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Autore: kyonnyuchan    15/10/2017    1 recensioni
Quanto sacrifichiamo per essere chi siamo?
Le foglie d'autunno lentamente cadono e tutto ciò che abbiamo calpestato lungo il cammino grida: 'a che ti è valso metterci da parte? Sei una briciola più felice? Sei una briciola meno solo?'
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Maya (or, maybe, Māyā)


Qual è l'ora più buia? Di solito, a questa domanda si risponde, forse senza nemmeno pensarci più di tanto, 'Quella prima dell'alba'.

Da un punto di vista metaforico, questo vecchio detto è un messaggio di speranza: 'Dai che ce la puoi fare... Resisti ancora un poco e il sole sorgerà di nuovo anche su di te.'

Peccato che in fondo noi, tutti noi, siamo un po' come i Maya: la serenità che ci può derivare dalla certezza che il sole benedirà di nuovo con i suoi raggi le terre dei mortali, non l'abbiamo fino in fondo. Non possiamo sapere quale sarà l'ora più buia... Perché non conosciamo il momento in cui l'alba giungerà. Potrebbe accadere da qui a un secondo, da qui a un minuto o... Mai.

Mai? Sì, mai. La speranza che il momento della notte più nera sia ormai alle spalle cede il passo alla disperazione, all'ansia che l'istante in cui l'oscurità ci avvolga e ci soffochi definitivamente e inesorabilmente con i suoi ovattati e neri tentacoli è ancora di là da venire, ci attende con un ghigno divertito oltre a ogni porta che apriamo, in agguato ad ogni curva del nostro percorso, in attesa dietro ad ogni parola che ci rivolgeranno.

E allora, come respirare, come evitare di annegare in questo mare di inchiostro?

Massì, facciamo proprio come loro, i Maya: anneghiamo il nero nel rosso: insozziamo la notte con il sangue di mille sacrifici! La forza, la violenza, è, in fondo, il nostro credo, che lo si voglia ammettere oppure no. Ci illudiamo di poter allontanare il buio, esercitando una qualche forma di controllo su ciò che ci circonda. I popoli precolombiani sgozzavano con coltelli di ossidiana, noi moderni uccidiamo il prossimo affossandone la dignità, annullandone l'autostima, azzerandone il valore. Ci teniamo a ricordare con raffinata voluttà quanto l'altro, per noi, non sia nient'altro che un gradino da calpestare sulla nostra scala verso un ipotetico (e infinitamente lontano) successo... E parimenti viviamo nel terrore di essere noi, a nostra volta, i sacrifici umani di qualcun altro.

Teniamo a bada la disperazione attraverso la poetica autosuggestione romantica di essere noi i protagonisti della nostra vita...

Che in qualche modo Dio o qualche altra creatura superiore ci 'debba' di garantire qualche momento di felicità, prima o poi. Ce lo deve, no?

Che in qualche modo, ergendosi sopra pile e pile di teschi, arriveremo a scacciare per sempre la paura che ci assale dopo il tramonto... Che il giorno arrivi di nuovo.

Illusioni.

Sì, perché noi non siamo l'uomo che issa la bandiera sulla cima della collina.

No.

Noi non siamo altro che le ossa schiacciate alle sue pendici.

   
 
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