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Autore: Elizabeth_2206    12/10/2017    3 recensioni
"Hallelujah ci porta attraverso un immenso spettro di luoghi emozionali, spiegando quanti tipi di alleluia esistono, e che tutte le alleluia perfette e infrante hanno lo stesso valore. E' un desiderio di affermazione della vita con entusiasmo, con emozione. Chiunque la ascolti chiaramente scoprirà che è una canzone che parla di sesso, di amore, della vita sulla terra. L'alleluia non è un omaggio ad una persona adorata, a un idolo o un Dio. E' un'ode alla vita e all'amore."
1900, Casa Hawkeye. L'arrivo di una persona cambia per sempre il futuro dei suoi abitanti. E' l'analisi dell'adolescenza di Riza e di come si trova ad interagire con tutti i tipi di amore che esistono. Il racconto di come le vite di quella ragazzina e di Roy Mustang si sono intrecciate per sempre.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Berthold Hawkeye, Riza Hawkeye, Roy Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Hallelujah'
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Hallelujah
#13 – Dust
 
Well maybe there’s a God above
But all I’ve ever learned from Love
Was how to shoot somebody who outdrew you.
 
Riza strinse gli occhi, cercando di alleviare il senso di bruciore causato dalla sabbia.           
Il vento caldo alzava incessantemente quei piccoli granelli a cui lei, dopo sei mesi passati in quella terra arida, si era ormai quasi abituata.
Un soldato le passò una tazza sbeccata con dentro una brodaglia, e la ragazza la accettò con un sorriso tirato. Fissò il proprio riflesso nel liquido scuro, osservando con rassegnazione le profonde occhiaie e il viso sporco di terra.
Nonostante l’odore non promettente, Riza bevve tutto il contenuto della tazza, per poi alzarsi in piedi, prendendo con sé il suo fucile. Spazzò l’uniforme con movimenti veloci e decisi, per poi dirigersi verso la propria tenda, dove avrebbe potuto riflettere in solitudine.
A volte sentiva il bisogno di ricordare a se stessa perché era lì, cosa l’aveva spinta a fare quella scelta, per quale motivo indossasse quella divisa da soldato.
Con passo lento arrivò alla sua postazione e si sdraiò sopra le coperte, le mani giunte dietro la testa e gli occhi chiusi, mentre ripercorreva i ricordi.
 
Dopo aver mostrato a Roy la ricerca di suo padre, il giovane era rimasto a casa sua per poco più di una settimana; il tempo necessario a decifrare il codice dietro a cui il Maestro Hawkeye aveva nascosto il segreto della sua Alchimia. Dopo di che aveva deciso di continuare i suoi studi a Central City.
‘Dopo che avrò ottenuto il titolo di Alchimista di Stato, ti scriverò’ le aveva detto ‘E, probabilmente, a guerra finita, riuscirò a venire a trovarti. Tornerò, Riza.’
La ragazza era stata sollevata da questo, ma una parte di lei era dispiaciuta dal fatto che il soldato se ne dovesse andare. Durante quel poco tempo passato insieme Riza si era accorta che affiancare Roy le veniva naturale, e da questo si sentiva sia elettrizzata che spaventata.
Dopo la partenza del ragazzo si era trovata di fronte ad una situazione di completa e inaspettata solitudine, a cui inizialmente aveva faticato ad abituarsi: anche se la presenza del padre era pressoché inesistente, quando Berthold era vivo c’era qualcosa, qualcuno da cui scappare, da tenere lontano; un’entità invisibile con cui confrontarsi e a cui dimostrare la propria autonomia. Ma dalla morte dell’uomo, Riza si era trovata tra le mani una smisurata libertà di cui, onestamente, non sapeva cosa farsene.
Così aveva cominciato a nascere in lei la sensazione di avere la possibilità di fare qualcosa, qualcosa di significativo, per dare alla propria vita uno scopo volto al bene di tutti. Qualcosa come il sogno di Roy.
Fin da quando lui glielo aveva rivelato, di fronte alla tomba di suo padre, Riza non aveva smesso di pensare ‘voglio farne parte’. Era quello il motivo per cui aveva scelto di affidargli la ricerca di suo padre: sentiva che era qualcosa di buono, giusto, che meritava di trovare il sostegno degli altri. E lei voleva essere d’aiuto a Roy.
Così, appena compiuti diciassette anni, si era recata a East city – non con poche difficoltà – ed era entrata in Accademia. Lì aveva affrontato le difficoltà del vivere con tante persone, del condividere il proprio spazio personale e i propri pensieri con qualcuno. Se da un lato la cosa era stata una esperienza nuova e elettrizzante, al tempo stesso era stata una sfida continua per il segreto che custodiva dietro alla schiena: non poteva rischiare che nessuna delle altre ragazze lo vedesse; temeva non solo che la ricerca di suo padre finisse nelle mani di qualcun altro, ma anche che le sue commilitone la giudicassero per quel marchio che portava sulla schiena.
Aveva scoperto di essere incredibilmente portata per le armi da fuoco e la sua diligenza l’aveva resa famosa tra i suoi istruttori, che la consideravano una fra i migliori elementi tra le reclute del 1889. Era anche riuscita a stringere amicizia con alcune delle sue compagne, tra le quali spiccava Rebecca Catalina, una spumeggiante e rumorosa mora che la considerava la sua ‘migliore amica’, nonostante Riza faticasse a coglierne il motivo.
Poi, all’inizio del suo secondo anno di Accademia, era stata spedita ad Ishval.
Le sue abilità l’avevano portata tra i tiratori scelti, ad imbracciare un fucile di precisione, nascosta in una postazione sicura ad uccidere tutti gli Ishvaliani che passavano nel suo mirino. E ciò che la spaventava, era che aveva scoperto di essere stramaledettamente brava a farlo.
Di fronte a tutta quella morte, si chiedeva spesso se era davvero questo ciò che la sua vita aveva in serbo per lei. Non aveva forse già pagato a caro prezzo la sua esistenza in questo mondo? Il dolore, la solitudine, la tristezza che le erano state compagne lungo tutta la sua infanzia… non aveva forse sofferto abbastanza? Era questo il dazio per il suo desiderio di fare qualcosa di buono per il mondo?
Quando questi interrogativi la sconvolgevano, Riza era costretta a cercare fermamente un modo per restare con i piedi per terra, per non lasciarsi andare all’oblio. Ed era in quei momenti che ricordava i particolari più disparati del periodo in cui Roy era un allievo di suo padre, su quell’alchimia che per tanto tempo era stata la sua Nemesi.
Non puoi ottenere nulla senza prima cedere qualcosa in cambio. E’ la prima legge dello  scambio equivalente.’
Con quelle semplici parole si riapriva in lei la speranza che, forse, tutto il travaglio che aveva caratterizzato la sua esistenza serviva per ottenere in cambio un bene più grande; una realizzazione che l’avrebbe resa felice e sarebbe valsa tutto quel dolore. Un motivo per sperare nel futuro per redimersi dal presente.
Un brivido la percorse, e la ragazza non seppe dire se era per il freddo notturno che caratterizzava quelle terre desertiche. Il pensiero che, in un tale momento, il suo unico appiglio fosse proprio ciò che più aveva odiato per tutta la sua vita la destabilizzava.
Ma il resto del mondo non aveva tempo per i suoi patimenti interiori, e il campo di battaglia, più di ogni altra cosa, chiedeva il suo pedaggio. Mancava un’ora all’alba, e il resto dell’esercito si stava già muovendo. Riza si ricompose e, con il fucile in spalla, si diresse con passo deciso verso la sua postazione, dopo l’ennesima notte insonne.
 
 
Il modo in cui avvenne la prese alla sprovvista.
Un attimo prima, di fronte a lei, si stagliava un polveroso distretto mezzo distrutto, pieno di insidie e di agguati per i soldati che lei, con il suo occhio di falco, aveva il compito di neutralizzare.
Il momento successivo tutto era scomparso, in una nuvola di fumo nerastra. Il suo mirino inquadrava resti carbonizzati di persone, cose e piante; non vi era vita fin dove il suo occhio poteva vedere.
La notizia aveva raggiunto l’accampamento qualche ora prima ‘Arrivano gli Alchimisti’, ‘E’ il turno delle macchine da guerra di fare il loro dovere’, ‘Oggi è un giorno di pausa’.          Ma vedere davanti a sé la distruzione portata da quelle persone era completamente differente.

Riza sapeva che tutti loro erano assassini, senza alcuna eccezione. Armi bianche o meno, la vita che togli al tuo nemico ha lo stesso valore.
Ma quando il fuoco aveva avvolto il distretto e lo aveva distrutto, aveva compreso quella sottile differenza che macchiava l’animo degli Alchimisti di Stato; il perché tutti li ammirassero e li disprezzassero contemporaneamente.
Aveva visto le fiamme divampare davanti ai suoi occhi e le aveva sentite bruciare nella sua schiena.
Non aveva avuto il minimo dubbio quando aveva assistito a quell’orrore. Era forse stata quella sensazione di formicolio alla schiena? Oppure la semplice, inaspettata consapevolezza di trovarsi di fronte a ciò che sangue del suo sangue aveva creato? Ancora prima che il suo viso comparisse nel cerchio del mirino, sapeva che lui era lì. Lui, l’artefice di quel massacro, di quell’utilizzo sbagliato di quell’immenso potere che lei gli aveva affidato.
Aveva creato un mostro.
 
 
Quando si tolse il cappuccio, fu come  se migliaia di aghi la trapassassero da capo a piedi. I loro sguardi da assassini si incrociarono silenziosi, carichi di dolore e delusione. Riza, con il cuore stanco e le mani sporche di sangue, cercò di reggere quello sguardo, di sostenerlo con tutte le forze che aveva; se avesse mostrato anche solo un minimo il suo dolore, lui non si sarebbe mai perdonato.
Era un circolo vizioso di sensi di colpa: lei non riusciva a perdonarsi per avergli permesso di diventare un’arma umana, e lui non poteva fare a meno di pensare che lei era lì, con quella divisa, sul campo di battaglia a nemmeno diciannove anni, per colpa sua; di quel sogno che lui, davanti a quella tomba, le aveva rivelato.
‘I rimpianti non cambieranno la realtà dei fatti’ pensò Riza, mentre lei, Roy e il suo compagno si sedevano su delle vecchie casse.
Anche se era doloroso, la ragazza decise che era il momento di dare voce a tutti quei pensieri, quelle domande che l’avevano tenuta sveglia ogni notte; sapeva che Roy avrebbe capito, che non si sarebbe tirato indietro; che, come lei, avrebbe continuato a pensare all’Alchimia come a qualcosa capace di portare felicità alle persone.
“Anche se ho continuato a crederci… perché siamo dovuti arrivare a questo?”
Alla sua domanda, però, non fu Roy a rispondere.
Perché, dici? Perché questo è il nostro lavoro. E’ l’ordine che dobbiamo eseguire.”
La voce del Maggiore Kimbly risuonò grave fra i soldati, che avevano spostato la loro attenzione verso di lui.
“Dici che dovremmo accettare tutta questa brutalità?”
Il tono polemico di Roy era in netta contrapposizione con la fredda calma dell’Alchimista Cremisi.
“Non lo accetti nemmeno se è parte del tuo lavoro? Capisco. Prendiamo un esempio… tu, ragazzina. ‘Quello che faccio non mi piace’. Ce l’hai scritto in faccia.”
Riza, presa improvvisamente in causa, rifletté sulle parole dell’uomo. Dopo tutta la morte che aveva portato…
“E’ così. Uccidere non è per niente divertente.”
“Ah, è così? Quindi puoi giurarmi di non aver mai pensato ‘bene! L’ho preso!’ sentendoti appagata ed orgogliosa delle tue doti, dopo aver compiuto il tuo lavoro?”
Riza sbarrò gli occhi, spaventata. L’immagine dell’uomo che aveva attentato alla vita di Roy poche ore prima le ripassò davanti agli occhi, e si rese dolorosamente conto che sì, era estremamente contenta di aver ucciso quell’uomo, del fatto che il suo colpo perfetto avesse salvato la vita di quel giovane. Ma non avrebbe mai ammesso nulla di ciò di fronte a Kimbly, che ora la fissava con arroganza e soddisfazione.
“Non parli, signora cecchino?”
Roy scattò in piedi e afferrò Kimbly per il colletto della divisa, intimandogli di smetterla. Ma ormai la mente di Riza era altrove, verso i lidi dolorosi dell’autocommiserazione, cullata dalla consapevolezza che, oltre ad avere creato un’arma umana, era un’assassina che gioiva della morte che portava.
Fu in quel momento che realizzò internamente che, in un qualche modo, lei e Roy dovevano  pagare per quello che avevano fatto. L’idea che lo stesso errore non doveva essere ripetuto, e che, per potersi redimere, il costo sarebbe stato molto alto.







Angolo dell'Autrice (in serio, serio ritardo):
Non ci sono scuse per la mia assenza, lo so. Vi ho fatto aspettare quattro (!) mesi per questo capitolo, che non è nemmeno tanto lungo.
La verità è che in questi mesi ho passato un periodo molto difficile, e ciò che ho scritto ne è la più vivida rappresentazione.
In questo capitolo vediamo finalmente Riza come soldato.
I suoi tubamenti interiori caratterizzano la maggior parte della narrazione; è un crescendo di sensi di colpa per quello che ha fatto, quello che sta facendo e la persona che è diventata; un rimorso, comprensibile, che la attanaglia da quando ha messo piede ad Ishval.
Con questa analisi profonda del suo stato d'animo turbato volevo rendere più comprensibile il motivo per cui lei decide di farsi bruciare la schiena da Roy. A prima vista, potrebbe sembrare forse una scelta impulsiva; ma dietro ad essa c'è la consapevolezza di tutti i propri errori, dal primo all'ultimo, e la volontà di rinascere come persona nuova, senza mai dimenticare ciò che si ha fatto.
Nel manga, quando Riza e Roy parlano dei loro ideali, la ragazza cita molte volte le regole dell'Alchimia, ciò che suo padre diceva, il fatto che lei credesse che questa potesse essere buona...considerato che alla donna che sta parlando è stata tatuata (senza consenso, almeno nella mia storia) una formula alchemica potentissima, sembra quasi fuori luogo. Per questo ho fatto sì che fosse proprio l'Alchimia la sua 'roccia' nella tempesta della guerra: in fondo, nei tempi di difficoltà, ci aggrappiamo a ciò che meno ci aspetteremmo per sopravvivere.
E forse il suo punto di vista è cambiato grazie a Roy, alla sua idea di portare felicità nel mondo per mezzo di essa; grazie a quel sogno che l'ha spinta ad uscire dal suo guscio e entrare nel mondo, per fare qualcosa di grande per il suo paese.
Ma le cose non vanno sempre come si vuole, e bisogna imparare ad accettare le conseguenze delle proprie azioni.
A questo proposito, ho volutamente inserito il dialogo con Kimbly a discapito della scena in cui Riza chiede a Roy di bruciarle la schiena.
Questo perchè ritengo che le parole dell'Alchimista Cremisi abbiano davvero mosso qualcosa all'interno dell'Animo di Riza. Infondo, le domande di Kimbly sono più che lecite.
Perchè mai lei e Roy hanno deciso di coronare quel sogno entrando nell'esercito? Non potevano prevedere che sarebbero stati costretti ad uccidere le persone, accantonando il loro desiderio primario di salvarle?
E' il momento, per entrambi, di accettare la sconfitta, di realizzare il loro utopico errore, la loro fantasia infantile di non dover fare male a nessuno. Ma questo non vuol dire che l soluzione sia suicidarsi, oppure rinnegare ciò che si ha fatto. La vera catarsi sta nell'accettare il proprio errore e la propria colpevolezza, e portarli per sempre con sè, senza mai dimenticarli. E' questo il motivo epr cui Riza ha bisogno che Roy le bruci il tatuaggio, oltre che per impedire la creazione di altri Alchimisti di Fuoco.
Ultima cosa, ma non meno importante: l'interpretazione della strofa della canzone.
Qui Cohen dice che ciò che ha imparato dall'Amore è -letteralmente - "sparare a chi ha sfoderato le armi prima di te".
Qui l'autore si riferisce alla pratica del far west di fare i duelli uno contro uno, dove gli sfidanti si allontanano contando i passi e sfoderano le armi per sparare: il primo che ferisce l'altro vince. L'ho collegato al fatto che, per amore del sogno di Roy, Riza diventa un soldato e impara - suo malgrado - a uccidere. E a farlo prima che l'altro faccia del male a qualcuno che ama.
Chiudo dicendo che il prossimo (ebbene sì) sarà l'ultimo capitolo.
Ci vediamo presto (spero).
-Elizabeth
 
   
 
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