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Autore: Vago    13/10/2017    3 recensioni
Libro Terzo.
Il Demone è stato sconfitto, gli dei non possono più scegliere Templi o Araldi tra i mortali.
Le ultime memorie della Prima Era, giunta al suo tramonto con la Guerra degli Elementi, sono scomparse, soffocate da un secolo di eventi. I Templi divennero Eroi per gli anni a venire.
La Seconda Era è crollata con la caduta del Demone e la divisione delle Terre. Gli Araldi agirono nell'ombra per il bene dei popoli.
La Terza Era si è quindi innalzata, un'era senza l'intervento divino, dove della magia rimangono solo racconti e sporadiche apparizioni spontanee e i mortali divengono nemici per sè stessi.
Le ombre delle Ere passate incombono ancora sul mondo, strascichi degli eventi che furono, nati dall'intreccio degli eventi e dei destini dei mortali che incontrarono chi al fato non era legato.
I figli, nati là dove gli immortali lasciarono buchi nella Trama del Reale, combatteranno per cercare un destino che sembra non vederli.
Una maschera che cerca vendetta.
Un potere che cerca assoluzione.
Un essere che cerca di tornare sè stesso.
Tutti e tre si muoveranno assieme come un immenso orditoio per sanare la tela bucata da coloro che non avevano il diritto di toccarla.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Fato'
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L’ispettore biondo riaprì gli occhi di scatto, improvvisamente, facendo sobbalzare l’uomo dalla pelle abbronzata che gli stava accanto.

Acqua.
Acqua che mi cola lungo la fronte verso le orecchie.
Sono sdraiato.
Non sento lo scrosciare delle onde. Non mi hanno buttato in mare.
Ottimo, una rottura di meno.
Devo capire cosa mi sta succedendo. Devo farlo il prima possibile.
Ma, per ora: dove sono?
Assi sul tetto e ai miei fianchi.
Da quanto ho visto l’ultima volta che ci ho dovuto fare tappa, Largan è stata costruita prevalentemente in mattoni.
Devo essere ancora sulla nave.
Quanto tempo sarà passato?
Dannazione! Non posso essermi riuscito a far scappare di nuovo l’assassino!
C’è qualcuno accanto a me.
Chi?
Dannazione. Non ero ridotto così male da quando Follia mi ha ferito.

L’uomo dal volto tatuato si mise seduto lentamente.
La camicia chiara che portava addosso era macchiata all’altezza del ventre da un liquido scuro.
Si passò la mano tra i ricci chiari, guardandosi intorno con insolita chiarezza mentale, per un uomo nella sua condizione.
- Ispettore Vander! – bofonchiò il vecchio timoniere della nave, prendendo il ferito per le spalle e tentando inutilmente di farlo tornare sdraiato – Non dovrebbe muoversi con una ferita come quella! Non dovrebbe nemmeno essere cosciente! –
Il capo dell’ispettore si piegò verso il basso, mentre le sue mani prive di calli alzavano il tessuto sporco per scoprire la ferita.
 Un taglio largo ricoperto da una crosta nera come la pece si faceva strada nel ventre dell’uomo, perfettamente allineato con quello gemello che nasceva all’altezza dei reni.

Poteva andare peggio.
Non vorrei rischiare di essere ottimista, non sarebbe da me, ma ho l’impressione che sia riuscito a far saldare un pezzo di pelle in più del solito.
No, non credo che sia possibile.
Sono anni che cerco di farla guarire, ma quello schifo che mi ha messo dentro Follia non è mai uscito da lì.
In ogni caso, non ho tempo da perdere.
Appena sarò lontano da questa nave vedrò di far rigenerare le bende per nascondere la ferita e una nuova camicia. Non posso permettermi di andare in giro con la mia linfa sugli abiti.

- Non ti preoccupare. Non è nulla. – l’uomo biondo fece scendere i piedi dal letto, sospirando quando un nuovo schizzo di linfa impregnò i suoi abiti – Piuttosto, dove siamo? Da quanto sono svenuto? –
Saraga guardò di sbieco il liquido lucente che colava lungo la camicia chiara che gli stava davanti, ritardando di qualche secondo la sua risposta.
- Siamo sbarcati a Largan un paio di ore fa. Ti abbiamo ritrovato sottocoperta quando oramai le manovre di sbarco erano state completate. –
- Qualcuno è sceso dalla nave? – continuò l’ispettore, imperterrito.
- Sceso? Stai scherzando? Sono scappati tutti non appena le cime sono state legate. –
- Chi è rimasto a bordo, allora? –
- Solo io ed il capitano. Uno dei nostri passeggeri tornerà domattina con un paio di garzoni per portarsi via il carico. –
- Capisco. Ti chiedo solo un’ultima cosa, sai se uno di… - le parole dell’ispettore vennero coperte dal fragoroso suono di quelle che dovevano essere enormi campane della città.
Saraga si alzò rapidamente dalla sua sedia, abbandonando la conversazione senza troppe scuse per catapultarsi fuori dalla stanza, in modo da vedere il motivo di quel trambusto.
L’uomo biondo si alzò a sua volta, lasciandosi alle spalle una chiazza scura sul letto e uscendo dalla stanza con passo deciso.
La notte era illuminata di rosso. Il colore dei mattoni risaltava vivido, acceso dalla luce danzante del fuoco che stava divorando il pontile a cui era attraccata l’Ala di Albatros.
- Per il buon nome di Acqua… - borbottò il timoniere, correndo all’argano per ritirare a bordo la pesante ancora che teneva ferma la nave – Gerard! Muoviti e vieni a darmi una mano se vuoi avere ancora una nave! – Urlò ancora in direzione della cabina del capitano, la cui porta si stava aprendo fin troppo lentamente.

No! No! No! No!
L’ha fatto di nuovo!
Dannazione!
Ma non può essere andato lontano, questo fuoco è stato appena appiccato.
Perché chiudersi in questa maniera la più vicina via di fuga per le Terre?
Deve avere qualcosa in mente e vuole evitare che arrivino dei rinforzi da oltremare.
Adesso o mai più. Devo riuscire a fermarlo.

L’ispettore accelerò il suo passo,  arrivando a correre in direzione del parapetto della nave che saltò agilmente, gettandosi tra le fiamme che si stavano alzando sempre più, ignorando l’umidità di quella notte.
- Che le è preso? Morirà! – urlò ancora il vecchio timoniere verso l’uomo biondo che sembrava aver deciso di morire.
Le ultime cime della nave caddero in acqua, permettendo alla risacca notturna del mare di trascinare l’enorme mostro di legno e cordame verso il largo.
L’uomo dai ricci biondi atterrò agile sulle assi in fiamme, proseguendo la sua corsa verso l’interno della città senza preoccuparsi delle lingue di fuoco che cercavano di accarezzarlo.
Dal suo corpo si levava un fitto vapore grigio, simile a quello di un ramo non ancora secco posto sul fuoco.

Sto sprecando moltissima materia per tenermi al sicuro dalle fiamme.
Ma avrò modo dopo di preoccuparmene.
Devo trovarlo.
Come?
Il corpo, prima di tutto.
Deve esserci il cadavere di un drago dove si è innescato l’incendio.
Da quest’altezza, però, non riuscirò mai a vederlo.

La camicia macchiata e i pantaloni dell’ispettore si scurirono, divenendo un tutt’uno con il carpo, che si rimpicciolì, modificando le sue proporzioni.
Con un battito d’ali e un ultimo sbuffo di vapore per allontanare le fiamme, un uccello dal piumaggio color pece si levò in volo al di sopra delle fiamme, percorrendo rapidamente tutta la lunghezza del pontile per cercare il punto in cui quell’incendio era nato.

Forza! So che c’è un drago morto da qualche parte.
Nessun innesco normale sarebbe riuscito a far nascere una cosa del genere con l’umidità di questo posto.
Forza!
Dove sei? Dove sei?
Eccoti, maledetto.

Il corvo si abbassò di quota quel tanto che bastava per permettere ai suoi occhi di riconoscere la postura in cui il corpo riverso tra le fiamme era rimasto.
La testa puntava verso il mare, i piedi verso la città. Le sue mani carbonizzate erano per lo più nascoste dal suo ventre, schiacciato contro le assi su cui aveva camminato fino a poco prima.

Doveva essere diretto verso la nave, quando lo ha attaccato.
Come faceva a sapere che era un drago? Lo conosceva?
Era già stato qui?
In ogni caso, vista la postura è probabile che lo abbia trafitto dal petto, lasciandolo cadere in avanti.
È entrato nella città. Quale strada può aver utilizzato?
La più grande e affollata, conoscendolo.
Devo muovermi.

Il corvo accelerò la sua andatura, sorvolando la via centrale che dal porto conduceva in direzione della piazza principale della città.
Gruppi di uomini dalla periferia cominciavano a mobilitarsi per la strada, dirigendosi verso il fuoco come falene attratte dalla luce per cercare di spegnerlo.
Più avanti sul suo percorso, seduti a un tavolo all’esterno di una birreria, tre dei marinai che avevano lavorato sull’Ala di Albatros ridevano già ubriachi, ignorando totalmente le campane che suonavano e le urla della gente.
La piazza principale si aprì, infine.
Il corvo si abbassò su uno degli ultimi tetti che la precedevano, scomparendo in un turbinio di piume per lasciare il passo all’uomo biondo, vestito ora con il suo completo perfettamente pulito.
Gli occhi dell’ispettore scrutarono la piazza buia, troppo grande per essere illuminata completamente dalle poche lanterne che erano state lasciate accese per quella notte.
Poche persone si muovevano all’interno di quello spazio vuoto.
Per lo più civili che, svegliati dal suono delle campane, erano scesi per vedere perché queste suonassero.
Sul lato sinistro della piazza due degli uomini che aveva interrogato a bordo si stavano dirigendo verso l’insegna di una locanda.
L’uomo dai ricci biondi storse il naso, percependo il puzzo di mana utilizzato che uno dei due si lasciava alle spalle.
Un’ombra si mosse sul lato opposto. Curva, veloce, attaccata al muro delle case e ben attenta a non lasciarsi illuminare dalla luce delle lampade.

Non riesco a vedere il fato di quella persona.
Forse mi sono sbagliato.
Forse il Buco della Trama che ha sterminato gli abitanti di quel tempio è anche il mio assassino.
Poco male. Ucciderò due pericoli con un solo colpo.

L’ispettore fece un passo avanti, superando il cornicione e lasciandosi cadere verso la strada sottostante. Nella sua mano, intanto, comparve la lunga lama di un coltello.
Non appena le sue suole toccarono terra, l’uomo si mise all’inseguimento dell’ombra. I suoi occhi erano puntati su di lei, sicuri di non poterla perdere di vista.

Non sono mai stato bravo a produrre armi.
Non è mai stato il mio campo, in fondo.
Tendenzialmente le lame che creo tendono ad essere poco resistenti durante i combattimenti, per questo preferisco usare delle armi forgiate dai mortali per combattere, se proprio non posso evitare lo scontro.
Per questa volta mi farò andare bene questa, comunque.
Per quanto possa essere bravo, io lo sono certamente di più.

La distanza tra le due figure si fece sempre più esigua e non ci volle molto tempo prima che l’ombra si rendesse conto che l’uomo biondo la stava puntando.
Entrambi aumentarono il loro passo. Il primo cercando di sfuggire all’inseguitore svoltando ogni volta che le vie laterali glielo permettevano, il secondo stando ben attento a non perderlo mai di vista.
La distanza tra i due diminuì ancora.
L’ispettore incespicò un secondo, venendo colto da una fitta al petto, ma riprese subito l’inseguimento, stringendosi il ventre dolente con la mano sinistra.
L’ombra svoltò per l’ennesima volta a destra, trovandosi davanti a un vicolo cieco. Si voltò ansimante, pronto all’apparizione imminente del suo inseguitore, che non mancò di presentarsi.
L’uomo dai ricci biondi svoltò l’angolo. La sua schiena era curva in avanti, la mano all’altezza dello stomaco era pregna di un liquido scuro che continuava a cadere sotto forma di gocce verso il terreno. Il viso solcato da un tatuaggio romboidale era segnato, ma gli occhi brillavano di esultanza.
L’ispettore fece qualche passo avanti, trascinando i piedi e tossendo più volte. Alle sue spalle la scia di sangue si faceva sempre più spessa.
L’ombra, un uomo dai vestiti troppo grandi, venne attraversato da un fremito, ma restò al suo posto.

Ti ho preso, maledetto Buco.
Ora facciamola finita.

La lama stretta nella mano destra dell’uomo dagli abiti eleganti si fece avanti, puntandosi contro il petto della sua preda.
- Non so come riesci a farmi questo, ma questa notte smetterai di fare qualsiasi cosa. Non potevi sfuggirmi per sempre. –
- Davvero, non so di cosa tu stia parlando. Ti prego, se ci tieni alla tua vita ti conviene andartene di qui. – provò a dire timidamente l’ombra alzando le braccia di fronte a sé.
L’ispettore avanzò ancora.
I suoi muscoli si irrigidirono all’unisono, la quantità di sangue che fuoriusciva dalla ferita si fece ancora più importante, ma l’uomo rimase ben saldo sulle sue gambe, deciso a non lasciarsi sfuggire quell’opportunità.
L’ombra si voltò un attimo verso il muro, puntando il suo sguardo verso l’alto.

Non può scappare.
È fisicamente impossibile.

La notte venne riempita da un’intensa luce azzurra, accecante.
Gli occhi da felino dell’ispettore vennero presi alla sprovvista da quell’improvviso cambio di illuminazione, mandando scariche di dolore alla mente del loro padrone.

Cosa è successo?
Perché c’è odore di mana, adesso?
È questo il suo potere?
Perché non mi ha attaccato, in questi attimi di mia debolezza?
Non sento dolore, non avverto ferite.

Le pupille si strinsero oltre la loro naturale estensione, tornando ad ingrandirsi non appena il bagliore si fu dissolto.
Dell’uomo a cui aveva dato la caccia non era rimasto nulla.

Dannazione!
Gli ero arrivato così vicino!

Il coltello scomparve dalla mano dell’uomo biondo che, stizzito, si voltò verso est, verso il mare.
Da quella via in cui era finito non si riusciva a scorgere il bagliore rossastro degli ultimi fuochi.
L’ispettore scomparve, tornando in forma di corvo per poi alzarsi in volo. Sotto di lui, però nulla più si muoveva tra le vie tornate buie e silenziose.
   
 
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