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Autore: Nakashy    11/10/2017    0 recensioni
Un ragazzo insieme al suo grifone vanno alla ricerca di spiegazioni su chi sono e quali sono i limiti dell'Alchimia
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: Incompiuta
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Alchimia Una Vita per Una Vita Chrys e il suo suolar si mossero nella crescente penombra del salone, bene attenti a restare da un lato,dove non potevano essere visti dalla cucina. Le tre lunghe tavole, che correvano da un capo all'altro della sala erano già apparecchiate con argenti e cristalli scintillanti, sui quali si raccoglieva una scarsa luce e con le panche già pronte per accogliere gli ospiti. In alto, nel buio, erano appesi i ritratti di precedenti Maestri Alchemici. Chrys raggiunse la predella rialzata, si guardò alle spalle verso la porta della cucina e, non vedendo nessuno, salì con un salto lo scalino che portava alla tavola d'onore. I posti dei commensali erano apparecchiati d'oro, non d'argento, e ad accompagnarli non c'erano semplici, panche di quercia, ma quindici alte sedie di marmo con soffici cuscini di velluto. Chrys si fermò accanto alla sedia del Gran Maestro Alchimista e diede seccamente un colpetto al bicchiere più grosso. Il suono prodotto dal bicchiere echeggiò chiaro nel salone del banchetto. «Tu non stai prendendo sul serio questa cosa>> bisbigliò il suo suolar. «Bada a quel che fai». Il suo suolar, il cui nome era Alatariel, era un piccolo grifone dalle dimensioni di un gatto, di un colore blu scuro quasi tendente al nero ma con delle striature dorate nel piumaggio. «Stanno facendo troppo rumore per sentirci dalla cucina» gli bisbigliò lui in risposta. «E il maggiordomo non viene fino a che non suona il doppio rintocco per la cena. Smetti di agitart»i. A ogni modo, però, fermò il cristallo suonante con il palmo della mano e Alatariel lo precedette cercando di volare fino a infilarsi nello spiraglio della porta semi aperta del Salotto Alchemico Privato, sul lato opposto della predella. «Non c'è nessuno» sussurrò. «Però dobbiamo fare in fretta». Curvandosi dietro un'altra tavola, Chrys si sbilanciò in avanti e superò la porta; poi si raddrizzo e si guardò intorno. La luce che vedeva lì dentro veniva dal caminetto, dove una vivida fiamma di ceppi si assestò lievemente sotto il suo sguardo, spruzzando faville su per la canna fumaria. Lui aveva trascorso la maggior parte della sua vita rinchiuso dentro al Collegio, ma non aveva ancora visto quella stanza; a essa venivano ammessi solo gli Alchimisti e i loro ospiti, e mai ragazzini alle prime armi con l'alchimia. Neppure le cameriere vi potevano entrare a fare le pulizie; quel compito era riservato al Maggiordomo del proprietario dello Studio Alchemico Privato. Alatariel si appoggiò a un polpaccio. «Contento adesso? Possiamo andare?» bisbigliò. «Non fare il guasta feste! Voglio controllare meglio in giro!» Era una stanza vasta, con un tavolo ovale di ciliegio lucidato sul quale si trovano vari bicchieri e caraffe piene d'acqua e una rastrelliera d'argento con una fila di pipe. Su una credenza li accanto c'era uno scalda vivande e un cestino di frutta secca. «Si trattano notevolmente bene, eh Al?» disse lui sotto voce. Si accomodò in una delle grandi poltrone blu di cuoio, la quale era talmente profonda che si ritrovò quasi disteso, ma, nonostante ciò, riusci a tirarsi su e a posizionare le gambe sotto di sé per osservare i ritratti alle pareti. Alcuni vecchi e malinconici Alchimisti, probabilmente togati, alcuni barbuti e altri no, guardavano fissi dalle loro cornici con aria di solenne disapprovazione. «Di cosa potranno parlare, secondo te?» disse Chrys o, piuttosto, cominciò a dire, perché prima ancora che potesse terminare la domanda sentì delle voci al di fuori della porta. «Dietro la poltrona!» bisbigliò Alatariel e in un batter d'occhio Chrys lasciò la porta e si trovò rannicchiato dietro essa. Non era il miglior nascondiglio del mondo; ne aveva scelta una che si trova quasi al centro della stanza, e a meno di non restare proprio fermo e zitto... La porta si aprì e nella stanza la luce cambiò; uno dei nuovi venuti portava una lampada, che poi appoggiò sulla credenza. Chrys poté vedere le gambe, con i pantaloni giallo cupo e le scarpe grigie lucidate. Era un servitore. Poi una voce molto profonda disse «E' già arrivato Baeron?» Era il Maestro Brom. Chrys vide che il servitore non era in possesso di un suolar – infatti non tutti possono essere in possesso di un suolar - . in fine anche i piedi del Maestro entrarono nella visuale, con le vecchie scarpe che portava in continuazione. «No, Maestro» disse il Maggiordomo. «E neppure dal molo». «Probabilmente avrà appetito, quando sarà arrivato. Lo faccia accomodare nella sala, d'accordo?» «Molto bene Maestro.» «Spero che abbia fatto come le ho detto?» «Si maestro. Un vino della sua riserva personale, come lei aveva ordinato. Sua Signoria lo apprezza gradatamente, se ben ricordo.«» «Bene. Ora potete andare lasciatemi solo, per cortesia» «Come desidera Maestro, vi devo lasciare la lampada?» «Si grazie, la lasci qui anche quella. Passi a regolare lo stoppino prima dell'ora di cena, d'accordo?» Il domestico si chinò leggermente in avanti e si voltò per andarsene, da dove era nascosto Chrys osservò il gran Maestro dirigersi verso un grosso armadio di quercia posto in un angolo nascosto della stanza, prende la toga da un attaccapanni e la indossa con molta fatica. Il Maestro era stato un uomo assai forte, ma aveva ormai da un pezzo superato i sessant'anni e i suoi movimenti erano rigidi e lenti. Il suolar del maestro era un gufo e quando la toga fu a posto saltò giù dall'armadio e si sistemò su una spalla. Chrys sentiva la grande ansia di Alatariel, malgrado il suo assoluto silenzio. Quanto a lui, si sentiva pieno di eccitazione. La persona nominata dal Maestro, Baeron era suo fratello, un uomo per cui nutriva grande ammirazione e timore. Si diceva che fosse coinvolto in azioni politiche, e alcune esplorazioni segrete, in guerre remote e lui non sapeva mai quando poteva riapparire. Era un uomo di straordinaria energia: se lo avesse sorpreso lì dentro, sarebbe stato severamente punito, ma sarebbe stata una cosa che poteva sopportare. Quello che vide subito dopo, tuttavia, mutò completamente le cose. Il maestro tirò da una tasca una cartina ripiegata e la posò sul tavolo. Tolse il coperchio dalla caraffa piena del ricco vino, dispiegò la cartina e fece cadere un filo sottile di polvere dorata nella caraffa; poi accartocciò la carta e la gettò nel fuoco. Poi prese una matita dalla tasca, agitò il vino fino a che la polvere non si fu sciolta, e rimise il coperchio al suo posto. Il vino rosso donato dal maestro divenne rosato dopo che ci versò la polvere. Il suo suolar fece un breve grido, rauco ma tenue. Il Maestro replicò sottovoce, e si guardò intorno da sotto il cappuccio con gli occhi rannuvolati, prima che potesse lasciare la stanza dalla medesima porta da cui era entrato. Chrys sussurrò «Alatariel hai visto cosa ha fatto in Maestro?» «Certo che ho visto Chrys! E adesso sbrigati prima che arrivi il Preside.» Mentre le sue parole vennero sovrapposte da un singolo colpo di campana, proveniente dalla parte opposta del salone. «È la campana del Preside!» disse Chrys. «Pensavo che avessimo molto più tempo». Alatariel corse sbattendo in fretta le ali fino alla porta che dava verso il salone, e tornò indietro altrettanto in fretta. «Il Preside è già arrivato» disse. «E non si può uscire dall'altra porta». L'altra porta la quale era entrato e uscito il Maestro, si apriva sulla biblioteca la quale era la la sala comune per gli Alchimisti. A quest'ora era più che affollato di uomini e poche donne che si infilavano in frettala toga del collegio per andare a cena, o si affrettavano per lasciare delle carte o valigette nella biblioteca prima di passare nel salone. Chrys stava pensando di andarsene da dov'era venuto, contando di avere qualche altro minuto prima che suonasse la campana del Preside. E se non avesse visto il Maestro far scivolare quella polverina nel vino avrebbe forse potuto correre il rischio di affrontare l'ira del Preside, o sperare di riuscire a passare inosservato nel trambusto del corridoio. Ma ora si sentiva confuso e ciò lo fece esitare. Poi senti dei passi pesanti risuonare predella. Stava arrivando il Direttore per assicurarsi che il Salotto privato fosse pronto e in ordine per quando gli Alchimisti più in lustri vi si sarebbero recati dopo cena per godersi il vino e quella frutta secca. Chrys e Alatariel si precipitarono verso l'armadio di quercia lo aprì e si nascosero al suo interno, chiudendo l'anta dell'armadio nello stesso istante in cui entrava il Direttore. La stanza era tappezzata di colori scuri, le tende nere come l'eclisse, quando vengono tirate in pieno giorno non passa nemmeno un raggio di sole. Il pavimento era di colore scuro, per l'esatteza marmo nero con piccole venature bianche. Sentì il Direttore con il suo pesante respiro, e attraverso la fessura dell'anta dell'armadio non perfettamente chiusa lo vide riordinare meglio le pipe sulla rastrelliera e gettare uno sguardo a bicchieri e caraffe. Si rimise apposto i capelli sopra alle orecchie con i palmi di tutte e due le mani. Del Direttore Chrys aveva paura. L'aveva già picchiato un paio di volte per aver trasgredito delle regole, se lo avesse scoperto dentro l'armadio del Salotto Privato sarebbe stato un bel problema. Chrys senti un sottile bisbiglio, ovviamente Alateriel si era seduto accanto. «Adesso siamo costretti a rimanere qui dentro. Ma per quale motivo non mi dai mai retta?» Lui non replicò fino a che il Direttore non ebbe lasciato la stanza. «Ho fatto bene a non darti retta!» bisbigliò in risposta. «Altrimenti non avremmo visto il Maestro che avvelenava il vino. Al, quel vino di cui aveva chiesto il Maggiordomo! Vogliono uccidere Baeron!» «Tu non lo sai che quello era veleno». «Ma certo che era veleno. Non ti ricordi che ha fatto uscire il Maggiordomo dalla stanza prima di farlo? Se fosse stata una cosa innocente non avuto importanza che lo vedesse il Maggiordomo. Sono giorni che ne parla tutta la servitù. Al, abbiamo la possibilità di impedire una tragedia». «Non ho mai sentito una cavolata simile» disse lui seccamente.« Come pensi di riuscire a starcene qui fermi per quattro ore stretti stretti dentro questo armadio? Lasciami uscire a dare un'occhiata in corridoio, così ti dico quando la via è libera». Con cautela si avvicinò all'apertura dell'anta unica fonte di luce in quel momento e vide la sua ombra apparire. «È inutile Al, ho deciso di rimanere» disse.«Qui c'è un'altra specie di toga. Ora la metto qua sotto e mi ci sistemo per bene, devo vedere quello che fanno e basta.» Era in posizione accovacciato. Ora si alzò in piedi, con grande attenzione, cercando al tatto gli attaccapanni per non far alcun tipo di rumore, e capì che quell'armadio era più ampio di quanto gli forse parso. C'erano diverse toghe del Collegio con tatto di cappuccio, alcune orlate di pelliccia e per la maggior parte foderate di seta o cotone. «Ma saranno tutte quante del Maestro?» si domandò in un bisbiglio. «Magari quando prese le sue lauree ad honorem da qualche altro collegio, gli davano toghe particolari e lui le tiene qui per ricordo... Al, tu pensi che non sia veleno quello che è stato versato nel vino?» «No» disse.«Penso che lo sia, come te. E penso che non sono problemi nostri. E penso che non dovremmo interferire sarebbe la cosa più sciocca che tu abbia mai fatto in tutta la tua via. Non ci riguarda affatto». «Non fare lo stupido» disse Chrys.«Non posso starmene qui a guardare o andarmene mentre lo avvelenano». «E allora andiamocene via da qualche parte». «Sei un codardo a dire così, Al ». «Certo che non lo sono un codardo. Posso domandarti come hai intenzione di fare? Salti fuori dall'armadio e togliergli il bicchiere dalle dita? Ha cosa avevi pensato?» «Non avevo pensato ancora a niente e tu lo sai benissimo» disse lui sotto voce con asprezza. «Ma ora che ho visto quello che ha fatto il Maestro, non ho altre alternative. C'è una cosa chiamata coscienza e ne dovresti sapere qualcosa anche tu , no? Come potrei andare in biblioteca o da qualunque altra parte e starmene seduto a girarmi i pollici, sapendo l'evento che sta per succedere? Non è di certo quello che ho intenzione di fare, stanne pur certo». « Insomma questo è quello che desideravi fin dal principio. Nasconderti qua dentro a spiare cosa facevano. Come non ho fatto a non rendermene conto subito?» «Ma non sono affari nostri! Se loro si vogliono godere i loro bravi segretucci te dovresti sentirti superiore e lasciarli in pare mentre si divertono. Spiarli di nascosto è roba di bambini di cinque anni». «Lo sapevo che mi avresti detto così. E adesso piantala di lamentarti di tutto». Restarono entrambi in silenzio per un po, Chrys scomodamente seduto sul duro e freddo pavimento dell'armadio e Alatariel gli si rannicchiò per riposare davanti al suo amico. Chrys sentiva i pensieri affollarsi, scontrarsi in modo confuso nella sua testa e non avrebbe chiesto di meglio che condividerli con il suo suolar ma c'era l'orgoglio a impedirglielo. Forse era meglio risolverli senza aiuto. L'elemento che dominava era l'ansia non per se stesso, si era messo molto spesso da esserne abituato. Era per Baeron che si sentiva ansioso, e poi non capiva che senso avesse tutto ciò. Non accadeva spesso che lui venisse in visita al Collegio, e il fatto che quello fosse un periodo di forti tensioni politiche significava che non era venuti soltanto per mangiare, bere e fumare con degli vecchi amici e insegnati. Sapeva che suo fratello sia il Maestro facevano parte del Consiglio del Collegio, l'organo consultivo speciale del Srovaintendente e quindi forse si trattava di faccende di quel tipo, riunioni del Consiglio del Collegio si tenevano il più delle volte nell'ufficio del Preside, non nel Salotto Privato del Collegio. Poi c'erano delle voci che da diversi giorni continuavano a scambiarsi sotto voce gli alchimisti e la servitù del Collegio. Si sentiva dire che dei troblin avevano invaso il Jordord, e si stavano dirigendo a Nord verso Ardatra, da dove sarebbero stati in grado di dominare il Mar Asreil e alla fine di sopraffare tutta la parte occidentale della regione di Atlen. Baeron era stato nel remoto Nord, l'ultima volta che l'aveva visto stava preparando una una spedizione verso il Monte Argento. «Pan» bisbigliò. «Si» «Secondo te, si scatenerà una guerra?» «Non ancora. Baeron non verrebbe a cena qui se dovesse scoppiare una guerra settimana prossima o giù di lì». «Lo pensavo anche io, ma poi?» Chrys si raddrizzò e appoggiò l'orecchio alla fessura della porta. Era il maggiordomo che veniva a sistemare la lanterna che gli aveva ordinato il Maestro. La sala comune e la biblioteca erano illuminate a luce ambarica, ma per il Salotto Provato gli Alchimisti continuavano a preferire le vecchie e più dolce lampade con le candele. E finché viveva il Maestro le cose sarebbero rimaste così. Il maggiordomo aggiunse un altro ceppo al fuoco, quindi si mise ad ascoltare attentamente i suoni provenienti dalla porta del salone, prima di andare dalla rastrelliera delle pipe e si prese una manciata di foglie di tabacco e se le mise in tasca. Aveva a malapena rimesso apposto il coperchio del porta tabacco, quando cominciò a girare la maniglia della porta, causandogli un soprassalto nervoso. Chrys fece un grande sforzo per non ridere. Il maggiordomo si volto verso la porta che si stava aprendo. «Baeron» disse, e Chrys si sentì lungo la schiena un brivido di sorpresa. Da dov'era non riusciva a vederlo e represse l'impulso di spostarsi per vedere meglio. «Buona sera, Isaak» disse Baeron. Ogni volta Chrys sentiva quella voce brusca con un misto di pace e apprensione. «Sono arrivato troppo tardi per la cena. Aspetterò qua» Il maggiordomo parve a disagio. Gli ospiti nel Salotto Privato entravano solo dietro inviti del Maestro, e Baeron lo sapeva più che bene, però il maggiordomo aveva anche notato lo sguardo di Baeron indugiare visibilmente sul rigonfiamento della tasca, e decise di non protestare. «Faccio sapere al Maestro che lei è arrivato?» chiese educatamente il maggiordomo. «Faccia pure. Potrebbe portarmi una tazza di caffè». «Morto bene, mio signore». Il maggiordomo si inchinò e uscì in fretta. Il fratello di Chrys attraversò la stanza verso il fuoco e si stirò le braccia alzandole sopra la testa, sbadigliando come un leone. Aveva addosso un abito da viaggio, Chrys si ricordò cosa gli accadeva ogni volta che lo rivedeva, di quanto lo terrorizzava il fratello. Sgattaiolar via di nascosto, oramai, era assolutamente fuori questione, avrebbe dovuto stare molto attento e sperare. Il soular di Baeron, un leone bianco, che si teneva al suo fianco. «Le vuoi mostrare qui le diapositive?» disse piano. «Si, ci sarà meno trambusto che se ci trasferissimo tutti nell'aula magna. E poi vorrei vedere i campioni, manderò a chiamare il portinaio fra qualche minuto. Sono brutti tempi, Nemeo». «Dovresti riposare». Lui si stiracchiò in una delle poltrone, cosi che Chrys non riusci più a vedere il suo viso.
   
 
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