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Autore: Koa__    11/10/2017    5 recensioni
Dal testo: Lui e Sherlock parlano molto, in realtà. Anche se alcuni argomenti sono tacitamente banditi, da quando si sono rivisti, ormai due settimane fa, non fanno che raccontarsi cose. Parlano dei casi. Di quelli divertenti, di quelli più pericolosi. Della storia finita male di Victor. Parlano del vecchio professore di anatomia di Cambridge e della sua alopecia, e quando lo fanno ridono di cuore.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sherlock Holmes, Victor Trevor
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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V.
 


 
La felicità è un vecchio fondale
dipinto da una sola parte.
[Les Misérables]

 
 



Victor crede d’essere arrugginito, in materia sessuale intende. E in effetti lo è. Non ricorda bene come sia condurre il gioco. Avere un ruolo attivo. Baciare per il piacere di farlo, e non per dovere o paura di una qualche reazione negativa. A un certo punto di quell’incidentato percorso che dalla finestra dovrebbe condurli al letto, si rende conto che aveva persino dimenticato quanto fosse piacevole fare l’amore con qualcuno. In effetti non ha idea di come sia avere un ruolo paritario in un rapporto amoroso. Più di un decennio di relazione e Lui gli ha tolto persino questo. Ma sembra che con Sherlock sia tutto più facile e che Victor non debba pensare troppo o misurare parole di circostanza. Contare le carezze. Stare attento a ciò che dice o fa. Con Sherlock è diverso. Tutto lo è. Sherlock non sa bene come muoversi, ma prova a fare del proprio meglio. E Victor lo sente in ogni bacio e carezza. È gentile, e disponibile. Incredibilmente attento nel dedurre che cosa gli piace e che cosa no. La sua inesperienza è evidente dalla maniera goffa e buffa con cui graffia lembi di pelle appena scoperti o per la fretta che impiega nello spogliarlo. Però bacia bene. Victor ci muore, su quelle labbra. Arrossate e umide del loro non voler smettere di baciarsi. Impazzisce sotto al giogo della lingua, e a quello delle dita che s’insinuano sotto la stoffa e gli accarezzano la schiena. Sherlock ha una certa tecnica nel portarlo alla follia e subito dopo a rendergli indietro la ragione. Anche se non ha idea di quanto di volontario ci sia nel modo in cui lo fa impazzire e quanto invece sia da addebitare all’istinto, Victor crede che l’essere assolutamente meraviglioso qualsiasi cosa faccia, gli riesca piuttosto bene. Nonostante la goffaggine, ha un talento naturale. È come non avesse fatto altro che sesso per tutta la vita. Sherlock impara rapidamente e non c’è da stupirsene, è sempre stato sveglio. Ed è pazzesco come riesce a esser sensuale ed erotico, forse senza neanche sapere di esserlo. A iniziare da come si spoglia, in maniera lenta. Studiata e precisa. Non c’è malizia nei suoi gesti, non una traccia di lussuria nello sguardo. C’è solo un’infinita innocenza che trasuda da quelle iridi chiare, scuritesi appena di penombra. Sherlock si leva gli abiti, uno dopo l’altro. Prima i pantaloni, poi la giacca... In quest’ordine preciso. Finché non resta soltanto la camicia che, bottone dopo bottone, slaccia con maniacale cura. È come se sentisse il bisogno di assicurarsi che nessuna delle asole salti o venga strappata. Victor non sa che il rigore di quei gesti è un modo come un altro per placare lo spirito agitato. Però nota che le mani gli tremano e le dita gli inciampano una nell’altra e che pare distante dall’uomo adulto che in realtà è. Somiglia più al ragazzino ventenne che popola i suoi ricordi. Ricordi che ritornano prepotenti e si fanno di nuovo vivi, ma che Victor scaccia con determinazione. Non vuole amare un fantasma. Non vuole fare l’amore col passato, solo con Sherlock. E quindi sorride, tentando maldestramente di rassicurarlo. Dovrebbe essere l’esperto della coppia, ma in realtà è più spaventato di lui.

E quindi gli si fa vicino, con fare lento e misurando gesti che vogliono essere gentili. Le mani di Victor non tremano quando lo aiuta coi polsini. Anche se le parole gli muoiono tra i pensieri nell’attimo in cui scorge tracce di un timido sorriso farsi largo sul volto di Sherlock. Uno stirarsi di labbra che compare tra il rossore di guance affannate per l’eccitazione. È piccolo, leggero. Ma ha il potere di fargli vibrare il cuore.
«Sono un imbranato» ammette Sherlock, tra cascate di risatine nervose. È agitato, trema ancora. Non lo guarda negli occhi, ma li tiene bassi e fissi sui bottoni della camicia. Victor sente la tensione aleggiare nell’aria e farsi più accentuata. Capisce che in lui c’è anche molta paura. Lo sente da come è sottile la voce, dalle ombre che appaiono e scompaiono dal suo volto perfetto. Non crede sia un fatto meramente fisico, non è perché è vergine a quarant’anni. Pensa sia una faccenda sentimentale, infinitamente delicata da affrontare. C’è di più, nascosto dietro. Tra pieghe di sentimenti mai del tutto inespressi e un’intimità volutamente celata dagli sguardi indiscreti degli sconosciuti. Da una qualche parte oltre la volontà di amare, alberga il timore che il proprio cuore si spezzi di nuovo. Sherlock sta facendo l’impossibile per lui. Ciò che nemmeno per John Watson ha mai fatto. Victor lo capisce in quel preciso momento, mentre il fruscio della camicia che scivola a terra lo assorda come farebbe un boato. Tra il silenzio di quella camera d’albergo, vagamente asettica e fino ad allora testimone di quanto triste fosse diventata la sua vita, solo i loro respiri paiono voler rumoreggiare. Victor non smette di tremare, questa volta è lui ad aver paura. Gli sembra che il battere svelto del cuore si riesca a sentire anche a chilometri di distanza e perciò si domanda se anche Sherlock non sembri il tamburo di una banda.

La conclusione alla quale giunge, arriva come un lampo che squarcia il sereno. Victor si sente felice. Ha voglia di ridere e ballare. Vorrebbe disegnare. Disegnarlo. Dedurre tutto ciò che di lui ha dimenticato. E dopo un pensiero, un respiro e un tocco fugace appena accennato, l’ipotesi diventa sempre più realistica. Victor è felice e non riesce davvero a tenerselo dentro. Lui che negli ultimi anni ha dovuto mascherare persino troppo, adesso si lascia andare completamente.
«Lo so che sei nervoso ed è normale» esordisce. Victor gli ha afferrato le mani, le stringe tra le proprie. Ora ne bacia le nocche. Poi solleva lo sguardo e nuovamente sorride. Lo fa tra parole sussurrate e altre sospirate. Mentre Sherlock chiude gli occhi, si lascia appena un poco andare. «Ma se mi concederai l’onore di farmi condurre le cose, ti prometto che non sentirai niente.» La risata di Sherlock esplode con quello stesso gioioso fragore con cui un tuono inonda una nottata senza nuvole. Gli rimbomba nell’anima. Tiene ancora gli occhi chiusi e il capo reclinato indietro, e ride. Ride come non Victor lo ha mai sentito fare.
«Non è esattamente quello che qualcuno che sta per fare sesso vorrebbe sentirsi dire» scherza, sorridendo e questa volta c’è un velo di malizia in lui. Victor rotea gli occhi, si dà dello stupido. Cavolo, ha fatto una figuraccia!
«No, scusa intendevo dire che…»
«Baciami» gli dice, interrompendo le sue giustificazioni. Non è una richiesta. Sembra più che altro un ordine, pronunciato non del tutto seriamente. C’è un divertimento sfacciato nel suo sguardo, un ghigno che gli tira le labbra in maniera sagace. Tiene le lunghe braccia allacciate al collo di Victor e le dita a giocar coi capelli rossi. «Baciami!» Ed è una richiesta gentile, appena sussurrata. «Baciami e basta» ripete.

Baciarsi è lasciarsi alle spalle ogni cosa. L’imbarazzo, nato in un primo momento e poi scomparso. Una certa pena nel confessarsi pezzi della propria vita di cui entrambi discutono malvolentieri. Baciarsi è cacciar via fantasmi del passato, quelli di cui entrambi sono gelosi. In una certa maniera è come tornare in vita, ma questo, Victor crede lo terrà per sé perché Sherlock detesta la frasi sdolcinate. Baciarsi è cadere sul letto e ridere come due scemi. È premerlo contro al materasso e non smettere di toccarlo, farsi toccare e assaggiarsi porzioni di collo esposte. Baciarsi è fare l’amore per la prima volta. Con lui. Insieme. Baciare è farsi prendere da Sherlock, cavalcarlo senza tregua. Ridere per i suoi riccioli scuri che gli solleticano la base del collo. Ridere per le carezze ai fianchi. Per i baci sulla schiena e quelli alla nuca. Baciarsi è l’impeto del sesso. L’avere un ruolo attivo, controllare e dominare, ma mai troppo seriamente. Baciarsi è renderlo inerme, e soprattutto zitto! Anche se è lui a ricevere, Victor sente che quella è la prima volta che decide ciò che vuole da e per il proprio partner. Victor non è mai stato “in due” a fare l’amore. Non con Lui. Ma Sherlock è diverso e baciarsi con lui è aver voglia di farlo davvero. È non smettere mai e incalzare il ritmo. Baciarsi è rendersi conto che Sherlock Holmes, a letto, non sta fermo e immobile un singolo istante. Al contrario è una specie di demonio. Uno che è persino un po’ troppo bastardo per i suoi gusti. Infatti lo provoca, lo stuzzica. Lo afferra per le natiche e poi le stringe. Con forza. Lo fa impazzire e porta al limite, salvo poi allontanarsi e far finta di nulla. Innocentemente stronzo. Baciarsi è non smettere mai di farlo, una spinta dopo l’altra. Sempre più svelti. Uniti. In una sintonia perfetta trovata chissà come. Baciarsi è cercarsi sempre. Anche dopo che hanno raggiunto il culmine, e che crollano nudi e sfatti sul letto. Baciarsi è Sherlock Holmes.

«Cosa siamo?» domanda Victor all’improvviso. Nel bel mezzo di una notte ormai tranquilla. Son passate ore e già forse è mattino inoltrato. Ma a nessuno di loro pare importare. Anche se non hanno dormito, ma questo è un altro discorso. Non hanno parlato, mai. Bastavano i respiri, qualche carezza. Una o due occhiate, una risatina. Un sospiro. E sesso, di nuovo. Loro, illuminati a stento dal filo di luce che entra dalle tende. Ridere, di niente a dire il vero ma perché fa bene al cuore.
«Sei ancora innamorato di lui.» Quella di Sherlock non è una domanda. Afferma e lo fa con determinazione, perché lo sa. Anche se è assurdo perché Victor, Lui lo odia davvero. E c’è una sottile vena di tristezza a colorargli la voce, una nota amara che gli adombra lo sguardo. Non ha bisogno di chiedere, ha capito. E Victor non risponde, non serve. Non tra loro. Mai, tra loro.
«E tu di John» ribatte. Ora s’è voltato su un fianco, sorregge la testa con una mano e non smette mai di guardarlo nel buio. Sherlock fa altrettanto. Col volto voltato da un lato.
«Tra me e John è diverso, e lo sai. Io e lui non siamo mai stati niente.»
«E noi?» chiede Victor. Poi gli monta sopra, si siede sulle sue cosce. Gli carezza il petto con le punte delle dita, lascia che frema e sospiri. Gli concede del tempo, poi attacca. E non c’è pietà. «Noi cosa siamo?»
Questa volta Sherlock non risponde, ma le dita che vanno a cercare quelle di Victor e s’intrecciano alle sue, sono una risposta sufficiente. Mai, tra loro. Mai servono troppe parole. Ora tutto ciò che basterà è una briciola in più di onestà. Sapere di esser qualcosa. Agire invece che trattenersi. Baciarsi invece che non farlo. E lo sanno. Entrambi.

«Siamo che…» Ma le parole s’interrompono, muoiono appena su labbra bagnate di baci. E dita ancora unite. «Siamo che al Queen’s Theatre danno Les Misérables. Ci verresti con me?»
«Tu odi Les Misérables.»
«Amo di più te.»

Sono questo, in realtà. Anche dopo anni. E c’è un’altra storia che andrebbe raccontata. Quella di loro insieme a Baker Street. Quella di un John Watson che accenna malinconici stralci di gelosia, carichi di un’amarezza che sa di troppo tardi. Quella di disegni sparpagliati ovunque e di una passione verace consumata tra casi e cadaveri. C’è la storia di Les Misérables, che Sherlock ancora odia e che non capisce che cosa ci trovi di bello Vic. C’è la storia di quella tazza di tè che vive accanto a una riempita di caffè; perché Victor ancora lo odia, il tè. C’è Portobello Road che risuona nell’aria al mattino presto, fra tracce di colore colate sul pavimento. C’è tutto e Victor lo vede. Vede ogni dettaglio. Come fosse una tela. E nel farlo sorride. Se succederà o meno… beh, non può dirlo. E non lo sa, ma non è una semplice traccia vaga nella sua mente. Non è da solo a dipinger quel quadro, la felicità che gli risuona nel cervello e che grida per esser vista non è un vecchio fondale dipinto da una sola parte. Non più. Ma Victor non sa nulla. In questa notte che sa di giorno c’è solo il loro baciarsi, che ha mille e più sfaccettature. Ci sono loro che ricominciano a far l’amore, ma questa è davvero un’altra storia.
 
 


Fine
 
 
 
Annotazioni: Al Queen’s theatre danno (o davano comunque) davvero una rappresentazione teatrale de: Les Misérables.

Finale vagamene scrubsiano… Come avrete notato ho abbassato il rating ad arancio, perché non sarà mica una vera lemon questa cosa!
Devo ringraziare tutti coloro che hanno seguito questa storia.
Koa
   
 
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