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Autore: Himenoshirotsuki    13/10/2017    3 recensioni
Le Jinian, un popolo, una leggenda. Dimenticate dagli umani e anche da tutte le altre razze, questa tribù di quasi solamente donne viaggia da una parte all'altra del mondo. Nascoste agli occhi di ogni mortale, sono le uniche ancora in grado di usare la magia elementale, senza che essa, a lungo andare, le corrompa. Nemeria è solo una delle tante bambine della tribù e non ha niente di speciale. Adora sua sorella Etheram e il suo dolce fratellino Rakhsaan, ama combinare guai e, come tutte le sue compagne, si è sempre esercitata nell'arte della magia e della manipolazione degli elementali che vivono in lei per poter un giorno diventare una Jinian. Ma tutto cambia all'improvviso quando la sua tribù viene attaccata da una banda di briganti, vestiti con un'armatura completamente nera e una maschera bianca a coprir loro il viso. Il destino mette Nemeria davanti a una scelta: diventare un vero guerriero e combattere per sopravvivere oppure vivere all'ombra di ciò che il fato ha scritto per lei.
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Fuoco 2

12

Scuola

"Il fuoco è sempre stato e, ragionevolmente, rimarrà sempre, il più terribile degli elementi."
Harry Houdini

La cena venne servita giusto un'ora dopo. Nemeria aveva ancora gli occhi umidi quando Bahar venne a chiamarla per andare a tavola. Inghiottì un gemito mentre si alzava e passò accanto alla serva, che nonostante l'occhiataccia che le aveva lanciato era rimasta sulla soglia ad aspettarla. Nemeria la superò a capo basso e fu così che si accorse dei sandali appoggiati al muro.
- Il padrone desidera che li indossi. - la informò prontamente Bahar.
“E se non volessi?”
- Hai bisogno di una mano a infilarle? Ridotto come sei non deve essere facile. -
-Faccio da sola. - borbottò stizzita.
La serva sgranò gli occhi per un istante quando finalmente capì che Nemeria non era un ragazzo, ma non commentò.
La bambina sbuffò e si sedette sul pavimento dandole le spalle. Avevano una spessa e pesante suola in cuoio e i lacci erano molti. Con il destro riuscì a destreggiarsi e a legarli attorno alla caviglia e al centro del piede, mentre con il sinistro fece un po' di fatica, il braccio stretto al petto le era d'intralcio. Poi Bahar la prese sotto le ascelle e l'aiutò a rimettersi in piedi.
- Andiamo, o il padrone se la prenderà con me. - la incitò con un colpetto sulla spalla, - Sempre dritta, segui il corridoio. -
Nemeria non voleva incontrare Tyrron, non voleva cenare assieme a lui, ma non aveva scelta: le occhiate di prima erano state sufficienti a farle capire che non avrebbe tollerato alcun capriccio. Tirò su col naso e deglutì un paio di volte, le unghie piantate nei palmi delle mani. Il calore che si irradiava dalla pietra di luna le aveva pervaso il petto e le asserragliava i polmoni in una gabbia infuocata.
Stando al quantitativo di portate che aveva visto, Nemeria rimase stupita quando si accorse che la sala da pranzo era stata apparecchiata solo per due persone. I letti erano stati spostati contro le pareti ed era stato aggiunto un altro tavolo, dove erano stati deposti diversi piatti, tutti ricchi di cibo. Nonostante i tentativi di Nemeria di non volgere lo sguardo in quella direzione, era bastato il profumo della carne speziata a risvegliare il suo appetito.
- Siediti vicino a me. - Tyrron le indicò il posto alla sua sinistra, - È compito di Adel e Imar servire gli ospiti. -
Nemeria si concesse un breve momento d'esitazione. Le sembrava di avere le ossa di piombo tanto le era difficile camminare. Quando arrivò a capo tavola, prima che lo facesse lei, Bahar scattò e le spostò la sedia per permetterle di sedersi.
- Ti faccio assaggiare un po' di tutto. - riprese Tyrron, - Sei un insetto stecco, se vuoi sopravvivere nell'arena devi mettere su un po' di peso. In questo stato, persino un bambino ti stenderebbe. -
“Come se potessi scegliere.”
Due servi fecero il loro ingresso nella sala con altre due portate. In quello più giovane Nemeria riconobbe il ragazzo che le aveva dato le indicazioni per arrivare allo studio privato. Aveva le spalle strette, la vita sottile e le orecchie leggermente appuntite appena nascoste dai riccioli. Le lanciò uno sguardo gentile accompagnato da un sorriso, prima che il suo compagno, un uomo col naso a patata e il labbro sporgente, gli ordinasse con un cenno della testa di sbrigarsi.
Nemeria si sforzava di restare calma. Il collare le sembrava più stretto, sebbene non l'avesse più toccato dopo l'episodio di qualche ora prima, e il calore liberato dalle placche di metallo passava attraverso il cuoio e le arroventava la pelle. Tyrron aveva detto che era oricalco. Il nome non le era nuovo. Frugò nella memoria, ricercando l'informazione nelle conversazioni avute con Etheram o Fakhri, ma non le venne in mente nulla di più di ciò che aveva potuto scoprire da sé: con quel metallo era stata realizzata la fibbia e le placche e, in un modo che ancora non capiva, riusciva a interferire nel suo richiamo degli elementali.
“Perché nessuno ci ha mai messo in guardia?”
La risposta emerse limpida, ancor prima che avesse tempo di arrabbiarsi: nessuno nella tribù, probabilmente, aveva mai pensato che fosse necessario informarle perché non lo sapevano. O forse, come i mortali pensavano che le Jinian fossero solo una leggenda, neanche loro non avevano mai creduto all'esistenza di un metallo con tali proprietà.
- La cena è servita. -
La voce di Tyrron la ridestò dai suoi cupi pensieri. Nemeria osservò la ciotola, appartenente allo stesso servizio di quelle in cui erano state conservate le olive, lo yogurt e diversi pezzi di verdure con vicino una frittata di patate che ancora sfrigolava. Deglutì e osservò di sfuggita come Tyrron mangiava quest'ultima, quindi la spezzettò pure lei e la immerse nella salsa. Il sapore dei cetrioli e delle carote le accarezzò la lingua e le aprì lo stomaco. Non si gettò sul piatto soltanto perché non voleva che Tyrron vedesse quanta fame avesse, da quanto non assaporava una cena vera in una vera casa.
- Hai gradito. - notò lui con un sorriso, mentre Imar portava via i piatti.
Nemeria annuì piano e tornò a fissare il tavolo. Solo allora le saltò all'occhio che, bicchieri e brocca di terracotta a parte, non c'erano posate.
Subito dopo vennero serviti con del riso affiancato da uno spezzatino con ceci speziati. A Nemeria venne l'acquolina in bocca. Lo mangiò con le mani, come faceva Tyrron, aiutandosi con il pane. Anche quando ebbe finito tutto, ripulì il piatto dagli ultimi residui di sugo. Lo avrebbe fatto con la lingua se non ci fosse stata altra gente.
Quando Adel tornò in cucina per riempire la caraffa con l'acqua, Nemeria tirò il fiato. La fame si era placata e adesso le domande affioravano in superficie, tutte ugualmente importanti, tutte che ancora pretendevano una risposta. L'incendio che avvertiva dentro di sé persisteva e crebbe finché le fiamme non avvilupparono l'immagine della Famiglia, di Kimiya e i suoi occhi vitrei. Quel ricordo fu una pioggia sulle fiamme.
- Cos'è successo nell'arena? - trovò la forza di domandare in un sussurro.
Tyrron la fissò come se gli avesse chiesto una cosa ovvia, poi però alzò le sopracciglia e si appoggiò contro lo schienale. Imar gli mise davanti delle alette di pollo con una salsa densa e rossa.
- Mi ero dimenticato che eri svenuta. Beh, non c'è molto da raccontare. Quando sei stata dichiarata vincitrice, i Kalb hanno fatto irruzione e hanno catturato quante più persone potevano, così come avevamo deciso. -
- Quindi tu sapevi cosa stava accadendo? -
- Non solo io. Purtroppo c'è una grande concorrenza nel settore, ognuno di noi lotta per accalappiarsi i gladiatori migliori. In ogni caso, io ho fatto un attimo affare. Tu e la tua amica siete degli ottimi elementi, anche se tu più di lei necessiti di essere allenata. - addentò la pelle del pollo e la strappò assieme alla carne, - Ha quasi steso due Kalb a colpi di pugni quella ragazzetta lì. È stato un acquisto imprevisto, ho sborsato più di quanto pensassi, ma non potevo farmi scappare una Dominatrice dell'aria.-
La testa di Nemeria scattò verso l'alto e lo scrutò con tanto d'occhi. Non stava parlando di Zahra, non l'avrebbe mai difesa, né tanto meno di Kimiya, Il'ya o Dariush.
Davanti alla sua espressione sorpresa, Tyrron piegò le labbra in un mezzo sorriso.
- Stai parlando di Noriko? -
- Sì, proprio lei. Una vera furia. Quando ha liberato l'elementale dell'aria si è scatenato un vero putiferio. Ci sono voluti quattro Kalb per immobilizzarla e due sono usciti dalla cisterna con un occhio nero e una mandibola slogata. - il sorriso si allargò sulle sue labbra fino a trasformarsi in una sonora risata, - Chi se lo aspettava! Due tra le Dominatrici più rare, una più strana dell'altra. Tu con i tuoi occhi e lei con quei capelli rossi, piacerete sicuramente al pubblico. -
Nemeria incassò il capo nelle spalle e si strinse un ginocchio per tenere a bada l'agitazione e il panico. Già se lo immaginava, una folla urlante stipata sugli spalti, inebriata dalla violenza e dal lezzo di sangue. Era una scena molto nitida, i colori così accesi da conferirle l'impressione di una visione. Si morse l'interno della guancia e incontrò di nuovo lo sguardo di Tyrron. Quello di lui non si era mai spostato da lei, ne aveva sentito il freddo sul collo.
- E dopo? Cosa è successo dopo? -
- Nulla di che. I Kalb hanno catturato più persone possibili e chi aveva comprato si è semplicemente limitato a prelevare la merce. - sorseggiò un bicchiere di vino fruttato, - Cosa vuoi sapere per l'esattezza? -
- I Kalb... cosa sono? E che ne è stato della... merce in più? -
Tyrron la fissò come se avesse le fosse spuntata un'altra testa. Nemeria si sforzò di non distogliere lo sguardo, sebbene l'imbarazzo per la sua ignoranza le chiazzasse le guance di rosso.
- Sono la guardia personale del governatore della città e si occupano esclusivamente di andare a stanare quelli come te. - le spiegò con calma e le lanciò un'occhiata penetrante, - Per quanto riguarda gli altri, i non-Dominatori, non so cosa sia successo. Se nessuno ha avanzato un'offerta prima della sortita, è probabile che siano finiti al mercato degli schiavi. -
- E se nessuno li compra? Cosa succede? -
Iman portò a tavola un vassoio con delle palline impilate in una piramide. Erano state spolverate con la farina di cocco ed emanavano un intenso profumo zuccherino e delicato d'acqua di rose. Tyrron ne morse uno e la frolla si sbriciolò tutta in bocca.
- C'è sempre qualcuno che vorrà un uomo per fare la spesa, pulire, cucinare, o per spedirlo di qua e di là a fare le commissioni. - sospirò, si appoggiò allo schienale e intrecciò le dita sulla pancia, - Nella maggior parte dei casi, gli uomini di Kalaspirit delegano qualsiasi impegno ai servi, se non è di primaria importanza. Per questo motivo il commercio degli schiavi va a sempre a gonfie vele. -
Nemeria trattenne il respiro: - Ricordi se tra la folla c'era una ragazza alta così, con i capelli lunghi, molto piccola e magra... -
Tyrron parve rifletterci seriamente. Prese un altro dolcetto e sospinse il vassoio verso di lei.
- No, non mi dice niente. C'era molta gente e una volta prelevate voi me ne sono andato. -
Nemeria abbassò lo sguardo. Improvvisamente i dolcetti avevano perso tutta la loro attrattiva.
- Vai a dormire, ti conviene. Hai bisogno di riposare, così le ferite si rimargineranno presto. - prese il calice e lo inclinò, facendo ondeggiare la superficie del vino, - Se hai bisogno di qualcosa, Bahar sarà subito da te. -
La ragazza in questione si staccò dal muro e le si fece vicino. Aveva le mani dietro la schiena e sorrideva tutta impettita, lo sguardo fiero di chi ha ricevuto il compito più importante della propria vita. Nemeria non comprendeva il suo entusiasmo e, sinceramente, non gliene importava un fico secco in quel momento. Perciò scivolò dalla sedia, fece un rapido inchino e si avviò verso il corridoio.
- Nemeria. - la richiamò l'uomo, un attimo prima che varcasse la porta.
La bambina si bloccò sul posto, ma rifiutò di fronteggiarlo.
- Io ti sto tendendo la mano, e ti suggerisco di fare altrettanto. Rimarrai qui per tutto il tempo che ti serve a riprenderti, ma se il curatore mi riferirà che non ci stai davvero provando, a guarire intendo, sarò io stesso a buttarti nell'arena, chiaro? -
La sua voce era dura, inflessibile, e i suoi occhi le trapassavano la nuca come spilli. Un brivido le corse lungo la spina dorsale e le accapponò la pelle.
- Farò del mio meglio. -
- Era quello che volevo sentirti dire. Ora va'. -
Nonostante il dolore alle gambe, Nemeria quasi corse fino alla sua stanza.
 
Tre settimane passarono in fretta. Ogni giorno il guaritore, un Dominatore dell'acqua giovane, con gli occhi viola e il naso largo a patata, le regalava un sorriso gentile e le domandava come si sentisse. Si chiamava Kamyar e sembrava davvero interessato a sapere se stava migliorando, se le faceva male quando usava il suo potere per rinsaldare le ossa e per rimarginare le ferite. Fu da lui che apprese di aver dormito quasi tre giorni prima di riprendere conoscenza, e che durante quel periodo lui aveva ricongiunto le ossa fissandole con del ghiaccio.
- Avevi il naso e il labbro spaccato. - le disse mentre si occupava del dolore al braccio, - Anche le costole erano messe male. È stato un miracolo che non abbiano trapassato i polmoni, altrimenti saresti morta. -
Nemeria era rimasta in silenzio fino a quando la visita non era terminata. Aveva trascorso il pomeriggio stesa sul letto a guardarsi il palmo della mano, la cicatrice dura, liscia, lucente, di colore rosso acceso. Le sarebbe rimasta per sempre, le aveva detto Kamyar, anche se lui aveva fatto di tutto per guarirla, la pelle era troppo danneggiata per ricostruirla. Nemeria si era limitata ad annuire e a far cadere il discorso.
Non parlava spesso, non ne aveva voglia. Viveva alla giornata, mantenendo per quanto possibile un basso profilo. Si alzava, mangiava, si faceva un giro della casa e poi passeggiava in giardino o si rintanava in biblioteca. Quest'ultima era stata una concessione di Tyrron, che aveva interpretato il suo silenzio come un indizio di noia.
- Ci sono molti libri illustrati, puoi sfogliarne quanti ne vuoi, basta che li rimetti a posto dopo. - le aveva detto e, subito dopo pranzo, l'aveva condotta nella stanza antistante il suo studio.
Era parecchio grande, con gli scaffali carichi di libri. Non erano impolverati, ma quando Nemeria ne aprì uno, un trattato sulla geografia della Jogaila, le pagine crepitarono, staccandosi le une dalle altre. Bahar restò con lei quando Tyrron se ne andò, ma si appisolò su una sedia con la testa appoggiata sul petto. Successe ogni pomeriggio che andarono lì e, nonostante le chiedesse di svegliarla, Nemeria non lo fece mai.
Nella solitudine della biblioteca, avvolta dal silenzio degli antichi volumi, riusciva a ritrovare se stessa e la pace che la notte le negava. Di giorno le bastava guardare il collare riflesso nello specchio perché la rabbia le montasse dentro, per poi infrangersi contro il senso di colpa e la vergogna per averla scampata ancora una volta.
Nonostante fosse una schiava, Tyrron non la trattava male, anzi, se non fosse stato per il collare, non si sarebbe sentita tale. Ma gli altri dov'erano? L'impossibilità di uscire dalla villa per raccogliere informazioni la tormentava e il dubbio le mangiava il cervello come un tarlo, instillando in lei le fantasie peggiori.
Gli incubi non arrivavano tutte le sere, ma le facevano visita abbastanza spesso da farle temere di addormentarsi. Al risveglio non ricordava cosa avesse sognato; nei suoi occhi non era impressa alcuna immagine, ma il dolore e la paura che insanguinavano le sue notti erano impresse nella pelle, in ogni livido e cicatrice in rilievo. In quei momenti, Nemeria avrebbe tanto voluto avere qualcuno al suo fianco. La consistenza morbida del materasso le ricordava che non era più nel deserto o nelle catacombe, che aveva perso un'altra famiglia. Allora si stringeva tra le braccia e si raggomitolava sotto le coperte come poteva.
Per quanto provasse a rievocare i bei ricordi, la paura strisciava nelle sue memorie e le avvelenava, uccidendo qualsiasi gioia, oscurando ogni luce. E, per quanto Nemeria facesse di tutto per non farle morire, sopraggiungeva sempre quella vocina cattiva che le soffiava all'orecchio “Non c'è più nulla che tu possa fare”. Il buio diventava una gabbia soffocante e ogni ombra, anche la più piccola, una minaccia pronta ad attaccarla non appena avesse chiuso di nuovo gli occhi. Ben presto Nemeria si rese conto di essere diventata davvero una schiava, sia dentro che fuori, prigioniera di Tyrron e della paura. E sapeva, con orribile certezza, che un giorno la luce del sole non l'avrebbe più protetta.
 
Il ventiduesimo giorno, Bahar venne a chiamarla prima del solito. Nemeria era già sveglia da un pezzo, non attendeva altro che un motivo per alzarsi.
- Ti ho portato degli abiti puliti. Vestiti in fretta, il padrone ti aspetta per fare colazione. -
Depose la kandys sul letto, era quello il nome della tunica lunga che indossava spesso Tyrron, e le porse gli endromìs. Nemeria prese i sandali e si sedette sul materasso, legando i lacci attorno al polpaccio. Il braccio era quasi del tutto andato a posto, resisteva solo un fastidioso pizzicore quando compiva dei movimenti bruschi. Kamyar aveva insistito perché tenesse la fasciatura ancora per un paio di giorni, anche se Nemeria non ne capiva il motivo: stava bene, a suo modo.
- Vieni. -
Bahar le fece un lieve cenno del capo e le rivolse un sorriso d'incoraggiamento. Era sempre allegra, troppo per i suoi gusti. La sua esuberante gentilezza le ricordava continuamente la Nemeria che era morta nell'arena.
- Qualcosa non va? -
Nemeria sbatté le palpebre e tornò in sé. Le capitava spesso di incantarsi, erano quelli i momenti in cui la paura si rannicchiava e la mente si assopiva.
- Va tutto bene. Ero solo persa nei miei pensieri. -
- L'avevo notato, sembravi un cane che fissa un osso. -
La bambina fece spallucce e si allacciò la cintura poco sotto il seno. Non le stringeva più sulle costole, non come le prime volte che l'aveva indossata. Lo specchio alla parete le rimandò il riflesso delle ginocchia ossute e della pelle tirata sui muscoli delle braccia e sugli zigomi del viso.
- Hai messo su peso, è una buona cosa. Adesso non sembri più un insetto stecco, anche se sei ancora gracilina. - commentò Bahar, - Non dartene pena: il padrone non ha mai lasciato nessuno dei suoi gladiatori a digiuno, non dovrai più patire la fame. -
“Kimiya era ancora più magra.”
A colazione venne servito yogurt e tè alla menta con alcuni piccoli spicchi di mela essicata. Nemeria spalmò un po' di formaggio di capra sul pane, il nan-e barbari, mescolato con qualche goccia di miele. Non aveva molta fame, ma Tyrron la perdeva mai di vista e lei non aveva la forza mentale per affrontare una discussione con lui.
- Preparati, oggi ti porto alla scuola. - disse l'uom facendo un lungo tiro dalla pipa e sputò il fumo dall'angolo della bocca.
Nemeria annuì e si pulì le labbra appiccicose.
- Appena finisci, vai in camera a raccogliere le tue cose. Se ti dimenticherai qualcosa, Bahar o qualcun altro te la porterà, ma cerca di prendere tutto. Nei prossimi giorni ho delle faccende da sbrigare. -
- Va bene, non ho molto da portarmi. -
“Per non dire nulla.”
Tyrron inarcò un sopracciglio, come se avesse intuito i suoi pensieri. Si umettò le labbra, trattenendo il fumo nella guancia sinistra, e la squadrò attento. Aveva le pupille leggermente dilatate e lucide e l'alone dorato che le circondava si era assottigliato fin quasi a sparire in un sottile contorno. Nemeria non sapeva cosa ci fosse nella pipa, ma intuiva dal rilassamento delle spalle a cosa serviva. Abbassò lo sguardo, focalizzandosi sulle foglioline di menta che galleggiavano nel tè.
- Vai, ti aspetto nell'atrio. -
Nemeria tornò in camera e prese la tunica che indossava quando era giunta lì, le calige, la clamide e la fibula per fissarlo. Erano stati regali di Tyrron, oggetti nuovi e senza storia.
“Potrai costruirne una tu.” si disse, ma non aveva il coraggio di crederci davvero.
Sfiorò la pietra di luna e la infilò sotto la tunica. Il contatto con la superficie fredda le procurò un brivido. Etheram era lì, la sua famiglia era lì, di tutto il suo mondo era l'unica cosa che sopravviveva. E Noriko... non sapeva se era pronta a incontrarla: non era come i fantasmi che la tormentavano ogni notte, era viva, reale, schiava. Come le avrebbe spiegato che Kimiya non era più lì con lei? Che non aveva idea di che fine avessero fatto gli altri?
“Madre, dammi la forza.”
Trasse un profondo respiro e uscì dalla stanza. Quando arrivò all'atrio, Tyrron era già lì ad attenderla con Morad, il canuto capo della servitù. Alto quasi quanto il suo padrone, lo seguiva ovunque come un'ombra e sarebbe potuto passare per un vecchio se non fosse stato per le braccia muscolose e le mani come badili. Nemeria lo aveva visto portare un quarto di bue sulle spalle senza alcuno sforzo.
Quando si fu avvicinata, Tyrron la studiò da capo a piedi. Il barbaglio della luce sulla lama di oricalco che portava al fianco le fece venire la pelle d'oca.
- Devo metterti le catene ai piedi o posso fidarmi che non scapperai? -
- Non avrei dove andare. -
Ed era la verità, fuori da lì non c'era niente per lei: la libertà non era altro che una desolante promessa di povertà e miseria.
Due servi aprirono le pesanti doppie porte e il vento le accarezzò le caviglie mentre si avvicinavano. Fuori, la casa aggettava su una strada lastricata che declinava dolcemente, per poi immettersi in un vialone che Nemeria riconobbe subito. Le fanoos erano spente a quell'ora, eppure con i loro mosaici colorati sembravano ancora conservare una fiamma al loro interno. Mentre camminavano nella strada affollata, Nemeria non faceva altro che guardarle, incurante delle persone che le passavano di fianco urtandola e dei monelli che le calpestavano i piedi. Riconobbe anche il venditore di cavalli di quella notte: richiamava i clienti a gran voce, sperticandosi in lodi sugli stalloni che, a sua detta, gli erano stati venduti da niente meno che il Rajeh in persona.
Morad scosse la testa quando tentò di trascinarlo a vedere gli esemplari più da vicino. Non che quell'ometto grassoccio potesse davvero smuoverlo.
- Quel mercante ha la bocca larga. - borbottò seccato tra sé e sé quando si allontanarono, - Quelli sono stalloni tanto quanto io sono kalaspirese. -
Tyrron rise alla battuta.
- Un po' di tempo fa aveva messo in vendita un andalo niente male. -
- Anche quello doveva essere un regalo del Rajeh, no? -
- Poco ma sicuro. -
Mentre i due parlavano, Nemeria continuava a guardare in giro, aumentando l'andatura ogni volta che rischiava di rimanere indietro. Aveva la pressante sensazione di essere osservata, un disagio pungente che le graffiava le spalle e le prudeva la nuca. Cercò tra la folla, ma in mezzo a tutte quelle persone non riusciva a distinguere le ombre.
“È una tua impressione.”
Strinse la pietra di luna attraverso la veste e puntò lo sguardo in avanti, fingendo indifferenza. Dopodiché, alcuni secondi più tardi, si voltò di colpo e con la coda dell'occhio colse il lembo di un mantello sparire in un vicolo. Il cuore le balzò in gola quando la luce del sole rimbalzò sul bianco lucido del profilo di una maschera.
“No...”
La paura scavò un buco nelle sue viscere. Affrettò il passo e affiancò Morad, le dita sempre strette attorno al ciondolo. Se avesse deciso di attaccarli, Morad era l'unico a poterla proteggere. Ma cosa avrebbe potuto un semplice essere umano contro l'uomo che aveva assassinato l'Alta Sacerdotessa?
- Sei pallida, non ti senti bene? -
Tyrron le mise una mano sulla spalla e la fermò. Un urlo di rabbia e paura le andò di traverso.
- N-no... no, sto bene. -
- Sei bianca come un cencio. - la scrutò con i suoi occhi da lince, stringendo appena la presa, - Se hai male da qualche parte, devi dirmelo. Non capiterà nulla a Kamyar, mi aveva avvertito che i dolori non sarebbero passati prima della fine del mese. -
Nemeria deglutì piano. Aveva le labbra secche, le gola riarsa e i palmi sudati. Voleva scrollarsi di dosso quella mano, strapparsi il collare e correre via, nelle catacombe, ma era paralizzata. Il veleno della paura le aveva reso i muscoli di pietra.
- Ho... ho solo paura di rivedere Noriko. - inventò sul momento, sforzandosi di mantenere lo sguardo su Tyrron. - Non vorrei che fosse gelosa perché lei è stata subito portata alla scuola, mentre io sono stata a casa vostra per tutta la convalescenza. -
L'uomo non accennava a lasciarla. La pupilla si era dilatata e Nemeria si trovò ipnotizzata a osservarle. Erano occhi magnetici, quelli, vigili e penetranti, con lo stesso riflesso della luce sugli steli d'erba nelle oasi.
- Ma lei non lo sa e... e potrebbe essere arrabbiata. - aggiunse deglutendo.
Batteva il piede sinistro, incapace di controllarsi. Ai margini del suo campo visivo, la folla si muoveva e le persone passavano loro a fianco ignorandoli, come se non esistessero. Qualcuno, da una parte, berciò che quella era una strada, che se volevano parlare, potevano farlo altrove. Bastò un'occhiata di Tyrron che nessuno osò più aprir bocca. Anche il pericolo taceva, incombendo nascosto nelle ombre immobili delle case.
- È solo questo. - pigolò con voce tremante.
L'uomo la fissò ancora un momento e poi trasse un respiro profondo.
- Se avrai problemi, non esitare a riferirmelo. Non ho intenzione di lasciarti in panchina per altro tempo, ho speso troppo per nutrirti e accudirti senza un introito. - incrociò le braccia sul petto e le fece un gesto della testa, - Cammina, non voglio arrivare in ritardo. -
Non se l'era bevuta, lo sapeva, eppure fu sufficiente che ritraesse la mano perché il cuore di Nemeria si placasse un po'. Annuì, raddrizzò le spalle e si obbligò a tenere il loro passo. Non voleva rimanere indietro, per nessuna ragione al mondo. Tutta quella gente gli era d'intralcio, il predone non le sarebbe potuto saltare addosso neanche volendo, ma bastava la certezza che la stesse seguendo per farla tremare. Lui era lì, in attesa, come la sua seconda ombra.
“Calma, devi stare calma” si disse quando il cuore rischiò di scoppiarle nel petto. Le faceva così male che i dolori alle gambe quasi non li sentiva.
Quando si fermarono, quasi le cedettero le ginocchia e dovette contrarre tutti i muscoli per mantenersi in piedi.
- Siamo arrivati. - la informò Tyrron.
A quelle parole, Nemeria si riscosse. La scuola dei gladiatori, la sua nuova prigione, era davanti a lei, una promessa di salvezza in un mare in tempesta. Oltrepassò l'ingresso in poche falcate, precedendo Tyrron, e soltanto allora poté esalare un sospiro di sollievo.
- Chiudi la bocca, altrimenti ti entrano le mosche e ti strozzi. - scherzò Morad, ma il rumore del portone che si chiudeva alle sue spalle fu l'unica cosa che Nemeria udì davvero.
L'edificio, costruito su due piani, era in laterizio e somigliava a una caserma per la sua architettura austera e, a tratti, severa. Tutte le finestre erano sbarrate e si affacciavano sul giardino circondato da un quadriportico. Le colonne erano state stuccate e, fatta eccezione per quelle centrali di ogni lato, erano dipinte alternativamente di rosso e di giallo. Una coppia di uomini duellava con delle spade corte nell'angolo sinistro, mentre altri due fronteggiavano un manichino di legno con una lancia e un tridente. Le guardie erano vicine alle pareti, sotto il quadriportico, le armi ben in vista.
- La tua amica è di là, seguimi. -
Tyrron le diede una pacca sulla schiena e Nemeria si affrettò in un corridoio laterale, un portico arioso dove il vento giocava a nascondino tra le colonne bianche per poi arrampicarsi sui muri del campo d'allenamento, fino alla cupola fenestrata. Al centro, seduta a gambe incrociate, c'era Noriko, le mani morbidamente appoggiate sulle ginocchia e gli occhi chiusi. Non appena Nemeria mise piede all'interno, sollevò le palpebre e appuntò lo sguardo su di lei.
- Ci stavi aspettando? - esordì Tyrron facendosi avanti.
Morad lo seguiva a un passo.
- Sayuri aveva accennato alla possibilità che oggi sarebbe arrivata una nuova gladiatrice. -
Noriko si alzò, ma rimase immobile senza staccare gli occhi da Nemeria. Ai polsi aveva due bracciali borchiati in oricalco.
- A proposito, dov'è quella donna? - domandò Tyrron.
- Non lo so, si è allontanata qualche minuto fa. -
L'uomo si massaggiò la radice del naso con un'espressione che Nemeria poteva solo definire esasperata.
- Padrone, credo che per quel che riguarda la preparazione fisica basti Reza. - suggerì Morad, - Io nel frattempo vado a cercare Roshanai. -
Tyrron fece un cenno d'assenso col capo, la fronte appoggiata al pugno chiuso.
- Seguimi. - sbuffò.
Nemeria si morse le labbra e abbassò il capo. Non riusciva a guardarla: Noriko era lì per causa sua, aveva perso la libertà per difenderla. Corse dietro Tyrron senza voltarsi indietro.
- Reza! Vieni qui. -
Il combattimento si fermò e il gladiatore si voltò. Era un poco più basso del suo avversario, con i muscoli in rilievo sotto la pelle ebano. I capelli arruffati coprivano la fronte alta e si appiccicavano al collo taurino, mentre gli occhi neri erano sottolineati dalle sopracciglia sottili. Scambiò un paio di battute col suo compagno d'allenamento e poi si diresse verso Tyrron. A parte dei calzoni leggeri e delle calighe, non indossava altro.
- Sì, signore? -
- Lei è il mio nuovo acquisto, una Dominatrice del fuoco. Avrei bisogno del tuo parere per una valutazione fisica. - sospinse Nemeria verso di lui, - Tu sei il Syad più anziano di tutti, mi fido del tuo giudizio. -
Reza prese a girarle intorno, studiandola con aria critica. Nemeria tenne gli occhi bassi finché lui non la costrinse ad alzare il mento: le mani erano ruvide come travertino.
- Magra, molto. - le tastò le braccia, le spalle e le gambe, - Ha le ossa sottili, si romperebbero facilmente con un colpo ben assestato. I muscoli sono poco sviluppati, eccetto quelli dei polpacci e delle cosce. Deve essere abituata a correre, oserei dire che potrebbe combattere o senza armatura o al massimo con un'armatura di cuoio leggera. - le prese le mani e le torse i polsi un paio di volte, prima per fare le stessa con le ginocchia, - Mi sembra che le articolazioni siano abbastanza elastiche per degli scatti fulminei e per disarmare l'avversario con qualche trucchetto. Non ti so dire quanto crescerà, è ancora molto giovane, ma suppongo che anche raggiungendo l'altezza di otto spanne non metterebbe su abbastanza muscoli per combattere contro gli animali a mani nude. -
- Non era mia intenzione gettarla in pasto ai leoni. È una Dominatrice del fuoco, non una semplice ragazzetta. -
Reza annuì e indietreggiò. Dal corridoio alle sue spalle fece il suo ingresso una Ver'ilef . Le tipiche orecchie simili al guscio di un paguro erano adornate con orecchini d'ossa che entravano e uscivano da una parte e dall'altra, donandole un'aria truce che si rifletteva negli occhi rossi e nel portamento minaccioso. Le pelle era squamata sulle nocche, sul collo, sui gomiti e su buona parte della guancia sinistra, macchie rosee che risaltavano ancora di più sull'incarnato altrimenti scuro. Morad la seguiva a poca distanza, un paio di passi indietro.
- Sei stata molto gentile a presentarti, Roshanai. -
La voce di Tyrron trasudava sarcasmo. La donna chinò la testa e il ciuffo le sfiorò la punta del naso.
- Perdonatemi, la mia nuova allieva è molto... ostica. -
Tyrron sollevò entrambe le sopracciglia, sorpreso.
- Mi è stata portata stamane da Tara, un'altra Dominatrice del fuoco come la vostra. -
- Quest'anno il pubblico avrà da divertirsi, allora. - sospirò e fece un cenno a Nemeria, - Reza l'ha già valutata, credi di potermi dire qualcosa di più a riguardo? -
- Farò del mio meglio. -
Non appena Tyrron toccò la fibbia, questa si aprì senza alcuna resistenza. Nemeria si tastò il collo con tutte e dieci le dita senza capire come fosse possibile. Aveva provato a levarselo almeno una decina di volte durante quei venti giorni e non c'era mai riuscita, mentre a lui era bastato sfiorarlo.
“Che razza di magia è mai questa?”
- Ragazzina, guardami. -
La Ver'ilef torreggiava su di lei, squadrandola dall'alto in basso con un'espressione sdegnata dipinta in faccia. Le prese le mani e gliele strinse, incatenando il suo sguardo a quello di Nemeria. Una fitta di dolore si irradiò dal centro della fronte, le avvolse le tempie e gli occhi e si impadronì di tutto il viso, una maschera ardente che le premeva sulla faccia e le stirava la pelle. Nemeria lasciò cadere i vestiti e provò ad allontanarsi, a distogliere lo sguardo, ma la presa di Roshanai la teneva immobilizzata sul posto e il collo non ne voleva sapere di muoversi. Gemette impotente.
“Basta...”
- Non opporre resistenza. -
La maschera divenne una lama che penetrava nella fronte. Qualcosa che i suoi occhi non vedevano stava facendo forza per entrare nella sua testa e Nemeria non sapeva come fermarla, non capiva se Tyrron si aspettava che lo facesse. Strinse le palpebre, contrasse la mascella sibilando tra i denti serrati, ma la lama era appuntita e la sua carne era una barriera debole. Quando sprofondò, il dolore esplose, tingendo la realtà di rosso.
Spingila via.
La voce dell'elementale del fuoco le riempì le orecchie.
“Non so... non so come si fa...”
La lama incontrò una resistenza, rimase incastrata per un istante e la mano che la guidava dovette estrarla appena per affondarla di nuovo, con più forza. Nemeria riversò la testa all'indietro, si dimenò, scalciò, urlò con tutte le sue forze.
Spingila via con me.
L'elementale apparve alle sue spalle, una donna dai fianchi larghi e la pelle rossa solcata da vene di lava. Le strinse le mani e gliele distese davanti al viso. Il calore che emanava era intenso e confortante come l'abbraccio di una madre.
Fallo, Nemeria. Mandala via, spingila.
Prima che la lama la trapassasse, Nemeria tirò su uno scudo di fuoco. Il metallo divenne incandescente, ma continuò a tentare di affondare, senza tuttavia passare oltre.
Più forte.
La bambina si puntò sui piedi e spinse. Le sembrava di star facendo a braccio di ferro con un ariete, ma decise di non arrendersi. Un passo, lento, faticoso, seguito da un altro. La pressione sullo scudo diminuì e la lama arretrò sempre di più.
Via!
La voce dell'elementale si fuse con i suoi pensieri liberandosi in un grido carico di rabbia.
La lama venne spinta fuori e il velo rosso si squarciò. Roshanai volò contro la colonna del quadriportico con una tale violenza da farla incrinare. Rimase per una frazione di secondo sospesa in aria, immobile, prima di scivolare a terra, disegnando una tremula scia di sangue che sgocciolava dal punto d'impatto fino alla sua testa.
Reza corse verso di lei, mentre Morad infilò il corridoio a nord. Le guardie sotto il porticato circondarono Nemeria, le lance alzate, pronte a infilzarla. Lei li fissò a sua volta con il sangue che le colava dal naso e le bagnava le labbra. Se avessero provato a toccarla, li avrebbe bruciati, tutti.
“Ma che sto pensando...?”
- Sì, sei davvero un acquisto interessante. -
Le parve di vedere Tyrron ghignare, al riparo dietro i soldati, prima che uno di essi le saltasse addosso e la immobilizzasse a terra.
 

  
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