Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: Gelatin    11/10/2017    3 recensioni
[Snow King!AU] [Sebastian/Ciel]
Nell'immenso castello del Sovrano dei Ghiacci, il giovane Ciel tenta di sopraffare la crescente attrazione che l'ha spinto a seguire il demone, lasciandosi il suo passato e i suoi cari alle spalle.
Sebastian lo istruisce alle arti magiche, è un insegnante paziente, affascinante e spaventosamente potente, che non si esime dal tentare il ragazzo coi suoi modi carezzevoli.
Sullo sfondo di un luogo perennemente immerso nella neve, inconsapevole di tutto, Elizabeth si mette in cammino, alla ricerca della persona che ha già voltato le spalle al sole.
Dal testo:
''Tu tremi'' sentenziò l'uomo, abbandonando l'enorme, candida slitta. Lo prese per i fianchi e lo adagiò accanto a sé, avvolgendolo nella voluminosa pelliccia.
Il ragazzino rabbrividì.
L'individuo lo fissò lungamente, poi si chinò su di lui, sfiorando la sua bocca in un bacio delicato, e Ciel non sentì più freddo.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri personaggi, Ciel Phantomhive, Elizabeth Middleford, Sebastian Michaelis
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Crows In Snow

 

Quando Sebastian si era precipitato fuori dal proprio studio, Ciel era rimasto a fissare spaesato il vuoto: non riusciva ancora a elaborare pienamente le parole fuoriuscite dalla sua bocca, quasi le avesse proferite in una lingua incomprensibile. Era certo il suo raziocinio fosse scomparso assieme all'ultimo svolazzio del mantello del demone, proprio oltre l'uscio; se aveva davvero sentito bene, starsene lì impietrito era una pessima idea.

Con bambina intendeva Elizabeth, forse? Quel pensiero aveva un ché di folle: come poteva mai essere riuscita lei ad arrivare fin lì, in quel territorio impervio dove neppure una volta aveva visto aggirarsi anima viva?

In effetti, dalla notte trascorsa con Sebastian, non aveva più pensato a Lizzy, era come sparita dalla sua mente. Che il Sovrano fosse l'artefice di tale sparizione era indiscusso.

Quasi meccanicamente, ripercorse il tragitto del demone, abbandonando la camera; si catapultò nel corridoio buio e con la stessa, spossata, lentezza, tornò al margine delle scale.

Guardando in basso nell'intricata chiocciola della gradinata, gli fu impossibile intravedere null'altro oltre alla luce del salone, fioca e azzurrognola.

Strinse il corrimano sovrappensiero: ovviamente, se Elisabeth era davvero lì, non poteva lasciarla alla sua sorte, in balia del Sovrano; impallidiva al sol pensiero di cosa avrebbe potuto farle.

Il suo cuore, dopo molti giorni si silenzio, prese a pompare disarmonicamente, levandogli il fiato: era passato troppo tempo dall'ultima volta che aveva provato paura per non lasciarsi scombussolare dal pressante disagio che sentiva su di sé.

Si sedette sul primo scalino, rannicchiando le ginocchia al petto, un palmo premuto sulla bocca; non giungeva nessun suono dal piano inferiore, segno Sebastian doveva essere ancora da solo. Fu tentato di correre fuori dal palazzo e intimare Lizzy di andarsene, ma sarebbe stato inutile: sapeva essere dannatamente testarda, lei, e neppure il demone si sarebbe voluto privare del delizioso intrattenimento offertogli dalla ragazzina.

Perso nelle proprie riflessioni, non notò il Sovrano salire i gradini quietamente, con la solita eleganza; si accorse effettivamente della sua presenza solo quando questi si fermò qualche scalino più in basso, squadrandolo in silenzio.

Ciel alzò il viso su di lui, attendendo parlasse. Ciò non avvenne, cosicché prese lui l'iniziativa.

''Cosa hai intenzione di farle?'' domandò.

Sebastian rispose con fin troppa flemma: ''Abbiamo una visita inaspettata'' decentrò il soggetto del discorso ''È un problema. Non amo far fronte agli imprevisti.''

''Chi?''

''Un altro umano.''

Il ragazzino aggrottò le sopracciglia, il demone proseguì.

''Capirai bene non posso lasciarli girovagare per il castello. Cosa dovrei fare?''

Ciel strinse la stoffa della tunica fino a farsi sbiancare le nocche. Ucciderli entrambi, naturalmente, sarebbe stata la scelta più logica, ma non vi era modo gliela proponesse -non che ce ne fosse il bisogno-; allontanare Elizabeth con un incantesimo sarebbe dovuto essere fattibile, per il Sovrano.

''Non puoi mandarla via in alcun modo?'' propose speranzoso ''La tua magia non ha eguali, so che puoi farlo!''

''E poi?'' ribatté l'altro ''Quella ragazzina è incredibilmente cocciuta, non tarderà a ritornare: sarebbe un bel fastidio.''

Il giovane spostò lo sguardo ai propri piedi, sconsolato. Ancora una volta l'incantesimo del demone si era dimostrato troppo fiacco su di lui; voleva il proprio cuore smettesse di martellare incessantemente, agognava di ritornare alla vuota pace dei giorni precedenti.

Di getto, propose l'unico pensiero coerente che gli era passato fino a quel momento per la testa.

''Andiamocene di qui, allora.''

L'espressione di Sebastian mutò rapidamente; il suo cipiglio si fece pensieroso, a metà tra il perplesso e il contrariato.

''Per andare dove?''

''Ovunque, ovunque tu vorrai''

Il Sovrano sembrava star ponderando sul serio l'idea, così insistette: ''Il mondo è grande, sono certo imparerò molto più in fretta facendo esperienza!''

Fossero fuggiti il più lontano possibile, Ciel era certo la sua tranquillità non sarebbe stata più turbata da nulla: avrebbe dimenticato tutti i suoi affetti nella propria vita immortale, lasciando appassissero e si ricongiungessero alla terra senza neppure se ne accorgesse. In qualche modo stava facendo il loro bene, con quel patetico tentativo; presto o tardi anche Elizabeth si sarebbe scordata di lui, ritrovando la felicità e trascorrendo una vita serena.

La sua, di esistenza, apparteneva per intero al demone, ormai.

Si era perso a studiare le proprie dita affusolate strette sulle ginocchia esili, e di Sebastian riusciva a intravedere solo gli alti stivali scuri; non aveva abbastanza coraggio per guardarlo in volto, temendo la reazione alla sua proposta.

In quei minuti saturi di silenzio, pensò a tutte le possibili risposte che avrebbe potuto ricevere ma, ancora una volta, il Sovrano fu imprevedibile. Senza emettere un suono, si volse e ridiscese le scale, tornando nel salone.

Ciel strabuzzò gli occhi, incredulo.

Se Sebastian aveva preso una decisione, sarebbe stato impossibile dissuaderlo. Si acquattò meglio sul gradino e crollò la testa tra le ginocchia, sconfitto.

''Cielo, il rapimento mi fa sembrare una persona orribile'' una voce maschile rimbombò per la sala. Lizzy si trovò al cospetto di un uomo slanciato e incredibilmente bello, che la squadrava dall'alto del suo trono con un sorriso sprezzante. I suoi occhi sanguigni erano pungenti, penetranti, eppure non si lasciò intimidire, avanzando nella sala.

''È venuto da me di sua spontanea volontà, lo sai? E per provarlo, guarda'' alzò una mano e schioccò le dita. Appena il riecheggiare del gesto cominciò ad attenuarsi, dei passi felpati presero il suo posto, letargici e atrocemente familiari.

La ragazzina raggelò ancor prima che Ciel facesse la sua comparsa da dietro una colonna.

''Si è adattato tanto splendidamente al mondo del ghiaccio.'' ridacchiò il Sovrano, mentre il giovane procedeva adagio.

I suoi arti in genere tanto cerei avevano assunto sfumature bluastre e la sua pelle, in quel gelo insostenibile, era coperta a malapena. Non c'era più traccia del suo sorriso sereno, neppure una pallida ombra.

''Perché sei venuta, Elizabeth...''

Lei gridò il suo nome.

L'avrebbe riportato indietro e guarito dalla maledizione del demone, Sullivan ci sarebbe certamente riuscita: non era troppo tardi, bastava solo prendesse la sua mano e corressero via insieme, verso la loro vita gioiosa e spensierata.

''Volevo restassi vicino al davanzale con le rose in fiore.'' la sua voce flebile fu appena udibile, come attutita dal gelo. Lizzy fece un passo avanti, le lacrime più incombenti che mai.

''Ciel! Andiamo a casa insieme!'' lo implorò.

''Impossibile'' tagliò corto ''Il mio cuore è congelato'' avanzò di qualche altro passo, le mani al petto, quasi ricercasse quel battito assente di cui aveva appena parlato. Oltre la cornice delle ciglia, i suoi occhi in passato così carichi di vita erano ora smorti e assenti; il destro aveva perduto lo strabiliante blu zaffiro che l'aveva tanto deliziata, offuscandosi in un violetto spento.

La ragazzina trasalì, tuttavia le fu impossibile distogliere lo sguardo.

''E quest'occhio appartiene al diavolo'' il suo tono piatto si fece impercettibilmente più malinconico ''Non posso più tornare né alle rose meravigliose né ai tiepidi giardini. Quest'occhio vede solo uno sterile mondo ghiacciato.''

Cercò di mandare giù le lacrime per ribattere, ma Arthur fu più rapido.

''Questo non è vero! Se non ti arrendi, puoi sempre provare di nuovo! Sei ancora giovane!''

Ciel sembrò tentennare un attimo a quelle parole, ma poi il suo palmo si congiunse a quello del Sovrano e un'impetuosa folata di vento li disgiunse da loro, sferzandoli feroce e rintronando nell'immensa sala.

''Addio, Elizabeth.'' fu il sussurro udibile nel fragore della tormenta.

Lizzy venne scaraventata sul pavimento, le braccia tese davanti al volto per schermarsi dalla tempesta, un urlo incastrato in gola.

Non appena la furia della bufera si attutì, si guardò intorno, ma del Sovrano e di Ciel non vi era più traccia.

La consapevolezza sbocciò in lei, lenta e brutale, e raggiunse l'apice della propria fioritura col suo singhiozzo sconfitto, principio di un pianto smodato. Picchiò le mani sul suolo, osservando al di là della vista annebbiata le lacrime scendere frenetiche e disintegrarsi sul ghiaccio.

Ciel se n'era andato, e tutto nella sua logica spietata le suggeriva sarebbe stato per sempre. Il suo cuore, allora, era davvero un insalvabile frammento esangue, immemore dell'affetto che l'aveva animato in passato?

Non riusciva a credervi. Non voleva farlo.

In che modo avrebbe potuto affrontare un'esistenza in solitudine, persa la sua persona più cara? Una vita interminabile si snodava davanti a lei nel suo intrico di inesorabile sofferenza. Aveva così tanta paura!

Arthur, dopo essere riuscito a rimettersi in piedi, le aveva poggiato ambedue le mani sulle spalle, nel tentativo di consolarla. Lizzy quasi non se ne accorse; fu la voce cauta e gentile dell'uomo a scuoterla.

"Non c'è più nulla da fare. Il Sovrano l'ha portato via con sé, restare qui è da sciocchi" alla mancanza di reazioni accentuò la stretta "Sono certo starà bene."

"Come potrà mai stare bene?" gemette "La sua anima è stata ghermita da un demone: è condannato alla pena eterna!" Arthur fu incapace di ribattere; accompagnò la fanciulla nell'alzarsi e continuò a sorreggerla quando fu in piedi.

"Dobbiamo andare."

Lizzy alzò lo sguardo sulla volta del palazzo che, leggera, aveva iniziato a smembrarsi in minuscoli frammenti gelidi e luccicanti. Venne tirata via per un braccio, dopo essere riuscita a dare un'ultima occhiata al trono ormai simile a un globo azzurrognolo dai bordi indefiniti e alle colonne disgregate dal medesimo alone. Una pioggia di scintilli l'avvolgeva, sciogliendosi all'incontro con la sua carne. Avanzarono per metri, fino al margine del bosco, prima di arrestare la loro corsa. Arthur, il viso paonazzo per il freddo, cercava di riprendere aria. La ragazzina si concentrò sul castello che, di lontano, pareva ascendere al cielo in un velo di luce: un'ultima goccia di disperazione le attraversò la gota. Poi, voltatasi verso l'uomo, si sforzò di mantenere la calma.

"Prendi" disse, sfilandosi il cappotto "Non sarà molto, ma ti scalderà un po'."

Questi le sorrise dolcemente, scuotendo il capo.

''Non ce n'è bisogno, pensa tu a stare al caldo.''

La fanciulla sbuffò, circondando l'uomo con la cappa troppo stretta.

''A qualche ora di cammino'' spiegò ''C'è Nina, l'ultima donna che mi ha ospitata durante il mio viaggio. Se ci sbrighiamo, dovremmo arrivare prima del tramonto'' esitò un istante ''Grazie per ciò che hai fatto prima. Quello che hai detto a Ciel è stato molto bello.''

L'uomo, ancora una volta, negò umilmente:''Io... ho dieci fratelli, uno di all'incirca la sua stessa età. Sai, anche lui è scomparso diversi anni or sono, ed è per questo che mi trovo qui'' strinse le labbra fino a farle sbiancare ''Ma presumo sia troppo tardi, ormai. Non ringraziarmi, quindi, mi è venuto spontaneo.''

''Le tue parole erano comunque ricche di sincerità: l'ho apprezzato davvero.''

Arthur non parve troppo convinto dall'ostentata fermezza di Lizzy, ma non lasciò lo notasse. Cercando di infondere a quella bambina un granello della propria serenità, si fece forte, riconducendola nel bosco ed evitando si volgesse a guardare un'ultima volta il castello, carcassa di uno splendore distrutto e spazzato via dalla bufera.

Aprì gli occhi per trovarsi circondato dalla neve: le pareti limpide del palazzo, i soffitti sconfinati, le colonne slanciate, tutto era scomparso, inghiottito dai fiocchi inarrestabili.

Era stato lui, quasi incondizionatamente, a provocare quella tempesta, proprio nel momento in cui Elizabeth si slanciava per fermarlo e il Sovrano lo copriva col proprio manto, a metà tra una protezione e una gabbia. In pochi secondi, aveva perso cognizione dello spazio e del tempo e si era stretto d'impulso al corpo del demone, ricercando il suo sostegno.

Quando aveva riaperto gli occhi, si era trovato un'altra volta immerso nella neve, alta e lattea come quella attorno al castello. Erano circondati dalla desolazione: soltanto il Sovrano coi suoi lunghi abiti e il suo crine nero, simile alle piume di un corvo, discordava col paesaggio. L'aveva lasciato per inoltrarsi di qualche passo, i tacchi già del tutto affondati della massa bianca, abbagliante sotto ai morenti raggi del sole.

''Perché?'' chiese.

Il Sovrano lo scrutò di sottecchi con un cipiglio illeggibile.

''Non volevo scontentarti'' si limitò a rispondere ''In fondo, spostarci sarà meglio per la tua formazione''

Tornò sui propri passi, fermandosigli difronte; gli carezzò prima una ciocca di capelli, poi il contorno della mascella e infine il mento.

''La vita di un essere umano è infinitamente caduca: per te che possiedi l'eternità sarà poco più di un battito di ciglia. La memoria, in una creatura imperitura, è differente rispetto a quella di un mortale; imparerai presto a considerare il passato come le pagine di un vecchio diario, dandogli la relativa importanza.''

Capì cosa voleva insinuare.

''E a te, invece? Che importanza dovrò dare?'' domandò, ammirando il sorriso allargarsi sul suo volto.

''Quella dovuta, ovviamente.''

Credette volesse baciarlo, ma quando le sue labbra furono a un soffio dalle proprie, facendole fremere sotto al suo respiro caldo -unico tepore in quel luogo gelido-, questi si scansò, allontanandosi.

Ciel si guardò i piedi immersi nella neve. Ovviamente, non poteva percepire il freddo, ma la consistenza di questa sulla pelle nuda gli provocava una sensazione strana, sgradevole. Sebastian parve notarlo, poiché retrocesse nuovamente e lo sollevò da terra senza sforzo, accogliendolo, come il giorno del loro primo incontro, tra le sue braccia.

Il ragazzo ne approfittò per affondare il naso nell'incavo del suo collo e ispirarne il profumo, finalmente tranquillizzato.

"Sei tiepido." sussurrò, le dita inabissate nella pelliccia che gli avvolgeva le spalle.

"Sono i vestiti, non io" smentì Sebastian "Tu, invece, serbi ancora un po' di calore corporeo."

"Ti dà fastidio?" domandò. Percepì la presa del demone stringersi sulle sue cosce.

"No, non particolarmente. È passato molto tempo dall'ultima volta che ho percepito del tepore.''

Ciel chiuse gli occhi, godendosi quel contatto effimero e lieve con un mugugno soddisfatto.

Non seppe mai se, anche quella volta, il Sovrano avesse utilizzato qualcuno dei suoi incantesimi -neppure in futuro, quando il suo cuore sarebbe definitivamente inaridito e la magia gli avrebbe serpeggiato nelle vene-, ma la paura scomparve lasciando il posto alla pace e pure la neve, instabile e leggera, gli parve d'improvviso più calda.





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Sì, è finita. Finalmente. Ci credo ancor meno di voi.
Appurato il fatto che, non peroccupatevi, mi rendo conto di aver postato di nuovo ampiamente in ritardo, passiamo ai ringraziamenti da premio oscar perché, con la mia poca -quasi inesistente- costanza, non pensavo avrei mai finito questa fanfiction in tempi umani -puntavo al dono dell'immortalità da parte di Sebastian, sinceramente.
Mi sono permessa di cambiare alcune battute di Arthur nel capitolo, per renderle più generiche -nello spin-off, essendo tutto un suo sogno e conoscendo già Ciel, gli si riferisce con l'appellativo 'conte' e sa anche quanti anni ha-. Per il resto, ho cercato di essere il più fedele possibile all'originale, inciucci amorosi a parte  e manco tanto.
Un grosso bacio a tutti coloro che sono stati capaci di seguire la storia fino alla fine -siete degli eroi, sappiatelo- e ovviamente a Seyasil, raku, Hyacinth_ e Haise_Sasaki per le bellissime parole che mi hanno lasciato. Siete adorabili, grazie!
Spero di trovare il coraggio e l'ispirazione per postare nuovamente qualcosa qui su efp e, perché no, su questo bellissimo fandom.
Ancora una volta, grazie di cuore, il vostro supporto mi è stato vitale!
Sperando non passi troppo tempo,
arrivederci! *sventola tragicamente fazzoletto*
 
   
 
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