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Autore: LadyBlueSky    13/10/2017    2 recensioni
Roy Mustang. Riza Hawkeye. Ishbar. Come si sono sentiti nel rincontrarsi in quel luogo? Che cosa hanno pensato? E il senso di colpa? Durerà per sempre?
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quello che ho fatto…

 

Non l’avevi capito. Proprio per niente. Avevi passato minuti, ore, giorni a rimuginare su quale significato avessero le parole che, ormai sempre più spesso, invadevano il campo base.

“Ci sono gli Alchimisti di Stato.”

“Oggi ci hanno pensato loro.”

“Sono assurdi, vero?”

Frasi che si rincorrevano tra loro, nella quiete pigra di una notte che non avrebbe portato altri scontri, ma solo sonni occupati da incubi – almeno per quei pochi che ancora riuscivano a dormire.

Avevi già visto in azione gli Alchimisti di Stato – il Maggiore Kimbley e il Maggiore Armstrong – ma malgrado questo ancora non ti era chiaro. C’era qualcosa, un frammento, che ancora si rifiutava di farsi comprendere, e più cercavi di prenderlo più lui scappava via, dispettoso e crudele, quasi a dirti che ti attendeva al varco.

È stato in un giorno in cui il sole sembrava bruciare più delle altre volte – ma era davvero il sole? – che tutto ti è stato chiaro. È stato oggi che ogni tassello è andato al proprio posto.

Hai sentito un brivido, poi un formicolio alla schiena; è stato come se il tatuaggio che porti impresso sulla pelle iniziasse a riscaldarsi, quasi fosse capace di generare il fuoco di cui descriveva il segreto. E fiamme sono state. Potenti. Devastanti. Brucianti. Orrende. Un intero distretto distrutto in meno di un minuto; odore di corpi carbonizzati nell’aria; fumo che lento e impietoso copriva il cielo. Sì, allora hai capito. Ora hai capito.

Ti manca il fiato. Ti tremano le mani. Sai già in verità. Ma il tuo occhio si appoggia comunque al mirino del fucile che imbracci, e scruta ansioso ogni punto.

Occhi sgranati. Sguardo orripilato. Roy Mustang, nel tuo mirino.

 

“Che cosa ho fatto?”

 

Che cosa hai fatto, piccola Riza? Davvero te lo chiedi?

Ma sei giovane, troppo giovane; lo eri ancora di più quando gli hai rivelato quel segreto. E credevi in lui, quel giorno, nei suoi sogni e nelle sue parole cariche di ideali. Sei forse stata ingannata?

No, sai che Roy era serio, allora. Sai che non ti ha mentito, sulla tomba di tuo padre. Sai che ci credeva davvero.

 

“Che cosa ho fatto?”

 

Gli hai rivelato il segreto che porti impresso sulla schiena, il segreto di cui tuo padre ti ha caricata. L’hai fatto con l’ingenua speranza che fosse giusto, e che avrebbe portato a qualcosa di buono, di migliore. Dopotutto l’Alchimia non esiste forse per la gente? E allora perché, qui e ora, non riesci che a pensare che è stato tutto uno sbaglio, un errore di proporzioni inimmaginabili?

 

“Che cosa ho fatto?”

 

I suoi occhi sono spenti, morti come quelli delle persone che ammazza. Le occhiaie che glieli circondano sono la prova di un sonno che ormai è mera fantasia. Le labbra non sorridono più, ammiccanti, provocatorie, a volte dolci; sono una linea dura, stretta, troppo stretta, che fatica persino a far uscire poche semplici parole.

 

“Che cosa ho fatto?”

 

“L’hai trasformato in un mostro.”

 

 

 

“Lieto di rivederla, signor Mustang. No, forse dovrei chiamarla Maggiore Mustang adesso. Ha cominciato a ricordarsi?”

“Come potrei aver dimenticato?”

 

“Che cosa ho fatto?”

 

Te lo chiedi davvero, Roy? Potrebbe sembrarti grottesco, ma non sei il primo a porsi questa domanda. Lei stessa, sino a poco fa, ha continuato a ripetersela nella testa.

La guardi e non la riconosci. No, non è lei – malgrado gli stessi capelli biondi, malgrado le stesse mani affusolate e pallide, malgrado gli occhi dello stesso colore.

Non può essere lei. Non può essere lei, qui.

 

“Che cosa ho fatto?”

 

I suoi occhi ti spaventano, vero? Non hanno più luce, o innocenza, o genuinità. Sono solo occhi, freddi, stanchi, vuoti. La vita è stata brutalmente strappata via da quelle iridi castane, un tempo calde; ti chiedi come faccia a stare in piedi, come possa parlarti visto che ormai sembra soltanto un corpo privo di vita.

 

“Che cosa ho fatto?”

 

Ti stai forse incolpando, Maggiore? Stai forse recriminando, Alchimista di Fuoco? O forse stai semplicemente morendo dentro ogni istante in più in cui fissi i suoi occhi?

Vorresti parlare, dire qualcosa, magari qualcosa d’intelligente. Senti quasi il bisogno di giustificarti, a lei – non ci ha provato nemmeno con te stesso, o con i tuoi commilitoni, ma con lei…

Hai disonorato ogni cosa: l’eredità del tuo Maestro, il segreto che lei ti aveva affidato, le parole davanti a quella tomba. Hai dissacrato con le tue stesse mani gli ideali e i sogni in cui aveva tanta fede, e che hai condiviso con lei, solo con lei.

 

“Che cosa ho fatto?”

 

Credi che sia per te, per le tue parole, che ora lei è qui? Credi sia a causa dei tuoi sogni sdolcinati se lei ora ha una divisa blu addosso e un fucile in grembo? Chissà, forse è davvero colpa tua. Perché lei ci ha creduto, creduto davvero, a quel sogno che le hai confidato in una tetra giornata d’autunno. E forse, in cuor suo, credeva anche un po’ in suo padre, nella sua convinzione che l’Alchimia fosse per la gente, e nel fatto che sarebbe stato per la gente che avresti usato il potere che ti stava concedendo.

 

“Che cosa ho fatto?”

 

Era una ragazzina, Roy. Una ragazzina a cui era appena morto il padre, senza più legami e sola; una ragazzina sognatrice e idealista quanto e più di te forse. Non hai mai pensato che le tue parole avrebbero potuto avere queste conseguenze. Ma è davvero stata colpa tua, Roy?

 

“Che cosa ho fatto?”

 

“L’hai trasformata in un’assassina.”

 

 

 

Vi guardate negli occhi, ora, e mai ha fatto più male.

Su questo campo di battaglia – Ishvar – non siete più Roy e Riza, l’allievo e la figlia del Maestro. Ora siete solo soldati, burattini, pedine di una mano che è venuta a raccogliervi, avida, voi che eravate fiori in pieno boccio, e vi ha guidati nel cuore dell’Inferno.

E siete giovani, tanto, troppo giovani. Non lo sarete ancora a lungo, forse avete già smesso di esserlo. E siete degli idealisti, ancora; questa, forse, è una delle poche cose che non riusciranno mai a strapparvi via. Ma è ancora presto per questo.

Così come è ancora troppo presto per Voi. Non è il tempo, questo. C’è la Guerra, ora, che non dà tregua; troppo sangue invisibile ai più a macchiarvi le mani. Non c’è un tramonto, o un’alba, qui; ci sono solo la luce accecante del sole di giorno e il buio più profondo del cielo di notte. Non esistono le mezze misure, i grigi, perché in Guerra è bianco o nero. È vita o morte. Non c’è posto per nient’altro. Tantomeno per l’amore.

 

“Che cosa ho fatto?”

 

Ve lo chiedete ancora, e ancora e ancora senza sapere che questa domanda vi logorerà nelle infinite giornate di battaglia e nelle assordanti notti di silenzio. È ancora troppo il tempo che deve trascorrere dal giorno in cui smetterete di chiedervelo, di colpevolizzarvi, e vi stringerete e basta.

 

“Che cosa ho fatto?”

 

“Lasciate che sia il tempo a farvelo vedere.”

 

 

 

 

 

  
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