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Autore: Radratto    15/10/2017    0 recensioni
"E non riesco neanche a sopportare quando la fabula e l'intreccio seguono la stessa linea. È per questo che leggo i libri interrompendoli, sorvolando frasi, paragrafi, interi capitoli; mi piace trovare il mio ordine dove c'è puro caos.
Ed è un più o meno tutto ciò che mi ha fatto avvicinare a te ed ai tuoi vuoti, per poi scoprirmi parte mancante, io che non mi sono mai creduta abbastanza nemmeno per me stessa.
E se sto scrivendo questo è perchè te la devo, una storia scombussolata, questo è ciò che mi è rimasto di te, tutto quello che ho."
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Chloe vive a Milano, ha diciassette anni e il peso di un'infanzia tormentata sulle spalle. Principalmente, nella sua vita, abbozza quadri, decora il suo Buco e legge Kant - in francese, per nessuna ragione specifica.
Per un motivo o per un altro, attraverso diversi incontri turbati ed amicizie schizofreniche, si troverà travolta da un uragano più grande di lei. E c'è un motivo se agli uragani vengon dati nomi di persona
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Mi mordo spesso le unghie. 
Marco dice che è un modo per sfogarmi. Io dico che è un modo per scrostarmi lo smalto vecchio.
In ogni caso, non va bene.
Succede anche che sobbalzo quando la gente entra in una stanza o mi parla.
E Marco pensa che questo sia perchè ho un deficit dell'attenzione. Io penso che sia perchè non li ho sentiti arrivare.
E ancora una volta, in ogni caso non va bene.

Alle volte ascolto musica ad alto volume, altre volte mi graffio la pelle nel sonno, mi capita di vomitare dopo un pasto, trattengo il respiro quando vedo un uccello volare, leggo i libri a spezzoni, mangio un fusillo alla volta, non rispondo ai complimenti, parlo muovendo una solo lato delle labbra.
E Marco ha una teoria riguardo al perchè di tutte queste mie azioni.
Marco pensa di avermi compresa del tutto, di conoscermi, di sapermi. 
Non so dire se abbia ragione o meno: d'altronde, non mi conosco neanch'io. Di certo, però, io non pretendo di farlo, a differenza sua.

Marco dice che non mi fa bene passare i pomeriggi con Stefano. Dice che è sbagliato.
Io non lo capisco.
Abbiamo avuto discussioni che sono durate intere sessioni al riguardo. Mi ha dato 218 motivi per evitarne la compagnia, li ho contati. Non penso che nemmeno uno solo di quelli sia valido.
Diciamo che non è solo la sua avversione nei confronti di Stefano che non comprendo, ma un poco tutto ciò che dice.
Spesso e volentieri fa uso di termini complicati, nomi che non ho mai sentito. La cosa mi fa sentire ignorante, e odio essere all'oscuro di qualche cosa. D'altronde, mi sa che non avrei piacere nel capirlo, Marco intendo, toglierebbe tutto il divertimento e alle sue sedute non ci andrei più.

A proposito di sedute, oggi abbiamo discusso di animali, pesci, mucche, invertebrati.
È stato interessante.
Mi sono divertita a sentirlo blaterare delle anguille e della sua gioventù a Comacchio. Alle volte ho la vaga sensazione che i nostri ruoli si rivoltino completamente. 
In ogni caso, non mi da fastidio.

Quando mi sono preparata per lasciare il palazzo e tornare nel mio Buco, Sandra, che mi è venuta a prendere, mi ha rivolto un'espressione preoccupata.
Le ho chiesto se c'era qualcosa che non andava.
Non mi ha risposto.
Il tragitto è stato silenzioso, e mi ha lasciato un po' di ansia addosso.

Nel mio Buco, c'è ben poco.
Lo chiamo buco per un motivo, infatti.
È composto da un letto, una finestra malinconica e scialba, una tenda che mi separa dagli altri letti e un comodino.
Le pareti incrostate le ho riempite di arte. Sono fiera, infondo, del mio Buco. Mi sono accaparrata decisamente la posizione migliore: a muro, una finestra, termosifone. Sì, non posso certo lamentarmi.
Diventa veramente fastidioso quando gli altri ragazzi mi riscuotono dai miei pensieri per chiedermi di aprire la finestra, ma è un prezzo che sono disposta a pagare, per il mio Buco.
Lo chiamo buco perchè cuccia sarebbe veramente degradante, stanza di certo non è possibile chiamarlo e camera nemmeno, e anche perchè è momentaneo, ho questa immagine nella mia mente di una specie di insurrezione personale, dal Buco a New York.

Ce li ho spesso, dei pensieri guidati da semplice, pura megalomania.
Sarà che non ho avuto molto successo nella mia vita finora. Ma c'è tempo, non fanno altro che dirmi, c'è tempo.
E a me il tempo invece pare proprio non esserci, mi pare di perderlo in ogni istante che passa.
Sarà, poi.
Sarà poi che quei secondi io li passo pensando a quello che avrei potuto essere, e quello che non sono stata. E quando l'ho detto a Marco lui mi ha regalato uno sguardo pieno di pietà, uno di quelli che non si sopportano, di quelli che mi hanno rivolto quando mi sono trasferita e quando sono finita in ospedale la prima volta e quando ho smesso di andare a scuola. Non riesco a sopportarli.

E non riesco neanche a sopportare quando la fabula e l'intreccio seguono la stessa linea. È per questo che leggo i libri interrompendoli, sorvolando frasi, paragrafi, interi capitoli; mi piace trovare il mio ordine dove c'è puro caos.
Ah, cara, vecchia megalomania.
È un poco questo gioco a fare Dio come Jim Carrie ma meno divertente, più dispersivo, se è possibile più blasfemo.
Ed è un più o meno tutto ciò che mi ha fatto avvicinare a te ed ai tuoi vuoti, per poi scoprirmi parte mancante, io che non mi sono mai creduta abbastanza nemmeno per me stessa.
E se sto scrivendo questo è perchè te la devo, una storia scombussolata, questo è ciò che mi è rimasto di te, tutto quello che ho.
 

Sì, è corto. Sì, fa un po' cagare.
Ma è solo un inizio ed eventualmente mi riscatterò.
Ho solo il prossimo capitolo pronto, e il terzo sta diventando un parto, quindi mi scuso in partenza per i miei lenti, lenti,  lentissimi aggiornamenti.
Grazie per aver letto fino a qui :)

   
 
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