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Autore: Micchan018    05/10/2017    0 recensioni
Vi siete mai innamorati di qualcuno che non avete mai visto di persona?
Vi è mai successo di trovare l'anima gemella grazie al bug di un sito d'incontri?
Beh, a me sì. E la mia vita non sarà mai più la stessa.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Il sabato successivo, mi svegliai quando il sole era già alto. Elle, come era ormai sua abitudine, stava appallottolata sotto al mio braccio. Mi allungai per prendere il cellulare dal comodino.

Guardai l'ora. Le undici e mezza.

Avevo saltato scuola. Di nuovo. Capitava spesso, avevo il sonno pesante e da quando mia madre non era più in casa a buttarmi già dal letto stile maresciallo ogni mattina, non era raro che ignorassi la sveglia e andassi ad aggiungere un'altra giornata al mio elenco delle assenze.

Ciononostante, dovevo comunque fingere di essere andata a scuola. Così, mi alzai sbuffando, con il cellulare in una mano e la gatta nell'altra (era ancora abbastanza piccola da scarrozzarla in giro con una mano sola), e scesi le scale del primo piano imprecando a ogni scalino. Scaricai il cellulare sul tavolo e il gatto di fronte alla sua ciotola, ed aprii la dispensa in cerca di una colazione adatta ad alleviare il mio malumore.

Optai per french toast con sciroppo al cioccolato, e dopo averli preparati –facendo appello a tutta la mia buona volontà per mettermi a cucinare di prima mattina- mi sedetti al tavolo della cucina e, come era mia abitudine, controllai prima le notifiche di Facebook, poi i messaggi di Whatsapp. Dopo aver risposto a tutte le persone che avevano cercato di contattarmi durante il mio letargo, aprii l'app di incontri.

Nelle ultime tre settimane, avevo ricevuto duecento messaggi e più di mille "TizioCaio pensa che tu sia carina." Non era strano, su quell'applicazione le ragazze erano cosa rara e i maschietti si tuffavano su ogni tipa che ricordasse anche vagamente una donna di bell'aspetto. Avevo risposto a circa una decina di quei messaggi, ma non ero riuscita a rimediare nulla che somigliasse ad un appuntamento. Evidentemente qualcosa nel mio modo di conversare faceva desistere i ragazzi dopo poche ore dall'inizio della conversazione. Quelli che invece erano davvero interessati, io li trovavo noiosi. Stavo perdendo ogni speranza di conoscere qualcuno.

Sconfortata, finii la mia colazione ed abbandonai i soliti piattini di plastica nella spazzatura, per poi trascinarmi verso il bagno.

Il mio riflesso allo specchio era più demoralizzante di qualsiasi cosa. Non mi ero mai vista bella, e probabilmente non sarebbe mai successo. Guardai i miei capelli lunghi e rossi, ma secchi e indomabili; gli occhi color nocciola che avevano costantemente un'espressione vuota, il naso che nonostante fosse dritto era troppo "a patata" per essere definito bello. L'unica cosa che mi piaceva di me, erano le labbra. Carnose e definite, di un piacevole color marsala. Le avevo ereditate da mia nonna, e le ero molto grata per questo.

Al di là del mio viso che reputavo banale e privo di fascino, ero bassa, il mio seno arrivava a malapena ad una terza, e nonostante fossi magra avevo comunque una silhouette tutt'altro che esile. Cercai di non demolirmi troppo, e mi concentrai sul rendermi presentabile.

A mezzogiorno uscii dalla porta di casa, con lo zaino in spalla pieno di libri il cui unico scopo era quello di convincere mia madre e i miei nonni di essere di ritorno da scuola. Suonai alla loro porta mezz'ora dopo, e condussi la mia recita alla perfezione, con tanto di finto racconto sulla mia mattinata.

Dopo pranzo, come sempre, io e mamma ci sedemmo in balcone a fumare.

Un secondo dopo, suonò il cellulare.

L'applicazione di incontri aveva appena inviato una notifica. El Ray ti trova carina.

Aprii il profilo del ragazzo in questione. Mi trovai davanti la foto di un ragazzo molto carino, con gli occhi scuri e un sorriso allegro e luminosissimo. I capelli erano nascosti da un berretto nero. La foto era un'esplosione di filtri di Instagram, ma era comunque un ragazzo molto carino. Diedi un'occhiata più approfondita al profilo. Non aveva altre foto, e le informazioni dicevano solo che aveva 19 anni ed era nato a marzo del 1996. Più piccolo di me. Nonostante questo piccolo dettaglio, era comunque uno dei pochi ragazzi carini che mi trovavano a loro volta carina, così feci una cosa che di rado facevo: cliccai su "mi piaci".

«Chi è?» chiese mamma.

«E' quel sito di incontri a cui mi sono iscritta. Un ragazzo è interessato a quanto pare.»

«Fa vedere.»

Le mostrai la foto, e lei mise su la sua solita espressione furbetta.

«E' carino!» trillò.

«Sì dai.»

«Scrivigli.»

«Non ci penso proprio.»

«Perché no?»

«Mi vergogno.»

Lei mi rivolse la sua espressione da tu-non-sei-normale, poi cambiò argomento.

Tornai a casa circa quattro o cinque ore più tardi. Appena entrata in casa, fui accolta da Elle che mi venne incontro barcollando e miagolando. Andai in cucina e tirai fuori una bustina di bocconcini, li rovesciai nella sua ciotola, poi tornai in sala decisa e rilassarmi almeno per un'oretta.

Mi sdraiai sul divano, ma non feci tempo a pensare di chiudere gli occhi che il telefono iniziò a trillare cento volte.

@Gigante for President: ragazzi dove andiamo stasera?"

@Gigante for President: a cena fuori poi a ballare?"

 @Gigante for President: io ci sto per la cena, a ballare no."

Ogni sabato la solita storia. Qualcuno aveva avuto la brutta idea di creare un gruppo Whatsapp con tutti gli amici del nostro gruppo, e ogni sabato esplodeva di messaggi che si potevano riassumere con "otto persone con gusti diversi cercano di mettersi d'accordo su come passare la serata."

Mi sentivo alternativa, così feci una proposta un po' diversa dal solito.

@Gigante for President: andiamo a Rimini?

L'idea piacque molto ai miei amici, perché tutti si espressero con messaggi entusiasti. Contenta di aver risolto in fretta la questione, chiusi gli occhi con l'intento di rimanere lì dieci minuti prima di pensare di prepararmi per uscire. Arrivò un altro messaggio sul cellullare. Convinta di trovare l'ennesimo commento sul gruppo, sbloccai con noncuranza. Non era il gruppo, però. Era l'applicazione d'incontri. El Ray.

 Ehi.

Per qualche strano motivo, quel messaggio mi provocò una sensazione di contentezza.

Ehi ciao

Rassegnata, visto che il cellulare si rifiutava di farmi riposare, mi alzai lentamente dal divano. Salii in camera e mi sedetti alla scrivania, tirando fuori trucchi, specchio e pennelli dalla cassettiera lì affianco.

che fai?

Rimasi un attimo perplessa. Che cavolo di risposta era "che fai?" A questo qui mancano le basi della conversazione, pensai.

mi preparo per uscire con i miei amici, tu?

io sto aiutando mio cugino a lavorare.

Nel giro di mezzo secondo, avevo già capito che quel ragazzo era a dir poco strambo. Concentrata sul mio trucco, mi dimenticai di rispondere. Dopo un minuto, un altro messaggio.

comunque piacere di conoscerti.

piacere mio.

quanti anni hai?

venti appena compiuti. Tu?

diciannove, li ho compiuti a marzo.

Continuammo a chiacchierare mentre io mi preparavo per la mia uscita. Dopo aver completato il mio solito, pesantissimo trucco –guardavo decisamente troppi tutorial su Youtube- indossai un tubino bianco e nero e dei sandali neri con un tacco vertiginoso, poi scesi in bagno per stirarmi i capelli.

"El Ray" sembrava una persona interessante. Mi sbilanciai, dicendogli che lo trovavo molto carino.

ahah, grazie, ma io in realtà non mi vedo carino per niente.

beh, questo spiega per quale motivo hai deciso di scrivere a me.

Sei sempre la solita imbranata imbarazzante, Erika.

Mi fermai un attimo per guardarmi allo specchio, dopo aver completato la mia opera di restauro. Conciata così, non ero male. Avrai quasi potuto spacciarmi per bella. Il trucco nero sugli occhi mi dava un'aria più sveglia, e il vestito bianco sopra e nero sotto bilanciava il naturale squilibrio dei miei fianchi, con  il seno fastidiosamente piccolo e i fianchi un po' troppo larghi.

Decisi di lasciar perdere l'autocommiserazione, e salii in camera per recuperare la mia borsa.

io penso che tu sia molto carina, invece.

se vuoi ho il numero di un buon oculista.

ma smettila! Piuttosto, cosa fai nella vita?

 quinta liceo scientifico, tu?

quinta liceo scientifico.

Ero sempre stata una persona che credeva nel destino, e quella buffa coincidenza mi entusiasmò più del dovuto. Aprii di nuovo il suo profilo, per osservare meglio l'unica foto che aveva pubblicato. Improvvisamente, iniziai a sperare che non ci mettesse troppo a decidere di chiedermi di uscire.

Un secondo dopo, suonò il campanello e mi precipitai giù dalle scale, e poi fuori di casa.

Ad aspettarmi, c'erano una Giulietta rossa e una Punto blu.

A bordo della punto, c'erano Jaz, Dave, Matt e Lucy.

Lucy era mia amica da quando avevo tre anni. Prima del mio trasloco tre anni prima, eravamo state vicine di casa praticamente per tutta la vita. La conoscevo meglio di quanto conoscessi chiunque, anche meglio di quanto conoscessi Jaz; nonostante quest'ultima fosse la mia migliore amica. Lucy, abbreviazione ovvia di Lucia, era quasi la definizione di "perfetta." Era bellissima, con occhi e capelli scuri e un viso simmetrico e armonioso, magra e slanciata anche se non altissima, ed era sempre curatissima, vestita, pettinata e truccata in maniera semplice ma impeccabile. Era una ragazza che non dava a vedere quanto realmente fosse intelligente, ma lo era molto. Studiava vulcanologia all'università, ed era una delle migliori del suo corso. Amava il divertimento e le feste, tanto quanto amava la sua media dei voti. Nessuno si sarebbe aspettato che avrebbe frequentato l'università, ma lo aveva fatto ed aveva stupito tutti con il suo rendimento. Nonostante questo, non disdegnava locali con buona musica e serate alcoliche.

Nell'altra auto, c'erano Michael, Lili, e "il Gigante".

Michael era un ragazzo insicuro ma tutto sommato simpatico con il piccolo difetto dell'autocommiserazione, che a volte lo rendeva difficile da sopportare. Ciononostante, era una compagnia piacevole quando il suo umore lo permetteva, e non era raro che avesse idee innovative su come trascorrere le serate. Il suo grande cruccio era la difficoltà nel trovarsi una compagna, un po' a causa del suo carattere, un po' dal suo aspetto pacioccone e poco accattivante, sotto alcuni fondamentali punti di vista.

Lili, ovvero Lucia, l'avevo conosciuta in terza media al coro scolastico. Il soprannome derivava ovviamente dalla necessità di distinguerla dalla sua omonima, ma le differenze sostanziali stavano nel suo aspetto e carattere. Lili era bionda, più alta di tutte noi, con gli occhi color nocciola scuro e la pelle così chiara da poterla confondere con una tedesca, o una russa. Persino le sopracciglia erano a malapena visibili. Era eccentrica sotto molti aspetti, amava la buona letteratura e la buona musica, le serie TV ed era una ragazza molto intelligente. Studiava lingue aziendali all'università e non mancava occasione per fare sfoggio dei suoi ottimi voti.

Evidentemente, l'unica ragazza della compagnia con voti discutibili ero io. Perché Jaz di scuola non voleva più sentirne parlare. Lei era segretaria amministrativa in una piccola ditta di idraulici, e di libri non ne toccava, se non erano romanzi.

L'ultimo, il Gigante, lo chiamavamo così perché era alto quasi due metri. Il suo vero nome era Vincenzo, ed era il comico del gruppo. Matt e Michael provavano continuamente a rubargli il posto, con battute scadenti e atteggiamenti che volevano essere comici ma erano solo irritanti. Vincenzo era imbattibile. Un genio delle imitazioni, una fonte inesauribile di battute esilaranti, oltre che un bel ragazzo dai capelli e occhi scuri e l'aria sempre allegra e rassicurante, era la ragione per cui il gruppo di Whatsapp si chiamava "Gigante for President." Lui era l'anima della compagnia.

Ogni volta che ci riunivamo, guardavo i miei amici e ringraziavo che ci fossero. Era solo grazie a loro se non mi sentivo sola. Non erano perfetti, anzi sapevano farmi arrabbiare come poche altre persone, ma stavo bene con loro e, in fondo, se una persona non ti fa arrabbiare vuol dire che non le vuoi bene.

Sorrisi a tutti loro e dopo un breve saluto salii nel sedile anteriore della Punto blu di Matt, che mise in moto e guidò la comitiva lungo la strada per Rimini.

Non calcolai minimamente la conversazione che si stava tenendo in auto, che peraltro era piuttosto stupida, per tutto il tragitto. Ero impegnata a parlare con El Ray, che ai miei occhi risultava sempre più affascinante.

hai qualche passione?

le lingue, e la scrittura. E ovviamente, mi piace leggere.

scrivi?

sì, ma niente che valga la pena leggere.

io sarei curioso, invece.

ok, allora se te lo meriterai in futuro, ti farò leggere qualcosa.

come sei generosa. Sai che anche io scrivo?

che genere di storie?

nessuna storia. Scrivo canzoni e poesie.

sei un cantante?

non proprio, diciamo che la mia passione è la musica rap. E' l'unica che ascolto, e l'unica che scrivo.

Ebbi un tuffo al cuore. Segretamente, avevo un debole per il modello di ragazzo "rapper bello e maledetto." Se poi era anche intelligente e simpatico, io ero già fregata.

ok, devo sentire qualche tua canzone. Per forza.

ok, allora se te lo meriterai ti farò ascoltare qualcosa, in futuro.

che fai, prendi in giro?

ovvio :P

Mi sfuggii una risatina.

«Che hai da ridere?» chiese Jaz.

«Niente, niente.»

Lucy si sporse dal sedile posteriore per guardare lo schermo del mio cellulare.

«Con chi parli?» cantilenò con aria maliziosa.

«Ehi!» coprii lo schermo con una mano.

«E' un ragazzo?»

«Fatti gli affari tuoi!»

Spuntò anche la testa di Jaz «E' carino?»

«Chi vi ha detto che è un ragazzo?»

«Dai fa vedere!» Jaz cercò di strapparmi il telefono dalle mani.

«Fatti gli affari tuoi, cretina!» sbottai, nascondendo il telefono sotto le gambe.

«La volete finire?» disse Matt, evidentemente seccato. Lucy e Jaz si ammutolirono, e tornarono sedute tranquille ai loro posti.

non ti ho fatto una domanda importante.

cioè?

di dove sei?

Gambettola tu?

Il pensiero che avessimo parlato per due ore, dimenticandoci di un dettaglio così importante, mi fece sorridere.

dov'è?

in provincia di Forlì-Cesena

ah...

che c'è?

è un po' lontano

"Kiki: perché tu di dove sei?

Nepi

Feci mente locale. Ripassai nella mia testa il nome di tutti i comuni e le frazioni in provincia di Forlì-Cesena e Rimini, ma non mi venne in mente niente. Brutto segno.

dov'è?

in provincia di Viterbo.

scusa, sono un po' ignorante in geografia.

circa un'ora e mezza da Roma.

Ah. Rimasi imbambolata con il cellulare in mano, la delusione dipinta in volto. Fui felice che le mie amiche non potessero vedermi, sedute nei sedili posteriori, e che Matt fosse impegnato a guidare. La cosa mi lasciò molto più malumore di quanto avrebbe dovuto. Chiusi la chat e aprii le mappe del cellulare, inserendo il tragitto Gambettola-Nepi: 300 chilometri, circa tre ore di viaggio. Erano molti più chilometri di quanti fossi disposta a tollerare. Posai il cellulare e volsi lo sguardo verso il finestrino, guardando il paesaggio scorrere e cercando di digerire la delusione. Non riuscivo a spiegarmi per quale motivo fossi così amareggiata. Il mondo era pieno di ragazzi.

Quel ragazzo però...lo conoscevo appena, o forse non lo conoscevo proprio, ma c'era qualcosa in lui che era magnetico. Era come se fossi qualche forza misteriosa mi imponesse di avvicinarmi a lui, nonostante fosse così distante, e fosse poco più che uno sconosciuto.

A distogliermi dai miei pensieri, fu di nuovo lui.

beh, chi dice che non potremo vederci un giorno?

mi sembra difficile.

potrei venire a trovarti, quando finisce la scuola.

Sorrisi. Il mio istinto mi diceva di fuggire, di lasciar perdere, ma non ci riuscivo. Non volevo.

sembra una buona idea.

Arrivati a Rimini, parcheggiammo vicino alle mura del centro storico, e ci avviammo a piedi verso Corso d'Augusto, la via principale, in cerca di un posto dove mangiare. Gli altri stavano discutendo di quale cibo fosse più allettante, mentre io, assolutamente disinteressata alla cena, da dieci minuti cercavo di rifiutarmi di dare il mio numero di cellulare a El Ray, tentando disperatamente di assecondare quel poco che era rimasto della mia convinzione che bisogna evitare in ogni modo di infilarsi in una storia a distanza. Inevitabilmente, dopo una lunga lotta, cedetti e gli inviai un messaggio con il mio numero.

Nel momento esatto in cui premetti il tasto "invio", il tacco di uno dei miei sandali, le mie scarpe preferite, si infilò in un buco sull'asfalto, facendomi quasi ruzzolare a terra.

La scarpa si ruppe, e io non potei fare a meno di pensare che fosse qualche tipo di presagio.

Mentre piangevo la fine dei miei sandali preferiti, El Ray rispose al messaggio, questa volta su Whatsapp.

Ehi. Senti, una domanda scema.

Dimmi

Non ti chiami Kiki, vero?

No

Immaginavo. Allora, come ti chiami?

Erika.

Bel nome.

Grazie, tu invece come ti chiami?

Ryan.

 
   
 
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