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Autore: workingclassheroine    10/10/2017    3 recensioni
Sta pensando a Mary.
Quando Paul ha quella faccia, è perché sta pensando a Mary.
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Buon compleanno, floret. E grazie.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Lennon, Paul McCartney
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buon compleanno, floret 

 

 

Sta pensando a Mary.

Quando Paul ha quella faccia, è perché sta pensando a Mary.

John lo sa bene, e non saprebbe dire da quando è diventato così semplice per lui interpretare gli sguardi e i gesti di Paul.

È stato come imparare a suonare la chitarra, rendersi conto d'un tratto che le dita trovano ormai la corda giusta prima ancora del pensiero.

John aveva accolto quella consapevolezza con la stessa entusiasta sorpresa, e anche se non riesce ad ammetterlo ad altri che a se stesso, essere l'unico al mondo a conoscere Paul così bene gli piace da morire.

A dir la verità, però, gli piace di più quando non ha il viso così pallido, quando non ha quell'espressione di sofferente coraggio che stringe il cuore di John fino a stritolarlo.

Sospira appena, e tira un calcio distratto all'asfalto sbriciolato, guardando i sassolini rotolare via.

Mimi li ha cacciati di casa per l'ennesima volta, sorda alle preghiere di John che deve "assolutamente imparare quel nuovo accordo da George, è questione di vita o di morte! Andiamo Mimi, scendi un attimo dal tuo trono di fiamme, Satana non lo saprà mai!".

Neanche a dirlo, sono stati costretti a mettersi gli strumenti in spalla, sotto la pioggia battente, e a incamminarsi verso casa di Julia.

Le madri, John lo ha capito da un pezzo, mettono un po' a disagio Paul.

Insomma, lui stesso ha avuto modo di notare le carezze compassionevoli che gli riservano, e i ridicoli "Povero bambino, la mamma sarebbe felice di vederti crescere così bello".

John concorda sul fatto che Mary sarebbe fiera di Paul -e anche sul fatto che sia incredibilmente bello, per dirla tutta- ma non può sopportare l'espressione che il viso dell'amico assume quando si tira fuori l'argomento.

Sembra così fragile, in quei momenti. 

Come se il vento potesse portarlo via, su fra le nuvole, da sua madre.

Egoisticamente, John ha bisogno che Paul resti lì con lui, perciò lo trattiene di continuo per la mano, che forse non sarà una cosa normale, fra amici -e quante volte ci ha pensato, nel buio della propria stanza- ma è l'unico modo che conosce per impedirgli di spiccare il volo.

Perciò vorrebbe dirgli che Julia è una apposto, che non lo metterà in imbarazzo con stupide frasi di circostanza e non gli scompiglierà i capelli, ma sa che sarebbe inutile.

Perché il piccolo, coraggioso Paul gli risponderebbe con una risata forzata e direbbe "Non fare lo stupido, John", e John, che stupido lo è davvero, non avrebbe il coraggio di proseguire il discorso.

Sa di essere un intruso, in quel suo dolore, sa che quella è l'unica parte di Paul che ancora non può capire a pieno.

Così si limita ad osservare con dolcezza i capelli neri del ragazzo davanti a lui, e ancora una volta meravigliarsi di quanto sia forte.

Così fragile, così giovane, contro tutti quegli spettri.

John sa cosa significa, dover fingere di essere indistruttibile, e sa che è ancora troppo presto perché Paul lasci cadere quella maschera di finto coraggio, la stessa che anche lui indossa.

Eppure, vorrebbe solo vederlo sorridere, non sembra poi una richiesta enorme.

Se fossero solo loro due, non esiterebbe un attimo a prenderlo fra le braccia, nonostante la vergogna, stringendolo fino a fargli dimenticare ogni singolo pensiero e persino il tempo.

Ma al momento non gli è possibile.

Non gli è possibile perché, davanti a lui, c'è George a discutere con Paul, che si limita a rispondere con qualche sorriso malinconico e alcuni cenni d'assenso.

Ed è così distratto che George deve afferrarlo per il gomito e trascinarlo di lato perché non cada nell'immensa pozzanghera fangosa al lato della strada.

John lancia un ultimo sguardo a Paul, che guarda dritto davanti a sé con gli occhi spenti, e decide che, sì, deve essere decisamente impazzito.

Poi, dopo aver messo al sicuro la custodia della propria chitarra, infila un piede nell'acqua gelida.

Si lascia cadere all'indietro, premurandosi di finire lungo disteso in mezzo al fango, e attira l'attenzione dei due amici con una manciata di imprecazioni.

La risata di George gli arriva come un eco, ma i suoi occhi sono fissi su Paul, che lo guarda incredulo.

John osserva le sue labbra tendersi verso l'alto, incapaci di trattenere l'ilarità, e il suono della sua risata dolce arrivargli in vibrazioni che sono terremoto per il suo cuore stordito.

"Cosa avete da ridere, voi due? Vi sembro un pagliaccio?" sbotta quindi, agitando le braccia in mezzo al fango per rendersi più buffo di quanto già sia.

Paul scuote la testa, le guance arrossate e gli occhi -Dio, i suoi occhi- finalmente vivi, "No, John. In realtà sembri un maiale".

George ridacchia, concorde, "Già, questo è decisamente il tuo habitat".

John incrocia comicamente le braccia, ancora seduto nel bel mezzo della pozzanghera, e grugnisce.

Si sente un po' ridicolo, in effetti, anche rispetto ai suoi canoni, ma basta la risata di Paul a fargli dimenticare quelle inutili preoccupazioni.

Perché se Paul sorride così, deve per forza andare tutto bene.

"Harrison, McCartney, sono ancora in tempo per cacciarvi fuori da questa maledetta band, non scordatelo".

Paul ride, di nuovo, e si scosta distrattamente i capelli bagnati dalla fronte in un gesto che basta a far trattenere il respiro a John.

"L'energia che sprechi parlando così tanto, Johnny, potresti usarla per sistemarti gli occhiali sul naso. Magari così eviteresti bagni fuori programma" lo prende in giro, lasciando la chitarra a George e chinandosi verso di lui per aiutarlo a rialzarsi.

Lo sanno entrambi, lo sanno entrambi che John ormai senza Paul non è nulla, e che la musica senza di lui è solo battere le dita alla rinfusa su un pianoforte scordato.

E che la vita senza di lui è un susseguirsi di fotogrammi sfocati, in bianco e nero.

John afferra la sua mano tesa, un sorriso malizioso che aleggia sulle labbra, e con uno strattone lo fa precipitare accanto a sé.

Paul socchiude appena le labbra, indignato, e non ha il tempo di metabolizzare la caduta che John ha affondato le mani nel fango, imbrattandogli il viso.

"John!" sbotta, in un tono che non può non suonare irrimediabilmente dolce, perché è con John -con il suo John- che sta parlando, e si affretta a ricambiare il favore.

Ridono, sguazzando nell'acqua sporca e tracciandosi ghirigori di fango sulla pelle, e John non può fare altro che sorridere.

Ancora una volta, ha vinto.

Paul ride, sporco e felice, e John lo trova così bello che gli viene una malsana e sbagliata voglia di baciarlo.

Sorride di nuovo, una mano che si è posata accidentalmente su quella di Paul, nascosta dal profilo dell'acqua.

Ma nessuno dei due si è scostato.

E, con quella mano, John lo tratterrà con sé, ancora una volta, ancora altre mille volte, finché potrà.

Poi si volta.

"Beh, George, ci aiuti a rialzarci?"

"Non ci penso proprio".

 

 

 

 

 

  
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