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Autore: Sylphs    09/10/2017    5 recensioni
"Io ti amo, Sansa Stark. Ti ho amata dal primo momento che t'ho vista, quando non riuscivi neanche a guardarmi, per lo schifo che ti facevo!"
Sandor e Gregor Clegane si sono sfidati a duello e il Mastino ha avuto la meglio sul fratello, ricevendo ferite mortali. Agonizzante, viene soccorso da Sansa Stark. In quell'ultima occasione, lascia cadere la sua maschera rude e le svela tutto ciò che ha provato per lei.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sandor Clegane, Sansa Stark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un bacio e una canzone


~~Il sangue scorreva a fiumi tingendo di rosso il terreno e bagnava i loro due corpi, il suo e quello di Gregor, dello stesso calore. C’era ironia nel fatto che il destino avesse deciso di farli crepare insieme, ma Sandor non aveva mai creduto nel destino e, in quel momento che ogni parte di lui faceva un male fottuto, si sentiva tutt’altro che in vena di ridere.
“Al…” gorgogliò, sentendo quel cazzo di fluido viscido scorrergli nella gola, ammassarsi nella bocca ed emergere a spruzzi: “… diavolo…”
Suo fratello, quel fratello che aveva temuto come si teme un dio, odiato, amato, non rispose niente. Aveva avuto culo, come al solito. È sempre stato lui quello fortunato in famiglia. L’affondo con cui gli aveva trapassato il petto, facendogli fuoriuscire la lama dalla schiena, lo aveva mandato all’altro mondo all’istante, nel suo caso, invece, la faccenda si stava rivelando dannatamente lunga.
Ma è evidente che molto presto lo seguirò all’inferno.
Ne aveva ricevute parecchie, di ferite, durante il duello tanto spietato quanto anelato che aveva visto lui e Gregor come protagonisti. Quello stronzo era sempre stato duro a morire e, ora che la puttana Lannister e il suo amichetto stregone avevano messo le mani su di lui, trasformandolo nella drammatica e spaventosa parodia di se stesso, era risultato ancora più forte e indistruttibile.
Io, però, sognavo questo fottuto momento da anni, da quando ero un marmocchio frignone, il marmocchio a cui ha spinto la faccia nel fuoco. Ho giurato a me stesso che avrei lottato finché non avesse tirato le cuoia, e così è stato.
Sapeva quale sarebbe stato il prezzo da pagare, sapeva che se voleva Gregor morto, doveva morire a sua volta, e gli andava bene. Tanto che cazzo aveva da perdere? Sandor Clegane non aveva mai posseduto niente che valesse la pena di difendere, che potesse spingerlo verso la vita e non verso la disfatta autodistruttiva che aveva inseguito in continuazione nella sua merdosa e iniqua esistenza. Per un breve periodo aveva pensato di aver trovato qualcosa da proteggere nella piccola lupacchiotta Stark, la lupacchiotta incazzata e feroce che aveva sentito simile a sé, ma lei non aveva bisogno di protettori, lei era una che se la cavava da sola, guai ad intralciarla.
Una voce chiara e melodiosa si aprì all’improvviso un cuneo nella sua mente stordita e dolorante: “Ser?”
Pur agonizzante, l’uomo ebbe un fremito di intima irritazione. C’era solo una persona che lo aveva sempre chiamato in quel modo, anche se lui le aveva detto e ridetto di odiare quella parola, e stavolta fu costretto a ridere, un suono rantolante e disperato, perché d’accordo, il destino non esisteva, ma, cazzo, doveva venire proprio Sansa Stark a guardarlo morire come un cane randagio?
Socchiuse le palpebre appiccicose e, nella luce violenta del sole che gli batteva dritta sul viso, vide incombere sopra di sé la fanciulla dai lunghi capelli rossi e dall’incarnato diafano come porcellana, quei suoi occhi di zaffiro che un tempo erano lucidi e innocenti e ora possedevano il gelo e la forza del ghiaccio del nord. Lei lo contemplava seria, senza traccia di orrore, con un’espressione che gli parve dolente.
Contrasse la bocca ammaccata in un ghigno: “Cos’è, uccellino? Ti dispiace per questo disgustoso pezzo di merda con la faccia ustionata?”
Sansa fece una smorfia: “Non sei crudele, ser, anche se hai sempre cercato di farlo credere. Sei un brav’uomo. Hai combattuto per una giusta causa”.
“Io, un brav’uomo?” Sandor rise ancora, una risata forzata, metallica, e il sangue gli uscì insieme ai colpi di tosse, imbrattandogli la corazza dell’armatura: “Tuo padre era un brav’uomo, uccellino. Il bastardo re del nord è un brav’uomo. Io no”.
“Tu sì” lo contraddisse con insospettato vigore la lady di Grande Inverno, inginocchiandosi accanto a lui, la gonna che si macchiava del suo sangue e quello sguardo insopportabilmente triste e dolce che sfiorava le sue ferite: “Hai salvato me, hai salvato mia sorella… e ora hai salvato il regno da una minaccia” concluse accennando all’enorme cadavere di Gregor.
“Non ho salvato un cazzo di nessuno” ribatté Sandor con rabbia, il dolore crescente lo rendeva ancora più furioso: “Quella di uccidere mio fratello è stata una mera vendetta. Quanto alla tua sorellina, mi serviva per ottenere un riscatto”.
“Tu le volevi bene” sussurrò Sansa Stark.
“Stronzate” ringhiò il Mastino morente, sforzandosi di nasconderle la sua sofferenza che, tuttavia, non sfuggiva ai grandi occhi azzurri. Occhi maledettamente belli, dannazione a lei!
L’aveva trovata sempre bellissima, anche se non glielo aveva mai confessato, fin dai tempi in cui era una ragazzina non ancora sbocciata. Aveva, anzi, combattuto contro l’attrazione incomprensibile che provava ogni volta che il profumo di lei gli solleticava le narici o la sua sagoma esile compariva nel suo campo visivo. Perché mai una bimbetta senza spina dorsale, un uccelletto ammaestrato che ripeteva docile le frasi che le venivano insegnate, doveva fargli quell’effetto, quando donne più esperte e seducenti lo lasciavano indifferente?
“Tu rappresentavi tutto quello che non avevo mai avuto… o che avevo perduto” bisbigliò, delirante.
La malinconia di Sansa sfumò nello stupore: “Che cosa?”
Non avrebbe dovuto parlarle così, non aveva senso, ma stava crepando, stava crepando a fianco del suo mostruoso fratello dopo aver duellato con lui per ore ed ore, e non aveva un cazzo da perdere, né occasioni per pentirsi.
“Quando Gregor mi ha spinto nel fuoco” proseguì con voce stentata, sbalordendosi che fuoriuscisse così fioca, così debole “Non è bruciata solo la mia faccia, è bruciata tutta la mia innocenza. È stato come se quel bambino idiota si consumasse in polvere e da essa rinascesse la bestia che sono adesso, quella bestia che ti faceva paura e che era tutto il contrario di un ser. Ma com’è che si dice, eh? Un incendio lascia sempre delle ceneri. Forse dentro di me era rimasto qualcosa di quel marmocchio ingenuo, anche se non lo volevo vedere, e quel qualcosa era puro come lo sei tu. Mi mandava in bestia che, nonostante tutti ti seviziassero, tu continuassi a sognare, che non ti consumassi com’era successo a me. Perché, dannazione?! Perché non perdevi le speranze, com’era giusto che fosse?!”
Si era infervorato troppo e un colpo di tosse feroce lo interruppe, costringendolo a contrarsi su se stesso, gemendo, sbavando, tossendo i suoi ultimi respiri misti ad una saliva sanguinolenta. Le lacrime gli riempivano gli occhi, dense e bollenti come quella notte ad Approdo del Re, quando lei aveva cantato per lui. Lacrime di dolore, per forza. Eppure…
Sansa, la piccola Sansa, che poteva essere maturata, ma sarebbe sempre rimasta timida nelle faccende sentimentali, lo fissava, impietrita: “Sandor…”
L’uomo fremette di nuovo, ma stavolta di piacere. Il suo nome aveva un suono magnifico sulle labbra di lei. Lo rendeva tutto quello che avrebbe voluto essere.
E che non sono mai stato.
“I tuoi sogni e le tue favolette continuavano ad essere il tuo rifugio, malgrado l’inferno di cui eri prigioniera” disse piano, in mezzo al pianto che gli ricopriva il viso deforme: “E la parte di me che non era marcita nel fuoco… ti odiava, perché non era altro che un barlume di luce in un corpo e un’anima che andavano a disfacimento, mentre tu ti mantenevi integra. Però, allo stesso tempo… avevo bisogno della tua speranza, avevo bisogno che non ti arrendessi. Finché resistevi, avresti tenuto in vita quel poco di buono che restava in me. Non potevo aiutarti, mettermi apertamente contro Joffrey, anche se, cazzo, quando ti ha fatta picchiare avrei voluto strappargli le budella… ma facevo tanti piccoli gesti, inutili, forse, nel ridicolo tentativo di darti un po’ di sollievo”.
Dall’espressione della fanciulla comprese che lei ricordava, che dovevano averla colpita quei rari momenti di gentilezza, altrimenti li avrebbe dimenticati.
“Che povero stronzo, eh?” ridacchiò triste il Mastino: “La notte dell’attacco di Stannis, pensavo solo che dovevo andare il più lontano possibile dal fuoco, ero pazzo di terrore. Ma persino allora… persino allora, ho pensato improvvisamente a quell’uccellino dolce e bello, rinchiuso nella sua gabbia. Ho capito che se il fuoco non avrebbe avuto me, non avrebbe avuto neanche te, mai. Non ti avrei imposto il mio stesso destino. Non a te!”
“Perché?” chiese Sansa con foga, senza capire: “Perché, Sandor?”
Le rivolse un sorriso storto che senz’altro sarebbe apparso orribile e ripugnante sul suo volto deturpato dalle cicatrici, ma che non strappò alcun brivido alla ragazza: “Non ci arrivi, uccellino? Credevo fossi una donna, ormai. Io…” inspirò a fondo, grattando il terriccio bagnato di sangue con le unghie e dimenando quel corpo agonizzante e pieno di ferite “Io ti amo, Sansa Stark. Ti ho amata dal primo momento che t’ho vista, quando non riuscivi neanche a guardarmi, per quanto schifo ti facevo”.
Lei impallidì vistosamente: “Hai detto che mi odiavi…”
“Amore e odio non si confondono, forse? O nei tuoi amati poemi cavallereschi non ci sono sentimenti così contorti? Io sono contorto, come tutti gli uomini. Non sono un cavaliere di cartapesta che recita le sue battute e ti fa sentire al sicuro, perché tutto segue un maledetto schema. So bene, lo sapevo anche allora, che avresti potuto amare solo qualcuno del genere, o almeno qualcuno che fosse in grado di recitarne la parte, e non ho mai sperato che mi ricambiassi…”
Salvo quella notte che le aveva chiesto di fuggire con lui, quella notte che la paura lo dominava e che le emozioni avevano il controllo della sua mente. Quella notte, protetto dal buio, aveva sperato che Sansa Stark potesse riamarlo, che, se l’avesse portata al sicuro e protetta, si sarebbe guadagnato la sua considerazione… ma lei lo aveva respinto, per l’ennesima volta, aveva preferito la sua gabbietta dorata e soffocante. Persino oggi che moriva il ricordo gli strappava altre lacrime amare e sanguinanti.
Non ho mai avuto nulla, nulla, né un soldatino dipinto, né l’amore di un uccellino.
E la vendetta che finalmente aveva potuto assaporare, uccidendo l’origine delle sue disgrazie, aveva un sapore inaspettatamente fetido.
“Io ti amo” ripeté rassegnatamente, dinnanzi al volto pallido e immobile della ragazza: “Sei l’unica donna che sono stato capace di amare. Capisco perché non te lo riesci a spiegare. Sono stato stronzo con te, ti ho sputato addosso parole crudeli, ti ho derisa, ti ho minacciata di morte, ho voluto scoparti, e so che te ne rendesti conto, percepivi il mio sguardo e comprendevi benissimo che tipo di sguardo fosse. Ma è l’unico amore che una bestia sfigurata e rabbiosa come me possa provare. I cani sono feroci, a volte… ma anche fedeli. Sempre, fedeli. Mi sono preso cura di tua sorella… perché era tua sorella. Perché le volevi bene”.
Adesso, anche gli splendidi occhi azzurri di Sansa Stark erano colmi di lacrime e quelle lacrime tiepide cadevano su di lui, lavando via il sangue.
“Piangi?” rantolò il Mastino: “Di pietà? Non la voglio, la tua pietà”.
“No” la voce di lei era spezzata, ma sicura: “Non di pietà”.
Si chinò, il fiume di capelli ramati che si spargeva come un mantello di fiamme – fiamme benefiche, purificatrici, da non temere – su entrambi, e posò le labbra morbide su quelle piagate di Sandor. Lo baciò dolcemente, sfiorandogli la metà deturpata del viso con una comprensione e un affetto che lo fecero tremare come un bambino.
Nessuno mi ha mai toccato così.
La sua rabbia si spense di colpo sotto quel bacio, come se fosse una corrente fresca che lo guariva dal rancore insaziabile che aveva scandito la sua miserabile vita, e Sandor Clegane non ebbe altra scelta che arrendersi e baciarla di rimando, con passione, con avidità, con la disperazione di chi non era mai stato amato o confortato. Le lacrime di tutti e due si fusero in un unico mare e quel mare cancellò il rogo distruttivo che bruciava il petto dell’uomo.
“U-uccellino…” ansimò, rauco, quando Sansa si staccò di qualche centimetro, disarmato, nudo, fremente di desiderio e di dolore.
Me ne sto andando. Non voglio andarmene. Non voglio lasciarla.
Lei gli sorrise, portandosi la sua mano ruvida e callosa alla guancia serica: “Sì?”
“Canta” la supplicò il Mastino morente: “Canta per me… canta… un’ultima volta…”
E lascia che muoia con questo: un bacio e una canzone.
Stavolta, la Sansa adulta non temporeggiò, non balbettò, non questionò la sua richiesta. Il suo sorriso addolorato e consapevole si allargò impercettibilmente e, con un lungo respiro preparatorio, intonò la dolce melodia che lo aveva commosso allora, insegnandogli di nuovo a piangere.
Dolce madre, fonte di pietà,
risparmia i nostri figli dalla guerra, noi ti preghiamo,
ferma le spade e ferma le frecce,
lascia che abbiano giorni migliori.
Dolce madre, forza delle donne,
aiuta le nostre figlie in questa tribolazione,
calma il furore e lenisci la furia,
insegna a tutte noi una vita più gentile.

Quando gli ultimi versi si estinsero, Sandor Clegane non respirava più, le lacrime avevano lavato tutto il sangue dal suo viso, e la bocca era piegata all’insù.

Angolo autrice: Considero questa shot un papabile finale che avrei immaginato per la SanSan visto come si sono messe le cose nell’ultima stagione di Got. Il duello tra i Clegane è imminente – almeno secondo me – e, per quanto speri che Sandor ne esca vivo e vegeto, l’idea di una scena del genere non mi dispiacerebbe, anche se l’avrò resa senz’altro pessima XD tendo a pensare che Sansa, se dovrà donare il suo cuore, lo farà con Tyrion – una sorta di presentimento – e ho poche speranze per lei e il Mastino, ma li shippo dalla prima stagione e non smetterò mai (così come non smetterò di scrivere di loro). Spero che vi sia piaciuta!
Sylphs

  
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