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Autore: Yellow Canadair    10/10/2017    3 recensioni
Kaku cercò di incoraggiare Rob Lucci: « Andrà tutto bene, anche se ti hanno portato via le mani. Caro Vegapunk è dalla nostra parte, sta aiutando Hattori, ha aiutato me e Jabura, e aiuterà anche te. Ci deve la vita, e sta collaborando. Andrà tutto bene »
Al ritrovamento del One Piece, i poteri dei Frutti del Diavolo sono scomparsi e i possessori sono svenuti. Il Governo Mondiale è caduto, e i suoi membri sono stati usati per degli osceni esperimenti.
Il CP0, smantellato e separato, a fatica si riunisce, e trova riparo fra le montagne, dove nessuno può udire le grida di dolore di coloro ai quali gli esperimenti hanno portato via parti del proprio corpo.
[Futuro distopico] [Post-One Piece] [Arti che saltano] [Vegapunk... Caro Vegapunk]
Questa storia partecipa al contest “Humans + (prosthetic kink contest)” a cura di Fanwriter.it!
Genere: Angst, Science-fiction, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jabura, Kaku, Kumadori, Rob Lucci, Vegapunk
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dal CP9 al CP0 - storie da agenti segreti'
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Partenza

[fuori contest]

 

Kumadori era bravissimo a raccontare storie.

Riusciva a farti sentire il cuore a mille delle innamorate, il clangore delle spade dei paladini, le ruote dei carri sul selciato e persino i cigolii delle porte, l’odore della polvere, la sensazione di umido delle soffitte dove i protagonisti dei suoi racconti trovavano gioielli e mappe del tesoro.

Le sue preferite erano le storie d’amore, e più erano tragiche, più lui si divertiva a recitare le espressioni affrante dei personaggi, le loro dichiarazioni strappalacrime, le loro vendette passionali e le riconciliazioni dopo lunghe peripezie.

I protagonisti non parlavano mai in maniera normale, come ci si aspetterebbe da servette analfabete o avventurieri squattrinati: erano in grado di pronunciare discorsi aulici e lunghissimi solo per chiedere un sorso d’acqua, con gran disappunto di Jabura che voleva sapere come andava a finire la storia, e non gli interessavano ore di salamelecchi che il collega s’inventava apposta per, diceva lui, allungare il brodo.

Ascoltare storie e tragedie può sembrare un passatempo da bambini, ma era uno dei pochi a disposizione degli agenti, chiusi nel rifugio in alta montagna senza neppure la corrente elettrica. Quando calava il sole e le gelide tormente avvolgevano la cupola mimetizzata del loro piccolo covo, non rimaneva altro da fare che chiedere a Kumadori una storia, e ci si distraeva a chiedersi se la giovane trovatella avrebbe o no scoperto chi erano i suoi genitori: la malvagia e ricchissima regina, o la povera e dolcissima fornaia? Erano dubbi in grado di spaccare la platea!

Neppure Rob Lucci, con tutta la sua severità e la sua concentrazione sulle cose importanti in quel momento -imparare a gestire le protesi, riprendere l’uso pieno delle Rokushiki, captare la lumacofonata da Fukuro che era sulle tracce di Blueno e Califa-, riusciva a trovare un motivo valido per impedire quel passatempo. Quando era impossibile uscire all’aperto per il freddo, e di sera, c’era ben poco da fare. Il rifugio era davvero troppo piccolo per qualsiasi cosa, e gli agenti riuscivano solo a fare addominali e dorsali sfruttando lo spazio dei giacigli. Ma non si potevano fare per sempre, e dopo cena una bella storia non si rifiutava mai.

Qualcuno si metteva vicino al lumacofono, per essere sicuri di sentirlo trillare nonostante la voce tonante di Kumadori, e cominciava l’avventura.

Infuriava la tormenta, cosa che aveva reso qualsiasi turno di guardia un vero suicidio, e aveva convinto tutti gli agenti a non uscire: a mandare qualcuno a fare ricognizione, c’era il rischio di perderselo per broncopolmonite.

Quella sera, però, non fu Kumadori a raccontare.

Fu Kaku.

« … poi la drogheria ha aperto la saracinesca, mi sono girato da quella parte, intanto i due ragazzini sono spariti. »

Narrò ai colleghi di quello strano incontro con i bambini, davanti allo spaccio del paese.

« Saranno tornati a casa loro » ovviò lucidamente Rob Lucci incrociando le braccia e mandando bagliori metallici alla luce della lampada a olio.

« Non hanno lasciato impronte » avversò Kaku « Non li ho sentiti allontanarsi né arrivare, e nemmeno erano in giro quando ho fatto un giro nei dintorni per cercarli »

Con il buio e il freddo che c’erano fuori, e il fuoco della lampada che faceva tremolare la poca luce, una storia di fantasmi in piena regola era l’ideale per sonni sereni. Peccato che Kaku, lo sapevano tutti, non si stava inventando niente.

Jabura lo squadrò e poi disse: « Sei sicuro che non fosse per la stanchezza? »

Kaku lo fulminò: « Non era un’allucinazione e non ero stanco! »

« Piantala di fare l’alzato di culo, non sei-

« YOOOOYOOOOIIII non si creino spiacevoli gazzarre in questo ameno luogoooo » pregò Kumadori.

« Non ho intenzione di dormire nella neve perché tu » tuonò Lucci a Jabura « non sei riuscito a tenere la lingua a freno » una rissa tra lui, Kaku e Jabura avrebbe raso al suolo quel nascondiglio scavato nella pietra, poco ma sicuro.

« Se non è stato per la stanchezza, quello ha conversato con due fantasmi, hai capito? » sbraitò Jabura indicando il collega più giovane « Certe cose portano malissimo! E se li avesse trascinati fin qui?! Non ho intenzione di svegliarmi in piena notte e trovarmi due mocciosi che mi fissano! »

« Piantala con queste storie! » rispose iroso Lucci. « Sei un Governativo, non puoi credere a queste assurdità! »

« Boss, abbiamo ragione di pensare che non siano solo assurdità » disse la segretaria con un sospiro, emergendo dal suo cantuccio. Jabura si voltò nella sua direzione. « Abbiamo chiesto a Caro Vegapunk, che conosce qualcuno in paese, di fare qualche domanda in giro in maniera discreta... e quello che ha detto Kaku, storia di fantasmi o allucinazione che sia, ha dei riscontri nella realtà. Tenga… »

Porse un foglietto di carta a Rob Lucci, che interpretò senza difficoltà la grafia rotonda e precisa della ragazza.

L’uomo lesse le poche righe e poi si voltò verso Kaku. « Sono esistiti veramente due gemelli, in quel paese: Vevé e Zenziño, figli del Viceammiraglio Shu, che era originario della zona… avrebbero compiuto cinque anni fra pochi mesi. » i suoi occhi indugiarono ancora sulle righe.

Calò il silenzio.

« Lo conoscevi? » fiatò Kaku, che ovviamente conosceva già tutto il contenuto del biglietto.

« So chi era » rispose Lucci, senza tradire alcuna emozione. « Shu è scomparso circa un anno e mezzo fa » lesse.

« Yoooyoi, coincide con il periodo in cui vi portarono via… »

« E stando a quanto dice Caro Vegapunk, i due figli sono scomparsi dai loro letti una notte di sette mesi fa. La madre è partita la settimana dopo per cercarli, e non si hanno più notizie di loro » completò Lilian.

Vennero i brividi a tutti, ma solo la ragazza non si curò di nasconderli, avvolgendosi di più nella coperta che aveva sulle spalle e addossandosi a Jabura, e lui la circondò con un braccio, così gelosamente da farla sobbalzare. Nessuno osò parlare, e per qualche lunghissimo minuto si sentì solo il crepitare della fiammella nella lampada, che rischiarava appena la minuscola stanza, e gli ululati furiosi del vento. Non era tanto la storia familiare del Viceammiraglio Shu a turbarli, quanto le dimensioni che aveva assunto quell’insensato e folle sequestro di massa di Governativi, Marine e, sembrava, anche relative famiglie.

« Ecco perché è… improbabile che sia qualcosa causata dalla stanchezza » spiegò a voce bassa la pilota a Jabura « anche ammettendo che sia stato un sogno, come avrebbe fatto Kaku a indovinare la presenza di due gemelli sui quattro anni, che facevano riferimento a fatti che lui non poteva conoscere? »

Kumadori si alzò, accese il fornelletto a gas in fondo al rifugio, e mise su dell’acqua: aveva bisogno di un tè caldo, e probabilmente anche gli altri. Jabura e Lucci forse l’avrebbero anche corretto con qualche goccio dell’unica bottiglia di scotch che avevano.

La tempesta infuriava impietosa, e dalle finestrelle otturate con la paglia arrivavano degli spifferi gelidi. Kaku si impegnò per risistemare tutto, ed evitare che entrasse troppo freddo nel loro nascondiglio.

Rob Lucci, seduto sul suo letto di coperte e di fieno, chinò lo sguardo su Hattori, che se ne stava ammargelluto fra le sue gambe, ficcato sotto le coperte e ben intenzionato a restarci. Le sue ali bioniche lampeggiavano pigre e, ogni tanto, guardava il suo compagno in attesa che facesse qualcosa. Ma Lucci non accennava a volersi alzare (per andare dove, poi? Nella tormenta? A far la guardia all’acqua che bolliva?), e il colombino rimaneva nel suo cantuccio, sentendosi al sicuro vicino al suo amico.

 

~

 

« Quanto manca? » disse annoiato Jabura battendo i piedi sul terreno innevato per cercare di riscaldarsi.

Lilian scostò un lembo del giornale della settimana prima e controllò l’orologio legato con lo spago al cruscotto del furgone. « Un altro quarto d’ora »

Il mattino dopo per fortuna la tempesta s’era acquietata, e Jabura aveva chiesto alla pilota di aprire il furgone e metterlo in moto, perché potesse mettere sotto carica la propria protesi.

L’agente segreto era seduto sul cofano aperto dell’automezzo, e un filo elettrico lo collegava alla batteria: una volta acceso il motore e fatto girare a vuoto, questo ricaricava la batteria, che a sua volta ricaricava la spina dorsale dell’uomo, che non doveva fare altro che sedersi tranquillo per un paio d’ore e aspettare che il caricamento fosse completo.

Caro Vegapunk l’aveva dotato di un cavo di alimentazione troppo corto però, e lui non poteva fare altro che sedersi lì, sul bordo del cofano aperto. Jabura era convinto che quel demone di donna l’avesse fatto apposta per evitare che si potesse mettere comodo, magari steso a terra o seduto sui sedili nell’abitacolo, al calduccio!

Lilian invece, che era quella che guidava il furgone, si era ritirata in santa pace sul sedile del guidatore; ormai quel sedile aveva preso le sue forme, perché negli anni passati era stato nel cockpit del suo aereo, e poi una volta smantellato era diventato il sedile del furgone. Quando lavorava a Catarina e usciva in missione con gli agenti, passava più tempo seduta lì che alla scrivania della Torre.

Aveva messo i piedi sul finestrino e leggeva pigramente il quotidiano della settimana passata, letto e riletto da tutti perché era l’unica copia che erano riusciti a ottenere da Caro Vegapunk l’ultima volta che l’avevano vista. Mancavano alcune pagine, altre erano piene di scarabocchi, su altre erano disegnati gli schemi di una battaglia navale, e in quel momento la ragazza aveva alcuni fogli, e Jabura altri ancora per poter leggere contemporaneamente e non annoiarsi troppo durante quelle due ore di caricamento.

« Quanto manca ancora? »

« Quattordici minuti » mormorò la pilota senza alzare lo sguardo dall’articolo che stava leggendo. Era il suo preferito, parlava di un torneo di baseball disputato usando verdura al posto di attrezzi sportivi. Sempre meglio degli articoli del “Nuovo Governo dei Giusti”, nome assunto dagli Antigovernativi, che non facevano altro che parlare di quanto sicuro fosse il mondo una volta smantellata la Marina e il Vecchio Governo. Certamente. Però del fatto che avessero deportato i membri delle organizzazioni non lo diceva nessuno. Lilian li odiava, quegli articoli.

Rob Lucci invece li leggeva tutti, uno per uno, e li analizzava nei minimi dettagli a lume di candela quando non riusciva a dormire, cercando di cogliere ogni sfumatura e allusione dei cronisti. Era fermamente convinto che, in mancanza di altro su cui mettere le mani al momento, potessero fornire degli indizi sulla vera situazione in cui versava l’intero mondo, e forse anche qualche suggerimento utile al loro immediato futuro. Il leader non dimenticava mai, infatti, che altri due suoi subordinati in quel momento erano in serio pericolo, e non si dimenticava di Fukuro che era sulle loro tracce.

La notizia della probabile morte di uno dei figli di quel Viceammiraglio gli aveva messo la pulce nell’orecchio ma, anche se aveva paura di arrivare troppo tardi da Califa e da Blueno, non lo dava mai a vedere.

« Eri con Kaku quando ha visto quei due mocciosi? » domandò lì per lì il Lupo.

« No » rispose la ragazza tirandosi fino in cima la zip del giaccone da neve « Ero rimasta al furgone ed era andato da solo a fare un servizio in paese »

« Non mi piace quella storia » bofonchiò l’agente « Da quando l’ha raccontata mi sento osservato »

Lili sospirò e si guardò attorno. Scese dal furgone (gli ammortizzatori a mala pena avvertirono il cambiamento, tanto che era leggera) con il fucile in pugno e diede una rapida occhiata nei dintorni, sotto lo sguardo vigile dell’agente ancora attaccato alla batteria del mezzo.

Avanzò nella neve, uscì fuori dal ricovero in cui avevano nascosto il furgone, descrisse un ampio giro guardandosi attorno e si affacciò al dirupo che dava sul passo che collegava due vallate. Tutto deserto. Zero impronte nella neve. Il cielo era bianco come la terra, e gli occhiali da sole della ragazza erano provvidenziali.

Tornò da Jabura.

« Ti stai lasciando suggestionare » gli disse sollevandosi gli occhiali sopra la fronte, incastrandoli con il berretto di lana dal quale uscivano i suoi capelli sciolti e costellati da minuscoli fiocchi di neve bianchi.

« Guarda che è vero! I fantasmi scelgono qualcuno con cui comunicare, e difficilmente lo mollano! Ce li ritroveremo nei letti! »

« Con quello che puzziamo? Ma dai… » lo liquidò lei, non riuscendo però a sembrare convincente come avrebbe voluto; anche lei si era fatta influenzare da quella storia, e pensare a due bambini fantasma che potevano aver seguito Kaku le metteva la pelle d’oca.

All’improvviso i due vennero fatti quasi sobbalzare dal suono del baby lumacofono che li collegava con il rifugio di pietra, appoggiato sul sedile del passeggero.

Con il cuore in gola, Lilian guardò l’animaletto squillare, in trepidante attesa che apparissero i lineamenti del boss, o di Kaku, o di Kumadori. Il terrore di essere scoperti era tanto, e anche una lumacofonata poteva metterli in serissimo pericolo. Al secondo trillo, per fortuna, comparvero delle sopracciglia arcuate e un’espressione altera inconfondibile, e la ragazza sospirò sollevata.

« Boss! »

« Il furgone è pronto a partire? » domandò Rob Lucci senza perdere tempo in preamboli.

« Il serbatoio è pieno, le munizioni ci stanno e anche le coperte in più, c’è solo da svuotare il rifugio. Boss, per favore, possiamo portare con noi il fornelletto a gas, se ci muoviamo? »

« Permesso accordato » concesse il leader, cui faceva comodo mangiare qualcosa di caldo, ogni tanto « La batteria a che punto è? »

« Nove minuti e arriva al cento per cento » rispose la pilota agguantando l’orologio e girandolo nella sua direzione.

« Appena il cane ha finito, fallo tornare immediatamente alla base. Serve anche il suo aiuto »

« Sissignore » rispose obbediente la ragazza, sorvolando ampiamente sul “cane” come sua abitudine, per evitare di creare ancora più ruggine tra quei due disgraziati. Che poi, sapeva benissimo, era tutta scena, tutto teatro. Rob Lucci interruppe la lumacofonata senza congedarsi.

« Che vuole? » vociò Jabura infilandosi un paio di guanti da neve che aveva in tasca e sentendosi immediatamente rinfrancato.

« Ti manda un bacione forte forte e ti chiede se hai messo la canottiera » rispose con noncuranza la ragazza mettendo giù il ricevitore.

« Due cretini, tu e lui » commentò seccato il Lupo.

Lilian non se la prese nemmeno un po’. « Appena finisci con la batteria, torna al rifugio. Credo che ci stiamo per spostare » disse scendendo dal furgone.

« Era ora! Siamo qui da mesi, maledizione! »

Lo sportello si chiuse con un rumore sordo, un po’ di neve sfarinò dal tettuccio. « Il boss preferisce muoversi con tutte le cautele necessarie, e sono contenta che la pensi così » mormorò amara la ragazza.

« “Pensi” è una parola grossa, per quello là » la corresse Jabura.

Lilian lo raggiunse e si sedette vicino a lui sul cofano aperto.

Aspettarono insieme il rumore del cicalino che avvisava che la batteria era completamente carica.

« Preferisco rimanere ancora al freddo, che rischiare di perdere di nuovo voi agenti » mormorò lei affondando nella propria grande sciarpa.

 

~

 

« Mbè? Che avevi da rompere? Guarda che non l’ho mica chiesto io, di avere una batteria che- » latrò Jabura entrando nel rifugio, e chiudendo immediatamente la rozza porta di legno per non far entrare il freddo in quel piccolo ambiente caldo per miracolo.

« Shhh! » gli ordinò Kaku.

Jabura stava già per inalberarsi ma Kumadori lo interruppe prima che il tutto sfociasse nell’alterco: « Yoooyooooiii… » disse « modera la favella e apprestati al lumacofono, Fukuro riporta liete novelle da Forte di Oga, e stiamo per muoverci dall’angusto rifugio montano »

« …Forte di Oga? » mormorò il Lupo.

Si avvicinò quatto quatto al cantuccio dove i suoi tre colleghi erano seduti uno vicino all’altro, formando un capannello. Al centro c’era un lumacofono con una zip dorata al posto della bocca e gli occhietti piccini come capocce di spillo.

« Continua, Fukuro » ordinò Rob Lucci, che teneva in mano il ricevitore.

« Chapapa! Invece Blueno si trova al terzo livello della struttura, nella zona nord-ovest! »

Kaku non si perdeva una sillaba e appuntava rapidamente ogni informazione su un blocchetto di carta, usando una matita appuntita. Kumadori ne aveva altre due in mano, pronte all’uso nel caso in cui la punta si spezzasse.

« Non sono riuscito a capire quali siano le loro condizioni, ma li ho visti, sono vivi. Chapapa, Califa però non si è svegliata! »

« Yoyoi, urge di nuovo procurarsi una lettiga » commentò Kumadori. Lucci si mise un indice in verticale sulle labbra: silenzio.

Tutti trattenevano il fiato e aspettavano avidi altre notizie da Fukuro.

« Ho raccolto tutte le informazioni relative ai turni di medici e guardie, e trovato una base provvisoria a pochi chilometri dal bunker dove parcheggiare il furgone mentre noi siamo dentro, chapapa! »

« E non hai parlato ad anima viva come ti avevo detto, vero? » si assicurò Jabura in tono minaccioso, avvicinandosi al ricevitore che aveva Lucci in mano.

« Chapapa! Ho tenuto la zip sempre chiusa e ho fatto finta di essere sordomuto! »

« Questa missione è molto più importante di quelle fatte in passato, non abbassare la guardia » ordinò Lucci « e non pensare mai di essere fuori pericolo. Rimani concentrato. »

« Chapapa! » probabilmente Fukuro si era messo sull’attenti, ma Lucci, Kaku, Jabura e Kumadori non potevano vederlo.

« Passo e chiudo. Aspetta nostre notizie » concluse il leader chiudendo la lumacofonata.

Kaku staccò la punta della matita dal foglio di carta e sorrise. In cima campeggiava la scritta “VIVI”, e non poteva che esserne felice. Vivi, ma in chissà che condizioni, pensò poi… ma ci avrebbero pensato dopo, la priorità era tirarli fuori da quella prigione.

« Partiremo stasera » dispose Lucci. « Voglio il furgone carico e tutti pronti alla partenza entro le 15. Poi, Kumadori, darai il cambio alla pilota e la farai rientrare: devo capire com’è messa la strada fra qui e Forte di Oga.

« Male, temo » osservò Kaku « dovremo procedere a rilento, e non sono nemmeno sicuro che fin lì ci sia una strada carrozzabile »

« Per questo ne devo parlare con chi guida il furgone » lo stilettò Lucci. Loro erano superumani addestrati a uccidere, ma la specialista in fatto di trasporti rimaneva quella piccola e modesta segretaria: era scrupolosissima e non le sfuggiva nulla di cosa potesse servire durante una missione.

 

~

 

« Le coperte ci sono tutte, il fornelletto a gas è nella scatola in fondo, qui ci sono gli oggetti personali di ognuno, gli zaini sono tutti a portata di mano, qui ci sono tutti i viveri, l’acqua per il viaggio è qui nelle taniche, e la cassetta dei medicinali è tutta in ordine ma, boss, serve rifornirci di alcune cose, tra cui gli antidolorifici, perché Califa e Blueno ne avranno bisogno. C’è una lista completa dei medicinali da ricomprare lì, dietro il foglio che le ho dato »

Rob Lucci scorse la lista che gli aveva porto la ragazza, poi aprì lo sportello dal lato opposto al conducente e si issò a sedere sul sediolino accanto al guidatore e ricontrollò la mappa della zona che avevano disegnato nei giorni scorsi, in cui spesso a turno erano andati in ricognizione.

Hattori, che purtroppo non poteva più volare per tragitti brevi come saltelli, venne accomodato sul grembo del suo padrone, comodo e al caldo sulla sua coperta preferita, con un minuscolo cappellino blu con un pon pon bianco in testa, e una sciarpina blu al collo. Tubò soddisfatto e si meritò una metallica carezza distratta da parte di Lucci.

« I primi duecento chilometri sono segnati sulla mappa, poi dovremo fermarci e capire che direzione prendere, ricordatelo »

« Roger, boss » rispose pacata la ragazza mettendo in moto il furgone.

« Dimentichiamo niente, al rifugio? » domandò Kaku agli altri.

Lui era seduto nel vano carico, comodamente adagiato sulle coperte come Kumadori e Jabura, che erano con lui. Nessuno si era tolto il cappotto o il giaccone, dentro al furgone faceva freddo quasi quanto all’esterno, e già cominciavano a rimpiangere il tepore del rifugio di pietra. Ma bisognava andare avanti.

« Sono stato l’ultimo a uscire, non c’era nulla dentro. Ho controllato due volte » assicurò Jabura, liberando con le sue parole una nuvoletta di vapore, tanto il freddo che c'era.

« Yoooyoooi, ed è stata mia cura relegare all’oblio qualsiasi traccia che il nostro passaggio abbia lasciato in tanti mesi e nell’ultimo viaggio verso il furgone! Polvere! Ossa! Cenere! Tutto sarà trasformato, nulla morirà! » recitò Kumadori.

« Anche se qualcuno ci aveva creduto sul serio, per un attimo » disse Kaku rivolto a Jabura.

« Scemo » lo rimbrottò l’agente dalla lunga treccia nera « Voglio vedere te, nelle stesse condizioni! » disse togliendosi i guanti e cercando di scaldarsi le mani con il fiato.

« Un destino mesto e un avvenire cupo si sarebbero profilati senza la mano divina della progenie geniale di Vegapunk » riconobbe Kumadori commuovendosi.

« Quell’alzata di culo » ridacchiò Jabura incrociando le braccia « Ma non dimentichiamoci che lavorava su materia di prima qualità! Non ci siamo addestrati tutta la vita per crepare sotto i ferri del primo macellaio » dichiarò indicandosi il petto con il pollice.

« Ovvio » disse Rob Lucci sdegnoso « Perché noi siamo superumani, e non esiste niente che ci possa fermare. » concluse facendo tintinnare fra loro le sue nuove dita in titanio « Andiamo. »

 

Il furgone si allontanò nella notte con i fari spenti, lasciando dietro di sé le scie delle ruote chiodate. Prima che imboccasse l’antica via abbandonata che portava ai tornanti che conducevano giù da quelle montagne, uno spiffero di vento fece drizzare i peli sulla schiena di Kaku.

« C’è qualche falla nel furgone? » chiese alla pilota.

« Falla? » si meravigliò lei. « Spero di no! Siamo appena partiti, ci manca solo questa! »

Rob Lucci rimase per un attimo concentrato, poi sentenziò: « Non entra aria da nessuna parte »

Kaku si strinse nelle spalle, e non replicò. Lilian accese la radiolina per colmare il silenzio della notte e degli uomini che viaggiavano con lei.

 

Sul limitare del territorio del paesino montano, attraversato dal furgone per andare verso Forte di Oga, dov’erano detenuti Califa e Blueno, la strada era rischiarata da alcuni lampioni che illuminavano i fitti fiocchi di neve che quella notte cadevano incessanti.

« Troveranno il papà? » domandò una bambina avvolta nel suo cappottino, con così tanti strati di lana addosso da sembrare rotonda.

« Non lo so » rispose un bambino, tenendo la sorellina per mano « Torniamo a casa adesso, la mamma si arrabbia se rimaniamo fuori tutta la notte… »

Si incamminarono verso il paesino e presto sparirono alla vista, senza lasciare alle loro spalle nemmeno una piccola impronta che potesse essere coperta dalla neve che, lenta lenta, cadeva.

 

Kumadori era bravissimo a raccontare storie.

Ma Kaku, da allora, ne avrebbe avuta una tutta sua da raccontare.

 

 

 

 

 

Dietro le quinte...

Si chiude con questo capitolo la raccolta scritta per il "Prosthetic Kink Contest" indetto da Fanwriter.it! Ricordo che, però, il quinto capitolo è fuori dal contest a causa della data di pubblicazione, ben oltre il tempo massimo permesso! Grazie a tutti coloro che hanno letto, doppiamente e triplamente agli appassionati recensori ♥ e a tutti coloro che hanno messo la storia nelle seguite/ricordate/preferite! 

Sono stata molto contenta di scrivere un'altra volta sul CP9, e rassicuro chi dice che li maltratto troppo: non preoccupatevi, quest'inverno sarà all'insegna del fluff (sempre che riesca a capire come si scrive il fluff, dopo tante stragi) ;p sto scherzando, non ci sarà alcun fluff sono sempre contenta quando i lettori prendono le difese delle mie vitt dei miei personaggi! ♥ 

Kaku ha raccontato ai colleghi la storia dei due fratellini che ha incontrato; subito dopo ha chiesto a Caro Vegapunk, residente nel paesino, se ne sapesse qualcosa, e lei ha raccontato che erano i figli di Shu. Vi dice niente?

 ◄◄◄

Era un capitano della Marina; a Enies Lobby grazie a un Paramisha aveva fatto arrugginire fino a sgretolarla una delle spade di ZoroQui sono passati nove anni da allora, e nel frattempo è diventato Viceammiraglio, almeno prima che gli Antigovernativi prendessero il sopravvento.

Gli anni passano anche per Rob Lucci e gli altri: adesso hanno 37 anni Lucci, 32 Kaku, 44 Jabura, 38 Blueno, 43 Kumadori, 38 Fukuro, 34 Califa; in questa storia sono passati nove anni dai fatti di Enies Lobby. 

Lilian, che venne assunta a 27 anni come segretaria e poi si è scoperto essere pilota (la sua storia è raccontata nei primi capitoli de "La Lunga Caccia alla Mano de Dios"), ha 34 anni, in questa storia.

Caro Vegapunk ha 18 anni. Da circa 30 anni. Le abbiamo detto che non può spacciarsi più per appena maggiorenne, ma non cede. Ce la teniamo così, fresca patentata ♥

Il termine "ammargelluto", qui riferito ad Hattori, viene da una poesia di Fosco Maraini; che vuol dire "ammargelluto"? E chi lo sa! Siete liberi di immaginare il colombino, al sicuro vicino a Rob Lucci, come preferite ♥

Per oggi è tutto! Grazie per aver seguito questa raccolta, e alla prossima avventura ♥

Yellow Canadair

  
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