Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |       
Autore: AngelsOnMyHeart    09/10/2017    5 recensioni
Give Me a Voice è una raccolta di One-Shot incentrata su personaggi, o brevi storie, che purtroppo non sono riuscite a trovare il dovuto spazio nelle precedenti fanfiction da me pubblicate e che, finalmente, potranno avere una voce così che possano raccontare di se.
Entrate pure, non vi si spezzerà il cuore, non del tutto almeno.
Chapter#1: Failure (Helen);
Chapter#2: Dolly (Aenigma);
Genere: Angst, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, FemSlash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
11/04/2000 (My only joy, my only strength). 
 
Sei un fallimento” 
Il braccio scivola e la mia testa anche, con un sobbalzo apro gli occhi sbarrandoli e guardandomi intorno, stanca e confusa: mi stavo addormentando sul tavolo. 
Dalla finestra riesco a vedere le prime luci dell'alba, sposto lo sguardo e, con gli occhi offuscati, tento di mettere a fuoco l'orologio, fuori, nel corridoio: sono le 6:10. 
Un'altra notte passata in bianco, un'altra notte passata in lacrime ma questa volta non è stata una notte come tutte le altre. 
I miei occhi si spostano speranzosi verso la finestra ma già so cosa troverò o meglio cosa non troverò: il vialetto è vuoto. 
Lo avevo già compreso ore fa, lo avevo compreso dal suo sguardo non appena era rientrato in casa, prossimo alla lite come sempre. Non tornerà più questa volta. Ed io ho fallito. 
Avrei potuto fare di più? Avrei potuto impedirlo? Forse se lo avessi ascoltato e gli fossi venuta incontro, meglio di quanto ho fatto sino a questo momento, lui sarebbe ancora qui. Se forse mi fossi sforzata di capire, saremmo potuti essere felici. 
È colpa mia. 
:-Mamma?-. 
Il cuore si ferma all'improvviso, il respiro si blocca in gola per un istante, prima che tutto ritorni a scorrere come sempre. 
Mi strofino velocemente gli occhi e ricaccio indietro le lacrime, non voglio che lei mi veda in questo stato. 
Giro la testa e la ritrovo dietro lo schienale della sedia: i suoi grandi occhioni neri mi guardano preoccupati mentre stringe a se il suo adorato orsacchiotto, poggiandolo contro il pigiamino fucsia che le ho comprato qualche settimana fa, i suoi lunghi capelli corvini sono tutti scompigliati. 
:-Amore, cosa ci fai sveglia? È ancora presto-. Le dico alzandomi e chinandomi su di lei, prendendola in braccio. 
Abbassa lo sguardo per un momento per poi guardarmi di nuovo negli occhi, seria :-Mamma, è andato via vero?-. Mi domanda a fatica, cercando di non scoppiare in lacrime, anche lei conosce bene la risposta ormai. 
Le accarezzo una guancia ed annuisco :-Sì piccola mia-. 
Forse avrei dovuto mentirle, nella speranza che prima o poi lui ritorni, ma io so bene che non è così e non voglio che questa bugia la ferisca più di quanto le stia già facendo male adesso. 
Attendo in silenzio cos'altro voglia chiedermi, avrà mille domande per la testa. Vorrà sapere perché è andato via, per quale motivo non è voluto restare con lei o portarla con se. Ed io mi chiedo perché la mia bambina debba vivere tutto questo. 
Sei un fallimento” 
Scuoto appena il capo, scacciando il pensiero, devo pensare a lei ora. 
:-Non ti preoccupare mamma- mi dice infine con convinzione, scacciando tutte le lacrime che so vorrebbe versare -io non ti lascerò mai-. 
E a questo punto mi abbraccia, avvolgendo le piccole braccia attorno al mio collo e scoccandomi un umido bacio sulla guancia. L'emozione si attanaglia al mio stomaco come una piovra ed una lacrima sfugge mentre la stringo forte a me il più a lungo possibile, riempiendole poi di baci il viso. 
“Non fallirò anche con te, mia piccola Scarlett”. 
La metto a sedere sulla sedia e mi chino di fronte a lei, posandole le mani sulle ginocchia e lei si strofina gli occhi stanchi con il piccolo pugno. Capisco che questa notte ha dormito poco o niente. Avrà sentito le urla e visto la macchina fare quella brusca manovra nel vialetto, portandosi dietro persino la buca delle lettere. Ma so anche che se ora provassi a rimetterla a letto, non riuscirebbe più a prendere sonno. Quale bambino potrebbe dormire bene in un simile ambiente? 
Un'idea mi giunge all'improvviso ed allargo le labbra in un sorriso guardandola dritta negli occhi mentre le sistemo una ciocca dei lunghi capelli, facendola scivolare tra le mie dita :-Che ne dici se oggi salti la scuola, vieni a lavoro con me e, quando ho finito il turno, andiamo al cinema e stasera, al ritorno, ordiniamo la pizza più grande di tutta la pizzeria, solo per me e per te? Ti va?-. Le domando, sforzando il mio viso di mantenere il sorriso. Un po' fa male ma al tempo stesso è un dolore che posso sopportare, per lei posso sopportare qualsiasi cosa. 
Ci pensa su alcuni secondi, infine il suo viso si illumina e mi guarda entusiasta :-Andiamo a vedere “La strada per El Dorado”?-. Il mio sorriso si allarga, questa volta perché sto sorridendo sul serio. Porto una mano sotto un mento, aggrottando le sopracciglia, fingendomi dubbiosa :-Non saprei, ho sentito dire che non ha proprio dei contenuti adatti a dei bambini-. 
Lei mette un poco il broncio ed il mio cuore si intenerisce, adoro questa sua espressione e sa che può averla facilmente vinta con me se prende questa strada. 
Rido tra me e me ed infine annuisco :-E sia, però la pizza stasera la scelgo io-. Scherzo prendendola di nuovo in braccio per portarla a fare il bagno. 
:-Va bene, basta che sia quella con i peperoni e puoi sceglierla tu-. Risponde con seria convinzione, tant'è che scoppio a ridere dandole un buffetto sulla guancia. 
:-Wow! Devi essere telepatica perché stavo pensando proprio a quella pizza!-. 


 
05/11/2012- (Tell me I'm frozen, but what can I do?). 

:-Tanti auguri a te. Tanti auguri a te-. Canto piano tenendo con attenzione un piccolo cupcake al cioccolato ricoperto di una glassa viola e glitterata, su cui poggia una piccola candela bianca e rossa, mentre avanzo piano nel salotto. 
Scarlett si gira di scatto ed i suoi grandi occhi, contornati dalle ormai sempre presenti occhiaie, si illuminano per un secondo mentre mi sorride appena :-Mamma non dovevi-. Dice piano, alzandosi dal divano e venendomi incontro a piedi scalzi. Io mi stringo nelle spalle e le porgo il cupcake :-Ehi, mi avevi detto di non volere un regalo -e ok, niente regalo- ma non puoi impedirmi di festeggiare il compleanno della mia bambina-. Le rispondo alzando il dolcetto all'altezza del suo viso :-Suvvia, soffia ed esprimi un desiderio-. 
:-Mamma ho diciotto anni-. Risponde con leggero imbarazzo, guardandosi i calzini bianchi mentre si gratta la nuca bionda. 
:-Dai, fai questo piccolo sforzo per la tua mamma-. Insisto e lei ride piano. 
È sempre una gioia per me sentirla ridere, ormai è diventata una cosa talmente rara. 
Alza quindi lo sguardo sulla candelina e ne fissa la fiamma per alcuni secondi prima di soffiarci sopra, spegnendola. 
Vorrei tanto sapere quale sia il suo più grande desiderio in questo momento. 
Forse un viaggio lontano da qui? Non siamo mai riuscite ad andare oltre i confini della Pennsylvania, i turni in ospedale mi distruggono e non ho le forze di fare grandi viaggi nemmeno durante le ferie. Forse ha desiderato un'estate piovigginosa, sarebbe di certo da lei. Magari il biglietto per un concerto? No...sono abbastanza sicura che non le passerebbe mai per la testa. 
“Forse ha desiderato una madre migliore...” 
Sei un fallimento” 
:-Ebbene, adesso mangiamo questo delizioso -sottolineo delizioso- cupcake che ho preparato con le mie mani-. Esclamo entusiasta posandolo sul tavolinetto di fronte al divano per poi correre a prendere un coltello e due piattini di carta dalla cucina. Al mio ritorno lei siede di nuovo sul divano, tiene le gambe piegate contro il petto e le braccia attorno ad esse, il capo è posato sulle ginocchia ed osserva in silenzio la piccola scia di fumo che sale dalla candelina. Resto ferma sulla soglia ad osservare lei, trattenendo il respiro: mi sembra così quieta, così calma che ho quasi paura di interrompere questo momento. Infine alza il capo e mi guarda, abbozzando un sorriso :-Se aspettiamo ancora un po' ne avrò compiuti 50 di anni-. Scherza. Scherza sempre. 
Credo sia un suo meccanismo di difesa, o forse è semplicemente il suo carattere. È difficile a dirsi, è sempre così chiusa e questa distanza tra noi aumenta ogni giorno di più. 
Proprio come con lui. 
Si offenderebbe a morte se solo affermassi questa cosa ad alta voce ma, ogni giorno che passa, mi accorgo di quanto somigli più a Roy di quanto sia mai somigliata a me, sebbene siamo state solo io e lei negli ultimi 12 anni. 
:-Ah! Ora si spiega perché mi sento un'ottantenne, come passa il tempo-. Scherzo sedendomi al suo fianco, porgendole il coltello. 
:-L'onore alla festeggiata-. 
Allunga una mano, prendendo il coltello per l'elsa per poi allungarsi pigramente e tagliare il cupcake in due, quando la lama divide il soffice pan di spagna, da questo esce un ripieno di cioccolato. 
:-Wow!-. Esclama mentre dispone le due porzioni nei piattini, passandomi la mia ed osservando da più vicino la sua, sembrerebbe quasi stupita ed entusiasta 
:-Ti piace?-. L'emozione nella mia voce si spezza appena in un tono preoccupato, incrinando così il sorriso sul suo volto. 
Abbassa la sua porzione all'altezza del petto ed inizia a giocarci con la forchetta di plastica :-Certo, come potrebbe non piacermi-. Risponde cercando di tornare a sorridere come pochi istanti fa ma ormai ho rovinato tutto. 
Sospiro ed assaggio il dolce, avrebbe potuto avere il miglior sapore del mondo ma in questo momento sa solo di rammarico. 
Mi sono spinta troppo in là, e lei ora si è chiusa nuovamente in se stessa. Che razza di madre devo essere...non sono riuscita ad essere la moglie che Roy avrebbe voluto, mi ero ripromessa di non ripetere lo stesso errore con Scarlett ma, a quanto pare, anche questa volta la situazione sta sfuggendo al mio controllo. 
Sei un fallimento” 
Dove sto sbagliando? Se solo riuscissi a capire cosa devo fare... 
La guardo di nuovo, non ha ancora assaggiato il dolce, continua soltanto a girare e rigirare le briciole nel piattino :-Non lo mangi?-. Le chiedo cercando di invogliarla, al che lei alza lo sguardo su di me, imbarazzata :-Sono sicura che è buonissimo, è che ho mangiato un sandwich poco fa e non ho molta fame ora, mi dispiace-. Mi risponde riponendolo sul tavolino. 
È una bugia, so benissimo che non ha cenato. Ormai non so nemmeno più quanti pasti avrà saltato nell'ultimo mese, non potendo essere sempre a casa a causa del lavoro, ma è quanto mai evidente che non sta mangiando. Il frigo si svuota sempre più lentamente e lei è dimagrita, anche parecchio, cerca di nascondermelo indossando felpe e pantaloni larghi ma a me basta vederla in viso per accorgermene: quello che prima era un volto florido adesso sembra sempre più lungo e scavato. 
:-Non fa niente tesoro, puoi mangiarlo più tardi o domani mattina per colazione, se lo vuoi-. La rassicuro allungando una mano per accarezzare i suoi corti capelli biondi. 
Ricordo ancora, come fosse ieri, il giorno in cui rientrai a casa e la ritrovai con questa zazzera scompigliata e decolorata, ho quasi rischiato un infarto. 
Lei come suo solito ci scherzò su, dicendomi che allo specchio si spaventava da sola. So che era solo una scusa, ed io non ho mai compreso le sue reali motivazioni ma, se era questo ciò che voleva, non potevo di certo impedirglielo. Anche se adoravo così tanto i suoi lunghi capelli neri. Non che questo taglio abbia qualcosa di sbagliato, ai miei occhi lei è sempre la mia bellissima bambina, solo quei capelli significavano tanto. Può sembrare banale ma per me erano una delle poche cose che mi facevano sentire di avere ancora qualcosa in comune con lei e, quando li ho visti sparire, ha fatto esageratamente male. 
:-Penso sia il caso che vada in camera, sai domani ho un test a scuola e vorrei ripassare alcuni capitoli prima di andare a dormire-. 
Come se cadessi dalle nuvole batto velocemente gli occhi, scuotendo il capo e la guardo in silenzio per alcuni momenti prima di realizzare cosa mi ha detto. 
:-Certo, certo- dico riprendendomi da questo attimo di distrazione allungandomi verso il tavolino -vai pure, ci penso io a ripulire qui-. 
:-Mamma?-. 
:-Sì?-. 
Le sue braccia mi stringono attorno al petto e posa velocemente un bacio sulla mia guancia :-Grazie-. Mi dice allontanandosi subito ma già questo piccolo gesto mi basta. Anche se l'abisso che ci divide sembra divaricarsi sempre di più, so che troverà sempre un modo di attraversarlo e tornare da me. 
:-Figurati tesoro-. Le rispondo con un sorriso. 
:-Buonanotte mamma-. Mi saluta, dirigendosi verso le scale. 
:-Buonanotte amore, fai sogni d'oro-. 
La sento esitare per un momento sui gradini, prima di riprendere a salire le scale per raggiungere il piano di sopra. 

L'orologio segna 00:23. 
Spengo la tv e mi decido ad andare a letto. Prima però passo davanti alla sua stanza, aprendo appena la porta per sbirciare al suo interno: si è addormentata con l'abat-jour accesa ed il libro di letteratura aperto vicino a lei. 
Entro sulle punte, accostando la porta alle mie spalle per sedermi al suo fianco, sul letto. Sfioro la sua guancia con il dorso della mano ed una smorfia appare sul suo viso mentre si volta dal lato opposto. Prendo il libro e lo chiudo, posandolo sul comodino. 
:-Piccola mia, non temere- inizio a cantarle piano, molto piano, sollevandole le coperte fin sopra alle spalle-la pioggia batte forte contro la finestra, ma non tremare, sono qui con te (*)-. 
Mi allungo quindi verso l'abat-jour, spegnendola con un veloce click prima di continuare :-Piccola mia, non temere. Le nubi possono nascondere la luna e la sua luce, ma tu continua a sognare, sono qui con te (**)-. 
Il silenzio della notte ci avvolge ed io sento solo il suo respiro. Resto ancora alcuni istanti a guardarla dormire, infine le poso un bacio sulla fronte, decidendomi ad uscire dalla stanza. 
Una volta che la porta si chiude alle mie spalle, resto sola. 
La consapevolezza crolla sulle mie spalle ed ora crollo anch'io sulle mie ginocchia, scoppiando in un silenzioso pianto. 

 
 
04/12/2012- (I feel good enough). 

:-Quindi lei non sa dirmi niente, di cosa le sia accaduto quel giorno?-. Domando al dottore, nella speranza che siano riusciti a trovare una risposta ma scuote il capo. 
:-Io davvero non riesco a spiegarmelo Helen, abbiamo fatto decine di test ma nessun valore risulta sballato. Niente. Inoltre è impossibile che i suoi capelli siano ricresciuti a questo modo in un solo giorno. L'unica spiegazione plausibile è che abbia indossato una parrucca per tutto questo tempo a tua insaputa-. Un'evidente smorfia di disappunto piega le mie labbra e lui fa presto ad intervenire :-So che può sembrarti assurdo, sei la madre e avresti sicuramente dovuto accorgertene, ti dici, no? Ma sei una donna molto impegnata, sei sempre qui a lavorare e quando torni a casa sei stanca. Non c'è nulla di strano se questa cosa ti è sfuggita-. 
:-Le ho comprato decine di decolorazioni negli ultimi 3 anni-. Insisto io ma lui si stringe nelle spalle, alzando le braccia in evidente confusione. 
:-Non lo so Helen! Potrebbe anche averle gettate senza che tu te ne accorgessi. L'hai mai vista colorarseli?-. 
L'esitazione mi coglie alla sprovvista, permettendo così al dubbio di insinuarsi brevemente. 
:-È come dico io non è così?-. Rincara la dose lui, con un mezzo sorriso soddisfatto sulle labbra. Come se fosse divertente. 
:-Potrebbe essere-. Decido di arrendermi infine, per niente convinta. 
Ma se devo essere sincera, alla fine di tutto, non mi importa. 
Non mi importa se mi ha mentito indossando una parrucca per anni, non mi importa se l'hanno espulsa da scuola e, maledizione, non mi importa nemmeno che sia scappata senza darmi sue notizie. 
Perché ora lei è qui, è sveglia e mi parla. 
È come se quell'abisso tra di noi fosse svanito assieme a tutte le sue insicurezze e paure. Non ho idea di cosa sia successo quel giorno, nemmeno lei sembra ricordare niente e lo so, -lo so!- che dovrei indagare più a fondo ma lei sta bene, tutte le analisi fisiche e psichiatriche lo confermano e questo, per ora, mi basta. Per le risposte avremo tutto il tempo del mondo. 
Mi alzo dalla sedia, saluto il dottore e mi dirigo nel corridoio del reparto. 
Sono stati tutti così gentili con me che non riesco ancora a realizzare sia successo tutto veramente. 
La copertura assicurativa non riusciva a coprire tutte le spese ma il primario ha fatto il possibile per venirmi incontro. Voleva addirittura pagarmi parte delle spese, se non tutte. “Sei una persona meravigliosa, te lo meriti” mi aveva detto ma io mi sono ovviamente rifiutata. Pagherò quel che devo all'ospedale, piano piano ma ripagherò tutto. 
Un sorriso mi piega le labbra ripensando a quanto io, nelle mie sfortune, sia stata fortunata. 
Non vedo l'ora di tornare da lei e starle quanto più a lungo vicino, recuperare il tempo perso e non lasciare più che si allontani da me, non a quel modo almeno. 
Potrei portarla in viaggio, quando avrò ripagato i debiti, i miei risparmi non sono molti ma se lei lo volesse, potremmo andare finalmente fuori dalla Pennsylvania. So che ha sempre desiderato vedere New York ma, se volesse, potremmo andare anche dall'altra parte della costa, magari al sole della California. 
Sì. Sarebbe bello. 
Guardo distrattamente fuori dalle finestre: ha iniziato a nevicare. 
Sto per entrare nella stanza quando la sento parlare con Jaime. Jaime è uno dei figli dei nostri vicini di casa, lui e Scarlett saranno amici da quando si sono conosciuti la prima volta da piccoli, da allora sono stati sempre insieme, sebbene lei per un lungo periodo abbia allontanato tutto e tutti. Sono felice che passino del tempo insieme, è un bravo ragazzo. 
:-Bene, andiamo allora!-. La sento esclamare con entusiasmo al ragazzo. 
:-Andiamo dove?-. Domando con un mezzo sorriso mentre entro, trovandola in piedi dinanzi alla finestra. 
Lei mi guarda e resta per un attimo in silenzio, quasi imbarazzata. I capelli ora le coprono completamente la schiena ma, quando l'ho ritrovata dinanzi al vialetto di casa, quella mattina di qualche settimana fa, le arrivavano addirittura sino alle ginocchia. Non li aveva mai portati così lunghi ed una parrucca non avrebbe mai potuto contenerli tutti, ne sono certa. 
:-Dove vorreste andare, voi due?-. Insisto notando che entrambi sembrano essersi ammutoliti. Scarlett si guarda intorno un paio di volte, come alla ricerca di qualcosa. 
“Oh no” penso istintivamente, credendo che stia tutto precipitando di nuovo in quell'abisso. 
:-Scarlett?-. La chiamo adesso e lei mie guarda, portandosi una ciocca dietro l'orecchio, sorridendo :-Beh io...-. 
:-Volevamo andare a prendere un caffè- interviene infine Jaime, avvicinandosi a me -le stavo dicendo che posso andare benissimo a prenderlo da solo, non c'è bisogno che venga anche lei, deve riposare, ci penso io a portarglielo qui in camera-. 
“Solo un caffè?” penso quindi tirando un sospiro di sollievo nella mia testa, vorrei scoppiare a ridere per la paura che ho avuto ma mi trattengo dal farlo. 
:-Lei vuole qualcosa Helen?-. 
Guardo Scarlett per un momento e lei mi sorride luminosa come un tempo, i suoi occhi brillano di una nuova luce ed il suo viso e le sue forme sono tornate quelle di un tempo. 
“Sta bene, rilassati” 
:-Prendo volentieri anch'io un caffè ma ti accompagno o non riusciresti a portare tutto da solo- gli rispondo infine. Sto per avviarmi verso la porta quando mi volto di nuovo verso di lei rivolgendole un'occhiata tra il divertito e l'intimidatorio :-Tu- le dico indicandole il letto- Rimettiti a letto, noi torniamo subito-. 
:-Ok mamma-. Esclama correndomi incontro ed abbracciandomi forte e a lungo. Così a lungo da sembrare quasi un addio. 
“Ma non è così, lei è appena tornata, questo non è altro che un benvenuto” mi dico, stringendola a mia volta, accarezzandole i capelli. 

Inserisco le monete nella macchinetta, Jaime si è offerto di pagare lui i caffè ma con me non si discute :-L'adulta sono io, offro io-. Gli ho detto seria e senza permettergli di aggiungere altro. 
Il primo bicchiere cade e l'acqua bollente inizia a scendere dentro di esso, riempiendolo lentamente. Ci vorranno un paio di minuti per fare tutti e tre i caffè. 
:-Come va con la scuola? Presto ci saranno le vacanze di Natale, vi avranno riempito di compiti immagino-. Chiedo cercando di intavolare una conversazione, sarò anche una chiacchierona ma non mi piacciono i silenzi, ce ne sono stati troppi nella mia vita. 
Jaime sorride e poi annuisce, sospirando :-Vado discretamente Helen ma sì, sia mai che durante le feste possiamo riposarci anche noi-. Scherza allungandosi per prendere il primo caffè mentre inserisco le monete per il prossimo. 
:-E con le ragazze?-. Chiedo ancora lanciandogli un'occhiata complice ed 
il suo sguardo cade immediatamente nel bicchiere che stringe tra le mani come termino la domanda. Questi adolescenti. 
:-Non sono molto interessato alle ragazze, al momento, preferisco concentrarmi nello studio-. Mi risponde velocemente, senza osare guardarmi negli occhi nel più totale imbarazzo. 
:-Ah capisco- rispondo io sorridendo tra me e me mentre mi chino per prendere il secondo bicchiere, avviando poi la macchinetta per l'ultimo caffè -immagino valga lo stesso anche per i ragazzi?-. Aggiungo infine, facendogli l'occhiolino ed il suo incarnato da rosso diviene completamente di fuoco, i suoi occhi a palla si sbarrano ed inizia a balbettare qualcosa. Scoppio a ridere e gli batto piano una mano sulla spalla :-Lo so, lo so. Prima lo studio-. 
A questo punto prendo il terzo caffè e, con un cenno del capo, gli indico il corridoio dove ci avviamo. 
Mi sento così strana, è una sensazione nuova. Anzi, più che nuova è qualcosa che non provavo da molto: mi sento viva. Sono viva. Non ho nemmeno la più vaga idea di quando sia stata l'ultima volta che ho scherzato così tanto senza temere che qualcosa potesse andare storto. 
E le cose, da ora in poi, non potranno far altro che migliorare. 
Varco piano la soglia della stanza avviandomi col capo basso all'interno ma, quando raggiungo il mobiletto di fianco al letto, mi accorgo che non c'è nessuno. 
Mi guardo intorno, preoccupata, poi guardo Jaime :-Dov'è andata?-. Domando e la mia voce trema subito. 
“Non è andata da nessuna parte” mi dico, ma il battito esagerato del mio cuore mi smaschera immediatamente. 
:-Non saprei, forse in bagno?-. Mi risponde, anche lui vagamente preoccupato, stringendosi nelle spalle. 
:-Sì- dico controllando il mio respiro e sedendomi sul bordo del letto -sì è sicuramente andata in bagno-. 
I secondi scorrono e si trasformano in minuti, tanti, troppi minuti. 
Il caffè si è ormai freddato e lei non è ancora tornata. 
Quella voce lontana, invece, sta di nuovo tornando a farmi visita. 


 

05/11/2013- (I'm coming for you). 
 
...Sei un fallimento-. 
:-Come scusi?-. Esclamo strabuzzando gli occhi al cassiere. 
Lui mi sorride comprensivo ed indica la spesa al di là del nastro :-Fanno 12 $ e 75 centesimi, signora-. 
:-Ah sì, certo-. Mormoro confusa prendendo il portafogli dalla borsa. 
L'ho fatto di nuovo. 
La mia mente è volata via ed io non ricordo nemmeno come sono arrivata qua dentro ed il motivo. Forse non c'è da mangiare a casa? Mi serviva del detersivo o delle batterie per il telecomando? Mi sforzo di ricordare ma trovo solo il vuoto. Osservo la spesa sperando che qualcosa mi ritorni in mente: due confezioni di pasta da preparare al microonde, un mix per una torta al cioccolato, del pane bianco ed una scatola nera con la dicitura “Decolorazione”. 
Prendo la scatola e la guardo per alcuni istanti, prima di porgerla al commesso con un sorriso timido :-Questa la può togliere, non mi...-. 
No non dirlo. Non dire quelle parole o potrebbero avverarsi. 
Indugio ancora un attimo, tenendo la decolorazione stretta tra le mani, riponendola nuovamente tra i miei acquisti :-Anzi lasci stare, la prendo-. 
Pago il conto ed esco con la busta di cartone nel parcheggio, il vento freddo di novembre soffia sul mio viso ed i miei occhi lacrimano istantaneamente per questo, ed inizio a camminare tra le auto, cercando con lo sguardo la mia, senza successo. Sono arrivata fin qui a piedi e non ne ho memoria. 
Sospiro ed il mio fiato muta in sinuose forme di fumo che risalgono pigramente verso il cielo plumbeo. Fortunatamente non mi trovo a più di cinque minuti di cammino da casa o sarei stata costretta a chiamare un taxi. 
Mi avvio lungo la strada. È una giornata particolarmente silenziosa, le auto mi scorrono vicino ma non sembrano fare il minimo rumore, i corvi gracchiano ma sono muti, non li sento. Non sento niente. 
Sei un fallimento” 
Sì è così. Ho fallito. 
Tutti coloro che ho amato se ne sono andati, li ho fatti scappare via da me. Quale orribile persona devo essere per averli portati a tanto? 
Poso la spesa sul tavolo della cucina e la lascio lì, assieme alla sciarpa, i guanti, il cappello ed il cappotto. Ci penserò dopo a riordinare, ora non ne ho le forze. 
Oggi è il 5 novembre. 
Avremmo dovuto festeggiare in questo giorno, tutti insieme ma io ho fallito e non è rimasto più nulla da festeggiare. 
Mi mancano così tanto, mi manca la mia bambina. 
:-Ti voglio bene mamma-. 
Erano le ultime parole che le ho sentito pronunciare mentre mi ha stretto a se nella penombra della sua camera, mi ha posato un bacio sulla guancia ed infine si è tramutata in fumo. 
E da allora ogni dubbio è svanito, sebbene io stia ancora combattendo contro me stessa per non arrendermi a quest'evidenza. Lei non c'è più. 
Non ho idea di quale assurdo male abbia voluto strapparmela via in modo tanto crudele ma lei non tornerà più, è dall'altra parte e a me rimane un solo un modo per raggiungerla ormai. 
Afferro la cornetta del telefono e l'avvicino all'orecchio mentre digito il numero, le mie mani tremano ma devo farlo, solo un ultimo piccolo sforzo e poi sarà tutto finito. 
Suona libero, bene. 
Tututu... 
Ti prego rispondi. 
...tututu... 
Ti prego non rispondere. 
:-Pronto?-. 
Esito come sento la sua voce ed il mio respiro di ferma, esattamente come accadeva anni fa, è cambiata con il tempo ma sarei in grado di riconoscerla anche in un infinito brusio di altre voci. 
:-Chi è?-. 
Deglutisco a fatica e mi sforzo di far uscire la voce dalle mie labbra :-Sono io-. Dico piano. 
Cade il silenzio e per un attimo temo che mi richiuda il telefono in faccia. Non dovrei avere questo numero, lo so. Ma ormai internet mette a disposizione qualsiasi cosa e, se non fosse stato per questo motivo, non avrei mai osato tanto. 
:-Helen?-. Il suo tono di voce è stupito ma non è arrabbiato, un piccolo sollievo. 
:-Sì-. 
:-Io...io non so cosa dire..-. Inizia a balbettare. 
:-Tranquillo lascia parlare me, non ci metterò molto, promesso-. 
Resta in silenzio, prendo un respiro profondo e continuo, cercando di ricordarmi tutto ciò che ho da dire :-Non voglio che tu ti senta in colpa, per quel che è accaduto, per ciò che sta per accadere, io...avrei potuto fare di più ma ho sempre fallito, ho fallito in tutto, sto fallendo persino a vivere...-. 
:-Ma di cosa stai parlando?-. Il suo tono è allarmato, devo sbrigarmi. 
:-Lasciami finire- gli dico con calma e riprendo subito a parlare così da non dargli modo di interrompermi di nuovo o potrei non finire ciò che ho iniziato -mi dispiace Roy. Sono riuscita a convivere con la tua assenza per tutti questi anni, sebbene abbia fatto male potevo farcela, ma ora che anche lei non c'è più io...io non posso andare avanti-. 
:-Helen mio Dio ma cosa dici? Dov'è Scarlett?-. 
Un nodo mi stringe dolorosamente la gola :-Mi dispiace che tu sia venuto a scoprirlo così-. 
:-...no-. 
:-Adesso devo andare da lei-. 
:-No Helen no! Aspetta, aspetta un attimo. Non riagganciare. Resta al telefono con me, parla con me...-. 
Sorrido amareggiata :-È un po' tardi per questo Roy ma grazie lo stesso. Addio-. 
Lo sento continuare ad urlare dall'altro lato del telefono mentre riaggancio ma non lo ascolto più. Un peso si solleva dalle mie spalle ed è come se ritornassi a respirare dopo tanto tempo, il mondo che mi circonda torna a prendere colore, sento qualcosa. 
Solo un piccolo passo e tutto sarà finalmente come avrebbe sempre dovuto essere. 
I miei occhi si posano sul cappio che pende dal soffitto, salgo sulla sedia e sorrido mentre il mio cuore batte dall'emozione al pensiero che tra poco la rivedrò- 
Sto arrivando amore mio”. 
Non posso fallire, questa volta. 





(*, **: traduzione approssimativa di “Lullaby for a Stormy Night” di Vienna Teng)
   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: AngelsOnMyHeart