiò contro la sua testa; poté avvertire il suo respiro sulla pelle nuda del collo, constatando che persino il ritmo con cui soffiava fuori l’aria era identico.
Ma l’errore che Lance aspettava non tardò ad arrivare. Fu una piccola sbavatura che per poco non lo fece crollare: Shiro incastrò la gamba destra sotto quella sinistra del castano con disinvoltura ed il corpo di McClaine si irrigidì.
Inghiottì la saliva che si stava accumulando nella gola impedendogli di parlare e replicare, ma non mosse i piedi per sistemarli come era sua abitudine fare con il vero Shiro.
Non si mosse, non corresse la postura  per potergli rinfacciare di averlo smascherato.
Rimase acquattato tra le sue braccia, il viso rivolto verso il muro e le spalle protette dal clone del suo capitano perché dopo settimane di assenza, Lance avvertiva la necessità di sentirsi ancora speciale tra le lenzuola di quello stesso letto.
Per una volta ancora volle essere egoista.


 
Angolo dell’autrice

Non sono in grado di dare i titoli, è una cosa orribile. Odio quel titolo.
Questa Shance nasce da un mio headcanon post season 3. Mi sono mancati dei feels riguardanti il ritorno di fake-Shiro, nessuno ha detto nulla, come se fosse normalissimo che un tizio che è evidente non è il loro capitano si sia infiltrato tra di loro. Nessuno ha gioito, nessuno insospettito, piatti come tavole da surf.
Questa mancanza di reazioni è stata una delle cose peggiori della terza stagione, quindi ho voluto rimediare focalizzandomi su Lance, e vedendola un po’ in chiave Shangst.
Io spero che si capisca lo stacco temporale di quando si parla del “nuovo” Shiro, altrimenti ho fatto fiasco su ogni fronte  e la fanfic è da cestinare :’)
Premettendo ciò, spero possa piacere <3 
   
 
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