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Autore: Red_Coat    12/10/2017    2 recensioni
Questa è la storia di un soldato, un rinnegato da due mondi. È la storia del viaggio ultimo del pianeta verso la sua terra promessa.
Questa è la storia di quando Cloud Strife fu sconfitto, e vennero le tenebre. E il silenzio.
Genere: Angst, Guerra, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cloud Strife, Kadaj, Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'allievo di Sephiroth'
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*CANZONE CITATA A FINE CAPITOLO: Hovig, Gravity*

Due settimane e mezzo dopo …
 
C'è ... di nuovo la luna piena, stasera.
Grande, bella.
Illumina il mio cammino in mezzo a questa landa semi deserta spazzata dal vento, piena di pericoli facilmente fiutabili dietro gli alberi, le colline e i massi di roccia che delimitano il sentiero sterrato, mentre io la guardo spandere la sua luce benevola sulla prateria, guidandomi fino ad oltre l'orizzonte conosciuto.
A dire la verità, ora non la vedo più da circa dieci minuti, per colpa delle nuvole.
Ma io so che c'è, e questo mi basta.
La sua luce mi è rimasta nel cuore, e lo illumina anche se lei non può farlo materialmente, mi aiuta a resistere alla sua assenza materiale.
Anche se ... continuo a guardare in su nella speranza di rivederla presto, non importa quanto tempo dovrà passare.
Prima o poi avrò comunque bisogno di un altro momento che ridia vita a quel ricordo, altrimenti rischierei d'impazzire nell'attesa.

 
***
 
Uno strattone, seguito dal rumore delle materie nella mia bisaccia che tintinnano urtandosi tra di loro e da un soffio rapido di vento che anticipa la visione irritante della ladruncola che stringe in mano il borsello di pelle nera, levandola in aria vittoriosa.
È irritante! Una ragazzetta petulante (o almeno credo sia una ragazza vista la mole e il timbro della voce, anche se dall'abbigliamento e il taglio a caschetto dei capelli castani non si direbbe) di si e no quindici o sedici anni che non fa altro che scalpitare, ridacchiare e saltellare come se non sapesse fare altro.
Se ne sta a distanza da me e ridacchia, soddisfatta.
Sembra uno di quei mostriciattoli sui monti Nibel, pronti a scoppiarti in faccia.
 
« Eheheh, mie! Preziose materie! » lasciando un bacio sulla borsa.
 
Poi mi guarda con un ghigno.
 
« Hey, straccione vagabondo! » urla sbracciandosi « Che fai, non vieni a riprendertele? »
 
Stringo i pugni fino a far scricchiolare i guanti, la fisso torvo e determinato.
Straccione, eh?
Tsk, ragazzina inutile! Non hai idea del con chi ti sei messa a scherzare.
Vado di fretta, Sephiroth mi sta aspettando oltre quelle maledette montagne e per questo non perderei neanche mezzo minuto di tempo da perdere con te.
Le materie non servono ad uno come.
Ma quelle, mia cara, non si toccano a prescindere perché sono preziose materie evocative, un regalo di Sephiroth quando io ero ancora un suo allievo, e che ora sto preziosamente custodendo con cura.
Perciò certo che le rivoglio, ovviamente!
Ma sai che ti dico? Non muoverò neanche un dito per riottenerle.
Continuo a rimanere in silenzio e a fissarla, lei fa lo stesso.
Ci scrutiamo con aria di sfida, io levo la sinistra dall'elsa della spada e la spalanco. Ghigno appena, quando finalmente la vedo tornare a sghignazzare prima di voltarsi e darsela a gambe con agilità, urlando felice:
 
« Va bene! Allora chi le ha trovate se le tiene! »
 
E a quel punto, ecco che scatta il mio piano, ed in un secondo i miei occhi si accendono di bagliori verdastri che si propagano anche dai palmi aperti delle mie mani, e un laccio di lifestream la acciuffa al posto mio, afferrandole la caviglia e atterrandola con violenza, arrestando la sua corsa e facendola finire con la faccia contro il duro terreno sotto di noi.
La sento lamentarsi, inizio ad avanzare. Lento, senza fretta.
Tanto non può scappare adesso. No?
Lei si dimena, impreca toccandosi il naso dal quale cola sangue e strattonando il filo di lifestream cercando di liberare la caviglia, senza successo ovviamente.
Le gironzolo intorno un paio di volte godendomi la scena con un ghigno sardonico mentre lei cerca di ignorarmi.
 
« Maledizione! » si lamenta affannata « Accidenti, stringe! »
 
Poi all'improvviso il rumore della mia katana sguainata la fa sobbalzare, e ancora prima che possa fare qualsiasi cosa una sottile striscia di sangue segna il confine tra il braccio e la mano che stringe la mia bisaccia. Precisa, proprio sul gomito.
Lei la guarda scioccata, poi passa a me con occhi sgranati.
Sorrido, sollevando altero il capo.
 
« Allora...? »  le domando tranquillo « Vuoi riconsegnarmela tu o devo fare da solo staccandoti la mano? » ghigno « Posso assicurarti che è abbastanza doloroso. Potresti anche morire dissanguata se decido per un lavoro ben fatto. »
 
La ragazzina fa una smorfia, spunta e fa per portarsi la bisaccia al petto ma un altro filo di lifestream la ferma, inchiodando anche il braccio a terra.
Mi rivolge uno sguardo carico di astio.
 
« Te lo puoi scordare! Yuffie Kisaraghi non si piega di fronte a nulla, tantomeno alle minacce di uno straccione pazzoide! »
 
Vorrei strozzarla, ma decido di non farlo. Preferisco prenderla per sfinimento, quindi annuisco calmo e impugno la spada a due mani, portandola lentamente sopra la testa e guardandola stringere con la mano libera la sua arma, uno shuriken come quello della turk che ho mandato all'inferno a Nibelheim.
Ma guarda, che curiosa coincidenza. Si sarà mica reincarnata? Ah, se anche fosse vorrà dire che ce la rispedirò di nuovo.
La fisso truce e determinato, lei si ostina a sostenere orgogliosamente il mio sguardo ma sta sudando freddo. Si vede chiaramente che ha paura quando all'improvviso calo il fendente e lei chiude gli occhi stringendo i denti, senza neanche accorgersi che mi sono fermato a pochi centimetri.
Li riapre di scatto, guarda la sua mano ancora al suo posto, quindi mi guarda sconvolta ed io fingo di cambiare idea mettendomici a pensare mentre sposto la lama affilata dal polso alle dita, e ne sfioro piano la base.
 
« Oh magari ... » dico « No. » sorrido, spingo appena un pò più in profondità il taglio « Potrei staccarti le dita una ad una e ascoltarti urlare. »
 
A quel punto lei sbotta esasperata.
 
« Aaaah! Basta, riprenditi la tua borsa e falla finita! Per due misere materie ... Non ne posso più di sentirti parlare! »
 
Ghigno, le libero il polso e allungo la destra verso di lei, che dopo un ultimo breve istante sbruffa e mi rimette nel palmo il maltolto.
Con uno strattone la avvicino a me fino a che non sono sicuro riesca a vedere solo i miei occhi.
Trattiene il fiato, in soggezione.
 
« Aspetta ... ma io questa luce l'ho già vista. » mormora.
 
Continuo a ghignare, senza rispondere.
 
« Grazie ... » ringhio « E fossi in te, la prossima volta non lo rifarei. Potrei non essere così di buon umore. » poi la rigetto a terra e la sento di nuovo urlare a squarciagola, mentre mi allontano riprendendo il cammino.
 
« Hey! Hey tu, brutto idiota psicopatico! Liberami subito! Liberami! »
 
Eh, eh, eh, eh.
Ah già, che sbadato! La caviglia...
Bhe, meglio aspettare di essere abbastanza lontani prima. Così, tanto per essere sicuro che ricordi la lezione.

 
***

Era notte fonda quando finalmente, dopo quasi due mesi viaggio, Victor Osaka riuscì indenne a raggiungere le cime innevate del villaggio che tra le altre attrazioni turistiche ospitava anche l'Icicle Inn, il rinomato hotel doveva lui, Hikari e Keiichi avevano trascorso insieme le ultime vacanze invernali.
Dopo aver visto il paesaggio cambiare, l'erba e gli alberi tropicali lasciar posto pian piano alla tundra e poi alla roccia, mentre la prima neve cominciava a macchiare il terreno, e aver atteso con ansia il momento in cui l'avrebbe vista ricoprire ogni cosa perché avrebbe significato la fine di quel lungo viaggio di andata, fu un sollievo quando questa visione si avverò.
Non nevicava, quella sera, ma un soffice e spesso manto bianco aveva ricoperto ogni cosa per circa tre metri, per questo non c'era quasi nessuno in giro e faceva freddo, ma un freddo umido che entrava nelle ossa e paralizzava quasi i muscoli.
La luce dei lampioni si rifrangeva sui cristalli candidi scomponendosi e mescolandosi ai colori del paesaggio, regalando alla vista magiche atmosfere che andavano dal rosa pallido al viola pastello, passando per l'arancio, il color fiamma e il bianco intenso.
Ero troppo tardi per fare qualsiasi altra cosa, anche acquistare vestiario nuovo per ripararsi dalle rigide temperature e per fare rifornimento di provviste. Neanche l'Icicle Inn riceveva clienti a quell'ora, se non su prenotazione, così decise di prendere una stanza nella piccola pensione che si ritrovò davanti e che, aspetto esteriore un pò vecchiotto a parte, aveva un'aria abbastanza accogliente.
Ordinò qualche cosa calda da mangiare, una bottiglia di vino rosso da bere (anche se non era della miglior qualità) e una scatola di sigarette, quindi sali in camera dopo aver scambiato due parole col proprietario, un oste grassoccio dai modi sgarbati ma tutto sommato disponibile che gli diede qualche informazione in più sulla vetta della montagna, e gli garanti di mandargli il giorno dopo un giovane che a quanto pareva era stato l'ultimo a tentare (sembrava senza riuscirci) la scalata.
Il locale era semivuoto, perciò quasi nessuno udì la loro conversazione fatta eccezione che per un branco di quattro amici ubriachi che dopo averlo visto entrare avevano deciso di non immischiarsi nei suoi affari.
Ne fu contento, non ebbe alcuna difficoltà ad ammetterlo, soprattutto constatando che la sua verve minacciosa non si era in alcun modo ammuffita o attenuata.
E dopo che ebbe terminato la cena a base di zuppa di legumi, pane fresco e formaggio morbido, e bevuto quasi del tutto la sua bottiglia di prosecco sorseggiandolo con gusto e beandosi della sensazione di calore che lo avvolse, si distese sul materasso morbido e si concesse qualche ora di riposo, lasciando correre i pensieri verso le ultime difficoltà e cercando in qualche modo di prepararsi a ciò che avrebbe visto, una volta superata quella restante piccola barriera.
Da quanto aveva potuto sentire non era affatto uno scherzo, quella scalata.
Il bordo del cratere era ripido e sferzato da forti venti, spesso si verificavano in contemporanea tempeste di neve, e la temperatura già rigida si abbassava ulteriormente la notte, incominciando dal primo pomeriggio.
Difatto quindi, per una scalata che richiedeva almeno cinque e forse anche di più (dipendeva appunto da molti fattori, tra cui la forza del vento e la bravura dello scalatore) ne restavano appena tre o quattro in condizioni di bel tempo prima che la temperatura raggiungesse picchi sotto lo zero insopportabili.
La maggioranza degli scalatori professionisti giunti fino a lì aveva dovuto ammettere di essersi arresa a metà strada, e soltanto pochi fortunati erano riusciti a raggiungere la vetta, ma non senza andare incontro a gravi rischi e conseguenze non da poco.
Lui non poteva rischiare, non ora. Lo aveva fatto molte volte, ma questa era la più importante e la più pericolosa.
E fu per questo motivo, proprio ripensando alla promessa fatta a Keiichi e ad Hikari mentre stringeva sul cuore la bambolina di cartapesta e il ciondolo d'argento, per un breve istante si lasciò andare alla paura, e sentì un peso enorme gravare sul suo cuore senza che riuscisse in qualche modo a ignorarlo o gettarlo via.
Era quasi arrivato. Se Sephiroth si trovava oltre quelle montagne, erano ... così vicini.
Di nuovo.
E al solo pensiero il cuore gli balzava in gola per l'emozione, ma ...
"Sephiroth ...
Io non sono sicuro di farcela, stavolta." pensò, respirando a fatica.
"Non è mai facile con te, vero?" sorrise quindi, le lacrime agli occhi, incupendosi poi nuovamente.
"Non lo è mai stato..." ricordò, tornando indietro nel tempo con la mente di nuovo al suo periodo in SOLDIER, all'addestramento e ancora prima a quanta fatica aveva dovuto fare per farsi notare, per riuscire a diventare l'unico allievo del grande eroe di SOLDIER, l'unico al mondo a poter vantare quel titolo.
Ripensò anche al duello in sala di simulazione, l'unico che avessero mai avuto modo di combattere. Proprio alla vigilia della sua promozione a first.
Nella sua testa, forse per troppa suggestione o forse no, lo sentì di nuovo sogghignare.
Sephiroth.
Il SOLDIER più potente che il mondo e la Shinra stessa avessero mai conosciuto.
Lui era il più difficile tra tutti e tre, il più inarrivabile, quello delle scommesse vinte in partenza, quella della disciplina dura, del sacrificio, il sogno proibito di tutti coloro che ambivano e avessero mai ambito a quel ruolo.
Lui era ciò che di più bello e prezioso si potesse trovare negli angoli più nascosti e bui del mondo e dell'universo, la terra più inesplorata, il tesoro più difficile da trovare.
E Victor, come sempre, ancora una volta si sentì ... soltanto un folle, misero essere umano.
"Hai delle domande a cui devi dare ancora risposta ..."
La voce del Generale riemerse dai suoi ricordi.
Sospirò pesantemente riflettendo su quel concetto.
Domande ...
Si, ne aveva ancora qualcuna, anzi tante.
Era un Cetra sì, ma della precisa entità e dell'origine del suo legame con Sephiroth non sapeva ancora praticamente quasi nulla, e lo stesso valeva per quel ragazzo che ormai era diventato una costante presenza dei suoi stati comatosi e dei suoi sogni lucidi più cupi.
Chi era? Che aveva a che fare con lui?
Quanto ancora non conosceva di sé stesso?
A quante di queste ... avrebbe trovato risposta dopo quel viaggio?
Di nuovo la voce di Sephiroth tornò a rimbombare nella sua mente, ma stavolta più vivida, chiara ed autoritaria.
Non era un ricordo.
 
« Vieni! »
 
Gli ordinò, in un tono che cancellava ogni forma di dubbio e non ammetteva altre repliche, e Victor trattenne il fiato all'istante, tremando.
Non aveva scelta. Obbedire era l'unica risposta a tutte le sue paure.
 
\\\
 
Il mattino arrivò prestò per lui, dopo soltanto quattro ore scarse di sonno in cui non fece che sognare Sephiroth, tutti i peggiori possibili finali per quell'ultima parte di viaggio, la sua famiglia lontana, ancora pericoli e ancora Sephiroth.
Fu proprio l'incubo di ritrovarsi a precipitare nel vuoto a risvegliarlo di colpo, inducendolo a spalancare affannato gli occhi.
Si guardò intorno e gli fu facile capire di esser stato vittima dell'agitazione. Il suo orologio da polso segnava le quattro e quarantacinque del mattino.
Si mise a sedere sul bordo del letto e si prese la testa tra le mani, scuotendola più volte e stropicciandosi le palpebre con le dita.
"Basta esitazione, Victor!"
Si ammonì, rimbeccandosi poi contrariato: "Quanto mi sono rammollito, dannazione?!"
Decise quindi di uscirsene a rinfrescarsi le idee, e alle cinque del mattino si ritrovò a camminare da solo per la vallata innevata, cercando dentro di sé il coraggio perduto e trovando che vi fossero in realtà almeno due ragioni principali che lo intrappolavano sul fondo del suo cuore.
La paura, quella di risultare un fallimento di fronte al suo Generale, alimentata dalle insicurezze dagli avvenimenti già accaduti.
E la sua impossibilità a volere immaginare come sarebbe stato il Sephiroth che avrebbe trovato ad accoglierlo.
Questa era la cosa che lo terrorizzava forse più di ogni altra, e ogni accenno di coraggio si schiantava sgretolandosi contro lo scoglio dell'incertezza più totale, del panico e dei pensieri turbolenti e quasi sempre oltre il limite della sua fantasia.
Correvano talmente tanto da fargli venire la nausea e il mal di testa.
Solo in mezzo alla pace del bosco, liberò una roccia piatta dalla neve e vi si sedette, chiudendo gli occhi e ascoltando.
Il silenzio della neve, solo quello gli arrivò.
Nemmeno il frusciare di una folata di vento tra i rami, nè il canto di un uccello.
Tutto taceva, perfino la terra. Tutto tranne i suoi pensieri e la testa che continuava a dolergli atrocemente.
Con un fischio acuto, che lo stordì costringendolo a reggersi la testa tra le mani, un altro doloroso flashback attraversò i suoi occhi illuminandoli nuovamente di quel sinistro bagliore quasi elettrico.
Era da molto che non succedeva.
Da tantissimo che non era così doloroso.
Ma non fu questo a sconvolgerlo, bensì l'immagine che aveva visto, di un Sephiroth addormentato in un bozzolo di cristallo.
Riaprì di colpo gli occhi alzandosi e respirando grandi sorsi gelati.
Tossì, faticando a stare in piedi e arretrando di qualche passo, stordito, per poi guardarsi intorno sconvolto.
Quella visione ... era lui.
Non era un ricordo, non aveva mai visto Sephiroth in quella forma, senza il suo soprabito e ... senza ...
Un singhiozzo scosse il suo petto quasi senza che lui volesse.
Sperò che non fosse altro che un illusione, ma la logica gli proibiva di credere a quella versione.
Del resto lo aveva visto, quando era stato a Nibelheim.
Era stato ferito gravemente, gettato nel lifestream ...
Era un miracolo fosse sopravvissuto, avrebbe dovuto immaginarlo da sé, ma ...
Scosse nuovamente il capo, sospirando e riprendendo la strada per il villaggio.
Le gambe tremavano, il cuore batteva così forte da balzargli in gola.
Aveva voluto illudersi, continuava a farlo, ma non sarebbe durata.
Se quella visione non era del passato allora voleva dire che solo quel viaggio avrebbe potuto confermarla, e questo non faceva che appesantire ancora di più il suo animo.
Le parole di Zack continuavano a risuonare nella sua mente, facendogli tremare il cuore:" Il Sephiroth che conoscevamo non esiste più. "
Forse.
Anzi, quasi sicuramente ormai.
Neanche lui era più lo stesso, in fondo, ma questo non cambiava le cose.
Le rendeva solo molto, molto più difficili.
E dolorose.
 
\\\
 
Alle sei del mattino i clienti erano pochi nel locale, tra cui il ragazzo che secondo il proprietario avrebbe dovuto fornirgli qualche altro dettaglio in più sulla scalata.
Lo ascoltò comunque, sorseggiando il caffè che si era fatto portare per colazione, ma trovò che non avesse molto da aggiungere a ciò che già sapeva.
Era un giovane curioso che andava in giro ad origliare le conversazioni degli altri scalatori per semplice curiosità, vendendo poi le informazione ai più "inesperti", come evidentemente aveva dovuto sembrargli lui.
All'inizio chiese 500 guil per tutte quelle più importanti.
Victor gli lanciò un'occhiataccia scura delle sue, raddrizzando già da subito il tiro e inducendolo a ritornare sulle spine.
Appoggiò una mano sull'elsa della katana, sospirando spazientito.
 
« O-okk-key! D'accordo, facciamo quattrocento allora? Trecentosedici? »
 
Il pugno si chiuse di più mentre i suoi occhi si puntarono dritti in quelli del ragazzo, che immediatamente rinuncio definitivamente al sogno di arricchirsi, ascoltandolo la controfferta minacciosa.
 
« Per duecento guil, e sono anche troppi, mi aspetto di avere anche una mappa dettagliata del crepaccio inclusa dei punti di stallo, pericolosi e degli eventuali rifugi. »
« D-duecento?? » balbettò l'altro, senza avere il coraggio di obiettare nonostante gli sembrasse una cifra già abbastanza irrisoria.
« Duecentotrenta se mi dai più informazioni sulla superficie del cratere. »
 
Quello annuì, aggiustandosi meglio sulla sedia e deglutendo a vuoto.
 
« I-in verità i-io non ne ho. » disse « O meglio ... s-sono molto poche, quasi del tutto scarse, m-ma ... »
 
A quel punto Victor si alzò in piedi e concluse, sbrigativo prima di avviarsi all'uscita.
 
« Duecentosedici se me la procuri entro le undici. Voglio tentare il prima possibile. »
« Si! Si, d'accordo. » fu la risposta di quello « Farò del mio meglio, signore! »
 
Anche perché altrimenti avrebbe perso anche quel poco ch'era riuscito a spillargli.
Uscì per le strade ancora silenti ma ora un pò più affollate, diretto alla prossima tappa per i preparativi del viaggio.
Passò al negozio d'armi per rifornire di pallottole la sua pistola, comprò qualche altro unguento curativo come pozioni e panacee e infine la cosa più importante di tutte: il proprio outfit.
Gli stivali rimasero quelli, e anche la divisa, ma il soprabito in pelle lasciò il posto ad uno di un materiale più simile al pile, dalla foggia sempre militare ma incluso di una pesante imbottitura vellutata, un cappuccio e un caldo pellicciotto grigio chiaro a riparare il collo e le spalle dal vento forte che sicuramente avrebbe incontrato.
Lo avrebbe usato assieme alla sciarpa blu regalo di Hikari, per sentirla vicina.
Anche i guanti si ispessirono, e la maglia della divisa divenne un dolce vita dello stesso materiale sintetico.
Comprò anche un paio di guanti di Mithril che gli avrebbero permesso di tenere a portata di mano anche le materie evocative e i due piccoli coltelli da lancio, uno per ogni mano.
Poi tornò in albergo a cambiarsi e tentare di riposare un altro pò, senza riuscirci più di tanto.
Mentre cercava di riorganizzare le idee mise per iscritto tutte le informazioni che aveva raccolto e decise come muoversi, ritenendo che sarebbe stato meglio ascoltare di persona i racconti di chi invece quella scalata l'aveva percorsa prima di lui.
Fu fortunato perché proprio quella mattina tornarono da un'intensa tappa quattro amici che si erano fermati a metà strada, così poté intrattenersi un pò con loro prima di decidere la tabella di marcia definitiva, apprendendo qualche altra utile nozione di sopravvivenza.
Alle dieci e quarantacinque giunse finalmente il ragazzo con la mappa, a riscuotere i suoi meritati Duecentosedici guil, e alle undici fu finalmente il momento di pagare il conto e avviarsi verso la meta finale.
La giornata era pacifica, per fortuna. Il sole splendeva tra i rami in un cielo incredibilmente azzurro, e quando giunse ai piedi della montagna riuscì perfino a intravedere quella che credette fosse la cima.
Ma non se la sentì di cantare vittoria, gli scalatori gli avevano detto che il tempo passava in fretta durante la scalata e che le condizioni climatiche potevano cambiare nell'arco anche di pochi minuti.
Prese un respiro profondo, annuì determinato e si fece coraggio.
" E che sarà mai una montagna da scalare? Forza Soldatino, dimostra a Sephiroth che sei degno di lui. "

 
\\\
 
Freddo!
F-fa ... tanto ... troppo ... f-freddo.
H-ho ... i polmoni ghiacciati, fanno male ad ogni singolo respiro.
Il ghiaccio e la neve ... mi ricoprono gli occhi, le mani raggrinzite cedono e fanno ... terribilmente male.
Ogni passo in avanti è uno sforzo immane.
Ad ogni movimento sento le gambe cedere e rischio di cadere davvero nel vuoto come ho sognato.
Sono ormai quasi sei ore che vado avanti ... sempre avanti ... dopo essermi fermato ... s-solo ... solo una volta.
Ora vedo chiaramente l'arrivo, a pochi movimenti da me, ma ... non ... io non ...
non ce la faccio!
Guardo in basso, vedo solo la tormenta.
Non posso permettermi di caderci, ma ... ormai non riesco neanche più a ... coordinare i miei stessi movimenti.
S-sto p-per ... cedere ...
No!
Non devo!
Sephiroth mi aspetta oltre questa maledetta montagna, devo raggiungerlo! Devo tornare da Hikari e Keiichi, gliel'ho promesso!
Un passo falso e sento la roccia sgretolarsi sotto il mio piede destro, perdo un appiglio e mi aggrappo con tutte le mie forze alla parete fin quasi a sentire le dita delle mani spezzarsi.
Trattengo il fiato e stringo i denti, ricerco nuovamente stabilità mentre la voce del ragazzo del mio sogno si fa risentire, allarmata.
"Forza, Vic! Coraggio, ci sei quasi! Sei arrivato, andiamo!"
M'incoraggia.
Scuoto il capo, dagli occhi sgorgano lacrime che si tramutano immediatamente in ghiaccio.
Il viso ormai è una maschera bianca, ricoperta dalla condensa gelata del mio stesso fiato.
S-Sephiroth!
Penso a lui, solo a lui, e questo è lo slancio che mi serve per completare la scalata.
Col cuore colmo di speranza mi proietto verso l'orlo di terra spoglia che mi si presenta davanti, la mano scivola ma io ritento e mi aggrappo allo strato spesso di neve e ghiaccio affondavi le dita come fossero artigli.
Sono al limite, ma non posso restarmene lì e questo è cento volte meglio che precipitare, perciò ignoro il dolore e finalmente risalgo, rivedo uno spiazzo di terra piana su cui striscio, riportandomi al sicuro.
Mi trascino, in ginocchio sommerso dalla neve, tremando e gemendo.
Fa male ... un male … che non ho mai sentito in vita … mia. Mi sento ... come se il mio corpo non mi rispondesse più, come se neanche mi appartenesse.
Eppure mi rialzo sulle ginocchia tremanti, compio qualche passo in avanti allontanandomi dal burrone e sorridendo vittorioso guardo sopra di me, verso un cielo totalmente bianco.

« S ... Seph ... iroth. » mormoro, il fiato che mi si gela in gola « Sono qui ... »

Ce l'ho fatta.
L'ultimo sussurro sommesso prima che le gambe cedano di nuovo e il corpo si rifiuti di continuare, soggiogato dal gelo.
È un attimo, gli occhi si chiudono e io cado a terra, nella neve alta, mentre la tempesta continua ad infuriare e io sento ogni cosa attorno a me spegnersi, divorata dal suo ruggito.
Ce l'ho fatta, è vero, ma ...
Sigh ...
Ora la sfida sta nel riuscire a restare in vita abbastanza per vederti.
Me lo hai promesso, devo raggiungerti. Troverò un modo, anche dovessi farlo tornando dall'aldilà!
 
\\\
 
Panico.
Nel momento stesso in cui Victor cadde a terra sotto i colpi della tormenta gelida il ragazzo del suo sogno, che già lo osservava sulle spine, schizzò in piedi stringendo i pugni e sbottando ansioso.
 
«Merda! »
 
Una risata sommessa e anche abbastanza divertita lo raggiunse alle spalle.
Kendra lo superò appoggiandogli una mano sulla spalla e ricevendo in risposta uno sguardo torvo.
Sibilò come un serpente, stringendo la lingua tra i denti.
« Si mette male ... » sghignazzò « Qualcosa mi dice che forse stavolta non riuscirà tanto facilmente a riaversi. » poi assunse un'aria falsamente dispiaciuta « Ciao ciao, Hikari e Keiichi. » lo canzonò « Ciao ciao, Mami. Sono morto assiderato mentre andavo a riprendermi Sephiroth. Eheheheh!»
 
Sghignazzò di nuovo.
E stavolta la reazione del soldato fu prevedibilmente brusca.
 
« PIANTALA DI GONGOLARE, ILLUSIONISTA DA STRAPAZZO! » urlò, respingendolo « Fa qualcosa invece di perdere tempo in cazzate! »
 
Ma il Cetra non si arrese.
 
« E cosa? » chiese beffardo, scuotendo il capo « Il pianeta mi ha proibito di guarire senza controindicazioni, e in queste condizioni non posso certo prenderlo e portarlo via da lì come se niente fosse. »
 
Il ragazzo strinse i denti e resistette alla tentazione di sferrargli un pugno dritto su quel viso scarno da spettro.
Si limitò a pararglisi davanti facendolo indietreggiare bruscamente.
 
« Sai benissimo cosa intendo, stronzo altolocato. Se muore lui moriamo anche noi e il tuo bel progettino da Cetra maledetto va a farsi friggere, quindi datti da fare. Ora. »
Kendra alzò il volto altero, senza spegnere il ghigno.
 
« Tsh! » fece seccato, quindi spense la luce intorno a sé e la concentrò nel globo di luce che riuscì a creare, molto simile al Pianeta su cui stavano sospesi.
Le mani abili e dalle lunghe dita affusolate lo scorsero tutto con rapidità, concentrandosi sulla zona geografica in cima dove spesse nubi coprivano ogni cosa.
Sospirò, quasi come se gli seccasse non poco farlo, ma subito dopo ghignò impaziente, allargò la visuale su quel punto preciso ed osservò il corpo inerme dell'ex first class, disteso nella neve.
Con la coda dell'occhio vide il ragazzo stringere i denti e trattenere il fiato.
Sibilò di nuovo con la lingua tra i denti.
 
« Va bene ... » ripeté quindi, rassegnato « Sai qual è il bello di essere un mago esperto in magia proibita e alchimia? » chiese soddisfatto e perfido, prima di chiudere gli occhi e concentrarsi sulla formula magica muovendo appena le labbra e le dita.

Lentamente il globo venne scosso, e la tempesta iniziò a placarsi fino a che a cadere non rimasero che piccolissimi fiocchi di neve, sempre meno frequenti.
Kendra riaprì gli occhi, ghignò soddisfatto.

« Che puoi fare qualsiasi cosa tu voglia, anche se sei un Cetra maledetto. » disse alzando un sopracciglio « Ora tocca a te, debole umano ... » voltandosi a guardarlo ma accorgendosi solo allora di essere già stato abbandonato.
 
Sospirò, con aria scettica scuotendo il capo.
"Razza di ..." pensò contrariato "Ma perché quella eccezionale creatura e suo figlio hanno scelto proprio lui, tra tutti i sei miliardi di campioni a disposizione? Bah!"

 
\\\
 
« Victor! Riapri gli occhi, idiota! »

Quando la voce del ragazzo del mio sogno ritorna a svegliarmi sono completamente paralizzato dal freddo, non sento più le mani e le gambe tremano. Non riesco a respirare, e tutto il mio corpo è ricoperto da un sottile strato di neve fresca.
Riapro piano gli occhi, guardandomi intorno.
La tempesta si è placata, anche se leggeri fiocchi di neve continuano a cadere ogni tanto, ma sono molto rari.
Si è fatto scuro e la temperatura è scesa, ma per fortuna anche il vento si è zittito.
È successo tutto così ... all'improvviso. O forse sono stato incosciente per un pò, non ne ho idea adesso. 
Ho solo un tremendo vuoto in testa e un cerchio doloroso che me la avvolge.
Non c'è traccia del ragazzo del mio sogno in giro, ma continuo a sentire la sua voce che mi incoraggia a proseguire.

« Forza, ci siamo quasi! Ancora un ultimo sforzo, sei arrivato! »

Cerco di alzarmi, ma non ci riesco. Sono quasi completamente paralizzato dal freddo e dalla stanchezza.
Così non va bene.
No che non va bene, cazzo! Non va bene per niente, dannazione!
Giro la testa verso la mia destra, guardo il guanto di Mithryl e sotto di esso scorgo la mia bisaccia.
Elisir.
Mi servono un paio di elisir o qui ci rimango secco.
Provo a muovermi cercando di prenderli, ma mi sento un totale imbecille accorgendomi di non riuscire nemmeno a coordinare i movimenti.
Non riesco a sentire il mio corpo, è questo il guaio.
Stringo i denti, mi do da fare. Poi all'improvviso, come un'allucinazione, ecco che riappare ad aiutarmi.
Il ragazzo del mio sogno, con aria molto preoccupata.
Mi prende la mano, rabbrividisce nel sentirla rigida sotto il guanto di pelle.

« Così non va assolutamente bene, Cristo santissimo! » sbotta scuotendo più volte il capo.

Infine prende un elisir dalla mia bisaccia, me lo mette in mano e mi aiuta a berlo avvicinando entrambi alla mia bocca.
È un attimo, mi sento già meglio.
Rabbrividisco e tossisco ascoltando quella sensazione di calore benefico e osservando il bagliore dorato avvolgere il mio corpo.
Ma non basta ancora.
Di nuovo lui prende la mia mano, un'altra boccetta e ripete il rituale.
Ora posso muovermi, anche se ho una sete da impazzire e continua a fare un freddo cane.
Mi aiuta a mettermi seduto sollevandomi con una mano la schiena.
Lo osservò quasi sconvolto, mormoro un grazie.

« Va meglio? Stai meglio adesso? » chiede sorridendo nervosamente.

Annuisco, mi stringo nel cappotto mentre lascio che mi tolga la neve di dosso.

« F-fa ... freddo. » mormorò tremante.
« Certo, sei sull'orlo del cratere. » fa lui, sbrigativo « Forza, alzati. Devi andartene di qui prima che ricominci a nevicare. »
« S-siamo tanto lontani? » chiedo, accorgendomi di non riuscire nemmeno più a parlare senza battere i denti.

Lui scuote il capo sorreggendomi e aiutandomi così a rimettermi in piedi.

« No. Sephiroth ti aspetta alla Northern Cave. Seguilo e sta attento a dove metti i piedi. È pieno di mostri laggiù. » mi risponde.

Ah, bene. Benissimo anzi.
Proprio quello che ci voleva. Ma perché? Perché??

« Dove si trova? » chiedo.
« Molto in profondità. Segui la voce che senti. » è la risposta.

Poi conclude premuroso, avvisandomi.

« Ora ti lascio, non ricadere come la pera cotta che sei, d'accordo? »

Sorrido cercando di unirmi alla sua allegria forzata, ma è difficile.
Annuisco sfoderando la katana e piantandola a mo’ di appiglio nella neve compatta che mi avvolge i piedi fino a sopra le caviglie.
Lui sorride un'ultima volta, mi guarda preoccupato e poi scompare, lasciandomi solo ad affrontare il gelo.
"Coraggio Soldatino, ci sei quasi. Sephiroth ti aspetta al varco."
Sephiroth ... o quel che resta di lui.
Sento le lacrime tornare a pungermi gli occhi mentre cerco di ricominciare a camminare trascinandomi nella neve.
Non so se sono pronto per questo, ma adesso come adesso non credo di avere più tanta scelta.
 
\\\
 
L'ascesa verso l'inferno.
Ecco cosa mi si presenta davanti una volta giunto nel luogo in cui mi ha condotto la voce di cui parlava il ragazzo, una specie di sussurro interiore che parla al mio istinto e che mi guida sulla strada giusta da prendere.
E la prima, unica definizione che mi viene in mente non appena riesco a superare il primo grosso ostacolo che mi accoglie all'entrata, dopo aver attraversato crepacci pericolanti, isole di pietra sospese nel vuoto e una grande pianura rocciosa semi desertica.
Un drago, munito di grossi zanne e ricoperto di spesse squame resistenti al fuoco e perfino alla lama affilata della mia katana.
O forse sono io che ancora non riesco a riprendermi.
Ne esco esausto dopo quasi dieci minuti di un combattimento intenso che sembra essere durato eoni, mi accascio a terra con una profonda ferita sanguinante al fianco e diverse piccole ustioni e graffi, soprattutto in viso. Sono riuscito ad evitare il fuoco diretto usando la barriera magica o scansandolo con tutta l'agilità che son riuscito a tirar fuori, ma non ho potuto evitare il calore eccessivo e neanche che le possenti zanne del bestione mi sbattessero di schiena contro la parete.
Mi sono concesso qualche istante per riprendere fiato, accasciato sulla punta della mia spada e stringendo i denti per il dolore, quindi ho preso un ultimo elisir e ho ripreso il cammino, addentrandomi nell'intricato labirinto diabolico.
Non è andata meglio neanche stavolta.
Ho dovuto farmi strada verso il luogo indicatomi versando tutte le mie ultime energie per sbarazzarmi del più variopinto e pericoloso arsenali di mostri che mi si potesse parare davanti, tra agili e letali tonberry, spiriti di streghe e altre velenose creature delle caverne.
Ma finalmente sono arrivato, sono qui.
In una larga caverna fatta di materia cristallizzata e pietra il cui ampio e alto soffitto è ricoperto da spesse radici marroni intrecciate tra di loro.
E lo sento.
Lo vedo.
Sephiroth è qui.
Nel bozzolo di mako sottozero di mezzo a loro, proprio sopra mia testa.
Rimango senza fiato, non mi accorgo neanche di essere caduto in ginocchio e star singhiozzando.
Riesco solo a pensare di essere finalmente di nuovo in sua presenza.
 
\\\
 
No matter where you’re going
No matter where you be
Wherever the wind is blowing
Let me be your gravity
 
Un ghigno di approvazione nella sua testa.
Risuonò ancor prima che riuscisse ad alzare la testa, non appena la sua mente formulò quel pensiero.
“Sephiroth. Sono … sono qui! Ce l’ho fatta, sono qui!”
Victor Osaka, già provato dalle difficoltà del viaggio e dal profondo dolore che gli scuoteva il petto e riempiva di lacrime il suo viso, all’improvviso sentì il terreno allontanarsi dai propri piedi e la spada sollevarsi da terra rimanendo stretta nelle sue mani. Abbandonò letteralmente il suo corpo a quella forza anti gravità che lo portò in alto, verso il rifugio in cui se ne stava addormentato il corpo fisico (o ciò che rimaneva di esso), del suo amato Generale.
Solo il petto forte, la testa, le braccia e la folta chioma albina. Gli occhi erano chiusi, sembrava dormire. Ma il contatto con la sua mente, la presa diretta a cui lo inchiodò trascinandolo nella memoria degli attimi concitati in cui aveva lasciato la sua vita mortale per inseguire il suo passato, la verità sulle sue origini.
Fu come un uragano per il suo allievo.
Quei ricordi si mescolarono con i suoi, la presenza materiale dopo tanto tempo di ciò che restava di lui proprio sotto i suoi occhi, lo spesso strato di Mako ibernato che lo conteneva.
Si sentì travolgere e, in ginocchio su un ramo di quelli che abbracciavano l’involucro in cui Sephiroth era rinchiuso, Victor Osaka scoppiò in un pianto dirotto, battendo i pugni contro di esso rabbioso, il cuore lacero e il corpo in mille pezzi, sussurrando il suo nome.
 
« Sephiroth … » mormorò, straziato « Seph … Sephiroth … »
 
“Sono qui. Io sono … sono qui! Sono … con te. Di nuovo vicini.”
Un brivido, molto più forte degli altri. I suoi occhi furono nuovamente attraversati da quel raggio elettrico di luce che si espanse lungo tutto il suo corpo stanco, rinvigorendolo, facendo scappare via il dolore e regalandogli quella sensazione d’invincibilità che non sentiva più da tanto, troppo tempo.
 
I can be your hero
I can be your fantasy
I can be the cure
Yeah
Let me be
Your remedy
 
Lo sentì. Sentì di nuovo la sua mente, chiara, limpida come la luce del sole. E calda come il fuoco distruttivo di Nibelheim.
Spalancò gli occhi e fissò la sua immagine come incantato, ammirando il suo sonno etereo mentre nuovamente ricordi confusi si facevano strada attraverso lui.
 
« Perché piangi, Victor? »
 
Quella domanda, così diretta e leggera, come se non fosse nulla per lui il fatto di ritrovarsi lì, completamente bloccato nel ghiaccio e privo delle sue spoglie, impossibilitato a muoversi.
Quasi come se il dolore del suo allievo non gli appartenesse.
Ghignò, senza aver bisogno di una risposta.
 
« Non ti starai per caso rammaricando per la perdita di questo corpo inutile? »
 
Lacrime. Ancora altre lacrime si riversarono a grappoli sulle sue guance, roventi di dolore. Si alzò a sfiorare con le mani l’immagine del suo volto, abbandonando poi la fronte sul duro cristallo e lasciandosi ricadere, il petto sempre meno in grado di contenere lo strazio.
 
« S-Sephiroth … » mormorò tra le lacrime, deformando le labbra in una smorfia angosciata.
 
Quello rise di nuovo, dapprima divertito, poi più intenerito, quasi stesse parlando ad un bambino rivelandogli la verità sull’essenza del mondo.
 
« Non farlo, sciocco ingenuo. » gli disse.
 
Quello scosse la testa, i pugni tremanti. La rabbia lasciò quasi del tutto il posto alla tristezza profonda.
Anche quella il suo maestro e Generale poté capire, soprattutto quando lo sentì mormorare sinistro
 
«Io lo ucciderò… deve morire, il responsabile blasfemo di questo.»
 
L’albino rise di nuovo, fiero.
 
Right beside you
I’ll never leave you
 
« Lo farai. » disse calmo « Non resterà impunito. Vedremo il mondo piegarsi ai nostri piedi, e tu potrai assistere alla gloria della divinità risplendere in me.» ghignò di nuovo, perfidamente impaziente « Trascineremo il Pianeta e la sua gente nell’oblio in cui hanno cercato di trascinare noi. »
 
Victor smise all’istante di piangere, alzò il capo verso di lui e rialzandosi impugnò la sua arma, tornando a parlare alla sua magnifica immagine.
 
Touch inseparably
It’s all we’ll ever be
You be gravity
 
« Quando, Sephiroth? » chiese ansioso, un impercettibile sorriso si dipinse sulle sue labbra pallide « Quando accadrà? »
« Presto. » fu la risposta « Molto presto. Ma prima … » aggiunse facendosi più cupo, e prima che potesse continuare un forte dolore, atroce, chiuse di nuovo in una morsa la mente di Osaka, inducendolo a cadere in ginocchio stringendola forte tra le mani e soffocando un lamento, mentre immagini del loro passato tornavano prepotenti a riempire i suoi occhi.
 
Primo fra tutti il loro ultimo incontro, prima della partenza che li aveva divisi per quei lunghi anni.
Come in un flashback lo rivisse in prima persona, rivedendolo di fronte a sé, riascoltando la sua voce e lasciandosi colpire dal suo magnetico sguardo che mai, mai neanche una singola volta, aveva dimenticato o smesso di desiderare. Mentre un’altra scossa attraversava dolorosa i suoi occhi, le sue mani e la spina dorsale.
Stesso scenario, la sala riunioni del piano SOLDIER. Stessi protagonisti: Lui, il soldato, e Sephiroth.
Il Generale.
 
« Ricordi? » chiese questi, soggiogandolo sotto il suo sguardo.
 
Come poteva non farlo. Abbassò gli occhi, annuì e strinse i pugni.
“Se ci fosse qualcosa su di me che dovrei sapere, tu me la diresti?”
Queste erano state le sue parole.
“Ovviamente si.” La risposta ricevuta.
Ora però era arrivato il tempo per adempierla, e per questo facendosi serio l’albino ghignò, per poi ordinargli, senza lasciar andare i suoi occhi.
 
« Ora. Chiedi. »
 
E Victor, preso coraggio, obbedì.
 
« Io … cosa sono davvero, io? E con te … cosa siamo noi? Perché sono qui? »
 
Silenzio. Un silenzio carico di aspettative e tensione.
Il ghigno sul volto di Sephiroth tornò, le immagini intorno a Victor Osaka sembrarono discreparsi fino a che l’unica che rimase fu quella del suo Generale, gloriosa e algida come quella di un tempo ma libera dal soprabito che rappresentava il suo passato in SOLDIER, da schiavo, e sovrapposta alla sua reale condizione odierna.
Un fischio insopportabile sopraggiunse sempre più forte a stordirlo, tutto intorno a lui cominciò a tremare. Victor ebbe paura, paura di non rivederlo più, e i suoi occhi furono lo specchio del suo sentimento mentre sbalzato all’improvviso contro la parete di roccia alle sue spalle da una forte onda di energia cadde a terra in ginocchio, stordito e confuso a causa della forte botta ricevuta anche alla nuca.
E mentre il pavimento si apriva sotto i suoi piedi vide Sephiroth, o l’immagine della sua coscienza, avvicinarsi, sollevargli il mento con una mano e guardarlo negli occhi con un ghigno, mentre mediante l’uso della sinistra poneva nella sua la katana, segno che non aveva ancora finito di combattere per lui.
 
« Avrai tutte le risposte che cerchi, Victor Osaka. Lasciati andare e smetti di essere un bambino. » sussurrò, ammaliante e quasi premuroso « Lascia che la verità ti cambi e apra la tua mente all’epifania, come ha fatto con me. Rinasci, senza guardarti indietro. »
 
Poi tutto scomparve, e lui precipitò giù fino al centro della terra, nel mare di lifestream che lo attendeva ad accoglierlo, e l’ultima cosa che vide prima di chiudere gli occhi fu l’immagine alta del suo Generale che lo fissava serio, intanto che la sua voce tornava a risuonare nella sua mente per l’ultima volta di quel breve, intenso nuovo incontro tra di loro.
“Attendi la tua prossima missione, non tarderà ad arrivare. Ma prima … destati.”
 
I’ll catch you when you fall
When you’re falling free
Let me be, be your gravity





***
« Cloud! »
 
La voce di Tifa, allarmata e felice al contempo, precedette la sua immagine sfocata nei suoi occhi.
 
« Barret, si sta svegliando! » esclamò quasi commossa la ragazza, affannandosi ad accostarglisi stringendogli la mano.
« Oh, era anche ora! » ribatté questo, nascondendo il sollievo dietro un’aria seccata.
« E’ sveglio! è sveglio! » esultò, Jessie.
 
Riaprì gli occhi, e la vide alla sua destra saltellare battendo le mani come una bambina, mentre quella vera, Marlene, se ne stava tra le braccia del padre adottivo a guardarlo fisso coi suoi grandi occhioni verdi.
Inquietante.
Scostò lo sguardo, quindi sospirò e si rialzò mettendosi a sedere.
Si trovavano al piano di sopra, ed erano tutti nella stanza che condividevano lui e Tifa, ad aspettarlo forse.
 
« Hey, Cloud! » lo salutò entusiasta Wedge, con la sua solita allegria.
« Ben svegliato. » aggiunse con un sorriso Biggs al suo fianco.
 
Non rispose, sfiorandosi con una mano la fronte. Si sentiva ancora un po’ confuso.
 
« Quanto tempo è passato? » chiese.
 
Tutti quanti tacquero, guardandosi un po’ a disagio. Ciò presupponeva una pessima risposta. Barret incrociò nervoso le braccia sul petto.
 
« Una settimana e due giorni, Mister Simpatia. » rispose duro « Per colpa tua abbiamo dovuto fermarci, perché Tifa non voleva mollarti qui da solo, e nemmeno gli altri in realtà. »
 
La ragazza abbassò il volto arrossendo. Sul suo collo vide un’inquietante cicatrice poco profonda che lo circondava come un macabro collare, e quello lo aiutò a ricordare.
 
« Victor? » chiese semplicemente, guardando il caposquadra, o meglio il grosso omone che dava gli ordini e ripartiva i compensi « Si è rifatto vivo. »
 
Lo sguardo di Tifa si riempì di terrore, ma non rispose, continuando a tenere gli occhi bassi.
 
« No, non lo abbiamo più visto. » disse.
« Comunque sia, non è questo il nostro problema adesso. » risolse Barret « Dobbiamo rimetterci in moto, se ci intralcerà … »
« Morirete come stavate per fare impicciandovi dei fatti miei … » concluse Cloud freddo.
 
Il moro lo fissò quasi incredulo, poi scosse il capo con espressione esterrefatta, quasi indignato.
 
« Tsè! Ma sentitelo! Come se lui fosse l’unico in grado di battersi! »
« No, ma sono l’unico in grado di farlo contro di lui. » lo rimbeccò, facendogli perdere le staffe.
« Difatti è per questo che abbiamo dovuto rivoltare Midgar come un calzino per trovare una maledetta panacea che servisse a curarti dal veleno che ti aveva iniettato. Ottimo lavoro, SOLDIER. » lo apostrofò irritato.
Strife sospirò scocciato, quindi si alzò dal letto, ripresa la Buster Sword appoggiata alla testiera e rimettendosela in spalla fece per uscirsene, ma la voce dell’uomo tornò a contraddirlo severa e nervosa.
 
« Hey! Ad ogni modo si dice “grazie per avermi salvato”, se non lo sapessi. »
 
E a quel punto lui, ghignando appena, si bloccò sulla porta e voltandosi concluse, quasi a mo’ di scherno, ripetendo a pappagallo con enfasi la stessa frase molto lentamente, prima di riprendere la sua strada.
 
« Grazie per avermi salvato. »
 
“Ma la prossima volta gradirei molto di più vedermela da solo con quel pazzo bastardo.”


 
 
 






NOTE: Buona sera.
*Prende un respirone*
Finalmente, dopo QUATTRO ANNI (epopea peggiore della distanza di anni che hanno aspettato Vic e Sephiroth per ricongiungersi) sono arrivata a scrivere questa scena, che fu una delle prime a venirmi in mente. La sognai, in verità, e non sapete quanto abbia atteso il momento. Ma puntualmente rischiava di farmi diventare pazza.
Ora, nel prossimo capitolo, finalmente vedremo svelate le risposte alle ultime domande su Vic che ci restano, prima fra tutte: Chi è il ragazzo del suo sogno? Noi più o meno lo sappiamo già, ma Victor no. E scopriremo assieme a lui come sia arrivato ad essere la "coscienza" di Vic, quale sia il suo ruolo e molto altro.
Poi passeremo a Cloud, che come vedete si sta risvegliando per fortuna, ma andiamo per ordine.
Ho aperto queste note anche per aggiungere una piccola precisazione: Il viaggio al cratere nord e il pezzo che lo riguarda l'ho studiato a lungo, e alla fine per non renderlo troppo lungo e dispersivo ho deciso di mettere insieme gli aspetti più significativi di quel pezzo di gioco. La location della northern cave è ... una delle cose più spettacolari che io abbia mai visto, e non lo dico tanto per dire. Sono partita di lì per costruire tutta la scena, se ci pensiamo Sephiroth ha scelto proprio un bel posticino per conservarsi fino alla sua rinascita, sembra quasi una caccia al tesoro impossibile e ciò che ho fatto con Victor è stato proprio per rimarcare questo concetto. Quindi (considerato anche che ci torneremo più avanti) diciamo che ho preso il concetto che rappresentava quel luogo e l'ho condensato in poche scene, per rendere il tutto più breve, fluido e lasciar spazio alla scena clou, ovvero quella tra Victor e Sephiroth.
Che personalmente mi ha fatto rabbrividire.
Quando Victor abbassa la testa sul cristallo che contiene Seph, ecco li ci ho visto quest'ultimo con Jenova.
E poi tutto il resto ... vabbè, non aggiungo altro perchè non voglio influenzare la vostra opinione. Attendo pareri, voglio sapere che ne pensate perchè io al momento sono talmente sfiancata dal lavoraccio che sti due mi hanno fatto fare che mi serve solo mezzo litro di camomilla (in una mano, e un'altro mezzo nell'altra).
A presto, ora tutti i segreti su Victor Osaka verranno rivelati e ciò significa che tutte le carte sono state scoperte, e che siamo davvero al punto di svolta della storia.
   
 
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