Anime & Manga > Tokyo Mew Mew
Segui la storia  |       
Autore: Hypnotic Poison    13/10/2017    7 recensioni
A Thousand Worlds To Break Our Hearts: The Start.
«Be’, a me piace! E non è la solita storia. Poi perché devi sempre ridurre tutto alla fisica e la chimica e gnegnegne.»
Ryo rise, le si avvicinò per darle un bacio sulla testa: «Perché è così, ginger,» le batté le nocche sulla spalla, «In fisica moderna, il multiverso è un'ipotesi che appunto postula l'esistenza di universi coesistenti fuori del nostro spaziotempo, o dimensioni parallele, ed è possibile conseguenza di alcune teorie, come la teoria delle stringhe.»
Genere: Avventura, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Kisshu Ikisatashi/Ghish, Mint Aizawa/Mina, Ryo Shirogane/Ryan
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'A thousand worlds to break our hearts'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A





Minto non capiva se stessero cadendo o galleggiando in un’aurea di luce dorata che non permetteva loro di vedere. Sentiva il vento fischiarle nelle orecchie e la sensazione di vuoto allo stomaco, ma per il poco che riusciva a scorgere, i suoi vestiti si muovevano appena, la pelle non era lambita dalla corrente che si sarebbe aspettata. Eppure continuavano a cadere, e cadere, senza sosta, il mondo sottosopra. Faceva fatica a vedere gli altri, sentiva le dita di qualcuno sfiorare le sue ma per quanto provasse ad afferrare quella mano, era come se il suo corpo non rispondesse agli stimoli. Provò a gridare, ma non era sicura che dalla sua bocca uscisse alcun suono. Erano forse bolle quelle che vedeva attorno a loro?
All’improvviso, vide un altro lampo di luce ancora più bianca inghiottirla, chiudersi attorno a lei come in un tunnel: si sentì catapultare verso il basso, come se qualcosa la stesse tirando e spingendo contemporaneamente, mozzandole il fiato e congelandola. La luce si spense tutto a un tratto, le orecchie le fischiarono ancora, poi atterrò molto poco elegantemente di sedere e con uno strillo su un cumulo d’erba.
Erba?
Con un gemito, Minto si tirò carponi, cercando di capire cosa diavolo fosse successo. L’indomani le sarebbe spuntato un bel livido, quello era sicuro… sempre che ci fossero arrivati, a domani.
Fu presa da un attimo di panico: era da sola, proprio come prima, e non le piaceva per nulla. Cercò di tirarsi in piedi, ma il terreno le vibrò sotto i palmi: vide il cielo aprirsi proprio come si era aperto un buco sotto i suoi piedi, e Shirogane cadde a pochi metri da lei con una parolaccia in inglese. 
«Ryo!» lo chiamò subito, sentendosi un po’ più sollevata
Il biondo rimase steso a terra, le braccia aperte e il viso rivolto verso l’alto, e lei poteva vedere il petto alzarsi ed abbassarsi mentre prendeva respiri profondi.
«I’m gonna kill her.»
Minto convinse le gambe tremolanti a sostenerla e camminò con cautela fino all’americano, guardandolo preoccupata: «Ce la fai ad alzarti?»
«Sì, sì,» lui sospirò esasperato e si portò seduto, «Stavo solo escogitando qualche maniera per farla pagare a quella deficiente di Ichigo.»
«Non sei solo, tranquillo,» la mora gli tese la mano e lo tirò un poco, il palmo graffiato che le bruciò appena.
Ryo fece per aprire la bocca, quando la terra vibrò di nuovo, ma questa volta si aprì un buco nel terreno dal quale sbucò Kisshu, come se avesse preso la spinta da un trampolino. 
L’alieno lanciò un grido e mulinò le braccia per aria cercando di attutire la caduta, ma non ebbe abbastanza spazio di manovra e si ritrovò lungo disteso, faccia a terra.
«Oh, be’, almeno lui è già stato punito,» borbottò a bassa voce Ryo.
Stavano per avvicinarsi intanto che Kisshu, gemendo piano, cercava di rimettersi in sesto, quando l’ennesima scossa preannunciò l’apertura di un vuoto nuovamente dal basso, che deglutì Ichigo con una spinta non indifferente, mandandola a schiantarsi urlante proprio sull’alieno.
«Oh, santo cielo!»
Ryo e Minto si precipitarono, un po’ zoppicanti, verso gli altri due, tirando su la rossa praticamente di peso.
«Ti sei fatta male?»
«Non tanto,» lei scosse la testa, osservandosi i jeans sporchi di terra con aria triste.
«Grazie, sei atterrata sul morbido!» Kisshu si lamentò ad alta voce mentre si appoggiava come poteva a Minto per rimettersi in piedi, «Non stavi a dieta?!»
Fu redarguito in simultanea dai tre – Minto che si astenette dal dargli uno schiaffo soltanto perché lo vedeva ancora poco solido sulle gambe – e lui si limitò a scrollarsi le foglie e la terra dai capelli e dal viso.
«Dove siamo finiti?» domandò poi Ichigo.
Si guardarono tutti e quattro intorno. Sembravano essere caduti in una specie di radura un po’ brulla, con macchie d’erba sparpagliate e ingiallite e qualche alberello solitario, che assomigliava ai dintorni della città principale di Gea. La rossa, di nuovo, diede voce a quel dubbio.
«Siamo tornati fuori sul tuo pianeta, Kisshu?»
Lui si grattò la testa mentre girava su se stesso per poter osservare il territorio: «Uhm… non lo so. Ci assomiglia, però… è strano.»
«Hai mai visto un posto del genere?» gli domandò Minto.
«No, ma non è che Gea sia grande quanto un fagiolo.»
«Perfetto,» mugolò la mora, «Potremmo benissimo essere finiti dall’altra parte del mondo. Letteralmente.»
«O magari non siamo per nulla lì,» constatò Shirogane, «Non so se vi siete accorti che siamo spuntati da parti diverse, pur cadendo dalla stessa direzione.»
«Vuoi dirmi che voi non siete stati sputati fuori come un fungo non voluto?»
«No, per quanto mi riguarda, io sono caduto da… sopra
«Anche io,» confermò Minto, stringendosi le braccia.
Ichigo pigolò qualcosa di incomprensibile, qualcosa che somigliava a forse ho fatto un pasticcio, uno sguardo colpevole in volto che, come al solito, colpì dritto al cuore il suo fidanzato: sospirando e alzando gli occhi al cielo, Ryo l’avvolse con un braccio e le schioccò un bacio sulla sommità della testa, accarezzandole una spalla.
«Che ne dite se andiamo a vedere cosa c’è in giro? Qui non c’è assolutamente nulla,» propose Kisshu.
«E se per caso il passaggio per tornare indietro è solo qui?» domandò Minto, che continuava a lanciare occhiatacce alla sua amica.
«Possiamo marchiare quell’albero con qualcosa e possiamo camminare per un po’ in linea retta,» l’alieno si scosse nelle spalle, «Qua il paesaggio è tutto uguale, se vediamo foreste o cose simili in cui è facile perdersi, torniamo indietro. Almeno così possiamo vedere se troviamo qualcuno.»
«E se qualcuno non è amichevole?»
Questa volta fu lui ad alzare gli occhi al cielo: «Hai qualche alternativa, passerotto?»
La mora sembrò pensarci su, poi esalò sconsolata: «Suppongo di no.»
Il ragazzo le diede un buffetto amorevole sulla guancia: «Su, dammi la sciarpa, così possiamo marcare l’albero e cominciare la scampagnata.»
Minto lo guardò come se fosse uscito di senno, facendo un balzo all’indietro e afferrandosi possessivamente la sciarpa: «Ma sei pazza, lo sai quanto cosa questa?»
Shirogane sbuffò, prese il proprio fazzoletto dalla tasca e si avvicinò all’albero per legarlo nel ramo più basso: «Ecco fatto. Su, forza, muoviamoci.»
Ichigo lo raggiunse e lo prese per mano, i passi pesanti e poco convinti, e sbuffò: «Uffff, è tutto il giorno che camminiamo!»
«Momomiya, non sei nella posizione per recriminare certe cose!» sberciò Minto dietro di loro.
«Scuuu-sa
«A proposito, secondo voi quanto tempo è passato?»
Ryo guardò l’orologio che portava al polso alla domanda di Kisshu, aggrottando le sopracciglia: «Forse il mio orologio si è rotto cadendo, dice che sono passati solo quindici minuti da quando siamo entrati nella caverna.»
Lo scosse, ma le lancette sembravano funzionare perfettamente. Controllarono tutti e quattro i loro cellulari, non osando dire ad alta voce che concordavano tutti con l’orario dichiarato.
«Non avete nessuno di quei congegni di comunicazione creati da Pai, vero?» domandò dopo un po’ Shirogane, notando che il cellulare – come predetto – non mostrava nessun tipo di segnale.
Gli altri scossero la testa: «Se qualcuno di solito ci pensa, quello che sei tu,» commentò Kisshu, «Io il mio l’ho pure perso.»
«Convenientemente, così da farti gli affari tuoi quando torni…» borbottò scontrosa Minto, strappandogli un sorrisetto.
Camminarono per un bel po’ in silenzio, seguendo un percorso immaginario il più dritto possibile. Attorno a loro, il panorama era sempre lo stesso: una larga prateria di terra chiara e secca, con pochi alberi qua e là e dei tratti più verdi di bassa erbetta, a volte qualche fiorellino viola solitario. Non si sentivano suoni o rumori, non c’era un distinto odore. Sembrava tutto fermo, nonostante una piacevole brezza si alzasse ogni tanto.
Fu quando si rese conto che effettivamente cominciava a sentire caldo, che Shirogane alzò la testa verso il cielo: era basso, come coperto da una foschia giallina, e soprattutto, mancava una stella che potesse riscaldarlo così.
«Kisshu?» si schiarì la gola, «Il vostro pianeta ha un sole, giusto?»
«È il Sole,» rispose lui, «Siamo ancora nel vostro sistema.»
«Bene, allora non siamo su Gea.»
Si fermarono tutti di colpo, il naso rivolto all’insù, cercando quella palla gialla così familiare da non farci veramente caso, ma che in quel momento sembrava un monito di speranza. Invece, zero, nada: il cielo rimaneva del suo giallino pallido, con qualche nuvoletta piatta della stessa tonalità, ma rimaneva vuoto.
Kisshu sussultò quando le unghie di Minto si conficcarono nel suo palmo, anche a lei scappò una mezza parolaccia sottovoce.
«… dove diamine siamo finiti.»
«… non mi sposerò più.»
«No, perché ti ucciderò io prima!»
Ryo sospirò e tirò la sua fidanzata per la mano: «Continuiamo a camminare.»
«Com’è possibile che ci sia luce ma non ci sia sole?» sberciò Kisshu.
«Com’è possibile che siamo stati vomitati su questo posto?» replicò Shirogane spiccio, «Oh, e com’è possibile che ci siamo finiti passando per una caverna fumosa dove ci era stato espressamente detto di non andare?»
«Il tuo sarcasmo è sempre un’ottima cura,» borbottò irritato l’alieno, «Perché non usi quel tuo bel cervellino che ti ritrovi per trovare qualche risposta?»
«Potrei sempre usarlo per prenderti a testate.»
«Ah, ti faresti male solo tu.»
«Ragazzi!»
«Forse perché sei così duro di comprendonio che ci vorrebbe un bulldozer per smuoverti.»
«Ma tu non smetti mai di rompere i coglio –»
«Ragazzi!»
All’urlo di Minto, smisero di battibeccare e guardarono la mora, che stava puntando un dito davanti a sé con aria sconsolata.
«Non è l’albero di prima, quello?»
Seguirono la direzione della sua mano, un vago senso di disperazione che li avvolse. Effettivamente, davanti a loro si stagliava l’alberello sfiorito e magro vicino cui erano spuntati, il fazzoletto di Shirogane che ondeggiava pigramente dal ramo più basso.
«For fuck’s sake.»
Ichigo si lasciò cadere a terra con un lamento sconsolato: «Non torneremo mai più a casaaaaaaaaaa!»
Anche Minto si fece scappare un gemito mentre si prendeva la testa tra le mani: «Ma perché vi do sempre retta, perché?»
«Non… non facciamoci prendere dal panico,» tentò Kisshu, «Ci sarà qualcosa per poter tornare indietro, un passaggio nascosto, un pulsante…»
«Magari una cabina telefonica per chiamare un taxi,» commentò laconico Ryo.
«Una che?»
«Lascia perdere,» l’americano si avvicinò alla pianta e vi picchiettò le nocche sopra, sperando di poter avvertire qualcosa di diverso, un vuoto, qualsiasi segnale che potesse fargli capire come andarsene da quel posto. Tastò la corteccia in cerca di qualche sporgenza anomala, si azzardò a tastare i buchi nel tronco alla ricerca di un meccanismo o di una traccia. In preda allo sconforto più totale, ma non potendo ovviamente farlo trasparire perché già vedeva le due ragazze sull’orlo delle lacrime, si lanciò anche ad arrampicarsi con un salto sull’albero per poter osservare l’ambiente da più in alto.
Sembrava tutto normale, visto da lassù: quella radura sembrava decisamente più vasta di quanto ci avessero messo a girarla nella sua interezza – ancora doveva capire come avessero fatto – pacifica e tranquilla, anche se silenziosamente vuota. Sospirò mentre si sedeva a gambe penzoloni su un ramo, tirò fuori il cellulare per dare conferma anche a quell’ultima paura: come volevasi dimostrare, l’orario non era cambiato da prima. Scese con un balzo e si risistemò la frangia, scuotendo la testa: «Non c’è nulla.»
Mentre Kisshu si lasciava scappare una sequela di parolacce irripetibili, Ichigo lanciava l’ennesimo gemito a tutto volume, nascondendosi la faccia tra le mani.

«Moriremo quiiiiiiiiiii!»
«Ichigo, smettila di frignare!» strillò Minto, battendo un piede a terra, «La prossima volta imparerai ad ascoltare un po’ di più invece che fare sempre di testa tua!»
«Non ci sarà una prossima voltaaaaaaaa!»
«Indovina di chi è la colpa?!»
«Smettetela di urlare,» Ryo si inginocchiò vicino alla sua fidanzata, cercando di convincerla a rimettersi in piedi.
«Perché?» sberciò ancora la mora, «Tanto non c’è assolutamente nulla qui!»

«Tortorella, come siamo venuti, dovremmo anche riuscire a tornare,» Kisshu provò ad avvicinarsi alla sua ragazza, le mani alzate e pronte a parare qualsiasi colpo lei potesse decidere di dargli.
«Tu stai zitto che come al solito dai corda a qualsiasi idiozia che venga pronunciata! Mai una volta che ascolti me!»
«Ma se ti ascolto sempre, colombella…»
«Io ve l’avevo detto!»
«Avevo un vestito così beeeeeeellooooooooo!»
«Would you all just stop screaming!?»
Stavano continuando a sfogarsi l’uno addosso all’altra la frustrazione di quella situazione e l’ansia di non riuscire a vedere davvero una via di fuga, quando il terreno ricominciò a tremare; non per pochi istanti, questa volta, ma costante e pericoloso, i sassolini che rimbalzavano attorno a loro.
«Che sta succedendo!?» gridò Kisshu al di sopra del fracasso di quel terremoto, saltando in avanti per stringere Minto tra le braccia e al tempo stesso cercare di mantenere l’equilibrio.
Shirogane, piegato sopra una singhiozzante Ichigo che si stava nascondendo con la testa tra le gambe, scosse la testa, aprì la bocca per dire qualcosa ma si raggelò quando vide il suolo, a una dozzina di metri da loro, spaccarsi a metà.
Sembrò che scossa e rumore aumentassero contemporaneamente di intensità mentre la faglia continuava ad espandersi in tre direzioni. Anche Kisshu e Minto si accucciarono vicino ai loro amici, era impossibile rimanere in piedi quando tutto continuava a tremare e dividersi attorno a loro. Le foglie dell’albero scuotevano così tanto che alcune cadevano sulle loro teste, e Ryo sperò che il tronco fosse abbastanza robusto e flessibile per non rompersi anch’esso a metà e rovinare su di loro.
All’improvviso, il solco nel terreno, che sembrava aver raggiunto due chilometri di lunghezza e svariati di larghezza, sputò una notevole quantità di gas che si avvolse davanti a loro in alte nuvole; furono colpiti dalle goccioline di vapore acqueo caldo, proprio come quello che li aveva circondati nella caverna. Quando la cortina di fumo cominciò a diradarsi, essi videro cosa stava seguendo: mentre la superficie continuava a tremare, un’altra costruzione stava sorgendo dalla faglia stessa, scura ed imponente, come se la terra stessa la stesse partorendo.
Rimasero a fissarla attoniti, le bocche spalancate e il terrore negli occhi; durò ancora qualche minuto, finché quella struttura non emerse del tutto sollevando con sé altra polvere e vapore. Quando anche il suolo smise di tremare, il silenzio fu assordante.
Loro stettero seduti ancora qualche istante, indecisi e spaventati da un possibile ritorno del terremoto. Ichigo stava stringendo una mano di Minto così forte che se la ballerina avesse potuto farci attenzione, si sarebbe accorta che il sangue non circolava.
«Cosa cazzo…» Kisshu fu il primo a spezzare quel silenzio che fischiava nelle orecchie, sentendo la bocca secca e impastata.
«È… fatta di foglie?» mormorò Minto con voce sottile.
Ryo si alzò cauto, rimanendo acquattato, per poter osservare meglio cosa fosse scaturito dal sottosuolo. Davanti a loro si stagliava un’altissima siepe di foglie scure ma apparentemente ordinate, che si estendeva come un quadrilatero più di quanto lui potesse vedere, con al centro un arco ancora più imponente che aveva tutta l’aria di essere un’entrata su un corridoio così buio da essere assolutamente impenetrabile ai suoi occhi.
Guardò con la coda dell’occhio Kisshu, non osando distogliere lo sguardo da quella costruzione: «Kisshu, tu…?»
L’alieno scosse la testa: «Nemmeno io vedo a più di un palmo di naso.»
Shirogane deglutì, la gola arida e infastidita dalla polvere, scrutando con la fronte aggrottata quella cosa finché non ebbe una specie di lampo in testa: «È un labirinto,» mormorò piano. 
«Cosa?»
«È un labirinto,» ripeté a voce più alta, questa volta girandosi verso i suoi compagni di sventura.
«E che ci fa un labirinto in questo posto?» domandò Kisshu, dovendo schiarirsi la gola quando la voce gli uscì più acuta del solito.
«Potremmo fare la stessa domanda su di noi,» mugugnò Minto, alzandosi e scrollandosi la polvere dal cappottino.
«Forse è la cosa meno strana che sia successa oggi,» borbottò Ryo, tirando su di peso Ichigo.
Lei spiò il labirinto da dietro la schiena del suo fidanzato, come una bambina timida: «Dite che… dovremmo entrare?»
«Ceeeerto, come no,» sibilò Minto con cattiveria, «Come in ogni film horror che si rispetti dove tutti vengono massacrati, il nostro si chiamerà Quattro deficienti capitanati da una cretina si addentrano in un misterioso labirinto spuntato dal nulla in una dimensione vuota
«Sarà spuntato per un motivo, no?» rincarò la rossa, «Siamo tornati al punto di partenza ed eccolo lì! Forse è una risposta!»
«Santi numi, Momomiya, tu e i tuo i motivi…!»
«Abbiamo forse altra soluzione?» Ryo si sfregò sovrappensiero la cicatrice che aveva sul collo, lì dove si era iniettato il siero con i geni del gatto di Iriomote, «Abbiamo esplorato questo posto e abbiamo girato in tondo, non vedo molte altre vie d’uscita. Questa volta devo dare tristemente ragione a Ichigo.»
«E quando mai…» borbottò ancora la mora, incrociando le braccia al petto e arricciando il viso in un broncio.
Kisshu le mise le mani sulle spalle, spingendola appena in avanti: «Seriamente, siamo in ballo…»
Si scambiarono tutti e quattro un’ultima occhiata, poi con un respiro profondo avanzarono lentamente verso l’entrata del labirinto, facendo attenzione a dove mettevano i piedi vista la ragnatela di crepe che avevano decorato il suolo. Un vento freddo e umido sembrava filtrare dall’entrata, che non accennava a diventare meno buia man mano che si avvicinavano.
Ichigo rabbrividì e si strinse le braccia: «È quasi peggio della caverna.»
«Magari ci sono pure i fantasmi.»
Lanciò un’occhiataccia a Minto: «Vipera.»
Si arrestarono sulla soglia, cercando di vedere oltre, inarcando il collo il più possibile per vedere dove finisse l’arcata, ma questa sembrava sparire ora oltre la coltre di nuvole gialline del cielo.
«Quindi? Cosa facciamo?» esclamò Kisshu.
Ryo fece un respiro profondo e strinse la mano della fidanzata: «Let’s dance.»
Si inoltrarono per il lungo corridoio, largo abbastanza perché potessero passare tutti e quattro insieme. Una foschia fredda si raccoglieva intorno alle loro caviglie, e sembrava che le pareti boscose si chiudessero sopra di loro tanto erano alte, il cielo era lontano.
Ichigo rabbrividì ancora e incastrò il braccio libero sotto quello di Minto, tirandola ancora più vicina sia in cerca di calore che di conforto. La mora tentò di rivolgerle un sorrisetto incoraggiante, ma doveva ammettere che l’ultima volta che aveva provato un senso di inquietudine simile, aveva quindici anni di meno e un tubino azzurro.
Dopo un centinaio di metri percorsi in silenzio lungo quel passaggio, la strada si divise in tre direzioni diverse. Si fermarono all’incrocio, indecisi sul da farsi, visto che ogni nuovo sentiero sembrava assolutamente uguale agli altri.
«Il primo che dice di separarci, giuro riceverà un cazzotto,» sibilò Minto, stringendo la presa sulle braccia di Ichigo e Kisshu.
«Non c’è dubbio, se ci perdiamo qua dentro rischiamo di non trovarci più.»
«Sempre un amore, biondino.»
«Continuiamo dritto?» propose Ichigo «Magari arriviamo verso il centro?»
Ryo sembrò pensarci su, mentre sfiorava il terreno con il tallone. La polvere che lo ricopriva sembrava muoversi, fece un po’ di pressione e segnò una specie di X.
«Non si sa mai,» commentò nel vedere che lo stavano osservando curiosi.
Kisshu fece un cenno: «Dritto sia, allora?»
Gli altri annuirono, senza rompere quella strana formazione ripresero a camminare. Se prima (qualunque cosa volesse dire, in quel momento, visto che tutti gli orologi avevano desistito dal funzionare) la temperatura sembrava aumentare a un piacevole clima, più si addentravano nel labirinto più faceva freddo. Ichigo poteva giurare di vedere il respiro condensarsi in piccole nuvolette, e sapeva che ancora un po’ e avrebbe iniziato a battere i denti.
«Quanto sarà grande?» sussurrò Minto dopo un po’, «Abbiamo camminato di meno prima, fuori.»
Kisshu la guardò e scosse la testa, capace solo di lasciarle un bacio in fronte.
Era tutto così silenzio, così inquietante e destabilizzante, che nessuno di loro osava emettere fiato più del dovuto. Quando si trovavano ad un bivio, decidevano con sguardi e cenni della testa, non potendo ammettere nemmeno a loro stessi che ad ogni nuova curva perdevano sempre un po’ di speranza.
Ichigo si stava già maledicendo internamente per quell’ennesimo pasticcio, quando avvertì qualcosa strisciarle sulla schiena, la stessa sensazione che aveva provato dopo essere caduti nel buio dalla grotta, e lo strillo che le scappò riecheggiò tra le pareti.
«Ma sei impazzita?» le soffiò Minto fulminandola con lo sguardo, scuotendosi il braccio che faceva male dopo il salto che Ichigo aveva fatto, scappando via.
«Giuro che qualcosa mi ha toccato!» replicò lei «Come prima!»
«Magari era solo un ragnetto,» commentò Shirogane.
La rossa scosse la testa, mentre faceva un buffo balletto sul posto come per scrollarsi qualcosa di dosso: «No, no, no, era qualcosa. Che scivolava
Minto, nonostante cercasse di mantenere un minimo di razionalità, si spostò davanti a Kisshu così da prevenire che qualsiasi cosa potesse prendere anche lei alla schiena: «Sta per venirmi una crisi di nervi.»
In quello stesso istante, un guizzo dorato sgusciò tra di loro, passando a pochi millimetri dalle gambe di Ryo che fece un nervoso salto all’indietro.
«Ecco!» esclamò concitata Ichigo, «Avete visto, vero?!»
Gli altri mormorarono in assenso, più confusi di prima, poi Kisshu vide quel lampo tornare a tutta birra verso di loro e si spostò appena in tempo, portando Minto con sé.
«Ma porc…!»
«Magari è un patronus
Tre paia di occhi si posarono su Ichigo, che arrossì fino alle radici dei capelli: «… dicevo per dire.»
«Un po’ insistente, questo coso,» Ryo continuava a guardarsi intorno per vedere se sarebbe riapparso una terza volta.
«Non mi piace,» bofonchiò Minto, che se avesse potuto salire in braccio di Kisshu l’avrebbe fatto, «Non mi piace per nulla.»
«Iiiiiichiiiiigooooo,» la voce della mora rimbombò acuta per il labirinto, la sua padrona e la suddetta che sbiancarono contemporaneamente.
«N-non sei simpatica,» bisbigliò la rossa, che era saltata al collo di Ryo.
«Non sono stata io!»
«Miiiiintooooooo!»
Lei si rannicchiò ancora di più contro Kisshu, che la strinse forte nel sentire la propria voce come alzata di tre toni e tinta da qualcosa di ostile.
«No, no, no, è come prima,» Ichigo si lamentò e nascose il viso contro il petto di Shirogane, coprendosi le orecchie con le mani per non dover sentire.
«Rrrrrrryooooo,» gracchiò la sua voce, pungente e rumorosa.
Il lampo di luce dorata riapparve, seguito da altri tre che iniziarono a correre attorno a loro, aggrovigliandosi e aumentando la velocità.
«Kiiiiiisshuuuu!»
«Vaffanculo,» mormorò lui.
I quattro lampi si raccolsero davanti a loro e cominciarono a vorticare velocissimi, come richiamando a sé altri bagliori più piccoli. Un vento deciso di levò dal fondo del labirinto, scuotendo le foglie e i loro vestiti e costringendoli a socchiudere gli occhi mentre non riuscivano a distogliere lo sguardo da quella colonna luminosa che continuava a roteare senza sosta. Poi, questa esplose all’improvviso senza emettere un suono ma abbagliandoli proprio come era successo quando erano caduti in quella strana dimensione.
Quando poterono riaprire gli occhi, sbattendo le palpebre per riabituare la vista e scacciare ogni granello di polvere, si raggelarono.
Al posto del grumo di luci, c’era una donna, seduta su un trono nero sospeso in aria sopra quelle che sembravano nuvole scure. Aveva il viso affilato, la pelle chiarissima e ciglia nere lunghe quasi quanto i capelli corvini liscissimi che fluttuavano appena attorno a lei, una frangetta a sfiorarle gli occhi. Era vestita di un abito nero che sembrava di pizzo e seta e che le arrivava fino ai piedi, cingendole morbidamente la vita e coprendole le mani dalle dita sottili. Dietro di lei, un paio di enormi ali nere riposavano minacciose.
Li guardava, una guancia appoggiata ad un pugno e un accenno di sorriso sulle labbra porpora, che però non prometteva nulla di buono.
Ryo avvertì un brivido lungo la schiena, un senso di déjà-vu che l’aveva colto anche quando aveva visto il labirinto, ma avrebbe voluto stropicciarsi gli occhi e pizzicarsi un braccio per essere sicuro che quello non fosse tutto un incubo. La presa soffocante di Ichigo sul suo braccio, però, era un’ancora sufficiente a quella situazione.
La donna sbuffò, ridacchiando si sporse appena in avanti e parlò con voce calda e sensuale: «Il gatto vi ha mangiato la lingua?»
Ichigo pigolò spaventata e si nascose ancora di più dietro a Ryo, mentre Minto, raccogliendo tutto il suo coraggio e gli anni e anni di galateo, fece un respiro profondo e un passo avanti: «Ci scusi,» mormorò, «Noi non… sappiamo esattamente cosa stia succedendo, né dove siamo.»
«Siete nel mio mondo, Minto Aizawa,» la donna si riappoggiò allo schienale del suo trono ed incrociò le gambe, facendo dondolare appena un piede che era coperto da una scarpa nera lucida col tacco a spillo, intanto che la mora trasaliva nel sentire il suo nome, «Direi che non siete certo qui per una passeggiata.»
«Siamo… finiti qua attraverso una caverna a Gea, e -»
«Sì, sì, sì, lo so come ci si arriva,» la donna sventolò una mano davanti al viso con aria annoiata, guardandosi poi le unghie laccate di nero, «Non che abbiate ricevuto un invito.»
«Ci dispiace,» intervenne anche Ryo, «Non era nostra intenzione disturbare.»
Lei lo scrutò con interesse da capo a piedi, inarcò appena un sopracciglio e piegò un angolo della bocca: «E quali erano le vostre intenzioni, Ryo Shirogane, sentiamo.»
«Qualcosa mi dice che le sa già,» bofonchiò sottovoce Kisshu prima di ricevere una gomitata nello stomaco da Minto.
«Sappiamo della leggenda!» Ichigo, tutto l’impeto improvvisamente recuperato, si lanciò in avanti, «Quella che dice che la caverna può portare al centro di tanti universi!»
La donna la osservò per qualche istante, poi lanciò la testa all’indietro e rise rumorosamente, le ali che si aprirono al contempo: «Ah, ragazzina, non credevo avresti avuto tanto fegato.»
La rossa aggrottò la fronte, confusa e risentita: «I vostri nomi li sa e io sarei ragazzina
«In confronto a me siete tutti ragazzini,» l’aveva sentita nonostante stesse ancora ridendo, si piegò in avanti come per darsi la spinta e con un battito d’ali scese da quel trono fluttuante, volteggiando verso di loro senza toccare per terra in una maniera che ricordava molto gli alieni.
Quando si fece più vicina, poterono notare quanto fosse alta, quasi imponente su di loro, che indietreggiarono appena, spaventati. Anche con i piedi poggiati per terra, e probabilmente senza quei tacchi, era di parecchi centimetri più alta di Shirogane, e la figura longilinea non faceva che aumentarne l’altezza.
«Quindi, Ichigo Momomiya,» domandò con voce bassa, girando intorno a lei e Ryo e sfiorandole una ciocca di capelli rossi, facendola squittire piano, «Cos’è la cosa che più vorresti chiedermi?»
La rossa deglutì, il pollice sinistro che andò a sfiorare l’anello sulla sua mano: «Noi… noi ci dobbiamo sposare e… vorremo sapere se… se anche in altri universi noi…»
Gli occhi viola scuro della donna furono attraversati da un lampo di rabbia, si coprì la bocca con la mano e ridacchiò: «Oh, che sciocca, sciocca ragazzina.»
Ryo prese la manica del cappotto della sua ragazza e la tirò piano indietro, incerto di quella donna misteriosa.
«Lei sa tutti i nostri nomi, ma noi non sappiamo il suo,» esclamò con tono antagonista.
Lei lo guardò, piegò la testa da un lato: «Non si va a casa degli sconosciuti, solitamente, difatti.»
«È stato un incidente,» borbottò Kisshu, e la sconosciuta si voltò di scatto verso di lui, un’espressione illeggibile in volto.
«Oh, no, no, no, Kisshu Ikisatashi,» lo ammonì, «Voi sapevate esattamente cosa volevate.»
Fluttuò ancora tra di loro come se stesse passeggiando, i lunghi capelli neri che ondeggiavano dietro di lei fino quasi a sfiorare il pavimento, in movimenti sinuosi come quelli di una tigre.
«Non vi è dato sapere il mio nome,» esclamò poi con verve teatrale piroettando verso di loro e aprendo le braccia, «Non ne siete sicuramente degni.»
Minto aggrottò le sopracciglia, già scocciata dall’atteggiamento di quella tipa, ma ben consapevole che doveva starsene zitta e buona, temendo che potesse anche leggere nella loro mente o qualcosa del genere, visto quanto la situazione fosse paradossale. E dire che loro ne sapevano qualcosa di situazioni improbabili.
La donna si riaccomodò sul suo trono e ricominciò a controllarsi le unghie: «Allora, vi siete annoiati in questi quindici anni senza Deep Blue e avete deciso di rimettere un po’ di azione nelle vostre vite?»
Rimasero tutti basiti, ancora ingenui riguardo le reali capacità di quel personaggio.
«Come fa a…»
«Oh, per favore, Shirogane,» lei alzò gli occhi al cielo, quasi offesa, «Io so tutto. E intendo, tutto. Certo, a volte è un po’ difficile per la mia povera memoria, ma non perdo certo i colpi. Non sono una comune mortale
«È tipo te all’ennesima potenza,» sussurrò Kisshu all’orecchio della sua ragazza, ricevendo l’ennesima gomitata nello sterno.
«E dire che pensavo aveste imparato a non scherzare col fuoco,» continuò, con aria disinteressata.
Ichigo si fece ancora avanti: «Allora quello che… che noi vorremmo fare è… possibile?»
La sconosciuta la fissò: «Possibile… forse. Semplice… mai.»
«La prego!» esclamò la rossa «Siamo venuti fino a qua!»
«Tu mi preghi?» quando alzò la voce, sembrò che la coltre scura attorno alla donna si intensificasse, «Ah, sciocca! Viaggiare attraverso i mondi non è affatto una cosa facile, né da permettere a chiunque! Cosa credi, che sia come andare in aereo con il tuo prezioso fidanzatino?» schioccò la lingua con boria e fastidio, «Ecco i motivi per cui la vostra razza dovrebbe estinguersi, voi così presuntuosi e poco scaltri.»
«Continuiamo a farla arrabbiare, mi raccomando Ichigo,» disse sarcastica Minto sottovoce, allontanandosi di pochi passi.
Ryo guardò il trono su cui era seduta la donna, osservandone gli intricati decori che rassomigliavano a fiori, il piedistallo dello stesso colore che appariva e spariva tra la nebbia scura.
«Yuuko,» affermò all’improvviso, e lei piegò il viso verso di lei con un sorriso tra il soddisfatto e l’inquisitivo. Lui accennò alla base dello scranno: «È il suo nome, vero, quello inciso lì?»
Lei rise divertita: «Uno. Ah, Shirogane, la ami così tanto da fare anche questo per lei, vero?»
Con un balzo volò fino al ragazzo, portandosi ad un palmo di naso da lui, arrotolandosi una ciocca nero inchiostro sul dito.
«Vuoi realizzare tutti i suoi sogni perché tu sei quello giusto, non è vero?» continuò a ridere nel vedere l’espressione risentita dell’americano, parlava scandendo una parola alla volta «Vuoi che anche lei sia sicura perché tu hai sempre avuto i tuoi dubbi, nonostante tutto questo tempo.»
Ichigo lanciò un’occhiata di soppiatto al suo fidanzato, ma lui continuava a sorreggere lo sguardo della donna, i pugni chiusi stretti lungo i fianchi.
«Questa cosa si può fare o no?» chiese a denti stretti.
Yuuko si incamminò lenta, muovendo i fianchi: «Voi umani sottovalutate molte cose, sapete – sì, anche tu, Ikisatashi, non pensare di essere meglio di loro. Posso leggerti meglio di chiunque altro.»
Una lunga bacchetta nera, di quelle che servivano a reggere una sigaretta, apparve tra le dita della donna con un movimento di polso, poi un fumo sottile ne uscì senza che ce ne fosse effettivamente una.
«Il viaggio tra i mondi comporta tante, tante cose. Non sempre se ne esce, non sempre è bello,» si fermò, la mano libera sul fianco, «E se vedeste solo cose che non vi piacciono?»
Ichigo trasalì, punta sul vivo, ma alzò il mento con fare tenace: «Siamo venuti qui per questo.»
«Mmmm, chissà se sei coraggiosa quanto le tue parole, Momomiya,» la nuvoletta di fumo grigio si infranse contro il viso tondo della rossa, «O hai esaurito il tuo coraggio tanti anni fa?»
«Senta, bellezza, smettiamola con tutte queste domande filosofiche e andiamo al punto: prima possiamo andare a farci un giro tra cugini, prima possiamo cavarci dalle palle, non credi?» sbottò Kisshu, che continuava ad avere i nervi a fior di pelle ogni volta che Yuuko apriva bocca.
Lei lo guardò arricciando il naso, soffermandosi nell’osservare come si poneva davanti a Minto.
«Sei un altro votato al sacrificio, Ikisatashi,» sentenziò, «E sei bravo a rimbalzare dalle situazioni spiacevoli.»
Lui la guardò confuso da quelle parole, aggrottando la fronte esattamente come la sua ragazza, che sentiva lo stomaco stringersi sempre di più.
La donna lanciò i lunghi capelli dietro di sé, e riprese a camminare in un largo circolo intorno a loro: «Come dicevo, il viaggio tra diverse dimensioni comporta tante cose. Potreste vedere di tutto, potreste non vedere niente. Potreste avere più risposte che domande, o viceversa. Alcuni decidono anche di non tornare più,» ridacchiò con felicità, quasi fosse una bambina che contrastava con l’aspetto da adulta sensuale, «Alcuni trovano ciò che cercavano, altri lo perdono per sempre. E voi, che siete sempre così devoti e succubi alle emozioni… i vostri viaggi sono sempre interessanti.»
Si avvicinò ad una parete e la toccò; da essa emerse una rosa rossa dai larghi petali, che raccolse e annusò felice.
«Ah, le vostre prove d’amore! Secoli e secoli di storia, per quanto possano essere piccoli, e cascate sempre tutti lì,» ridacchiò, fece cadere la rosa a terra e questa annerì di un colpo, essiccandosi, «Amore, affetto, passione… potreste trovare tutto questo, e tutt’altro,» fluttuò dietro Kisshu e gli appoggiò una mano sul petto con fare lascivo, ridacchiando dell’espressione scocciata di Minto: «Gelosia, il vostro grande nemico, rabbia, dolore, confusione. Dipende tutto dalla vostra fortuna.»
Si allontanò di scatto, li guardò da sopra la spalla: «Quindi dite che dovrei permettervelo?»
Ryo scosse la testa, aprì i palmi quasi sconsolato: «Abbiamo forse altre vie di uscita?»
«C’è sempre una via d’uscita,» rispose lei misteriosa, «Ma non sempre potete trovarla.»
«Per favore, altrimenti il nostro viaggio sarà stato inutile!» disse Ichigo.
Yuuko piegò di nuovo la testa: «Vuoi sempre tutto, Momomiya, sei sempre stata così. Che fortuna trovare persone che ti sostengano sempre… o forse no.»
«Io non…»
Ma Yuuko sorrise, un sorriso inquietante che le illuminò gli occhi scuri e le distese le labbra, un battito d’ali che sollevò la polvere attorno a loro: «Sarà divertente!»
Poi stese il palmo davanti a sé, e soffiò.
E loro ricominciarono a cadere.
 
 
Videro automobili sfrecciare nel mezzo della notte.
Videro feste, lacrime, sorrisi.
Videro cellulari che squillavano di sorpresa, di nascosto.
Videro vecchie foto, vecchi ricordi, vecchi luoghi.
Videro riflessi diversi, eppure così spaventosamente simili.
Poi, non videro più nulla.
 






§§§

Buonaseraaaa mie dolci fanciullezze! Finalmente anche il Prologo è finito e posso sbizzarrirmiiiii yeeee :D
Spero vi sia piaciuto e vi abbia chiarito un po' le idee. :3 Avete visto chi è tornataaaaaaaa? :D
Per chi non è Matusalemme come me, la cara Yuuko non solo è #copyright delle magnifiche, incredibili Clamp, ma era già spuntata in Maze, una storia di credo dieci anni fa. :3 Sono ripetitiva, lo so, ma io l'adoro! Anche se qua è sicuramente più maligna :3 E, se volete posso anche dirvi che tornerà nell'epilogo!
Ma per quello dovrete aspettare. Ora, ve lo ridico in caso non sia stato chiaro quindi ATTENCION PLIS: tutti i mondi in cui loro vanno sono e saranno pubblicati come singole AU che verranno aggiunte alla serie, così da poterle sia leggere per conto loro, che come un unicum! Quindi stateci dietro!
Nei prossimi giorni magari farò un indice che metterò qua, e posterò qualcosa in pagina FB. In ogni caso, chiedete pure :)

Grazie a chi legge, commenta, preferisce, ecc ecc - ci tengo sempre molto e mi fate sempre felice, lo sapete!
A presto e buon weekend <3

Hypnotic Poison
 
   
 
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Tokyo Mew Mew / Vai alla pagina dell'autore: Hypnotic Poison