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Autore: Tisifone1301    13/10/2017    6 recensioni
Una coppia che corona il suo sogno d'amore. Un matrimonio dove non mancheranno momenti di forti emozioni e momenti di tensione, come accade sempre ad ogni festa nuziale. Un ragazzo e una ragazza, costretti a stare a stretto contatto, si ritroveranno grazie a questo giorno.
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Ho preferito mettere tra le note l'avvertimento OOC, perché i personaggi potrebbero risultare un pochino diversi per via della trama della storia. Ma ho cercato in tutti i modi di mantenerli il più IC possibile.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Rin/Sesshoumaru
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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WHERE IS THE LOVE?
 
 
 
 
 
E continuiamo a esprimere desideri, perché a volte si avverano.
 
Meredith – G.A.
 
 
 
Il caos più totale regnava in quella stanza da letto. Le urla euforiche ed eccitate, squarciavano il silenzio. Kagome, la sposa, era la più raggiante di tutte le presenti. Il suo sorriso luminoso avrebbe fatto invidia persino al sole. Sua madre continuava a sistemarle i vari strati di tulle del voluminoso abito, mentre Sango e Rin, le sue damigelle d’onore, erano intente ad abbottonare i fastidiosissimi bottoncini del corpetto.
- Questo è l’ultimo. – esclamò Sango, tirando un sospiro di sollievo.
- Oh tesoro, sei un incanto. – dichiarò la madre, con una mano sulla bocca e sull’orlo delle lacrime.
- No! Ti prego mamma, non cominciare a piangere, altrimenti qui scoppia una crisi generale. – ribadì la sposa, asciugando repentina una lacrima in procinto di sgorgare gli argini.
- Lascerai Inuyasha letteralmente senza parole. – intervenne Rin, porgendo rapidissima un fazzoletto di carta a Kagome.
L’amica la ringraziò rivolgendole un sorriso amorevole. Dopo un fugace abbraccio collettivo, si riaffidò alle mani esperte di Jakotsu, il suo truccatore e acconciatore. Il ragazzo terminò di applicare un delicato cerchietto gioiello, impreziosito da piccole perle e strass, ad una morbida pettinatura semi raccolta che lasciava liberi una cascata di riccioli corvini sul lato destro. In seguito, rifinì il trucco, valorizzando i grandi occhi grigi della sposa con un ombretto color perla e una sottile linea di eyeliner; per ultimo, stese un tenue rossetto color pesco per enfatizzare le labbra carnose della giovane. A completare il tutto, fu l’applicazione del lungo velo.
Kagome si osservava allo specchio basita. La figura che vedeva riflessa allo specchio non poteva essere lei. L’altra era stupenda, mozzava il fiato. Continuava ipnotica ad accarezzare i cristalli cuciti su tutto il corpetto, che si diramavano lungo la vita e sulla parte superiore della voluminosa gonna, come a formare una corolla. A spezzare la continuità dei decori, era una sottile cinta in raso con una fibbia gioiello.
Ad un tratto, un leggero bussare la riscosse dal suo stato di trance. Dieci paia di occhi si voltarono verso la porta e un giovane ragazzo si affacciò timidamente.
- Posso entrare? – domandò.
- Sota! – esclamò Kagome, invitandolo ad entrare.
- Oh! Sorellona, sei stupenda. – enunciò il fratello della sposa, strabuzzando gli occhi.
- Grazie. – mormorò lei, abbassando lo sguardo per nascondere il suo imbarazzo.
- Credo che al fratellone verrà un infarto quando ti vedrà. – scherzò su il nuovo arrivato, scatenando l’ilarità di tutti.
- E quello che le ho detto anch’io. – disse Rin.
Sota si avvicinò lentamente alla sorella, tendendole un fine bouquet di orchidee bianche, fermato da un nastro di raso verde acqua. Kagome lo afferrò con mani tremolanti, voltandosi poi a guardare la madre che, come lei, aveva gli occhi lucidi.
- Vorrei tanto che papà fosse qui con noi, oggi. Sarebbe stato tutto ancora più perfetto. – dichiarò con voce incrinata la ragazza.
- Gioia mia. – sussurrò debolmente la signora Higurashi, accarezzandole dolcemente una guancia.
- Lui è con te, oggi e per sempre. È nel tuo cuore Kagome e finché sarà lì, non ti lascerà mai. – enunciò una nuova voce maschile, sulla soglia della porta.
Tutti i presenti si voltarono nella direzione da cui erano sopraggiunte quelle parole inattese.
- Nonno! – esclamarono all’unisono Kagome e Sota.
- Non potrebbe essere più fiero della sua bambina, per la splendida donna che è diventata. – continuò il vecchio camminandole in contro e sorridendole.
La ragazza cinse il collo del nonno, cogliendolo leggermente di sorpresa. A sua volta, l’anziano ricambiò l’abbraccio e un tenue sorriso andò a formarsi sul suo viso solcato dal tempo.
- Credo sia ora di andare. Non vorrai far attendere ancora molto il tuo futuro sposo? – la esortò il fratello, allegramente.
- No. Andiamo. – affermò decisa Kagome.
 
 
 
***
 
 
 
L'attesa del piacere, è essa stessa il piacere.
 
G. E. L.
 
 
 
Dall’altra parte della città, nella suite dell’albergo più sontuoso di Tokyo, lo sposo diventava sempre più agitato man mano che i minuti passavano.
- Rilassati Inuyasha, vedrai che andrà tutto bene. Dove la trovi un’altra che ti prende? Se ci penso, mi dispiace per la povera Kagome. –
La voce schernitrice di Miroku continuava a tartassargli i timpani, innervosendolo ancora di più. Inuyasha, davanti a un grande specchio a muro, continuava a provare e riprovare ad allacciare il papillon, ma con scarsi risultati. L’ansia lo stava letteralmente divorando, fino a fargli tremare le mani e non solo quelle. Sesshomaru, il fratello maggiore dello sposo, seguitava ad osservarlo con la coda dell’occhio, comodamente seduto sulla poltroncina in alcantara beige che si trovava vicino alla finestra. Si alzò e con passo elegante raggiunse il fratello. Gli poggiò una mano sulla spalla voltandolo verso di sé con un movimento secco e, senza articolare una frase, prese a sistemargli il farfallino. Inuyasha a sua volta non espresse parola, ma si limitò a ringraziarlo con lo sguardo e, in risposta, l’altro fece un lieve cenno d’assenso col capo. Era il loro modo di comunicare; tante di quelle volte bastava anche solo un semplice gesto per capirsi. Dopo la morte del padre, a modo loro, i due fratelli si erano sempre sostenuti a vicenda e quando il più piccolo aveva espresso il desiderio di voler sposare la sua Kagome, il maggiore non aveva replicato, sostenendolo e impegnandosi ad aiutarlo nei preparativi delle nozze.
- Smettila di far uscire sciocchezze da quella bocca, Miroku… E vedi di fare il tuo dovere di testimone. – esordì minaccioso Sesshomaru.
Il ragazzo lo fissò per un attimo esterrefatto. L’amico si rivolgeva sempre con “modi gentili” verso gli altri. Poi un’espressione di sfida e un ghigno beffardo gli si dipinsero in volto.
- Se vuoi… Ne ho anche per te, Sesshomaru. –
Il demone girò di scatto la testa nella sua direzione, facendo ondeggiare la sua lunga e nivea coda di cavallo.
- Cosa intendi dire? – sibilò a denti stretti.
Miroku sogghignò ancora di più.
- Beh! Ti rammento che Rin è una delle damigelle d’onore di Kagome e… - fece una piccola pausa per irritare volutamente l’altro – Dalle voci che mi sono giunte, non sarà sola. –
Sesshomaru strinse, senza rendersene conto, i lembi estremi del papillon e un ringhio gutturale fuoriuscì dalle sue labbra. Era consapevole che la situazione di quel giorno non era delle più semplici per lui, ma per amore del fratello, o più precisamente, rispetto, avrebbe dovuto gestire una circostanza non poco scomoda.
Notando la reazione del maggiore, Inuyasha poggiò le sue mani artigliate sugli avambracci di Sesshomaru, che a quel contatto, lasciò all’istante la presa sul piccolo pezzo di stoffa e andò a risedersi sulla poltroncina.
- Ti prego Miroku, smettila con questi punzecchiamenti che non portano a nulla di buono. Oggi è il mio giorno, mio e di Kagome e non voglio che niente e nessuno rovini questa giornata. Siamo tutti adulti, sia Sesshomaru che Rin hanno accettato l’impegno di oggi per noi, sapendo a cosa andavano in contro… Per favore. – lo implorò.
Per la prima volta in quella mattinata, Inuyasha proferì parola.
- Hai ragione, scusami… e scusami anche tu Sesshomaru. E che sai cosa ne penso di quello che è successo e… perdonami, ma non riesco ad accettare la tua scelta… - ammise Miroku, chinando la testa e portandosi una mano dietro la nuca.
Anche lo sposo rivolse una fugace occhiata al fratello. I due erano rimasti in buoni rapporti, se così si poteva definire, infatti lei lo evitava come la peste. Ma anche lui la pensava esattamente come Miroku. Secondo il suo punto di vista, Sesshomaru si era comportato da vigliacco nei confronti della ragazza. Era più che sicuro che i sentimenti che il fratello nutriva verso Rin, andavano ben oltre la semplice amicizia, cosa più unica che rara per un tipo come lui che riteneva i sentimenti una debolezza e una sciocchezza. Ma il suo stupido orgoglio gli aveva fatto perdere l’occasione di avere al proprio fianco una ragazza dolce e carina come lei.
Un lungo brivido gli attraversò la schiena, quando i suoi occhi ambrati incrociarono quelli gemelli del maggiore. Se solo Sesshomaru avesse intuito che gli aveva dato mentalmente del codardo, lo avrebbe fatto a fettine con le sue stesse mani e a quel punto Kagome sarebbe rimasta vedova ancora prima di sposarlo.
- Vedi di fartene una ragione. – sentenziò serafico, Sesshomaru.
Rispose senza lasciar trapelare la ben che minima emozione nel tono della voce, ma Inuyasha aveva imparato a leggere tra le corde monosillabe del fratello. Miroku non replicò, si limitò solamente a fare un paio di passi verso il futuro sposo, si mise una mano davanti la bocca e si avvicinò all’orecchio dell’amico.
- Spero che oggi abbiano modo di chiarirsi quei due… soprattutto tuo fratello. –
Inuyasha fece spallucce e non osò pronunciare una sola parola quando intercettò lo sguardo omicida di Sesshomaru che trafisse lui e Miroku. A salvarli da una probabile carneficina, ci pensò l’ingresso festoso nella stanza di altri due amici seguiti dalle loro compagne. I quattro entrarono senza neanche bussare e uno dei ragazzi si guardò intorno fingendo di cercare il diretto interessato di quella giornata.
- Allora, lo sposo è pronto o se l’è data a gambe? – esordì un giovane dagli occhi azzurri e una lunga capigliatura ebano legata in una alta coda.
- Ciao Koga. – lo salutò Inuyasha andandogli contro e abbracciandolo. Poi rivolse un saluto anche alla sua fidanzata, Ayame.
- Goditi questi ultimi momenti da scapolo, Inuyasha, perché tra poche ore la tua vita cambierà radicalmente e al tuo fianco ti ritroverai non più una donna, ma un ufficiale dell’esercito. – affermò il secondo ragazzo, alzando la mano sinistra e mostrando la fede all’anulare.
- E con questa affermazione cosa vuoi intendere? – esclamò atona la sua bellissima moglie.
- O nulla di controverso, tesoro. Affermavo che sono l’uomo più fortunato del mondo. – la schernì lui dandole un bacio sulla guancia. Lei incrociò le braccia al petto e gli rivolse un’occhiata poco convinta.
- Ti posso assicurare Naraku, che non occorre essere sposati per essere comandati a bacchetta. – si intromise con tono affranto Koga, ricevendo un pugno sulla spalla da Ayame.
- Ma che maleducato. Lasciali perdere Kikyo, non si rendono conto della fortuna che hanno trovato. –
I due giovani si scambiarono uno sguardo perplesso, ma non osarono contraddirle conoscendo l’irascibilità di entrambe le ragazze.
Inuyasha si portò una mano sugli occhi e scosse sconsolato la testa. Pensò di essere finito in una gabbia di matti, ma sorrise, quando quel pensiero venne immediatamente sostituito da “Sono i miei amici e non potrei fare a meno di loro”.
- Tieni Miroku, queste sono le fedi. Mi raccomando… vedi di non perderle. – lo beffeggiò Naraku.
- Ma per chi mi hai preso? – replicò offeso l’altro.
- Senti amico, nessuno dubita di te, ma lo sappiamo tutti in questa stanza che oltre ad essere un incallito dongiovanni sei anche un distratto cronico. – disse Koga, avvolgendo con un braccio il collo di Miroku.
- Ma è mai possibile che voi ragazzi dobbiate solo dire stupidaggini? – dichiarò tutto a un tratto Kikyo.
- Uomini. – aggiunse Ayame, alzando gli occhi al cielo e incrociando le braccia al petto.
Le ignorarono tutti, eccetto lo sposo.
- Ragazze, siete stati anche da Kagome? Come sta? – domandò con un filo d’ansia.
- Certo che siamo state anche da lei. È bellissima con quell’abito da princi… - la rossa era partita in quarta, ma venne prontamente interrotta dalla compagna di Naraku.
- Non rovinargli la sorpresa…- la rimproverò Kikyo - È un tantino agitata, ma è normale… Non vede l’ora di diventare tua moglie. – continuò sorridendogli dolcemente – Per cui, ti consiglio di sbrigarti, perché lei stava per lasciare casa quando siamo andati via. –
- E anche perché la sala giù è già piena di gente. – lo informò Koga.
- Allora fareste bene a uscire tutti da questa camera. –
- Oh! Sesshomaru, ci sei anche tu? Non ti avevo visto. – lo prese in giro Naraku, guadagnandosi un’occhiataccia dal suo più caro e vecchio amico.
- Allora noi scendiamo… A dopo, Inuyasha. –
Prima di scomparire dietro la porta, seguito a ruota da Naraku e dalle due ragazze, Koga salutò lo sposo strizzandogli un occhio in segno di intesa.
La stanza era ripiombata in un silenzio surreale. Inuyasha avvertiva la gola seccarsi e un senso di vertigine montargli dai piedi fino a raggiungere la testa. Gli sembrava che l’intera camera avesse preso a vorticare. Si riscosse solo quando la voce amica di Miroku raggiunse le sue orecchie, ma le parve lontana… lontanissima.
- Inuyasha… Inuyasha – continuava a ripetere, scuotendolo per un braccio - Forza. Non vorrai far aspettare Kagome. – disse il ragazzo, cercando di smorsare la tensione.
- No. –
Sesshomaru aiutò il fratello a mettere i gemelli e ad indossare la giacca; il tocco finale fu l’orologio da polso del padre che il maggiore gli porse. Era pronto. Inuyasha era davvero elegante nel suo abito nero e i capelli legati, anche lui, in una alta coda di cavallo. Le linee sartoriali che disegnavano la sua silhouette, esaltavano i punti forti del suo fisico statuario.
- Nostro padre sarebbe fiero di te. – la voce di Sesshomaru uscì quasi in un bisbiglio, che l’udito sopraffino di Inuyasha captò comunque chiaro e limpido. Poggiò una mano sulla spalla del fratello maggiore, stingendola leggermente.
- Sarebbe fiero anche di te. –
- Ne dubito. –
- È ora di andare. – si intromise Miroku, battendo l’indice sul quadrante dell’orologio.
Inuyasha si mirò per l’ultima volta allo specchio, poi esortò i suoi testimoni a seguirlo di sotto.
 
 
 
***
 
 
 
La vita non ti fa perdere gli amici.
Ti fa solo capire quali sono quelli veri.
 
Web
 
 
 
- Ci siamo… È il momento. -
Kagome era giunta in albergo a bordo di un’elegante auto d’epoca. Sostava insieme a suo fratello e alle sue damigelle dietro la possente porta di legno massello che la divideva dal suo Inuyasha. Era eccitata e curiosa di vederlo.
Continuava a sventolarsi con la mano e il respiro diventava sempre più affannoso. Rin e Sango provarono in tutti i modi di tranquillizzarla e lo stesso cercava di fare anche Sota. Il panico l’assalì. Cominciò ad agitarsi e strani pensieri presero a vorticarle in testa.
- E se non è venuto? – squittì stridula.
- Non dire stupidaggini, sorellona. – la ammonì il fratello.
- È impossibile. Primo, perché è follemente innamorato di te… Secondo, Sesshomaru e Miroku sono i suoi testimoni. Conoscendoli non lo avranno perso di vista un solo istante. – espose Sango con tono più che convincente.
- Lo penso anch’io, soprattutto Sesshomaru. – ribatté di rimando Rin.
Kagome li osservò leggermente rincuorata.
- Grazie. Non so cosa farei senza di voi. E soprattutto a te Rin, perché hai accettato di starmi vicino sapendo che oggi saresti stata a stretto contatto con lui… Grazie. –
- Oh… Kagome. Piuttosto mi faccio schiacciare da mille macigni, non potrei mai e poi mai lasciare la mia migliore amica nel giorno più importante della sua vita… Mai. – dichiarò la ragazza abbracciandola.
- Ti voglio bene. – sussurrò la sposa.
- Te ne voglio anch’io. –
Sango le osservava con occhi velati, poi si unì anch’essa all’abbraccio.
- Vi voglio bene pure io, ragazze. –
Quando si separarono, tutte e tre fecero un bel respiro profondo e si ricomposero.
- Siete pronte? – chiese Sota e le ragazze fecero “sì” con la testa.
 
 
 
***
 
 
 
E se sapessi che finita questa vita la mia e la tua proseguiranno insieme,
getterei la mia come inutile scorza e sceglierei con te l'eternità.
 
E. D.
 
 
 
La grande sala dei ricevimenti dell’albergo era gremita di gente. Tutte le persone care ai due ragazzi erano lì riuniti per mostrare il loro affetto e la loro gioia ai novelli sposi.
Il salone era addobbato con estrema eleganza. Un lungo tappeto bianco attraversava l’intera stanza, fino a terminare ai piedi di un piccolo tavolino in vetro, su cui erano adagiati un vaso trasparente, al cui interno si trovavano delle candele posate su dei fiori variopinti e, il libro del matrimonio dell’officiante.
Ai lati esterni del tappeto, di fianco alle sedie argentate, erano allineate in fila uno dietro l’altro, degli alti piedistalli ricoperti da un tessuto, anch’esso bianco, molto leggero su cui erano sistemate delle composizioni di orchidee e delle grandi lanterne illuminate da delle candele profumate alla vaniglia. Ma ad attirare l’attenzione in quella maestosa sala, era l’imponente lampadario di cristallo che capeggiava proprio sopra al punto in cui si sarebbero fermati gli sposi.
Inuyasha continuava a guardare convulsamente l’orologio, ansioso di incontrare la sua futura moglie.
- Stai calmo. - cercò di tranquillizzarlo Sesshomaru, ma con scarsi risultati.
- E come faccio? Vorrei vedere te al mio posto. – ribatté seccato.
Il maggiore si limitò solo ad alzare le spalle, come a volergli dire che quello non era un suo problema. Poi, all’improvviso, il mormorio dei presenti cessò e lo sposo si rizzò teso come una corda di violino. Le pesanti porte si aprirono e la sposa fece finalmente il suo ingresso accompagnata dal dolce suono di un quartetto di archetti che intonavano la marcia nuziale. Inuyasha sgranò gli occhi quando la vide, il cuore gli parve esplodergli in petto e le gambe presero a tremargli come gelatina. Kagome stava attraversando lentamente lo stretto corridoio creato dalle due file di sedie, saldamente ancorata al braccio di suo fratello, seguita a ruota dalle due damigelle elegantemente vestite con un lungo abito verde acqua.
Tutti gli occhi dei presenti erano puntati sulla sposa; la signora Higurashi continuava ad asciugarsi le lacrime di gioie che scorrevano copiose, rigandole le purpuree guance. Anche il nonno aveva gli occhi lucidi e cercava in tutti i modi di nasconde a occhi indiscreti la sua commozione. Quando Kagome trovò finalmente il coraggio di alzare lo sguardo, rimase letteralmente senza parole. Era lì, il suo Inuyasha, a pochi passi da lei. Elegante, bellissimo da mozzare il fiato. E nulla ebbe più senso. Tutte le sue paure e i suoi timori scemarono via come spazzati dal vento. In quel momento c’era solo lui. Il suo viso, il suo sguardo perso nei suoi occhi che la fissavano come la prima volta che si erano incontrati. E poi, c’era il tonfo sordo del suo cuore che batteva a mille.
Quando si ritrovarono l’uno di fronte all’altra, Inuyasha prese delicatamente la mano di Kagome e la strinse forte nella sua. Era calda, un calore in netto contrasto con la frescura della sala.
- Sei… Sei bellissima. – bofonchiò schiarendosi la voce. Sentiva la bocca impastata e la gola secca.
- Anche tu non sei niente male. – esclamò lei ridacchiando.
Gli sposi, imitati dai testimoni e dalle damigelle, si voltarono verso l’officiante che prese a parlare.
La cerimonia proseguì serena, suggellata da forti emozioni, particolarmente nel momento in cui i due sposi di scambiarono le promesse d’amore eterno.
Il primo a pronunciare il suo impegno fu Inuyasha; Sango sfilò la fede dal cuscino che Miroku teneva saldamente tra le mani, e la passò allo sposo che si fece coraggio prendendo un bel respiro.
- Moltissime volte, tutti si chiedono dov’è l’amore. Io penso che si trova negli occhi: parte tutto dagli occhi, da uno sguardo che si posa sul viso di qualcuno e all’improvviso tutto cambia. Tutto nasce da lì. E io, Kagome, ti prometto che continuerò a guardarti sempre con questi occhi come se fosse la prima volta che ti vedo, ti scopro e mi innamoro. Quando ti dico che “tu sei la mia persona” forse delle volte non intendi cosa voglio dire. Non parlo di anime gemelle. No. Parlo di qualcuno che non ti sceglie e non lo scegli. Ma arriva. Di qualcuno che quando entra nella tua vita, la sconvolge e tu, amore mio, credimi… me l’hai sconvolta. Una persona di cui non puoi più farne a meno. Parlo di un amore che cresce senza accorgertene. Come il mio, che ho provato a combattere, a mettergli i bastoni tra le ruote, ad allontanarlo, perché non mi ritenevo degno di stare al fianco di un essere meraviglioso come te. Ma alla fine, ironicamente, quell’amore lo ritrovavo sempre lì, davanti a me… intatto, senza scalfitture o ammaccature. E sembrava quasi che mi guardasse, in attesa che io capissi. Quando ti dico “tu sei la mia persona” parlo di qualcuno che è te. Tu, che mi lasci senza respiro e che me lo togli ogni volta che ti allontani da me. Sei un’esigenza fisica. Una dipendenza. Per certi versi una malattia. Sei il mio veleno e il mio antidoto allo stesso tempo. Quando ti guardo, in silenzio, delle volte mi rivedo in te e questo mi spaventa a morte, perché è come guardarmi allo specchio. Mi fa riflettere. Capisco che devo cambiare, che devo diventare migliore di quello che sono. Perché tu, Kagome, sei la mia persona e se salvo te, ho capito che salvo me stesso. Sei la mia ancora. – mentre pronunciava la sua promessa, la voce risuonava pacata, serena, sicura di sé. Ma le sue mani… Quelle tremavano come fronde smosse dal vento, mentre le infilava la fede al dito.
La ragazza, come tutti in sala, rimase profondamente colpita. Ormai le lacrime sgorgavano come un fiume in piena e per quanto lei si sforzasse, non riusciva a trattenerle. Sango le passò un fazzoletto di carta dopo essersi asciugata anch’essa qualche stilla sfuggita al suo controllo.
Poi fu il turno di Rin a reggere il cuscino mentre Sesshomaru sfilava l’anello per porgerlo a Kagome. La damigella manteneva rigidamente il viso chino, non osando guardare il ragazzo in volto. Ma il suo cuore la tradì spudoratamente, martellando frenetico nel petto. Lui di rimando le scoccò un’occhiata e un tenue sorriso prese forma sul suo bel viso; gesto che non passò inosservato alla fidanzata seduta nelle prime file.
La sposa si schiarì la voce, poi prese a parlare.
- Ti confesso una cosa. Quando ti ho conosciuto, ho avuto paura di soffrire e di perderti per i tuoi continui ripensamenti sul nostro conto, perché in cuor mio sapevo che saresti stato una di quelle persone che avrei sempre, sempre, sempre avuto timore di perdere. Ho avuto paura quando ho capito che con te ero pronta a rischiare, a reinventarmi, a mettere in gioco tutte le mie insicurezze. Quando ho cominciato a notare che tu eri in tutte le cose che facevo, che dicevo, che vedevo, che ascoltavo… Sango e Rin ne sanno qualcosa, poverine. – disse indicandole – Però… credo che la volta che ho avuto più paura, è stato quando ti ho detto per la prima volta “ti amo”, perché temevo di vederti andar via e ho pensato che se te ne fossi andato, non avrei avuto più niente e sarei rimasta a pugni stretti stringendo solo vuoto… Ho avuto paura tante altre volte, perché le cose belle fanno paura, due volte: perché potrebbero deluderti e poi perché potrebbero piacerti così tanto da non farti desiderare altro. Ma quando ti guardo e mi perdo in quei tuoi bellissimi occhi di oro fuso, io smetto di avere paura, Inuyasha… Io ti amo e ti amerò fino alla morte e se c’è un’altra vita dopo la morte, sappi che ti amerò anche in quella. -  per tutto il tempo in cui aveva pronunciato quelle parole uscite dritte dal cuore, la sua voce non aveva smesso di tremare un solo istante. Anche le mani, nel momento in cui infilava la fede all’anulare di Inuyasha, che la fissava visibilmente commosso.
Non permise a Kagome di lasciare la sua mano, ma la intrecciò subito alla sua, come se avesse timore che qualcuno o qualcosa gliela portasse via.
L’officiante pronunciò davanti a tutti i presenti la fatidica frase “Vi dichiaro marito e moglie”, che subito si levò un coro di “Bacio, bacio, bacio”. Il complesso di voci che li incitava svanì come neve al sole non appena Inuyasha le sfiorò le labbra, delicatamente all’inizio. Ma poi, oh… poi… non riuscì più a controllarsi. La sua bocca sapeva di pesche, per via dell’aroma del rossetto che portava, ed era calda e morbida. Voleva dimostrare qualcosa con quel bacio, lo sapeva, ma in quel momento non ricordava più cosa. Riusciva solo a pensare come i loro corpi si adattavano alla perfezione l’uno all’altro. Aprì leggermente gli occhi, perché voleva anche vederla oltre che sentirla, vedere una sua reazione, vedere se era turbata tanto quanto lo era lui, ma gli occhi di Kagome erano chiusi.
Ancora inebriato da quel bacio, all’improvviso, col suo fine udito, ricominciò a sentire gli invitati. Stavano applaudendo e d’un tratto si rese conto che lui e Kagome stavano dando spettacolo. Se il loro primo bacio, da marito e moglie, lo aveva messo al tappeto, che cosa sarebbe successo col secondo? Per non parlare del terzo e così via?
Con riluttanza, Inuyasha si separò da sua moglie quel tanto che bastava per farle comprendere che il bacio era finito. Kagome aprì gli occhi e lui tirò un sospiro di sollievo nel leggere nelle sue pupille la sua stessa confusione.
- Beh! – commentò sornione Miroku a bassa voce – Almeno nessuno dei presenti potrà dire che voi due non ve la intendiate. -
Nella prima fila, la signora Higurashi si portò una mano sul petto e si asciugò l’ennesima stilla, felice che sua figlia avesse trovato un ragazzo che l’amava più di se stesso. Anche il nonno era visibilmente commosso; aveva gli occhi lucidi e ripeteva a tutti senza sosta “Quella è mia nipote”. Sota cercava esasperato di farlo stare calmo, ma con scarsi risultati.
All’esterno della sala, amici e parenti attendevano impazienti l’uscita dei novelli sposi. Quando furono finalmente fuori, li travolse una pioggia di coriandoli variopinti e petali di rose bianche. Kagome, sorridente, si strinse saldamente al braccio del marito, mentre Inuyasha storse il naso infastidito da quei piccoli pezzi di carta che si infilavano ovunque.
La parte più importante si era conclusa. Era giunto il momento dei festeggiamenti.
 
 
 
***
 
 
 
Siamo completamente indifesi davanti a un sentimento folle.
La stessa persona che può guarirci può massacrarci,
la stessa persona che può salvarci
può ucciderci semplicemente andandosene.
 
M. B.
 
 
 
Il maestoso salone delle feste era ancora più scenografico ed elegante della sala dove era stato celebrato il matrimonio. Enormi finestre adornate da pesanti drappeggi dalla tinta crema e dalle decorazioni damascate, circondavano l’intera stanza, da cui trapassava la calda luce del tramonto. I tavoli rotondi degli ospiti addobbati da tovaglie dello stesso colore delle tende e da delle composizioni di orchidee come centro tavola, erano ordinati ai lati del tavolo degli sposi che troneggiava all’estremità della sala.
L’aria di festa era palpabile nell’aria e la musica mischiata alle grida giubili, riecheggiavano allegre in ogni angolo della stanza. Hakudoshi, un vecchio compagno di università di Sota, si era offerto con piacere di occuparsi della parte musicale quel giorno. Ad un certo punto fermò la musica e sollecitò i presenti ad accomodarsi ai loro posti, ad eccezione degli sposi, che invitò a posizionarsi al centro della sala per il loro primo ballo.
Inuyasha cinse con un braccio il vitino a vespa di Kagome, stringendola maggiormente a sé. Lei incrociò le mani intorno al collo robusto di lui e appoggiò la testa sul suo petto, aspirando appieno il suo profumo. Presero a ondeggiare armoniosi sulle note di “Thank you for loving me” poi egli scese col capo fino all’orecchio della moglie.
- Sei la cosa migliore che mi potesse capitare nella vita, Kagome… Sei riuscita, non so come, ad acquietare quella parte irrequieta che si agita nel mio animo più profondo, la parte peggiore di me. Il tuo modo di chiamarmi e il suono della tua voce, mi tranquillizza. Quando si tratta di te, non lo so cosa mi accade, ma al tuo fianco io sono felice come mai in vita mia. – bisbigliò e lei sussultò appena, sorpresa da quelle parole improvvise e inaspettate.
Kagome si allontanò leggermente da lui e incastrò i suoi occhi grigi in quelli di lui. Gli sorrise. Si sollevò sulle punte e depositò un casto bacio sulle labbra leggermente screpolate del marito.
- Era destino che noi due ci incontrassimo. Sono sicura che se non ci fossimo incontrati quel giorno al New National Theatre per vedere il balletto aereo, ci saremmo incontrati da un’altra parte. – gli disse quando si staccò.
 
 
Rin era seduta al suo posto in silenzio. Teneva il viso appoggiato nel palmo della mano sinistra e con l’altra giocherellava con la forchetta con un pezzo di verdura nel suo piatto. Continuava a pensare e ripensare alle promesse che si erano scambiati i suoi amici, soprattutto a quella di Kagome, più precisamente sulla parte di quando aveva confessato ad Inuyasha di amarlo. Conosceva bene quella sensazione di eccitazione mescolata alla paura più folle. Ricordava fin troppo nitidamente il giorno in cui confessò a Sesshomaru i suoi sentimenti… Fu il giorno più brutto della sua vita.
Erano amici da diverso tempo e lui, sotto un certo aspetto, aveva iniziato a comportarsi in modo protettivo con lei, come un fratello maggiore. Qualsiasi timore o dubbio la assalisse, Sesshomaru era sempre lì per lei, pronto ad aiutarla. Poi qualcosa era cambiato. Rin aveva iniziato a guardare il ragazzo sotto un’altra luce; lo aveva sempre trovato un tipo molto affascinante, ma non avrebbe mai immaginato che un giorno si sarebbe innamorata di lui. Erano le due facce della stessa medaglia, lei allegra e solare, lui ombroso e taciturno, lei socievole, lui solitario. Ma successe, si innamorò pian piano di ogni suo aspetto, sia bello che brutto. Non era certa di cosa lui provasse nei suoi confronti, ma sotto consiglio delle sue amiche, titubante e timorosa, rischiò. Fu un totale disastro; perché certe persone sono fatte così, potresti urlargli che le ami e loro ti proferirebbero di non urlare.
Sesshomaru si era limitato a fissarla con due occhi freddi più del ghiaccio, inespressivi. Con non curanza le aveva dato le spalle e si era allontanato da lei, esclamando con tono secco e distaccato “Non dire stupidaggini”. Rin si era sentita devastata, umiliata. Aveva pianto tutte le sue lacrime e più. Il suo cuore era stato ferito e, avere il cuore ferito è come avere le costole rotte: non si vede, ma fa male tutte le volte che si respira. E lei lo sentiva costantemente, quel dolore.
Quella fu l’ultima volta che si videro. Rin non lo cercò più, restò alla distanza che lui manteneva, forse anche più lontano. Ma smettere di amarlo era ben altra storia.
Si riscosse quando avvertì una mano posarsi dietro la sua schiena nuda. Un gridolino fuoriuscì dalla sua bocca, attirando l’attenzione di alcuni invitati. Un ragazzo dalla carnagione olivastra e un paio di occhi blu come il mare, gli si sedette accanto.
- Mi hai spaventata. – disse voltandosi a guardarlo.
- A cosa stavi pensando così assorta? – chiese curioso.
- A nulla. – rispose frettolosa, senza aggiungere altro.
Gli occhi del giovane divennero due fessure che presero a studiarla.
- Mmm! Invece credo di sapere chi affolla quella testolina. – dichiarò, puntando il pollice in direzione di un tavolo non molto distante dal loro. Rin lo seguì con lo sguardo e quando vide che lo rivolgeva in direzione di Sesshomaru e Kagura, arrossì di colpo.
- Ma che dici, Ban… Ti sbagli di grosso, lui non affolla affatto i miei pensieri. – mentì spudoratamente, scuotendo con veemenza la testa da un lato all’altro.
Bankotsu scoppiò a ridere, poi la colse di sorpresa dandole un bacio sulla guancia e la ragazza divenne ancora più rossa.
- Che… che fai? – balbettò imbarazzata.
- Faccio ingelosire il “tuo” Sesshomaru. – le sussurrò con tono schernitore e un sorrisetto furbo dipinto sulle labbra.
Rin sgranò gli occhi per ciò che le sue orecchie avevano appena udito.
- Ma… ma… sei forse impazzito? –
- No. – rispose canzonatore.
- Ban… è fidanzato. – disse lei con tono più basso che poté e guardandosi intorno sentendosi come se fosse la peggiore criminale, colta in flagrante.
- Se quei due sono una coppia… Dico, ma li hai visti? Lui a mala pena la degna di uno sguardo, nonostante lei gli faccia da geisha… Fidati Rin, quei due si amano come palloncini abbracciati ad una pianta di cactus. –
Con la coda dell’occhio la giovane lanciò uno sguardo ai due e notò che Sesshomaru trovava irritanti le avance che Kagura gli rivolgeva. Si vergognò di se stessa, perché aveva provato una sorta di piacere nel vedere quell’atteggiamento del ragazzo. Distolse immediatamente lo sguardo e tornò a giocherellare con la forchetta.
- Non mi interessa se quei due si amano o meno. Lui appartiene al passato e Kagura è mia amica. – mormorò, ma l’accento della sua voce non convinse affatto Bankotsu.
Ad interrompere il loro scambio di battute fu l’annuncio allegro di Hakudoshi, che fece sbiancare di colpo Rin. L’amico di Kohaku aveva invitato i testimoni dello sposo e le damigelle della sposa ad unirsi al ballo di Inuyasha e Kagome. La ragazza era pietrificata, non riusciva a muovere un muscolo; ruotò solo la testa in direzione di Sesshomaru e vide con stupore che lui era già in piedi e attendeva che lei facesse altrettanto. Non osò guardare Kagura, ma poteva immaginare benissimo la sua espressione. Nel frattempo Bankotsu la spronava ad alzarsi e muovere le gambe. Lentamente, col volto sempre basso, si avviò verso il centro della sala, dove le altre due coppie stavano già ballando e Sesshomaru la aspettava. Come un robot, afferrò la mano che il giovane le tendeva e quel lieve contatto, bastò a mandarla completamente in tilt.
Le mancava l’aria, le sembrava che tutto a un tratto, quella enorme sala si fosse ridotta a un minuscolo sgabuzzino angusto. Non arrischiò a guardarsi in torno. Fortunatamente erano in pochi tra quelli presenti, ad essere al corrente di cosa era successo tra loro due. Rin avvertiva su di sé un paio di occhi purpurei scrutarla con una gelosia morbosa, che sembrava trafiggerla come lame da parte a parte. Ma non avevano nulla a che vedere con quelli color ambra che la osservavano dall’alto della sua testa.
Sesshomaru delicatamente le cinse la vita e presero a danzare. Il profumo di lei, arrivò intenso alle sue narici; non era cambiato. La sua pelle odorava sempre del suo odioso bagnoschiuma al cioccolato, che andava a miscelarsi con la fragranza del suo profumo alla vaniglia. Storse il naso. Era un odore nauseante, ma al contempo, stranamente, gli piaceva.
Al contrario, la puzza del suo disagio allertò i suoi sensi sopraffini e un moto di rabbia, l’assalì. Avvertiva tutti i suoi muscoli rigidi per la tensione. Con un movimento cadenzante, prese a muovere pacatamente la sua mano su e giù, accarezzando con i polpastrelli l’epidermide della sua schiena nuda. Il suo fine era quello di farla rilassare, ma ottenne l’effetto contrario. Rin prese a tremare come un cucciolo indifeso tra le sue braccia, e lui si sentì per la prima volta in vita sua, impotente.
Quella piccola essere umana lo aveva cambiato sotto alcuni aspetti. Quando gli aveva confessato di amarlo era rimasto spiazzato, non avrebbe mai immaginato che un essere puro e dolce come lei, si potesse realmente innamorare di un “mostro” come lui… un demone. Perché quello lui era, un essere appartenente alla stirpe secolare degli inu-yōkai. Era sempre stato convinto che gli esseri umani non potessero amare dei “mostri”, era così che li avevano sempre definiti per secoli e secoli, per la ragione che erano troppo attaccati alla loro “normalità” per accettare qualcosa che faceva loro troppa paura. Bensì, la prima a smontare questa sua teoria era stata Kagome, innamorandosi di suo fratello; ma aveva pensato che lo avesse accettato perché Inuyasha era un mezzo demone, perché aveva comunque una parte umana, lui invece no. Rin altrettanto non aveva mai fatto distinzioni di nessun genere, accettava tutto e tutti, senza se e senza ma. Per cui non avrebbe dovuto stupirsi che i suoi sentimenti per lui erano mutati. Ciò nonostante la allontanò e forse quello fu l’errore più grande della sua vita; Naraku glielo aveva ripetuto un’infinità di volte, anche quando iniziò la relazione con sua sorella. Gli disse che Kagura non era la persona adatta a lui, che non lo completava, che non riusciva a tirare fuori la sua parte migliore, a differenza di Rin. E quando l’amico gli chiedeva se gli mancava, lui rispondeva sempre di “no”; non lo avrebbe mai ammesso, nemmeno al suo migliore amico, che per tutto il tempo che non si erano né visti né sentiti, aveva avvertito la sua mancanza. E ora che l’aveva rincontrata, la sua anima inquieta si era rasserenata, placata.
Incurante degli sguardi furibondi della sua compagna, Sesshomaru strinse ancor di più a sé Rin. La ragazza sussurrò un debole “No, ti prego” che arrivò nitido alle orecchie del demone. In seguito, percepì qualcosa di umido bagnargli la camicia. Sgranò leggermente gli occhi, sorpreso.
- Rin. – pronunciò con voce calda e rassicurante.
Ma lei non rispose, continuava a trattenere le lacrime con tutte le sue forze. Voleva scappare da quella situazione insostenibile. Voleva allontanarsi da lui il più possibile. Era come toccare il fuoco e lei si stava ustionando.
Quando la musica finalmente cessò. Rin si staccò immediatamente dal demone, continuando a tenere il capo chino e con una calma che non credeva di riuscire a padroneggiare, uscì dalla sala per correre a chiudersi in bagno.
 
 
 
***
 
 
 
È uno strano dolore…
Morire di nostalgia per qualcosa che non vivrai mai.
 
A. B.
 
 
 
- Rin, ti prego, apri la porta. –
La voce preoccupata di Sango, le arrivava ovattata. Una volta giunta nella toilette adiacente la sala, era crollata, non riuscendo più a reggere la tensione accumulata, scoppiando in un pianto disperato.
Si soffiò per l’ennesima volta il naso, poi fece scattare la serratura e quasi in contemporanea l’amica spalancò la porta. Rin era seduta sulla tavoletta del water con le gambe rannicchiate su fino al petto. Aveva il naso arrossato e il trucco sbavato.
- Rin. – bisbigliò tristemente Sango.
Le si stringeva il cuore a vederla in quello stato. Era al corrente che i sentimenti dell’amica nei confronti di Sesshomaru erano rimasti invariati, anche se lei sosteneva il contrario. E di fatti, quel giorno la cosa era stata palese.
Le accarezzò una guancia e la invitò ad uscire di lì e di andarsi a sedere sul divanetto nell’antibagno. Senza fiatare, come una bambola di pezza inanimata, Rin la seguì.
- Sto bene. –
- Non si direbbe. –
Sango si inginocchiò davanti all’amica, poggiando una mano sul suo ginocchio.
- Sto bene. – ripeté ancora una volta con voce tremante – Vai da Kagome, potrebbe avere bisogno di qualcosa. -  
- Kagome può aspettare, al momento chi ha bisogno di sostegno sei tu. – ribatté l’altra con un tono che non ammetteva repliche.
Si sedette accanto a lei e la tirò verso di sé, prendendo ad accarezzarle delicatamente la testa con fare materno.
- Ti confesso che temevo una cosa del genere. – disse con rammarico.
Molte volte Sango rimuginava se lei e Kagome avessero dato un buon suggerimento a Rin. Sapevano che Sesshomaru era un tipo alquanto scontroso, ma credevano che con l’amica fosse diverso, dato che con lei aveva instaurato una specie di amicizia. Ma a quanto pareva, si erano sbagliate. Continuava a ripetersi che se Rin non gli avesse espresso i suoi sentimenti, forse le cose sarebbero state diverse. O forse no. Probabilmente Rin avrebbe comunque sofferto vedendolo con un’altra ragazza. Non lo avrebbe mai saputo.
Per tutto il tempo che Sango coccolò Rin, rimasero in silenzio.
Improvvisamente la porta si aprì e le due ragazze sobbalzarono per lo spavento, sgranando poi gli occhi quando videro Bankotsu varcare la soglia senza troppe cerimonie.
- Ban! – esclamò imbarazzata Rin.
- Questo è il bagno delle signore. – lo rimbeccò Sango, scoccandogli un’occhiataccia.
Il ragazzo la ignorò e si avvicinò all’amica.
- Ti decidi a uscire da questo bagno o vuoi passare il resto della serata chiusa tra queste quattro mura? – le domandò con rabbia.
La ragazza sussultò, schiacciandosi contro lo schienale del divano, intimorita da quella reazione. Sango, invece, rimase basita; come si permetteva quel tipo a rivolgersi cosi a Rin?
- Ti pare il modo di comportarsi? Entri nella toilette delle donne senza bussare e osi pure aggredirla in questo modo? – sbraitò furiosa.
- Vedi di darti tu, una calmata. Io sto solo cercando di spronarla e di non farla passare per la debole che non è. Lì fuori, la sposa è visibilmente agitata per lei e il marito sta cercando in tutti i modi di calmarla. La fidanzata del tuo amichetto… - disse rivolto a Rin – è uscita subito dopo di te con le lacrime agli occhi, seguita dal tizio coi capelli lunghi e gli occhi vermigli. – le informò.
Entrambe sbiancarono. Rin fu assalita dai sensi di colpa; l’ultima cosa che voleva era rovinare il giorno più importante di Kagome. Gli occhi cominciarono a bruciargli nuovamente e copiose lacrime presero a sgorgare.
- È colpa mia. Ho combinato un disastro. – ripeteva tra un singhiozzo e l’altro.
- Ma no, tesoro… Tu non centri nulla. – cercava di rincuorarla l’altra.
- Vai da Kagome e rassicurala che va tutto bene. Adesso. – le ordinò Rin.
Sango fece cenno di “sì” e la accontentò – D’accordo. –
- Fa venire mio fratello, così le ridarà una sistemata. – disse Bankotsu, prima che la giovane oltrepassasse la porta.
- Scusa, e chi sarebbe? – chiese perplessa.
- Jakotsu, chi altro. – rispose come se la cosa fosse ovvia.
- Co… Cosa? Lui è tuo fratello? – strillò incredula.
Il ragazzo arcuò un sopracciglio.
- Perché questa reazione? –
- O nulla, non mi aspettavo che voi due foste fratelli. Tutto qui. – rispose imbarazzata e prima che lui potesse aggiungere altro, sparì.
I due amici rimasero da soli, in silenzio. Bankotsu si accomodò al posto libero lasciato dall’amica di Rin. Si portò le braccia dietro la nuca e accavallò le gambe. Voltò leggermente la testa e con la coda dell’occhio esaminò la ragazza. Aveva lo sguardo vuoto. Gli occhi erano gonfi e cerchiati di nero a causa del mascara sciolto. Le prese delicatamente una mano, per impedirle di continuare a massacrarsi le dita. La damigella trasalì, ma non ebbe il coraggio di rivolgere lo sguardo a Bankotsu.
- Credevo lo avessi dimenticato. – disse amaramente lui.
Rin lasciò la sua mano, tirò su le gambe avvolgendole con le esili braccia, appoggiando poi la fronte sulle ginocchia.
- Ci ho provato… - rispose – Ci ho provato con tutte le mie forze. Ho provato ad odiarlo per il suo modo incurante con cui mi ha ignorata quando gli ho detto di amarlo. Ho messo in risalto tutti i suoi difetti, tutto ciò che di peggiore mi riconduceva a lui. Credevo di esserci riuscita… ma è bastato rivederlo oggi, per farmi capire che non sono stata capace di dimenticarlo. Mi è entrato dentro come nessun altro, Ban… E quando ho scoperto che lui e Kagura stavano insieme… È stato orribile. –
Nuove lacrime presero a fluire abbondanti. Repentina le asciugò col palmo della mano. Tirò su col naso e l’amico le passò una salviettina presa da un porta kleenex sul lavandino.
- La cosa più difficile è vedere qualcuno che ami, amare qualcun altro. – dichiarò il ragazzo.
- Già. –
- Però non riesco a capire cosa ci trovi in lui… Da quello che mi hai raccontato e, da quello che ho visto oggi, mi chiedo come una come te si sia innamorata di uno come lui. – confessò.
Questa volta l’amica si voltò a guardarlo.
- Non lo so, è successo e basta… - fece una piccola pausa e continuò – Forse sarà l’ironia della sorte, ma mi sono innamorata della parte peggiore di lui. Delle sue lune storte, della sua indifferenza, dei suoi momenti di freddezza… Quando ti innamori della parte peggiore di una persona, quella che tutti gli altri scartano ancora prima di cominciare, che sei finito. Non puoi più tornare indietro, l’amerai fino alla fine dei tuoi giorni… Io credo che sia questo l’amore. – rispose sinceramente.
Bankotsu fece una smorfia, poco convinto da quella spiegazione.
Rin distolse gli occhi dall’amico, e prese a guardare un punto indefinito di fronte a lei.
Tra i due, ripiombò un desolante silenzio.
 
 
Un grido acuto squarciò l’assenza di rumori nell’antibagno. Rin e Bankotsu si tapparono le orecchie per proteggere i loro timpani da quel suono stridulo e fastidioso.
- Si può sapere cos’hai da urlare? Idiota. – inveì il ragazzo.
- Sei nel bagno delle signore, razza di maleducato. – replicò indispettito l’altro.
- Fino a prova contraria, sei un maschio anche tu, Jakotsu. –
- Ma… - si interruppe il fratello, per poi fulminarlo con lo sguardo, offeso.
Bankotsu alzò gli occhi al cielo, frustrato.
Quando Jakotsu si avvicinò a Rin, represse un altro grido portandosi una mano alla bocca.
- Per tutti i kami… Cos’hai combinato? – chiese spalancando la bocca.
- Un bel pasticcio. – rispose lei con tono puerile, facendo una linguaccia.
Armato di pazienza, il ragazzo si apprestò a sistemare il viso stravolto della damigella. Per tutto il tempo non aveva fatto altro che chiederle per quale motivo si era messa a piangere, ricevendo come risposta dal fratello “Non sono affari tuoi”. Ma Jakotsu non era uno sprovveduto, aveva fatto due più due e aveva capito che centrava il fratello dello sposo. D'altronde, la ragazza si era eclissata subito dopo aver ballato con lui, per non parlare dei piccoli disordini avvenuti in sala, ma nulla di che.
- Beh, anch’io al tuo posto non sarei riuscito a trattenere la felicità e le lacrime” dopo aver ballato con un bel fusto come Sesshomaru. – se ne uscì tutto a un tratto.
Rin quasi saltò dal divanetto, mentre Bankotsu si portò una mano sugli occhi, rimanendo senza parole.
- Per… perché dici una cosa del genere? Co… cosa centra adesso Sesshomaru? – balbettò visibilmente rossa in volto.
- Oh, ma tu guarda? Hai già applicato da sola il blush! – la schernì canzonatore, fissandola divertito – Non sono mica nato ieri, mia cara. –
Rin si chiuse a riccio, ci mancava solo il fratello di Bankotsu che la prendeva in giro.
- Tirati su Rin, se vuoi ti racconto quello che ho visto. – disse strizzandole un occhio.
- E cosa avresti visto? – chiese con tono teatrale l’altro ragazzo.
- Parlerò solo se Rin vorrà. – rispose imperativo.
La damigella fece un segno d’assenso col capo e il giovane prese a raccontare.
- Ho visto Sesshomaru e la sua fidanzata discutere. O meglio, lei gli urlava contro, lui era una statua di marmo che la guardava con insufficienza. Beh! Lei lo accusava di averla umiliata di fronte a tutti per l’atteggiamento che ha avuto nei tuoi confronti… –
Rin lo guardò per un attimo interrogativa e Jakotsu le chiarì subito i dubbi.
- Per via della sua mano che scorreva avanti e indietro per tutta la tua schiena, per il modo famelico in cui ti guardava e per averti stretto forte a lui. – spiegò, mentre mimava l’abbraccio.
- Poverina. Non avrei mai voluto farla sentire così. So come ci si sente. Non siamo mai state grandi amiche, è vero, ma non le farei mai un torto con Sesshomaru. – affermò.
- Come sei carina. – mugolò Jakotsu – Ma anche un po’sciocca. Se mi permetti. –
Bankotsu lanciò un’occhiata di sbieco a Rin. Non riusciva a capire perché quello stupido di Sesshomaru si era fatto scappare una ragazza come lei. Lui, al suo posto, avrebbe fatto carte false per averla, però era consapevole che con una come lei quelle tecniche subdole non avrebbero mai funzionato, anzi, l’avrebbero piuttosto allontanata.
Capiva perfettamente come si doveva sentire l’amica, perché si trovava nella sua stessa condizione. Era segretamente innamorato di lei ed era cosciente di non essere ricambiato. Ma lui era stato più furbo e non le aveva mai confessato nulla, nemmeno a suo fratello. Restare suo amico però, gli era costato uno sforzo immenso. Ad un certo punto aveva pensato di tagliare tutti i ponti con lei, perché era convinto che non poteva esistere un’amicizia tra una persona che ama e una che vuole bene. Per la semplice ragione che la persona che ama vivrebbe in una costante illusione. Se quella che vuole bene chiede una carezza di conforto, per quella che ama, quel gesto si trasforma in una amara fantasia. Se quando ci si saluta dandosi un bacio sulla guancia, quello innamorato la sentirà andare a fuoco, sognando quel momento per innumerevoli notti. Anche le chiamate di routine diventerebbero un’agonia per la persona che ama, poiché attenderà quella telefonata per tutta la giornata; e se non dovesse arrivare, si farebbe miliardi di filmini mentali pensando a quale sarebbe il motivo per cui l’altro non ha chiamato. Ma la cosa che lo faceva stare male più di ogni altra cosa al mondo, era quando lei gli diceva “Ti voglio bene, Ban” e lui le rispondeva “Anch’io, Rin”. E non c’è niente di peggio che dire ti voglio bene alla persona che ami. Eppure, alla fine, aveva deciso di non allontanarla. In fondo la capiva e sotto un certo aspetto l’ammirava. Lei aveva passato la sua stessa condizione, ma aveva rischiato. Lui, al contrario, preferiva tenersi tutto dentro piuttosto che perderla o causarle altra sofferenza. Spesso era arrivato al punto di confessarle tutto, ma poi…
La voce squillante di suo fratello continuava a risuonare nell’antibagno senza sosta e Rin lo ascoltava con un’espressione attonita.
- … Aspetta e fammi finire. La parte più interessante arriva adesso. – disse mentre le applicava l’ultimo strato di rossetto.
Rin pendeva ormai dalle sue labbra.
- Gli ha detto queste testuali parole: “Sei innamorato di lei, non è vero?” – disse imitando Kagura.
- Cosa? – urlò sorpreso Bankotsu.
- Stai scherzando? – chiese sconvolta lei.
- Affatto. Non scherzerei mai su cose tanto importanti. Dovresti saperlo Rin. È vero che non ci conosciamo chissà da quanto tempo, ma dovresti aver capito come sono fatto. – rispose, chiudendo con nonchalance il tappo del rossetto.
- E lui cosa ha risposto? – domandò curioso il maggiore dei due fratelli.
- Niente. Si è limitato a fissarla, senza spiccicare una sola misera parola… Però… -
- Però, cosa. – lo esortò a continuare il fratello
- Giuro di averlo visto sbarrare leggermente gli occhi quando lei glielo ha chiesto. – confessò.
Alla ragazza cominciò a girare la testa. Non riusciva a credere alle sue orecchie. Sesshomaru aveva avuto un attimo di esitazione? No, non poteva essere, sicuramente Jakotsu si sbagliava. Sì, si era sicuramente sbagliato.
Si alzò e chiese a Jakotsu se avesse finito. Si scrutò per un attimo allo specchio, poi si avviò alla porta. Era stufa di quella situazione. Non avrebbe permesso né a Sesshomaru, né ai suoi stupidi sentimenti di rovinarle quella serata. Era lì per Kagome, per sostenerla e supportarla nel suo giorno più bello; era ora di adempiere ai suoi doveri di damigella d’onore.
- Andiamo, Ban. Ho degli obblighi da rispettare. – esclamò con tono duro.
I due fratelli si scambiarono uno sguardo perplesso, poi la seguirono nel salone delle feste.
 
 
 
***
 
 
 
Lo spreco della vita si trova nell’amore che non si è saputo dare,
nel potere che non si è saputo utilizzare,
nell’egoistica prudenza che ci ha impedito di rischiare e che,
evitandoci un dispiacere, ci ha fatto mancare la felicità.
 
O. W.
 
 
 
Sesshomaru se ne stava tutto solo e tranquillo nel salottino della hall al piano inferiore, lontano da tutti quei fastidiosi schiamazzi. Era sparito senza dire nulla a nessuno, aveva informato solo Inuyasha.
Avvertì in lontananza dei passi cadenzati avvicinarsi verso la sua direzione, riconoscendo subito l’odore della persona in questione.
- Che cosa ci fai qui? – chiese quando l’altro lo raggiunse.
- Tuo fratello mi ha chiesto di venire a vedere come te la passi. Voleva venire lui, ma non mi è sembrato il caso che lasciasse i suoi ospiti per te. – dichiarò il nuovo arrivato.
L’albino non rispose, rimuginando tra sé e sé che aveva ragione.
- Kagura? – chiese senza guardare il suo interlocutore.
- L’ho rimandata a casa. Era a pezzi. – confessò triste – A quanto pare, non sei proprio in grado tenere una donna al tuo fianco. Sei riuscito a spezzare il cuore di due ragazze nel giro di poco tempo… Meriteresti il premio come peggiore persona dell’anno. – disse l’altro ragazzo, sedendosi di fianco all’amico.
- Avevo avvertito tua sorella che non sarebbe stato nulla di serio, Naraku. – esclamò Sesshomaru, giocherellando con una sigaretta che teneva tra le dita.
Il moro sospirò – L’avevo avvertita anch’io di non farsi troppe illusioni, ma sai come è fatta. –
Stettero in silenzio, Naraku sapeva che il nervosismo dell’amico superava limiti inimmaginabili. Per cui decise di non urtarlo ulteriormente, voleva che fosse lui a parlare per primo. Ma conoscendo la sua loquacità, avrebbero fatto l’alba.
- Vogliamo tornare di sopra? – gli chiese.
- Tu va’ pure, io resto qui. – replicò l’altro.
Naraku sbuffò sonoramente, ricevendo in risposta un’occhiataccia. Si disse tra sé e sé “Bene, visto che non vuoi salire, ti darò la morte”. Si fece offrire una sigaretta, tirò una bella boccata di tabacco, ricacciando poi fuori una densa nuvola di fumo. Non era un fumatore accanito, ma ogni tanto gli piaceva fare un tiro. Successivamente, si preparò a lanciare la bomba.
- Non vuoi sapere lei come sta? –
Naraku vide Sesshomaru stringere convulsamente con le due dita, il piccolo cilindro di carta che stava bruciando.
 
Centrato in pieno” pensò.
 
- La ami, non è così? – disse senza troppi giri di parole.
Quella domanda arrivò a Sesshomaru come un treno in corsa, che lo travolse sbalzandolo via lontano.
La amava?
Poteva rispondere con sincerità, Naraku non lo avrebbe giudicato e lui lo sapeva.
Sbuffò via il fumo dalle narici, poi si passò una mano tra i lunghi capelli argentei che aveva sciolto.
- È complicato. – rispose sinteticamente.
L’altro si voltò a guardarlo e il lato destro della sua bocca si sollevò verso l’alto.
- Lo prendo per un “”. – affermò lui al suo posto – Molte volte ci allontaniamo da ciò che, in realtà, desideriamo più di ogni altra cosa al mondo. –
Sesshomaru osservava la sigaretta che man mano si stava consumando, soppesando le parole dell’amico.
- Lei ha qualcosa che le altre non hanno, nemmeno tua sorella. Ad esempio, la facilità con la quale riesce a farmi infuriare e subito dopo sorridere. – ammise per la prima volta.
Naraku si sporse in avanti per spegnere il mozzicone nel portacenere sul tavolino, si riaccomodò comodamente sul divanetto accavallando una gamba e inclinando il capo all’indietro, contemplando la sua immagine riflessa sullo specchio sul soffitto.
- Io ho sempre asserito che tu e mia sorella non eravate fatti l’uno per l’altra, ancora prima che tu conoscessi Rin. So che vado a discapito di Kagura, dicendo questo, ma è così. Ammetto che quella ragazza mi è piaciuta dal primo momento che l’ho conosciuta. Ha avuto una forte influenza su di te, cosa alquanto rara se teniamo conto che è un’umana; e tutti conosciamo il tuo “grande amore” per loro… Se ti vedesse tuo padre, si farebbe un mucchio di risate, specialmente se pensiamo a quanti problemi gli hai creato. – disse scoppiando a ridere.
- Tsk! Che vuoi che ti dica, sarà la maledizione della mia famiglia. – ironizzò l’altro, sarcasticamente.
- Scherzi a parte, amico. Se lei ti fa ridere, ti fa stare bene, ma soprattutto ti ama e tu ci tiene a lei… e non negarlo… perché fai lo stronzo e la allontani? Forse sono uno dei pochissimi a conoscerti davvero, Sesshomaru, ma non puoi negare che Rin ti ha cambiato sotto un certo aspetto e non me ne sono reso conto solo io, ma tutti, tuo fratello per primo… Ti ha fatto scoprire cosa significa affezionarsi a qualcuno. –
Sesshomaru si voltò a guardarlo, senza mostrare la ben che minima emozione, fissandolo dritto nei suoi occhi cremisi.
- Non funzionerebbe. – dichiarò in fine.
Naraku sospirò affranto. Parlare con l’amico era peggio che scalare il monte Fuji. Ma notò una strana luce nello sguardo dell’altro, che non riuscì a decifrare in un primo momento. Ma quel bagliore lo aveva già visto, in passato, nei suoi stessi occhi. Allora capì. Era paura. Un’espressione sbigottita gli si dipinse in volto. Non poteva credere che Sesshomaru avesse paura di qualcosa.
- Che ti prende. Hai forse visto un fantasma? – lo derise scrutandolo.
- Tu hai paura… del tempo… Hai paura perché sai che te la porterà via, un giorno. – mormorò il moro, ma le sue parole arrivarono chiare e forti alle orecchie sensibilissime dell’albino, facendolo sussultare interiormente.
- Non dire sciocchezze. Io non ho paura di nulla. – ringhiò Sesshomaru, digrignando i denti e serrando i pugni.
 
Centrato in pieno un'altra volta” ripensò Naraku.
 
Gli sorrise, poi si voltò e riprese a fissare il soffitto.
- È normale che tu abbia timore di perderla. È un pensiero che ha colpito sia me, sia Inuyasha. D'altronde, la nostra prospettiva di vita se la paragoniamo a quella degli esseri umani, è un battito di ciglio. Le vedremo consumarsi, giorno dopo giorno e noi non potremo fare nulla per impedirlo. Il tempo è tiranno. – espresse malinconicamente – Ma ti confesso una cosa… Preferisco vivere anche un solo giorno accanto a Kikyo piuttosto che starle lontano. È vero, un giorno la perderò per sempre, ma mi resteranno i ricordi meravigliosi che ho trascorso con lei… Non negarti di essere felice per una volta, Sesshomaru. Rischia, perché se no poi te ne pentirai. –
Il demone bianco sorrise debolmente. Era proprio vero che Naraku lo conosceva meglio di chiunque altro. Alzò la testa e prese a fissare anche lui il suo riflesso.
Il silenzio ripiombò tra i due.
Rischiare. Lei lo aveva fatto. E lui? Lui sarebbe stato in grado di rischiare?
Ripensò a suo padre e Izayoi. Ricordò che, in modo non diretto, gli chiese proprio questo: se temeva il giorno in cui lei sarebbe morta. Il genitore gli rispondeva sempre “Cogli la rosa quando è il momento, che il tempo, lo sai, vola e lo stesso fiore che sboccia oggi, domani appassirà*
- Torniamo di sopra. – ordinò all’improvviso, alzandosi.
Naraku non se lo fece ripetere due volte. Si avviarono verso l’ascensore e quando vi entrarono, poco prima che le porte si richiudessero, due grandi occhi nocciola incrociarono quelli ambrati di Sesshomaru.
 
 
 
***
 
 
 
Ho sempre avuto un debole per le cose impossibili.
 
C. B.
 
 
 
Un brivido attraversò la spina dorsale di Rin, quando incrociò lo sguardo dorato di Sesshomaru. Lei, Sango, Miroku e Sota, erano scesi al piano di sotto per ritirare le lanterne e le scintille da utilizzare durante il taglio della torta.
- Tutto bene, Rin? – chiese allarmata Sango.
- Eh! Oh, sì sì. – rispose.
Un tipo grassoccio con una divisa grigio scura, fece il suo ingresso nella hall. Si tolse il berretto dello stesso colore dell’uniforme e si asciugò la fronte imperlata di sudore, poi prese a guardarsi intorno. Il quartetto gli andò incontro, attirando la sua attenzione.
- Salve. – lo salutò Sota – Dovrebbe avere una consegna sotto il nome No Taisho/Higurashi. –
- Sì. Se mi firma questo, vado a prenderle i pacchi. – gli porse la cartellina con il documento da firmare e, quando vide che era tutto in regola, uscì.
Il tizio rientrò accompagnato, questa volta, dal suo collaboratore. Portavano in braccio due enormi scatoloni, che scaricarono ai loro piedi.
- Grazie infinite, siete stati puntualissimi. – li ringraziò Miroku afferrando uno scatolone, imitato da Sota. I quattro li salutarono e si incamminarono.
- Dove state andando? – li richiamò il secondo fattorino  – Ci sono ancora altri quattro pacchi nel furgone. – li informò.
- Come sarebbe a dire, altri quattro! – la voce del fratello di Kagome, fuoriuscì più acuta del previsto.
- Chiedo scusa, ma deve esserci un errore. – intervenne prontamente Miroku – Noi abbiamo ordinato solo un pacco di lanterne e uno di scintille. –
I corrieri fecero spallucce.
- Ci spiace, l’ordine parla di un totale di sei pacchi e lui… - disse uno di loro rivolto a Sota – ha firmato. –
- Non potete chiamare qualcuno e dire che c’è stato un errore? – chiese Sango.
- Spiacente, signorina, noi ci occupiamo solo delle consegne. Se avete qualche lamentela, chiamate il negozio a cui vi siete rivolti. – rispose infastidito.
- E secondo lei, cosa dovremmo farci con tutte queste lanterne e scintille? Rivenderle? – controbatté Rin, irritata dai modi sgarbati del fattorino.
- Non è affar nostro. Forza Manten, andiamo a prendere le altre scatole. –
- Sì, Hiten. – obbedì quello grassoccio, seguendolo.
Una volta scaricati tutti i pacchi, i due corrieri se ne andarono senza nemmeno salutare.
I ragazzi fissavano increduli i sei pacchi a terra e ognuno di loro, si chiedeva che cosa mai avesse combinato Koga, a cui era stato affidato il compito di fare l’ordine.
- Vado a chiamare qualcuno per farci aiutare. – proferì Sota, allontanandosi.
 
 
La giornata stava volgendo al termine e nonostante qualche intoppo, era trascorsa serenamente, tra risate e qualche lacrima di gioia. Soprattutto dopo il discorso di Koga. Era andato spedito da Hakudoshi e si era fatto prestare il microfono. Nella sala si era sentito riecheggiare il tintinnio della forchetta contro il calice di vetro che teneva in mano e, dopo essersi schiarito la voce ed essersi assicurato di avere l’attenzione di tutti, soprattutto quella degli sposi, cominciò a parlare.
- Buonasera a tutti. O forse dovrei dire buonanotte, sono le due e mezza passate… - scherzò, guardando l’orologio.
- O santi kami! – esclamò Inuyasha portandosi una mano sugli occhi – Speriamo non ci faccia fare brutte figure. –
- Non dovrebbe. È alticcio, non totalmente ubriaco. – cercò di rassicurarlo Miroku.
- … Per chi non mi conoscesse, mi presento, il mio nome è Koga e sono uno dei migliori amici dello sposo… Quando Inuyasha è venuto a dirmi che si sposava, credevo che stesse scherzando. Non mi sarei mai aspettato che un tipo come lui, mettesse la testa a posto… -
Un ringhio gutturale fuoriuscì dalle labbra del mezzo demone, mentre il resto della sala scoppiò a ridere.
- Calmati Inuyasha. Koga sta solo scherzando. –
Kagome provò a placarlo, stringendogli forte la mano.
- Tsk! Se quel lupastro osa dire qualcosa fuori posto io… -
La moglie sorrise, il suo Inuyasha non sarebbe mai cambiato, pensò.
- … Ma il merito del suo cambiamento, o se vogliamo essere più precisi, miglioramento, va senza ombra di dubbio a Kagome. Ricordo che eravamo insieme quando l’abbiamo conosciuta ed entrambi perdemmo la testa per lei, ma ahimè, lei scelse lui… -
- Come sarebbe a dire, ahimè? – urlò indispettita Ayame.
- Allora ancora non ti conoscevo, lupacchiotta mia. Oggi non potrei desiderare compagna migliore al mio fianco… – aggiunse in fretta, facendo arrossire visibilmente la fidanzata e beccandosi un “Che belle parole” a mo di scherno da Naraku e Miroku – Ma ritornando a Inuyasha e Kagome, dicevo, quando venne da me, non seppi cosa dirgli in un primo momento. Mi dissi: “Ma come? Quei due sono così complicati e diversi.
Lei è testarda, ma gentile, sempre pronta ad aiutare gli altri. Lui invece, strano; a volte, ma che sia chiaro, solo a volte, sensibile. Spesso manda tutto a quel paese senza nemmeno pensarci, però poi se ne pente e fa di tutto per rimediare.”… Ma sapete qual è il loro punto di forza?... –
Un coro di “no” si levò tra gli ospiti.
- …Ve lo dico io qual è. Quei due, sanno amarsi come nessun altro. Sono unici. Possono litigare, gridarsi contro le peggiori parole, ma… mentre non si sentono, avvertono la mancanza l’uno dell’altra, non si cercano perché sono due testoni, ma si pensano, anche se nessuno dei due lo ammetterà mai. Quei due separati sono l’imperfezione, ma insieme diventano perfezione, si completano a vicenda. Io sono convinto che si appartenevano ancora prima di conoscersi; si sono sempre appartenuti, fino al quel giorno che si sono finalmente incontrati. Hanno abbattuto tutte le barriere e tutti i pregiudizi, senza badare al fatto “tu sei un’umana o tu sei un mezzo demone”, no, non l’hanno fatto. Sono state le loro anime a scegliersi… Inizialmente molti li hanno definiti bizzarri. Ma, onestamente, come si completa un puzzle? Con pezzi diversi e loro sono fatti per incastrarsi tra altri mille pezzi di puzzle differenti e tutti gli altri tasselli saranno tutta la loro vita che passeranno insieme. Lo completeranno e rivedendo il puzzle ultimato, ripenseranno ai mille litigi e ai bei momenti trascorsi insieme… a tutto. A quel punto capiranno che due come loro, non li separerà mai niente e nessuno… Questo brindisi è per voi ragazzi… A Inuyasha e Kagome. – concluse, alzando il calice che aveva in mano, imitato da tutti in sala.
La sposa era visibilmente intenerita, aveva gli occhi lucidi e aveva preso a tirare su col naso. Inuyasha si avvicinò all’amico, gli appoggiò una mano sulla spalla, lo fissò intensamente negli occhi e gli sussurrò un semplice “Grazie”. Le parole di Koga lo avevano colpito nel profondo. Aveva descritto esattamente quello che era successo tra lui e Kagome e l’augurio finale lo aveva commosso, anche se non lo avrebbe mai dato a vedere. Dopo Miroku, il demone lupo era la sua seconda ombra. Erano cresciuti insieme, il loro legame era così stretto che non si consideravano semplici amici, ma fratelli. E un po’ si sentiva in colpa nei suoi confronti per non avergli chiesto di essere il suo secondo testimone. Ma non se la sentiva di mettere da parte il suo “vero” fratello, soprattutto ora che le cose tra loro cominciavano ad andare bene. Koga però aveva capito e non gli aveva portato nessun rancore per quella decisione, al contrario, era felice per lui.
- Sarai contento, mi hai fatto piangere. – disse Kagome avvicinandosi, per poi abbracciarlo.
- Giuro che non era mia intenzione. Ho detto solo quello pensavo. – si giustificò il ragazzo.
- Chi l’avrebbe mai detto che il nostro Koga era così profondo? – lo schernì Naraku, dandogli una sonora pacca sulla spalla, quando questi si separò dall’amica.
- Oh! Voi non avete idea della quantità di pregi del mio Koga. – lo adulò Ayame, avvinghiandosi al suo braccio.
Il demone lupo si portò una mano dietro la nuca e si svincolò dalla presa della fidanzata visibilmente a disagio. Tutti scoppiarono a ridere, assaporando con piacere quei momenti di pura gioia.
- Su, forza, andiamo a scatenarci… La serata è ancora lunga. – esclamò Miroku, con un sorriso sornione, afferrano Sango per una mano.
Nessuno se lo fece ripetere due volte, che piombarono in pista a scatenarsi, ad eccezione di Sesshomaru che andò a sedersi al suo posto.
Per tutto il tempo non aveva fatto altro che guardare Rin e il suo accompagnatore, trattenendo a mala pena l’istinto di farlo a pezzi, ogni volta che iniziava un ballo lento. Non perdeva occasione di stringerla a sé e di avvicinarsi al suo orecchio per sussurrarle parole insulse. E lei cosa faceva? Rideva. Una forte rabbia sentiva montargli dentro, sin dalle viscere più profonde. Lei sembrava felice e questo lo infastidiva. Strinse talmente forte il bicchiere che aveva tra le mani, che andò in frantumi sotto lo sguardo attonito di chi gli era intorno. Ringhiò rivolto a quei ficcanaso, che distolsero la loro attenzione altrove, intimoriti. Riluttante, si asciugò dal liquido che gli aveva bagnato la camicia, afferrò malamente la giacca e uscì sulla terrazza.
 
 
 
***
 
 
 
E se ti mostro il mio lato oscuro,
mi abbraccerai lo stesso questa notte?
E se ti apro il mio cuore e ti mostro il mio punto debole…
Che cosa farai?
 
P. F.
 
 
 
Rin si lasciò cadere rovinosamente sulla sedia. Era esausta. I piedi le dolevano per colpa delle scarpe strette e dal tacco troppo alto secondo i suoi standard. Il quel momento, l’unico desiderio che aveva, era di potersele sfilare e lanciarle il più lontano possibile. Bankotsu la affiancò subito dopo. Sembrava meno stanco di lei.
- Sono distrutta. – dichiarò la ragazza appoggiandosi allo schienale.
- Ma dai! Non abbiamo ballato tanto. – affermò lui, sorridendo.
- Per una come me, che odia ballare, sì. –
- Non sapevo che non ti piacesse ballare. In genere le ragazze ne vanno matte. – dichiarò Bankotsu, afferrando il suo bicchiere e bevendo un generoso sorso di champagne.
Rin fece spallucce, come a volergli dire “Sarà, ma io lo detesto”.
- Io esco a prendere una boccata d’aria… Vieni con me? – disse alzandosi.
Stava per dirle di “”, quando suo fratello si avvicinò e gli chiese di raggiungerlo di nuovo sulla pista da ballo. Non attese nemmeno una sua risposta, che lo trascinò via per un braccio. La ragazza sorrise per la scena comica dei due, poi lesta si dileguò, prima che qualcun altro la costringesse a tornare a ballare.
Quando uscì sulla terrazza, l’aria frizzante di settembre le increspò la pelle. Fece un altro passo avanti, poi si bloccò di colpo. Il suo cuore smise di battere per qualche secondo, quando i suoi occhi videro nell’oscurità della sera, due gemme dorate che la fissavano.
Sesshomaru era appoggiato sul cornicione in pietra, le gambe accavallate, le mani nelle tasche dei pantaloni e tra le labbra stringeva una sigaretta accesa. La osservava e ad ogni suo tiro, toglieva a lei un po’ di respiro. La luna piena lo illuminava col suo tenue bagliore, mettendo in risalto la sua figura e il candore dei suoi capelli. Rin lo maledisse mentalmente, perché nonostante il dolore che le aveva procurato, era ugualmente bellissimo.
Il demone non aveva staccato gli occhi da lei un solo istante. Era lì, bella come una dea, con quel vestito verde acqua che metteva in risalto le dolci curve del suo corpo sinuoso. Si rese conto solo in quel momento, di quanto effettivamente gli era mancata. In particolar modo i suoi occhi. Gli era mancato il modo in cui lei lo guardava. Sempre amorevole, sempre piena di venerazione per lui. Quando si perdeva nei suoi profondi occhi marroni, chissà per quale strano scherzo del fato, lui si sentiva a casa. Odiava se stesso per quello che provava, ma una strana vocina nella sua testa, che era simile a quella di suo padre, gli continuava a ripetere che non doveva lasciarla andare via; se la perdeva in quella occasione, l’avrebbe persa per sempre.
Rin si voltò, intenzionata a rientrare, quando la voce bassa e calda di Sesshomaru la avvolse come un abbraccio.
- Stai scappando? – esordì beffardo.
Lei si voltò di scatto, rifilandogli uno sguardo aggrottato.
- E per quale motivo dovrei scappare? – rispose ella con un fil di voce, con un'altra domanda.
Era più che convinta che le ginocchia non l’avrebbero retta.
Il demone buttò la sigaretta a terra e la spense schiacciandola con un piede.
- Appena mi hai visto, ti sei voltata ritornando sui tuoi passi. – dichiarò con tono grave.
Rin sussultò appena, sentendosi improvvisamente a disagio.
- Io… Io non… volevo disturbarti. – mormorò all’ultimo, chinando il capo.
- Sei sempre stata una pessima bugiarda. – la beffeggiò – E poi… Non sei mai stata fonte di disturbo. – la ammonì, serafico.
La ragazza spalancò gli occhi, ma non osò alzare la testa per guardarlo. Sesshomaru aveva la straordinaria capacità di farle provare miliardi di emozioni contrastanti, tutte nello stesso momento. Avvertì un leggero rumore di passi avvicinarsi a lei e subito dopo, un paio di luccicanti scarpe nere da uomo, comparvero nella sua visuale. Alzò di scatto la testa, ma venne sovrastata dal metro e ottantasette di lui, che la fece sentire piccola piccola. Poi, nuovamente, la voce del ragazzo l’avvolse.
- Hai accorciato i capelli. –
Rin istintivamente si toccò le punte, come a voler cercare conferma nelle parole del ragazzo. Non rispose, chinò un'altra volta la testa e riprese a osservare le scarpe di lui.
- Li avevi più lunghi quando ci frequentavamo. – continuò lui, ignorando il suo disagio.
- Lo so. – bisbigliò a stento lei.
- Stai bene. –
- Grazie. –
Rimasero per qualche minuto in silenzio. L’unico rumore udibile, era la musica a tutto volume che rimbombava all’interno della sala.
- Oggi eri più bella del solito. – enunciò all’improvviso il demone.
La damigella sgranò nuovamente gli occhi sorpresa da quella affermazione inaspettata e dalla strana loquacità di Sesshomaru. Prese a mordicchiarsi nervosamente il labbro inferiore. L’ansia la stava divorando. Cominciava ad avvertire gli stessi sintomi di quando avevano ballato.
- Non dovresti farmi dei complimenti… E… non dovremmo stare nemmeno qui insieme, da soli. Tu stai con Kagura e… - cominciò a farfugliare.
Il ragazzo assottigliò lo sguardo – E tu, stai con quel bamboccio. – rispose sprezzante.
- Bankotsu è solo un amico… Nulla di più. – esclamò.
- Dal modo in cui ti guarda, non sembrerebbe… per lui. – affermò convinto.
- Ti stai sbagliando. E anche se fosse, non dovrebbe dare conto a nessuno. – lo sfidò lei sollevando lo sguardo.
Il volto di Sesshomaru si indurì.
- Nemmeno io… Tanto meno a Kagura. – replicò, ritornando ad appoggiarsi alla ringhiera della balconata. 
Rin lo osservò esterrefatta. Un senso di rabbia la stava assalendo.
- Sempre il solito presuntuoso. Non ti importa nulla degli altri, non è vero? Non ti interessa se con i tuoi modi da primadonna ferisci chi ti sta in torno. – urlò furibonda.
Il demone la sbeffeggiò, piegando le labbra in un sorriso ironico.
- Non capisco perché te la prendi tanto. –
La ragazza aprì la bocca per replicare, ma non una sola parola lasciò le sue labbra. Pensò che si stesse prendendo gioco di lei. In fondo non sarebbe stata la prima volta, in passato molto spesso si era divertito a prendersi gioco di lei. Ma in quel momento era diverso. Lui stava con un'altra e sapeva bene cosa lei provava per lui.
- Me ne vado. – disse voltandogli le spalle e incamminandosi.
Sesshomaru serrò i pugni irritato. Quella stupida non aveva capito un accidente e lui odiava prolungarsi in vane conversazioni. Ma doveva fare uno sforzo se non voleva perderla… un grande sforzo.
- Sei ancora innamorata di me, Rin? – le chiese a bruciapelo.
La damigella si fermò di colpo. Quasi si sentì mancare.
Che cosa voleva? Perché le stava facendo tutto quello?
- No. – bisbigliò a denti stretti.
Quella risposta non era preventivata, eppure fu quella che arrivò alle orecchie del demone, che lo costrinse ad aggrottare le sopracciglia e a controbattere col primo pensiero che gli venne in mente: “Dimmi perché!”.
La damigella, ancora voltata, strinse forte gli occhi, per impedire a delle fastidiose lacrime di uscire. Successivamente si rigirò lentamente e lo fissò dritto in quelle pozze ambrate.
- Mi chiedi perché? – pronunciò con voce malferma – Perché, dopo quel giorno che ho detto di amarti, ho finito tutte le mie lacrime per te. Mi è crollato il mondo addosso… Ho avuto la presunzione di credere che tu potessi provare qualcosa per me… ma mi sbagliavo… Che sciocca che sono stata… Ti ho allontanato, perché avevo bisogno di rimette insieme tutti i pezzi del mio cuore e, con te davanti ogni santo giorno era impossibile. Dovevo riprendere il controllo di me stessa. –
- E adesso il controllo lo hai? – la interruppe.
- Sì. – rispose dopo un momento di esitazione – Anche se non è sempre facile mantenere il controllo di qualcosa che è in continua lotta per la sopravvivenza. –
Sorrise, incontrollatamente, mentre ascoltava quello che lei gli diceva.
- Ti diverto? –
- Abbastanza. – rispose lui tranquillo – Perché stai mentendo e lo sai. Perché sei qui, con me e ci rimani. E lo hai dimostrato anche prima, quando abbiamo ballato. Subito dopo sei corsa via a consumare altre lacrime… che a quanto pare non erano esaurite. Tu mi ami e non hai mai smesso di farlo. –
Rin si morse il labbro, per impedirgli di tremare. Non molto tempo prima Sesshomaru era stato gentile con lei, ma adesso si mostrava freddo e meschino. Sapeva che avrebbe fatto meglio ad andarsene, ma non riusciva a fare un passo. Aveva l’impressione che una qualche forza la mantenesse bloccata lì sul posto.
- Che cosa vuoi? – domandò la ragazza.
- Ancora non lo hai capito? –
- Non giocare, Sesshomaru. Non giocare con i sentimenti degli altri… Non voglio soffrire di nuovo. – disse infine.
- Non sto giocando. Dovresti conoscermi. – rispose offeso.
- Lo so, ma sei un abile predatore e questo non puoi negarlo. – ribatté.
Il demone fece spallucce, ma non la contraddisse.
Poi Rin lo prese contropiede, rammentando quello che gli aveva raccontato Jackotsu nel bagno, gli rivolse una domanda che il demone non si sarebbe aspettato gli facesse.
- Tu, mi ami? –
Rischiò. Per la seconda volta, si arrischiò con lui.
- Vuoi sentirtelo dire? –
- Sì… Forse. –
Calò l’ennesimo, assordante silenzio. Non arrivò nessuna risposta.
- Come immaginavo. Tu non mi ami. Tu nemmeno sai cos’è, l’amore. Ti sei fatto una qualche idea distorta di questo sentimento. Credi che basta tenere qualcuno al proprio fianco, scambiarsi qualche effusione e basta. L’amore è tutt’altra cosa, Sesshomaru. –
Dicendo quelle parole, non ebbe il coraggio di guardarlo in faccia. Si sentiva indifesa, nuda, e sapeva che se avesse incrociato anche solo una volta il suo sguardo, lui avrebbe potuto leggere nei suoi occhi tutto il suo dolore. Trattenne le lacrime, però pianse un lungo pianto dentro di sé, ma fuori non si vide nulla.
Lui prese un’altra sigaretta dal pacchetto e l’accese, guardò lei, fece un unico tiro profondo e poi la gettò.
- Devo assistere a tutto questo? – le disse – Questo è il tuo teatrino? –
- Sei uno stronzo. – urlò in preda ad una crisi di pianto – Sei tu che hai iniziato tutto questo. Io me ne stavo andando. Tu mi hai fermata. Sei tu che stasera hai una dannata parlantina… Tu hai paura. Ecco cos’hai. E mischiata al tuo maledettissimo orgoglio, diventa un mix micidiale. –
Finite quelle parole, Sesshomaru non disse più nulla. Strinse a pugno la mano destra, mentre la sinistra iniziò a tremare per la tensione. I muscoli del suo viso si contrassero, i suoi occhi divennero vitrei, come di ghiaccio, sembrava che da un momento all’altro potesse esplodere.
- Vuoi sentirtelo dire? – enunciò glaciale – Sì, ti amo… Ti ho sempre amata… E in realtà non so nemmeno perché. –
Rin sbiancò. Avvertiva le sue gambe instabili, come gelatina. Faticava a realizzare nella sua mente le parole appena pronunciate dal demone. Lui l’aveva sempre amata. Aveva detto proprio così, non se lo era immaginato.
- Come… Come sarebbe a dire che non lo sai? – sussurrò incredula.
- Non lo so. Eri tu e a me bastava. – le rispose – Era impossibile non farlo. Eri qualcosa che non riuscivo a capire e quando ci provavo, mi smarrivo. Ma poi mi ritrovavo, nei tuoi occhi, che mi guardavano sempre con un amore sconfinato. Era una sensazione strana per me, mai provata prima per nessun’altra, nemmeno per Kagura. E a te non importava del mio brutto carattere, a tutti gli avvertimenti che ti davano su di me, non ti è importato nemmeno quando hai visto qual era la mia vera natura… i tuoi occhi continuavano sempre ad amarmi… Anche io ti amavo, ma tu non lo hai mai capito. –
Rin lentamente gli si fece vicino, afferrò il polso della sua mano sinistra e intrecciò le loro dita. Una stilla salata fuoriuscì dal lato del suo occhio, solcando la calda epidermide della guancia. Repentino, Sesshomaru si affrettò ad asciugarla con la mano libera, non staccando mai lo sguardo da quello di lei.
- Se l’avessi saputo, non mi sarei arresa con te.  – bisbigliò amareggiata.
- Ma lo hai fatto. – la mortificò ulteriormente lui.
Lei abbassò il capo, sentendosi profondamente in colpa.
L’attenzione del demone, fu attirata da una figura che si era fermata dall’altra parte del vetro. Il suo sguardo si indurì nel preciso istante in cui suoi occhi d’ambra, si scontrarono con quelli tristi, blu cobalto, dell’altro ragazzo.
- Ho sbagliato. Su tutto. – dichiarò lei - Quando ti ho confessato di amarti, una parte di me sapeva di non doversi aspettare nulla in cambio. Che uno come te non avrebbe mai potuto provare nulla per una come me, umana per giunta. Ma l’altra parte… -
Non riuscì a terminare la frase, che due dita le afferrarono il mento e la costrinsero ad alzare la testa. Fu un attimo. Un attimo in cui lui incapace di resistere, la baciò. Rin sgranò gli occhi, sorpresa, confusa. Dopo un primo momento di smarrimento, si abbandonò a quel contatto dolce, schiudendo le labbra. Strinse fra i pugni la camicia di lui e si alzò sulle punte per intensificare l’unione tra le due morbide carni. Di fronte alla reazione appassionata di Rin, Sesshomaru portò l’altra mano dietro la sua nuca e l’attirò maggiormente a sé, premendo la sua testa verso la sua. Il bacio all’inizio incerto, si fece più profondo, più avido e la passione repressa troppo a lungo, prese il sopravvento. Il demone la baciava quasi con furia, come se volesse dimostrare al nuovo spettatore indesiderato, che lei era sua e di nessun altro. Si sentiva esplodere per tutte le emozioni che aveva represso per così tanto tempo e si abbandonò a quelle sensazioni senza pensare. In quel momento, contavano solo loro due. I loro respiri erano confusi, le bocche s’incontravano e lottavano fameliche. Sesshomaru le morse il labbro inferiore e Rin gemette per il dolore, ma non si staccò. Al contrario, appoggiò appena la lingua tra i suoi denti, giocando là dove l’aria pesante dei loro respiri andava e veniva, mischiata al profumo acre del dopo barba di lui e all’aroma del tabacco. Continuarono a baciarsi come folli, fino a quando non si separarono, senza fiato, le fronti unite. Quel contatto, dissipò il freddo di quella notte.
Quando il ragazzo sollevò lo sguardo oltre la ragazza, di Bankotsu, non vi era più traccia.
Rin fece un passo in dietro, allontanandosi dal demone. Si portò le mani giunte al petto, fissando con occhi smarriti le piastrelle di marmo sotto i suoi piedi.
- Che cosa ho fatto. – mormorò a fior di labbra, che a malapena la sentì anche lui.
Sesshomaru aggrottò la fronte, riportando la sua attenzione su di lei. Accorciò la breve distanza che la ragazza aveva creato tra di loro, ma lei si riallontanò ancora.
- Cosa ho fatto. – ripeté e questa volta il demone la sentì in modo chiaro e distinto.
- Rin! – la chiamò.
La damigella alzò debolmente la testa e lo fissò tristemente, mentre egli la rimirava con espressione interrogativa.
- Non doveva succedere. – disse coprendosi il viso con le mani.
Gli occhi del ragazzo saettarono furiosi. Le afferrò i polsi con entrambe le mani e le scoprì bruscamente il volto.
- Guardami. – le intimò con tono duro – Ho detto guardami, Rin… Perché? –
- Tu stai con lei. –
L’espressione di Sesshomaru si fece sorpresa.
Davvero quella stupida non aveva capito come stavano davvero le cose? Voleva mettere alla prova la sua pazienza?
La calma si stava dissipando. La vena sulla tempia prese a pulsare e lui prese a massaggiarla. Chiuse gli occhi e cercò di regolarizzare il respiro per placarsi.
- Stupida! – esclamò facendola sussultare – Non l’hai ancora capito che tra me e Kagura è finita? –
Rin sbatté più volte le palpebre. Si sentiva come se lui le avesse dato uno schiaffo in pieno viso. Aveva capito che Kagura fosse andata via quel giorno perché si sentiva ferita per il modo in cui l’aveva trattata Sesshomaru e, non perché si fossero lasciati.
La ragazza si strinse nelle spalle, senza sapere che cosa rispondere. Quella situazione le sembrava irreale, assurda.
- Va tutto bene. – disse cercando di tranquillizzarla e avanzando di un passo.
Rimasero a fissarsi in silenzio.
Lei prese un bel respiro profondo. L’aria fredda trafisse i suoi polmoni come aculei.
- Non sono più quella di prima, Sesshomaru. Io… -
- Hai ragione. Hai i capelli più corti. – la prese in giro lui, ghermendo tra le dita una ciocca di capelli corvini.
Per la prima volta, finalmente lei rise, sincera. E lui per la seconda volta non riuscì a trattenersi. Si chinò per darle un altro bacio, ma lei lo fermò piantandogli una mano sul petto scultoreo. Lui cambiò direzione e puntò al suo orecchio, mentre Rin combatteva un lungo brivido lungo la schiena.
- Il tuo sorriso è sempre lo stesso, però. – le mormorò suadente.
Rin si ritrasse leggermente indietro e il suo sguardo si fece serio in quello di lui.
- Vuoi sapere la verità? –
- Hm! – mugugnò scocciato lui.
- Neanche i miei occhi sono cambiati. Hai detto che ti guardavano con un amore sconfinato… Beh, continuano a guardarti ancora allo stesso modo. –
Sesshomaru sogghignò trionfante.
- E anche il mio amore è rimasto lo stesso… – continuò ella, accarezzandogli con la punta delle dita il labbro inferiore.
Il demone non sapeva se era più faticoso tenere a freno le mani o le sensazioni che stava provando in quel momento.
- … E magari sarai lunatico e te lo giuro che mi fai arrabbiare come una bestia. In quei momenti, quando fai il freddo e l’indifferente, ti riempirei la faccia di schiaffi. Ma io ti amo, anche così. –
Gli allacciò le braccia al collo, poi mettendosi in punta di piedi, lo attirò maggiormente a sé. Lui la lasciò fare. Rimase immobile per qualche istante, obbligandola a stuzzicarlo. Lei gli leccò con la punta della lingua il labbro inferiore e lui schiuse le labbra per invitarla a continuare. Lei vi insinuò la lingua tra i denti e il bacio divenne subito ardente.
Di colpo Sesshomaru serrò l’abbraccio e la strinse al petto, premendo le sue curve contro i suoi saldi muscoli. Rin si inarcò contro di lui e, un gemito fuoriuscì dalle labbra di entrambi.
Avevano l’impressione che i loro corpi fossero dotati di volontà propria. Un calore intenso sorse in loro, offuscando tutto il resto.
Il demone scostò la bocca dalla sua e le impresse sulla guancia e sull’orecchio tanti piccoli baci che generarono fiamme di eccitazione. Senza fiato, Rin si aggrappò alla sua giacca.
- Credo che dovremmo darci una calmata. – esclamò il demone con un sorrisino, mentre le accarezzava con l’indice il volto.
Lei annuì contrariata.
- Hai ragione. Sarà meglio rientrare, tra un po’ uscirà la torta e sarà richiesta la nostra presenza. – gli sussurrò sulle labbra.
Si avviarono verso l’interno, Rin avanti e Sesshomaru alle sue spalle. Un attimo prima che lei varcò la soglia, il demone la bloccò afferrandola per la vita, chinò la testa verso il suo orecchio e con tono malizioso le sussurrò:
- Finita la festa vedi di non sparire. Non mi piacciono le cose lasciate a metà. -
 
 
 
 



***ANGOLO AUTRICE***
Buongiorno a tutti. Chi non muore si rivede ^^’
 
https://www.youtube.com/watch?v=a1ZFkmTHTQ0 questo è il link per ascoltare la splendida canzone del primo ballo di Inuyasha e Kagome, che è del mitico Jon Bon Jovi. Vi consiglio di sentirla, ne vale davvero la pena e le parole sono bellissime.
 
* La frase di Padre che Sesshomaru ricorda, è tratta dal film “L’attimo fuggente”. A mio avviso, bellissimo.
 
Ringrazio chi ha letto questo papiro fino a qui. Se volete lasciarmi una vostra opinione, non può che rendermi felice. Mi piace sapere e conoscere la vostra opinione.
 
Un bacione e alla prossima ^_^
  
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