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Autore: Afaneia    11/10/2017    3 recensioni
In seguito agli eventi narrati nell'Episodio Delta di Pokémon Rubino Omega, Max ha deciso di sciogliere il Team Magma e di ritirarsi a vita privata, recidendo volontariamente ogni rapporto con tutti coloro che hanno fatto parte del suo piano per servirsi di Groudon. Persino un uomo della sua genialità non è più sicuro di sapere come reinventarsi, dopo aver scoperto di aver inseguito una chimera per quasi tutta la sua vita.
Forse Ivan non ha scelto esattamente il momento più adatto per rivelargli di avere una figlia.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Ivan, Max (Team Magma), Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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Buonasera a tutti!

Finalmente sono tornata con questo nuovo capitolo, che, preannuncio essere il penultimo.

Naturalmente so di averci messo un bel po', ma a mia discolpa posso dire sinceramente che questo è stato il periodo più stressante della mia vita e me ne sono successe diverse tutte insieme (tra l'altro, per una delle curiose coincidenze della vita, mi è anche cambiato un neo che ho sempre avuto fin da piccola sul petto. Fortunatamente la mia dermatologa sostiene che non ci sia nulla di cui preoccuparsi, quindi il rapporto con questa storia è davvero minimo, ma l'ho trovato davvero un caso curioso). La cosa buona è che, lo stesso giorno in cui ho smesso di scrivere la tesi, ho finalmente ritrovato l'ispirazione per riprendere a scrivere storie di buona lena.

Ringraziando come mio solito Persej Combe e cristal_93 per le loro cortesi recensioni, non posso che augurarvi buona lettura!

Alla prossima


Afaneia




Capitolo X – Guglie e merlature e raffinate decorazioni in conchiglie.


Se avessero dato retta all'entusiasmo, ora Max e Ottavio sarebbero già all'opera, a pianificare e scardinare progetti e idee e prototipi come ai tempi dell'università. Hanno ancora lo stesso entusiasmo di allora, e questo Max non l'avrebbe creduto possibile, alla loro età... ma in quanto alle responsabilità, nessuno di loro conduce più la stessa vita di allora. Ottavio non può permettersi di lasciare una seconda volta il suo lavoro alla Devon, almeno non senza avere un'alternativa sicura, e lui ha Hyra di cui occuparsi a tempo pieno, ora che sia suo padre che sua zia devono accudire sua madre. Ragion per cui, per il momento, tutto ciò che stanno facendo per avviare il loro progetto è consultare tutta la letteratura scientifica disponibile, confrontandosi giornalmente in videochiamata per paragonare i rispettivi appunti, e incontrarsi ogni tanto a metà strada, quando è possibile.

È durante uno di questi rari incontri che il telefono di Max squilla.

Questa volta è stato Ottavio a raggiungerlo a Porto Selcepoli. La Devon rimane chiusa per non sa quale ponte o festività, e quando egli ha saputo che Max voleva portare la bambina al mare – perché distrarla quotidianamente tenendola chiusa tra quattro mura è un po' troppo difficile – si è autoinvitato senza pensarci troppo. A Max l'idea è piaciuta, perché in fin dei conti lui e Hyra sono sempre soli nel corso della giornata, quando Ivan è a Ciclamipoli; e quando gli ha esposto il progetto, Ivan è stato contento dell'idea del mare e di quella della compagnia.

«Se torno presto, vi telefono e vi raggiungo. Nel peggiore dei casi, ci troviamo a casa e prendo delle pizze tornando» ha proposto. «Pensi che Ottavio resterebbe a cena anche se ci sarò io?»

Hyra è stata elettrizzata alla proposta di andare a mare, e Max non ha potuto che congratularsi con sé stesso per la propria idea.

Ottavio sembra portato per i bambini, sicuramente più di quanto fosse lui i primi teimpi, e a Hyra, dopo un attimo di timidezza, è piaciuto subito questo grasso sconosciuto simpatico che ha lasciato cadere nel discorso, del tutto casualmente, di essere in grado di costruire uno di quei grossi castelli di sabbia con le torrette e il fossato e le merlature e tutto il resto, come quelli dei libri di favole.

Perciò, dopo una prima mezz'ora di bagno e dopo un pranzo a base di panini sotto l'ombrellone, Ottavio mantiene la promessa e insegna a Hyra a costruire questo meraviglioso prodigio di guglie e merlature e raffinate decorazioni in conchiglie. Non che ci fosse da dubitarne, naturalmente, vdato che Ottavio è probabilmente l'uomo più egocentrico dell'intera spiaggia, o di Porto Selcepoli. O di Hoenn, magari. Beh, diciamo che se la gioca da pari a pari con quell'eccentrico capopalestra di Ceneride. Come si chiamava?

Il cellulare suona proprio mentre Hyra sta debutamente scavando il canale che deve approvvigionare l'acqua del loro fossato e Max, dopo essersi assicurato con lo sguardo che Ottavio non si muoverà di un centimetro dal cantiere del castello, si allontana di qualche passo per rispondere, cercando un punto dove poter sentire meglio. È Ivan. Ma perché sta chiamando così presto?

«Pronto... ehi.»

«Aima è morta, Max.»

D'un tratto le strida degli Wingull e gli spruzzi dei bagnanti e persino il sole si fanno agghiaccianti e come immobilizzati, e solo dopo un po' Max torna a udirli, ma come ovattati da una grande distanza. Egli cerca dentro di sé, ed è sicuro che dovrebbero esserci delle urla da qualche parte, perché ne sente l'eco nelle orecchie, ma ora persino il suo cuore sembra ridotto al silenzio, agghiacciato.

«Ivan...»

«Non credevo ch sarebbe successo oggi.» Ivan sta piangendo, e Max non credeva che sarebbe stato così terribile sentirlo così, per telefono, e non poter fare niente. Lui è a Porto Selcepoli, Ivan è a Ciclamipoli, e non c'è alcuna possibilità di contatto tra loro. «Ha avuto una crisi polmonare... no, respiratoria. Non lo so. Ce lo avevano detto che era solo questione di tempo, ma noi non avevamo capito... pensavamo... non lo so cosa pensavamo.»

«Dobbiamo venire lì?» È l'unica idea che gli venga in mente, a pochi passi da lui, sopravvento, Hyra sta ancora giocando coi capelli pieni di sabbia e le mani traboccanti d'acqua di mare. Max aveva sperato di regalarle qualche ora di serenità, lontana dall'idea ossessionante della malattia di sua madre, e invece è andato tutto storto. Che deve fare?

«Sì... no, anzi, no. Meglio di no. Hyra ti ha sentito?»

«Sta giocando con Ottavio. Non sa nulla.»

«Okay, allora... per favore, non dirle niente. Torno a casa tra poche ore, solo che ci sono tante cose da firmare, e non posso lasciare Samah da sola. Glielo diremo stasera.»

«Stasera, allora.» Per una volta, Max non prova neppure a tirarsi fuori dalla responsabilità che quel plurale implica: Ivan ha detto diremo, implicando necessariamente anche lui, perciò è esattamente quello che faranno: glielo diranno. Ed è poi ovvio che sarà Ivan a parlare, perché Hyra è sua figlia e ha tutto il diritto di venire a sapere della morte di sua madre dalle labbra del suo proprio padre; ma Max resterà lì, anche quando le cose si faranno troppo difficili e gli verrà voglia di andarsene. A seconda del bisogno, farà ciò che ci si aspetterà da lui, che si tratti di consolare Hyra, o aiutare Ivan, o anche solo restare in disparte. Qualunque cosa accada, ha fatto finta anche troppo a lungo che Hyra lo coinvolgesse solo in parte.

«Grazie, Max, io... cerca di farla distrarre, okay? So che ti sto chiedendo tanto.»

Come dirgli che c'è tutta una parte di lui che sta tumultuando e scalpitando perché vorrebbe poter fare qualcosa, qualunque cosa che non sia restar qui a fare finta di niente e a costruire castelli di sabbia?

Ma non c'è nient'altro da fare, al momento. Reprimendo la forte tentazione di scagliare il telefono in acqua e mettersi a urlare perché quella giovane donna è morta, Max si morde le labbra e risponde: «Penso io a tutto, qui. Tu fai quello che devi fare.»

«Max! Stai parlando con papà?» strilla alegramente Hyra, che sta compattando con le mani un grosso bastione difensivo attorno al castello. «È papà?»

Se le rispondesse di sì, Hyra vorrebbe a qualsiasi costo parlare con lui, e si accorgerebbe subito che suo padre è disperato. Coprendo il microfono con la mano, colla sensazione terribile di star dicendo la peggiore bugia della sua vita, Max si sforza di sorridere e fa cenno di no col capo.

«No, piccoletta... tuo padre non ha ancora chiamato. Non preoccuparti.»

«Ti lascio andare, Maxie... non la fare insospettire troppo.» Ivan ha sentito tutto. «Torno a casa appena possibile. Dobbiamo solo finire qui, e poi...»

E poi, e poi. E poi verrà la parte difficile: affrontare tutti i giorni, dal mattino alla sera, con Hyra.

«A dopo. Ti amo.»

Ottavio si accorge che qualcosa non va non appena incrocia i suoi occhi. Tutti questi anni di amicizia dovevano pur servire a qualche cosa, dopotutto.

«Sai, Hyra, credo proprio che servano più conchiglie qua sulle merlature. Perché non vai a raccoglierne qualcuna col secchiello?»

Buon vecchio Ottavio, molto più sveglio e più reattivo di quanto il suo aspetto faccia intendere a chiunque. Max gli accenna un ringraziamento con lo sguardo, mentre Hyra sguscia via correndo, tutta lieta di poter andare a bagnare i piedi nell'acqua e sguazzare un po'.

Egli continua a sorvegliarla con la coda dell'occhio, per essere certo di non perdere di vista nemmeno per un istante la sua lunga treccia nera e il suo costume a righe tra la folla dei bagnanti.

«Ehi, Max... che è successo?»

A Ottavio non si può nascondere nulla, e Max non ne è mai stato più lieto in vita sua.

Sentendosi colto alla sprovvista da quello che sta per pronunciare a parole, Max deglutisce a vuoto, un paio di volte, e risponde: «La madre di Hyra è morta.»

«Oh...cazzo.»

I costumi da bagno hanno la dannata caratteristica di non offrire alcun posto dove mettere le mani quando non si sa che cosa farne. Quelle di Ottavio sembrano cercare spasmodicamente un posto dove posarsi. «Così, all'improvviso?»

Per il momento, Max si limita ad annuire. All'improvviso, già.

«Accidenti, io... mi dispiace, Max, davvero. Tu come ti senti?»

Questa domanda gli giunge totalmente inattesa. Max si volta lentamente a guardarlo, un po' perplesso, e si sente in dovere di specificare qualcosa che a lui pareva molto ovvio, ma che forse non lo è. «Io non la conoscevo.»

«Questo lo so, ma... insomma, riguarda anche te. Era l'ex di Ivan, ora Hyra rimarrà per sempre con voi. È un grosso sconvolgimento.»

Il pensiero che Hyra rimarrà con loro per tutti i prossimi anni non lo spaventa più come avrebbe fatto una volta, e non solamente perché ormai ne è consapevole da settimane. Max si stringe un po' nelle spalle, sentendosi profondamente triste.

«Voglio bene a Hyra, lo sai. Non vorrei che stesse in nessun altro posto che con noi. Ma...»

Ma nonostante il pensiero di Hyra non lo spaventi minimamente, Max non potrebbe onestamente dire che quella morte non lo turbi neanche un po' – e non si tratta di Hyra, o di Ivan, o meglio sì, si tratta anche di loro, ma non nel modo che pensa Ottavio. Ma come dirgli che la morte di una donna ch'egli non ha mai vista né conosciuta pare trafiggergli il cuore come una moltitudine di aghi, e questo non perché egli abbia una minima parte nella sua morte, ma solo perché non ha saputo come salvarla – e come dirgli che lui Aima non l'ha mai incontrata, d'accordo, ma che c'è tutta una parte di lui che ha la sensazione di averla conosciuta veramente, e non per averla mai vista, ma perché l'aveva percepita, e gli era parso qualche volta d'incontrarla negli abiti di Hyra che una mano gentile aveva piegato e ordinato per colore nella sua piccola valigia...?

Max si sente tremendamente egoista a pensare questo perché Aima non lo riguardava e lui, di partecipare a questo lutto, non ha proprio alcun diritto – ma le cose stanno così, e al momento quella parte di lui vorrebbe piangere proprio per questo fatto, che quelle due mani gentili che stiravano e piegavano quegli abiti con tutto l'amore del mondo, e che sono state per mesi l'unico tramite tra lui e questa donna, ora non esistono più.


È veramente finita, ora.

Hanno fatto tutto quello che dovevano fare. Quando Ivan è tornato a casa, ha preso sulle ginocchia una Hyra confusa e un po' inquietata dalla serietà dei suoi occhi, l'ha riempita di baci e di coccole e di carezze e abbracciandola le ha detto la verità.

Max è rimasto lì fuori per tutto il tempo, seduto contro la porta, ad ascoltare, e a desiderare di bruciare la casa e spaccare tutto, distruggere tutto, e di sovvertire l'universo pur di fare in modo che Hyra non piangesse più, ma invano. Tutta la sua rabbia e la sua disperazione sono rimaste confinate dentro di lui, brucianti e desolanti tanto ch'egli si è chiesto come fosse possibile che quella pressione immane ch'egli avvertiva dentro di sé non finisse per erompere da lui e spaccarlo come un guscio troppo stretto per contenere qualcosa.

Questo senso d'impotenza Max non l'aveva provato mai, né di fronte all'ineluttabilità del grande vulcano silente, immobile, né di fronte all'imponenza vorace e distruttiva di Groudon, semplicemente perché ora è veramente troppo tardi per provare a cambiare le cose.

Che Ivan si rivelasse così calmo, invece, non l'avrebbe mai supposto. Ha collaborato a organizzare il funerale per telefono, parlando sempre a bassa voce, e ha passato con Hyra tutta la notte, disteso nel suo letto a cercare di farla dormire almeno per qualche ora, nella speranza di darle con la propria presenza, che è l'unica cosa che abbia da offrirle al momento, almeno un po' di conforto: che la malattia di Aima, oltre a portarla via da loro, dovesse anche togliere il sonno alla sua bambina, questa sembrava una sconfitta che non era disposto ad accettare.

Anche oggi si è rivelato stranamente calmo. Si è vestito lentamente, cogli occhi spenti, indossando volontariamente un completo scuro, poi è andato in camera di Hyra e l'ha vestita e pettinata, in silenzio, con tutta la tenerezza che poteva, ma non di nero – perché i bambini non devono mai vestire di nero, neanche ai funerali, ha sentenziato con l'aria di echeggiare una certa massima sapienziale risalente a qualche nonna o bisnonna particolarmente autorevole. Per parte sua, Hyra è così istupidita dal dolore che non sembra accorgersi di quello che le succede intorno. Si è lasciata lavare e sistemare e caricare in auto come una bambola, e non ha detto una parola per tutto il tragitto.

La camera mortuaria è piena di gente, e Max si sente profondamente colpito al vedere quanto siano giovani. Ogni volta che il suo sguardo scorre sui presenti egli ha l'impressione di scorgere qua e là i volti tristi di reclute del Team Idro dei giorni in cui tutto andava bene, e si sente quasi male al pensiero che qualcuno di quei ragazzi avrebbe potuto essere uno dei suoi, se solo le cose fossero andate diversamente...

Ha finalmente conosciuto Samah, oggi, la famosa zia di cui Hyra gli ha parlato quella prima mattina a colazione. Anche lei, come sua nipote, è talmente attonita e istupidita dal dolore da non sembrare neppure in grado di parlare, del tutto dipendente da suo marito.

Ma di vedere Aima, per la prima e l'ultima volta nella sua vita, prima che chiudano la bara, di questo non se ne parla. Max non lo sa il perché – forse è solo che questa donna è stata così presente nella sua vita per tutto l'ultimo anno, ed egli l'ha così idealizzata, che non vuole vederla morta. Perciò, mentre Ivan si avvicina alla tomba e si china per dare un ultimo saluto alla madre di sua figlia, Max rimane con Hyra, seduto in prima fila, ad aspettare – e mentre aspetta che ritorni suo padre, Hyra gli prende la mano e la stringe, e Max prova di nuovo quell'impulso sovrumano di urlare e distruggere tutto.

Quando guarda Ivan, invece, Max vede l'opposto dell'uomo che ha sempre conosciuto, vede un uomo composto e dignitoso che si è sentito addossare d'improvviso il peso di crescere sua figlia da sola e di darle il buon esempio e di essere forte per lei. Quando lo guarda, Max si sente come se fossero stati invertiti i ruoli, e questo lo spaventa.

È questo allora l'effetto che ha la morte?

   
 
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