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Autore: Seekerofdreams_    12/10/2017    6 recensioni
Alexander Lightwood sta per iniziare il suo ultimo anno da specializzando in Neurochirurgia quando, per uno strano caso del destino, si imbatte nel nuovo strutturato dell'Institute Hospital, Magnus Bane.
Non ci sarebbe niente di male se il suo miglior amico non gli avesse detto esplicitamente di doverlo odiare.
aka Alec cerca di odiare Magnus, ma Magnus aggiusta i cuori e il suo ha proprio bisogno di un po' d'amore.
GreysAnatomy!AU
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo uno
 

Alec si sistemò la maglietta mentre aspettava impaziente che la macchina del caffè gli servisse la sua agognata bevanda calda. Ne versò in abbondanza in un bicchiere d’asporto e ne buttò giù un sorso generoso sentendo il liquido riscaldargli immediatamente la gola. Respirò con il naso, per poi rilasciare l’aria e aprire gli occhi che, involontariamente, aveva serrato. Si avvicinò alla porta finestra del balcone e scostò la tenda bianca per sbirciare la vita frenetica della sua città.
«Buongiorno, dimmi che hai del caffè anche per me, ti prego.»
Jace fece il suo ingresso nella stanza sedendosi su uno dei tre sgabelli che contornavano l’isola della cucina. Si guardò attorno graffiando il ripiano in legno come faceva tutte le mattine prima di una giornata importante. Alec gli punzecchiò il dorso della mano alzando gli occhi al cielo prima di versare una tazza di caffè e poggiarla davanti al suo amico, a suo fratello.
Erano cresciuti nello stesso palazzo, dirimpettai da quando ne avevano memoria per poi lasciare casa per trasferirsi al college e iniziare a condividere i loro spazi. Da allora non avevano smesso di abitare insieme, si erano trasferiti più volte negli anni, ma non si erano separati mai. Per Alec, Jace era un punto di riferimento fondamentale, rappresentava la sua parte libera e scapestrata e Alec, al contrario, era la parte razionale di Jace. Era sempre stato così. Avevano intrapreso la scuola di medicina insieme, Alec per vocazione e Jace inizialmente per non separarsi da lui, poi era arrivato l’anno da specializzandi in un lampo, avevano studiato insieme, sofferto e pianto di nascosto. Isabelle, la sorella minore di Alec, si era unita a loro ed erano diventati una piccola famiglia in quell’appartamento a Brooklyn che era costato loro mesi di rinunce.
Jace era stato il primo a prendere la specializzazione e diventare strutturato di chirurgia plastica e Alec ancora si chiedeva come avesse fatto a riuscirci prima di lui ma, d’altro canto, la colpa era stata sua che aveva scelto di specializzarsi in Neurochirurgia, sei anni erano già passati, ma l’ultimo anno doveva appena cominciare.
«Oggi arrivano i nuovi specializzandi del primo anno e io sono già sfinito! Tocca a me occuparmi di loro questa volta e so già che finirò per ucciderli.»
Alec odiava le persone, era più forte di lui. Fino a quando il rapporto si limitava alla sfera professionale era ben felice di esporre le sue tesi, ma non era bravo a rapportarsi con loro. Era diffidente e cercava di mantenere le distanze per non farsi coinvolgere in drammi che non gli appartenevano. Jace, al contrario, si faceva coinvolgere anche troppo e spesso raccontava aneddoti sulla vita dei pazienti che, Alec ne era sicuro, nemmeno i proprietari si ricordavano di aver fatto. 
«Ce la farai fratello, ne sono sicuro! Sono solo un gruppo di ragazzi spaventati come lo eravamo noi.»
«Appunto, se sono come te, uscirò pazzo entro fine giornata!»
Alec usò un tono drammatico e Jace rispose con una pernacchia infantile. «Spero ti mangeranno.»
«Sei sempre un tesoro.»
Si guardarono in cagnesco per qualche secondo, le ciocche bionde di Jace caddero davanti ai suoi occhi limpidi e fu costretto a soffiarle per mandarle via. Una smorfia buffa che fece sorridere teneramente Alec. «Forza è ora di prepararci!»
«Buongiorno ragazzi, non vi sembra una giornata bellissima questa?»
Isabelle Lightwood, per gli amici Izzy, non si svegliava mai così energicamente e suo fratello lo sapeva benissimo. «Sai che non puoi fare uso di droghe, vero?»
La ragazza sbuffò, raccogliendo in una coda di cavallo i suoi lunghi capelli mossi. Era una bella donna, era cresciuta, era diventata disinvolta e forte e, anche se Alec non voleva ammetterlo, era anche indipendente. Jace le sorrise tirandogli via l’elastico per farle un dispetto prima di poggiare le labbra sulla sua guancia per salutarla. «E dicci, come mai tutto questo entusiasmo?»
«Oggi arriva il nuovo strutturato di cardiochirurgia!» ribatté euforica versando una porzione abbondante di cereali nella tazza della colazione.
«E a te che fai il medico legale interessa ovviamente» disse ironicamente Alec.
«Un limone. Sei proprio un limone.» rispose sbuffando. «Comunque sono interessata perché è Magnus Bane, non uno qualsiasi!»
Alec alzò un sopracciglio per farle capire di non avere la minima idea di chi fosse questo fantomatico Magnus Bane mentre Jace, accanto a lui, spalancava la bocca incredulo. «Magnus Bane? Nel nostro ospedale?»
Isabelle annuì compiaciuta. «Esattamente. E tu Alec sapresti tutto di lui se ti fossi degnato di venire con noi al galà di ricerca tenutosi quest’estate a Chicago.»
Alec già si era stancato di quella giornata. Jace e Izzy non perdevano occasione di rinfacciargli di essere mancato a quella cena. Lui aveva cose più importanti da fare. La maratona della sua serie tv preferita era per lui una scusa perfetta per evitare di parlare con gente proveniente da ogni parte degli Stati Uniti.
«Devi vederlo Alec è così carismatico.» Isabelle lo guardò in modo sognante mentre Jace annuiva per poi aggiungere: «Carismatico è carismatico, leggermente egocentrico.»
«Tu stai dando dell’egocentrico a qualcun altro?»
«Parla così solo perché quella sera Magnus gli ha rubato la scena più volte mentre lui cercava di fare colpo su qualche dottoressa!»
«Non è vero!» protestò Jace, ma Isabelle lo guardò come se fosse sul punto di rivelare qualche particolare piccante, così sbuffando si alzò dallo sgabello. «D’accordo, è la verità. È un ottimo medico, ma ho deciso che lo odiamo perché è troppo affascinante, capito?» disse indicandoli entrambi.
Alec ridacchiò afferrando la sua borsa. «Quanto bello è questo Magnus Bane per far venire i complessi a te?»
Isabelle stava per rispondere, ma Alec alzò la mano avviandosi verso la porta. «Io devo andare, ci vediamo tra un’ora in ospedale.»
Sorrise a entrambi prima di chiudersi la porta alle spalle e lasciare l’edificio. Scese i tre gradini esterni e si fermò sull’ultimo a respirare l’aria autunnale di Brooklyn. Amava le case di mattoncini rossi che in quel periodo dell’anno sembravano più accoglienti e calde del solito, amava le foglie colorate lungo i marciapiedi e i carretti di dolci e bevande calde agli incroci che emanavano un odore dolciastro per l’intera zona. Riprese la sua camminata e si beò della brezza mattutina e della solitudine. Usciva sempre in anticipo Alec, per godersi quei momenti tutti suoi, attimi di tranquillità nella frenesia esagerata della città.
Alzò una mano sporgendosi verso la strada per fermare un Taxi e sorrise quando riuscì a prenderne uno in soli cinque minuti. Si lasciò cadere sul sedile posteriore e sistemò la borsa al suo fianco. «Buongiorno signore, dove la porto?»
«Institute Hospital, grazie.»
Spostò lo sguardo alla sua destra e si perse nell’osservare la magia dei colori di fine settembre. Le parole di Izzy e Jace tornarono a fargli visita stimolando la sua curiosità, voleva proprio incontrarlo questo Magnus Bane.
Quando il taxi fermò la sua corsa, Alec si apprestò a pagare e scendere velocemente, cedendo il posto a nuovi passeggeri. Sistemò il colletto della sua giacca e si avviò per attraversare i giardini che contornavano l’imponente edificio ai piedi del viale. L’Institute Hospital era composto da una struttura centrale che diramava, a destra e sinistra, in altri tre edifici che erano un po’ lo specchio l’uno dell’altro. O almeno era quello che appariva dall’esterno: stesso numero di finestre, scale antincendio nello stesso punto, la bandiera americana posta sul tetto dell’edificio più alto. Alec, però, sapeva bene che all’interno era tutto ben diverso, diversi reparti, diversi colori, diverse persone. Osservò le ambulanze sostare davanti all’entrata del Pronto Soccorso, colleghi che scambiavano quattro chiacchiere in attesa di iniziare e altri che stavano finendo il proprio turno, agognando una bella dormita.
Chiuse gli occhi cercando di attingere a tutte le sue forze e fece un passo in avanti. Non capì perché lo fece a occhi chiusi, forse, in qualche modo, quel destino a cui era restio a credere voleva dargli una sorta di dimostrazione della propria esistenza. Sentì distintamente la ruvidità del cemento sotto le sue mani e un dolore lancinante al fondo schiena. Ci mise un secondo per capire di essere caduto e quando aprì gli occhi si domandò se tutto quello fosse uno scherzo crudele del destino. Tutto il contenuto della sua borsa era a terra e metà dei fogli erano ormai inzuppati di caffè. Spostò lo sguardo verso l’alto trovando un ragazzo molto più giovane di lui a fissarlo impalato con la bocca aperta. «Io… oddio, mi scusi…ehm, è il mio primo giorno e mi sono distratto a guard…»
Alec alzò una mano per fermarlo e sperò con tutto il cuore che non fosse uno dei suoi specializzandi.
«Sì, sì… vai ora per favore.»
Fece segno con la mano di sparire poi rilasciò un respiro pesante, rimanendo a terra. Guardò i suoi fogli a cui aveva lavorato per l’intera settimana ridotti in poltiglia e si apprestò a cercare dei fazzoletti per sistemare quel disastro. Si inginocchiò recuperando la borsa e si massaggiò la base della schiena un po’ dolorante per la botta presa.
«Brutto inizio di giornata, eh? Ti capisco, però ammetto che trovarti ai miei piedi potrebbe svoltarmi la giornata.»
Alec sentì una voce sconosciuta rivolgersi a lui e alzò il viso infastidito da quel commento. La prima cosa che vide furono un paio di scarpe nere e lucide. Risalì piano la figura davanti a lui, soffermandosi più del dovuto sulle braccia muscolose strette in una camicia nera ricoperta da piccoli pois bianchi. Alzò un sopracciglio sorpreso, poi tutto quello che aveva in mente sembrò sparire per un attimo. Si concentrò sulla bellezza di quel viso mai visto prima. La carnagione dello stesso colore del caramello, le labbra incurvate in un sorriso malizioso, i capelli sistemati perfettamente e gli occhi di un colore che ad Alec ricordava i prati della villa in campagna dove era solito andare da bambino con la sua famiglia. Cercò di darsi un contegno e la battuta dell’uomo gli rimbombò nella testa spezzando quella bolla di sapone in cui era entrato.
«Mh, buon per te» rispose tirandosi su. Chiuse la borsa passando una mano come a voler togliere della polvere immaginaria e si accucciò nuovamente a prendere i fogli da buttare, ma erano più di quelli che riusciva a prendere senza rischiare di sporcarsi interamente. Si voltò nuovamente verso lo sconosciuto con un sopracciglio alzato, in una muta richiesta d’aiuto.
«Cosa?»
Alec gli indicò il resto dei fogli a terra con un’espressione che non lasciava spazio all’immaginazione.
«Sei di tante parole vedo!»
Si piegò sulle ginocchia con una grazia che Alec non aveva visto in nessuno. Lui nemmeno ci faceva caso a quelle cose eppure quell’uomo sapeva come attirare l’attenzione su di sé. Alec lo vide alzarsi e camminare verso un secchio senza voltarsi a vedere se lui fosse al suo seguito. Alec rimase paralizzato ancora una volta, imbambolato a osservare la camminata elegante di quell’uomo per diversi secondi.
«Hai intenzione di rimanere lì per molto o mi mostri dove posso lavarmi le mani?»
Alec riprese coscienza del suo corpo e si affrettò a buttare via tutto. Appuntandosi mentalmente di dover mandare un messaggio a Izzy per chiederle di portargli il suo computer per recuperare una copia dei documenti andati persi.
«Sai che esistono dei bar dotati di bagni in cui potersi lavare le mani, vero?»
«Mi stai invitando a prendere un caffè con te al bar? Guarda che è un modo strano di farlo.»
Alec alzò gli occhi al cielo prima di sbuffare e incamminarsi facendogli segno di seguirlo. «Sai anche di non essere divertente?»
«E tu sai che ci sono ottime probabilità che io sia un tuo superiore?»
Alec strabuzzò gli occhi, balbettando qualcosa di insensato per poi riuscire a formulare una stupida domanda: «Ehm, tu saresti?»
Una risata fragorosa scosse interamente il corpo dell’uomo e Alec inconsciamente si trovò a sorridere di riflesso, fermandosi a pochi passi dall’ingresso dell’ospedale.
«Magnus Bane. Ti tenderei la mano, ma non è il caso… mh, non credo di sapere il tuo nome.»
Magnus Bane.
Magnus. Bane. Ovvio chi altro poteva essere se non la persona che doveva odiare. Alec sbuffò, conosceva troppo bene Jace e il suo orgoglio per non prendere sul serio le sue parole, in più non aveva un quadro completo di tutta la situazione ed era certo ci fosse altro sotto.
Fece una smorfia con il naso prima di presentarsi con un sospiro. «Alec Lightwood.»
Gli tenne aperta la porta perché Alec, nonostante tutto, era troppo buono di cuore e odiare qualcuno senza un motivo non era proprio nella sua indole. Fece strada e cercando di farsi notare il meno possibile si incamminò verso l’ala destra dell’edificio fino a giungere davanti alla sala adibita a spogliatoio per strutturati e specializzandi di livello superiore.
«Beh, benvenuto» disse entrando nella stanza vuota. Alec amava arrivare tra un cambio turno e un altro, era ben consapevole che tra meno di un minuto ci sarebbe stato il caos estremo. Di solito riusciva ad arrivare dieci minuti in anticipo per prepararsi e uscire da lì prima di rimanere incastrato, ma quella mattina aveva giù subito abbastanza contrattempi.
«Tu sei proprio un compagno di chiacchiere, eh?» Magnus sorrise divertito seguendolo mentre Alec si dirigeva verso una porta semi aperta da cui si intravedeva un lungo lavandino bianco. C’erano tra lavabi e si affiancarono silenziosamente imitando in una sincronia spaventosa gli stessi gesti per lavare le mani.
«Vediamo… posso dirti che, sicuramente, non sono un tuo specializzando.»
Alec osservò il riflesso di Magnus sullo specchio e lo vide corrucciare le labbra. «Mh e cosa ti fa essere così sicuro? Quelli che avevi in mano erano fogli da capo degli specializzandi, quindi non sei uno strutturato.»
«No, ma sono all’ultimo anno della specializzazione in Neurochirurgia» disse asciugandosi le mani. «E tu invece aggiusti i cuori, no?»
Senza pensarci usò quel suo modo di chiamare cardiochirurgia come se fosse universale.
«Aggiusto i cuori. Mh, mi piace. La domanda che mi sorge spontanea è un’altra però… tu come fai a saperlo?»
Alec sentì il suo viso andare in fiamme. «Ehm, ero solo a conoscenza dell’arrivo del nuovo strutturato di cardiochirurgia.» Tossì, poi si voltò per uscire dal bagno e raggiungere il suo armadietto nel lato opposto. Cercò di mantenere un respiro normale, mentre Magnus lo affiancava e controllava l’interno dell’armadietto al suo fianco. Erano solo due colonnine in legno scuro, lontane dalle restanti che occupavano l’intera parete dall’altra parte.
«Oh, guarda! Il mio armadietto è vicino al tuo.»
Lo vide staccare l’adesivo che riportava il nome di un vecchio collega trasferitosi mesi prima. Alec era così felice di avere quello spazio tutto per sé eppure non disse nulla sull’altro armadietto lasciato vuoto dal cardiochirurgo precedente, la sua mente si rifiutò di protestare quando Magnus si guardò attorno raggiungendo un piccolo tavolino per prendere un nuovo adesivo. Tornò indietro e lo attaccò con cura sul suo nuovo armadietto guardandolo incredibilmente fiero, come se fosse di chissà quale bellezza. Alec osservò il suo nome scritto in nero, in risalto su quell’anta di legno chiaro.
«Potevi prendere anche un pennarello.»
«Scherzi? Sono tutti neri!»
Alec inarcò un sopracciglio e lo osservò rovistare nella borsa alla ricerca di qualcosa. «Ora ci siamo!» Lo sentì dire.
«Un pennarello fucsia? Sul serio?»
«Non lo trovi bellissimo?»
Magnus scrisse velocemente il suo nome prima di voltarsi a sorridere ad Alec e Alec stava per cercando qualcosa da dire, ma la stanza venne presto invasa da diversi dottori. Alec riconobbe la chioma bionda di Jace avvicinarsi e accorgersi di Magnus al suo fianco. L’espressione sul viso del suo amico cambiò radicalmente e quando fu vicino riuscì a tirare fuori solo un sorriso seccato.
«Bane.» Il tono piatto e lo sguardo scocciato di Jace fecero sorridere Magnus.
«Oh Herondale, ti sono mancato per caso?»
«Se. Certo.» Jace gli diede le spalle voltandosi quasi completamente verso Alec.
«Ho pensato ti servisse prima di un’ora, per prepararti.»
Alec afferrò la borsa del computer che Jace gli stava porgendo e lo ringraziò con un sorriso ampio e caldo, uno di quei sorrisi che Alec riservava solo alla sua famiglia. Magnus li guardo in modo curioso, cercando di capire quale potesse essere la relazione tra di loro.
«Beh, direi che vi lascio soli, devo incontrare il grande capo prima della presentazione ufficiale.»
«E hai sentito il bisogno di dircelo perché…?» Jace sapeva essere un rompiscatole esagerato, Alec lo sapeva e lo rimproverò con lo sguardo prima di sorridere debolmente verso Magnus. «A più tardi immagino…»
Magnus si congedò allontanandosi e Jace sbuffò. «Non stai fraternizzando con il nemico, vero?» chiese e Alec guardò alle sue spalle, in direzione della porta, dove Magnus con un sorriso malizioso gli strizzò l’occhio prima di lasciare la stanza.
«No» rispose Alec scuotendo la testa. «Affatto.»
Chiuse l’armadietto sistemandosi il camice bianco e il tesserino per poi trascinare Jace fuori dallo spogliatoio. «Torni a casa o aspetti qui l’inizio del turno?»
«Mi butterò sul lettino nella stanzetta, non ho voglia di fare avanti e indietro di nuovo.»
Alec annuì. Svoltarono l’angolo per raggiungere la postazione degli infermieri e si bloccarono entrambi osservando Clary, l’infermiera più testarda del mondo a detta di Alec, stretta tra le braccia di Magnus.
Tossì, voltandosi verso il suo amico. «Quindi lo odiamo per lei? Sul serio?»
Jace incrociò le braccia al petto e lo guardò scocciato. «So che non la sopporti molto, ma io sono innamorato di lei Alec. Potresti sforzarti di comprendere.»
Era una vita che si sforzava di farlo. Di comprendere gli altri, le loro reazioni, i loro comportamenti, i loro sintomi. Era costantemente in guerra per comprendere perfino se stesso.
Continuarono a camminare per dirigersi all’ascensore senza farsi vedere, o almeno è quello che voleva Alec, ma Jace non doveva essere dello stesso avviso perché urtò uno dei carelli pronto per essere riempito per il giro di controllo, provocando un rumore sordo che difficilmente qualcuno avrebbe potuto ignorare. Clary si accorse di loro e arrossì staccandosi da Magnus. Si schiarì la voce tossendo imbarazzata mentre Magnus puntava i suoi occhi divertiti su Jace per poi riportare l’attenzione su Clary. «Zuccherino, ci vediamo più tardi a casa, ok?»
Se ne andò senza degnare Alec di uno sguardo e Alec finse di non aver sentito un leggero fastidio. Vide Jace alzare gli occhi al cielo e Clary avvicinarsi per risistemare il carrello.
«Sei sempre il solito Jace!» protestò Clary.
«Ah io sono il solito?»
Alec alzò gli occhi al cielo stanco di dover vedere sempre i soliti teatrini tra di loro. Erano stati insieme per sei mesi, prima di rompere per un motivo ignoto ai più e Clary era arrivata a cambiare i suoi turni per evitare di incontrarlo. Quando succedeva, anche se per sbaglio, iniziavano un battibecco che non finiva nemmeno sotto bombardamento così Alec semplicemente si allontanò. Quando si trattava di Clary, Jace non ragionava e Alec odiava vederlo sgretolarsi, distruggersi, per quella ragazza.
E ancora una volta nessuno si degnò di far caso a lui, non che Alec non fosse abituato a essere trasparente per gli altri, eppure per la prima volta in vita sua, odiò sentirsi un solitario.
Le porte dell’ascensore si aprirono rivelando Magnus indaffarato in una conversazione.
«Dottor Lightwood, buongiorno!»
«Buongiorno capo!» ribatté Alec salutando il primario di chirurgia, il dott. Luke Garroway, ed entrando nell’ascensore.
«Le presento il nuovo strutturato di cardiochirurgia.»
«Oh, abbiamo già avuto il piacere di conoscerci!» Lo anticipò Magnus sorridendo e lui si ritrovò a sforzarsi di sorridere.
«Perfetto allora. Le dispiace far fare un giro dell’ospedale al nostro nuovo arrivato?»
Alec sbatté più volte le palpebre prima di aprire bocca. «Veramente non credo di avere tempo, sono a capo degli specializzandi quest’anno e…»
«Lightwood, non arriveranno prima di quaranta minuti. Può iniziare ora e magari portare il Dottor Bane con lei e i suoi specializzandi dopo, tanto non entrerà in servizio prima di domani.»
Magnus sorrise soddisfatto. «Mi sembra un programma fantastico» disse entusiasta mentre Alec si ritrovò costretto ad accettare. L’ascensore fermò la sua corsa al piano terra e il capo Garroway si dileguò lasciandoli soli.
«Allora, da dove iniziamo?»
Alec chiuse gli occhi per prendere un bel respiro e si voltò a guardarlo. Magnus aveva una strana eccitazione negli occhi che non era abituato a vedere negli altri medici. C’era una fiamma di vita che faceva venir voglia di vivere, ma vivere per davvero, anche a lui.
«Dalla caffetteria.»
«Quanti caffè al giorno bevi? Guarda che assumere caffeina per tanto tempo non fa bene al cuore.»
«Sul serio? Accidenti non lo sapevo. Dovrò proprio consultare un dottore per farlo controllare!» borbottò acido.
«Beh, per tua fortuna io sono uno che i cuori li aggiusta. Se vuoi posso aggiustare anche il tuo.»
Il modo in cui lo disse, calando il tono di voce nella parte finale, provocò un attimo di smarrimento ad Alec. Senza volerlo si chiese se davvero qualcuno avesse potuto riaggiustarlo, ma il suo orgoglio accantonò il pensiero immediatamente. «Chi ti dice che è rotto ancor prima di avermi visitato?»
«Oh, Alexander» disse Magnus afferrando il tesserino sul camice di Alec per sistemarlo. «Ci sono cose che si capiscono senza aver bisogno di supporti tecnici.»
Un moto di rabbia si impossessò di Alec, come si permetteva a parlare in quel modo? Come se lo conoscesse! Si voltò infuriato e accelerò il passo aumentando la distanza tra di loro.
Odiarlo sarebbe stato più facile del previsto.
Forse.
 
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Nda.
I’m back!
Per chi non ha mai letto qualcosa di mio, vi do il benvenuto tra i miei lettori, mentre voi che siete con me da un po’ di tempo, ben ritrovati.
Ho deciso di dare sfogo al pensiero di scrivere una nuova Malec (scrissi una one shot un anno fa) e questa volta dar vita a una storia un po’ più lunga e AU. Spero davvero che vi piacerà la mia idea di fare una Greysanatomy!AU. Mi sono informata sulle diverse gerarchie negli ospedali americani (soprattutto nel modo in cui vengono trattate nella serie tv) ma premetto di non essere un medico e di non studiare medicina quindi se qualcosa non vi torna vi prego di dirmelo in modo che io possa sistemare e imparare qualcosa di nuovo.
Aspetto con ansia di sapere i vostri parere e vi mando un abbraccio.
A presto,
Serena.
   
 
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