Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
Ricorda la storia  |      
Autore: NanaLuna    15/10/2017    1 recensioni
"Quando i suoi superiori gli avevano descritto la sua missione, aveva accettato senza nemmeno pensarci; un impulsivo e atono gli era scivolato dalle labbra, mentre il nugolo nero di elucubrazioni che gli occupava la testa ormai da anni si risvegliava, allungando i suoi grovigli al di là di quell'oceano tanto agognato.
[...] Piangerà finchè non le cadranno gli occhi e le si staccherà il cuore dal petto."
[EreMika] [Canonverse, dopo l'oceano e pre-timeskip] [2175 words]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Eren Jaeger, Mikasa Ackerman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A




Ciò che mi hai dato



Non riusciva nemmeno a trovare la forza per guardarla. Quando lui, Hanji e Levi arrivarono al fuoco attorno cui s'erano radunati tutti per la cena, non erano rimasti che pochi posti. Eren si sedette quasi dall'altro lato del cerchio, lontano da lei, da Armin, dalle chiaccherare allegro e concitato degli altri. Ed evitò il suo sguardo, perchè l'impercettibile sorriso che Mikasa gli aveva rivolto appena l'aveva visto, mentre infreddolita si stringeva fra sciarpa e scialle di lana, gli bruciava in faccia come uno schiaffo.
Quando i suoi superiori gli avevano descritto la sua missione, aveva accettato senza nemmeno pensarci; un impulsivo e atono  gli era scivolato dalle labbra, mentre il nugolo nero di elucubrazioni che gli occupava la testa ormai da anni si risvegliava, allungando i suoi grovigli al di là di quell'oceano tanto agognato. Schiacciato da quella sensazione di impotenza che sempre più spesso lo assaliva, qualcosa in lui aveva deciso che, se finalmente quella era una possibilità, se la sarebbe tenuta stretta. In quell'istante, il pensiero di poter scoprire cosa ci fosse al di là dell'inferno, della disperazione, gli aveva fatto dimenticare quello che già conosceva. 
Lo congedarono e, quando pensavano che ormai fosse troppo lontano per sentirli, Eren sentì Hanji dire "Piangerà finchè non le cadranno gli occhi e le si staccherà il cuore dal petto", e il Caporale mormorare qualcosa in risposta.
Si fermò, le suole come inchiodate al terreno, incapace di fare un altro passo per chissà quanto, mentre un nodo prendeva forma nella sua gola. Gli aghi di pino scricchiolarono al passare dei due soldati. 
"Non ci raggiungi?" 
Eren allora mosse prima una gamba e poi un'altra, meccanicamente, senza aver sentito davvero quello che gli avevano chiesto, la frase della Comandante che gli rimbombava nelle orecchie.
Piangerà finchè non le cadranno gli occhi e le si staccherà il cuore dal petto.
Pensò a lei, che lo amava più di ogni altra cosa, domani più di oggi, e lo aveva sempre fatto; lei che era quasi morta per lui, che soltanto la notte prima aveva stretto nuda fra le sue braccia, accarezzando ogni centimetro di quel corpo pallido come la luna, sfiorando con rispetto le sue cicatrici e baciando quella sullo zigomo, che lui stesso le aveva procurato. Lei che gli dormiva addosso, il capo corvino poggiato contro la sua spalla, serena e intoccabile per qualche ora soltanto. Pensò a tutte le volte che lui l'aveva salvata, e a tutte le volte che era stata lei a salvare lui. Riportò alla mente l'immagine della sciarpa rossa abbandonata ai piedi del loro giaciglio improvvisato, ricordandosi di quella promessa fatta fra le lacrime e a cui aveva mancato, con quel sì. E ancora pensò, con cinque dita d'acciaio attorno al cuore, che no, non la meritava.

"Ti piace molto stare qui." La sua voce gli arrivò insieme con una folata di vento che lo fece tremare da capo a piedi, senza che però sentisse davvero freddo.
La notte era silenziosa, illuminata solamente dalle stelle e dalla luna di latte nel firmamento, che si specchiavano capovolte nel rigagnolo che percorreva il canneto, appena prima di gettarsi nel mare. Le parole della giovane donna risuonarono come tuoni, alle orecchie di Eren, così come i passi di lei alle sue spalle, e il rumore delle canne che si scostavano al passare del vento, aprendole il cammino. Con la coda dell'occhio vide Mikasa accovacciarsi accanto alla roccia grigia su cui era seduto. Guardava lontano, in direzione della luce rossa del loro fuoco, spento in quel momento e sostituito da un'alta colonna di fumo grigiastro, sporco. 
"Non hai freddo?" gli chiese, cominciandosi a slacciarsi lo scialle. "Hai questa maglia da così tanto tempo..." Al contatto con la lana, calda e ruvida sopra la stoffa consumata di quell'indumento che Mikasa stessa aveva rammendato e riadattato innumerevoli volte, Eren trasalì, le dita d'acciaio serrate nel suo petto. E lo stesso fece quando quelle affusolate di lei gli scostarono i capelli dal viso, tenuto basso, rivelando i suoi occhi lucidi. 
"Eren." Stupore e preoccupazione le uscirono con un soffio dalle labbra socchiuse, mentre correva a sfiorargli la guancia, ruvida e cerea sotto la luce bianca. "Cosa è successo?"
Lui si ritrasse. "Quante volte... quante volte ti ho quasi fatta morire? Te, e Armin, e gli altri? E quanti ho ucciso?, perchè li ho uccisi io, sono morti per me, li ho uccisi io." chiuse i pugni fino a far sbiancare le nocche, con le mani che tremavano. Il suo respiro si faceva più aritmico a ogni parola, togliendogli fiato mano a mano che le accuse gettate su se stesso s'accumulavano. "E quando invece ho rovinato tutto facendomi catturare come un fottuto idiota? Quante volte ti ho lasciato così, a pensare se fossi vivo o morto, mentre ti buttavi in prima linea per riportarmi indietro? Per me eri... sei disposta a perdere tutto: la tua stessa vita, la tua libertà, ogni cosa! E in dieci anni non ti ho saputo dare nient'altro che il fiato della Morte sul collo, ogni giorno di questa vita da soldato in cui ti ho trascinata io!" 
E alla fine pianse, nascondendosi dietro la coltre scura dei capelli, per la prima volta in quelli che ormai erano quattro anni; le lacrime tornarono a sgorgare bollenti dai suoi occhi, le budella sembravano torcersi e annodarsi come grossi, viscidi serpenti, e le dita d'acciaio sembravano infine determinate a stritolargli il cuore. Avrebbe voluto gridare più forte, come aveva fatto un tempo, quando era ancora l'ira a spingerlo a vivere e a combattere. Ma era passato troppo tempo, e troppe cose aveva scoperto che l'avevano cambiato senza che lui lo volesse.
Cadde in ginocchio accanto a lei, e alzò finalmente lo sguardo sul suo viso, trovandolo cereo più del suo. Sgomente e affrante, le iridi plumbee di lei lo guardavano, trattenevano il respiro, in attesa che il corpo trovasse il coraggio di andargli incontro, accarezzarlo, stringerlo e cullarlo, senza il timore di romperlo al minimo tocco. 
Eren si morse il labbro, prima di ricordarsi quanto fosse pericoloso, le parole che ormai mancavano, venivano meno, sormontate dai singhiozzi.
"Perchè sei ancora qui? Un giorno morirò, e ti lascerò sola, ti farò anche questo, e quando lo farò forse... mi dispiace, non ho mantenuto la mia promessa, io... Mikasa, io non ho fatto niente per meritarti" 
Tornò a raggomitolarsi su se stesso, col volto contorto e arrossato rivolto alla terra sporca, finchè una mano tremante non si poggiò sulla sua schiena, scossa dai singulti.
"No, no." ripetè Mikasa. "No, Eren, ascoltami, ti prego." Un sorriso amaro le si dipinse a fatica sul viso, solo perchè lui lo vedesse. Il suo pollice andò ad asciugargli le lacrime in bilico sugli occhi, salvandole dal destino delle sorelle cadute come rugiada sull'erba. Si avvicinò strisciando con le ginocchia, fino ad essergli tanto vicina da far mescolare i loro respiri.
"Quella stessa libertà che dici ho rischiato per te, me l'hai data tu stesso, proprio dieci anni fa. Quando mi hai strappata alla Morte, alle fauci di una vita da schiava. Dopo avermi resa libera, mi hai dato una famiglia una, due volte... Un mondo intero, dalle tue mani alle mie. Ed è quello che meriti in realtà. Non me, ma il mondo. E io ti amo così tanto che morire per restituirtelo è una scelta così ovvia..." 
Le si buttò al collo di getto, stringendola forte fino a farla soffocare. Eren versò le lacrime nell'incavo del collo niveo di lei, sporcandole la sciarpa e la camicia ancora immacolata, senza che a nessuno dei due importasse davvero. Avvolto fra le braccia di Mikasa che lo dondolava dolcemente come il bambino ora morto che era stato, continuava a ripetere febbrilmente la mia promessa, mi dispiace... 
"Va tutto bene, va tutto bene." mentiva a entrambi, Mikasa, e lo sapeva, lo sapeva meglio di chiunque altro. Ma strinse i denti, continuando quella nenia che andava a sovrapporsi con quella di lui, inudibile nel pianto.
Passò poco però, prima che il suo orecchio ne catturasse le sillabe. Perse un battito. Ancora aggrappato alle sue maniche, Eren non accennava a rallentare, calmarsi.
“Cosa vuoi dire? Eren, cosa stai dicendo?" osò chiedere, covando timore per la risposta. 
Un gemito più alto degli altri si levò nell'aria e, per un attimo, sembrò stesse per crollarle fra le braccia, distrutto da uno strazio ancor peggiore. Invece, Eren si paralizzò, e Mikasa con lui.
Dovette cavarsi lui stesso le parole di gola, che uscirono incerte e maciullate dalla sua bocca tremula. Glielo disse, infine, e al solo suono di quelle parole vide il viso di lei mutarsi in una smorfia di dolore.
"Dimmi che non l'hai fatto, dimmi che non hai detto di sì." trattenne la voce, o almeno ci provò, mentre sentiva la terra mancarle sotto i piedi. Non c'erano filtri, nessun velo di finta freddezza a coprirla, solo lei che lo guardava dritto in faccia, incredula. 
Eren annuì, colpevole, allontanandosi da lei. Ebbe freddo.
“Per quanto dovrai restare in continente?" domandò Mikasa, deglutendo a fatica.
"Non lo so, Mikasa. Forse riuscirò tornare. O potrei morire men-"
“Ma morirai da solo!" scattò, e gli occhi le si riempirono di lacrime. Non aveva alzato la voce, fino a quel momento, e ora sembrava gridare per tutte le volte che nella sua vita era restata silente. "Non puoi farlo! Non posso! Chi ci sarà con te, Eren? Non voglio, non voglio." All'ultimo la voce le si spezzò, e venne presa dai singulti. Serrò i pugni e singhiozzò solo un'ultima volta, le mani al petto, e due scie lucide cominciarono a scorrere silenziose sulle sue guance. 
"Devo farlo, è una possibilità, forse l'unica!" Eren le andò incontro, passandosi una mano sugli occhi. "Arriveranno, un giorno, e con loro chissà chi."
"Li fermeremo, possiamo farlo. Tu puoi, Armin può." Di nuovo si disse una bugia, per dare una flebile voce alle sue speranze, che quasi sempre ammutiva lei stessa. Affondò le dita nella lana rossa attorno al suo collo, aggrappandocisi.
 "Non potremo fermarli. Lo sai. Mikasa, io lo faccio per te, per me, per tutti!" Prese fiato, sentendo il polmoni in fiamme e a quelle parole, dette ora con una sicurezza, una speranza che le sembrava non sentire più da secoli, Mikasa annuì.
Eren allungò le braccia, cercando di nuovo il calore di lei contro la sua pelle gelida.
"Ti amo, ti amo così tanto." aveva ansimato lei, per tutto quel tempo, e ora che non c'erano più spiegazioni poteva sentirlo meglio. La lasciò piangere sul suo collo, come aveva fatto lei con lui, accarezzandole la schiena e già temendo il momento ancora lontano in cui avrebbe dovuto lasciarla andare per l'ultima volta. 
"Lo so. E ti amo anch'io. Per questo devo farlo. Io... mi dispia-"
"Lo so, lo so. Non ti sto dicendo di non farlo, amore mio.” Le ultime due parole come miele sulla sua voce rauca. Mikasa gli prese delicatamente il volto fra le mani, accarezzandolo lentamente e avvicinando le labbra dischiuse a quelle di lui, pronte ad accoglierla. Eren le sentì, umide e salate sulle sue, tracce e testimoni dell'ennesimo dolore inflitto alla donna che amava.
Entrambi in lacrime si separarono, vedendo l'uno sul volto dell'altra lo stesso, ennesimo sorriso amaro illuminato d'argento.

La notte fu per lui lunga e senza sogni. Il sole ormai alto nel cielo lo svegliò senza alcuna grazia nè premura, attraversando la sottile tela della tenda fino a colpire le sue palpebre. Si mise seduto a fatica, la testa dolente che sembrava battere a ritmo regolare. Guardò il giaciglio vuoto accanto al suo, dove avrebbe dovuto esserci Armin, già in perfetto ordine, segno che il suo amico era ormai in piedi da ore. Ne dedusse che il Caporale avesse dato ordini di non disturbare solo lui. Un gesto di cortesia di cui fu grato, seppur trovandolo inutile.
Uscì carponi dalla tenda, trovandosi stordito in mezzo al via vai laborioso dei suoi compagni, impegnati ai preparativi di quel nuovo giorno, l'ennesimo all'Avanposto. Si guardò intorno, muovendo lo sguardo in cerca di Mikasa. La vide in angolo, mentre allacciava una scure alla cintura. Delle profonde occhiaie violette le cerchiavano gli occhi gonfi e i suoi movimenti erano lenti. Se ne andò via subito, a testa bassa.
Eren si sedette al suo posto attorno al focolare, a quest'ora ridotto a delle braci scoppiettanti. Sasha lo vide e, premurosa, andò a portargli una ciotola dell'avena rimasta dalla colazione, con un cucchiaio di legno. Eren ringraziò e prese a mangiare, ascoltando distrattamente quello che lei e gli altri discutevano. Armin gli si avvicinò per ultimo. Gli mise una mano sulla spalla, senza dire niente, ed entrambi rimasero a fissare le braci.
"Stanotte ho sognato di essere a casa," raccontava Sasha, intenta a spellare un coniglio "sembrava così reale, perchè sentivo anche il vento ululare fra le fronde. Davvero, un autentico inverno a Dauper. Poi mi sono svegliata, nel bel mezzo della notte, e ho capito perchè sentivo il vento. Ha continuato per ore, quasi fino all'alba: sembrava ci fosse un fantasma che piangeva e urlava nel bosco, o nel canneto."







Note dell'autrice:
era un sacco di tempo che non scrivevo qualcosa di "serio", ossia qualcosa che non fosse una family!au comica/commedia. Quindi, due crisi esistenziali e di pianto dopo, e prompt della Tata alla mano, ho speso tre settimane su questa shot. Son lenta. 
Ho cercato di rispettare al meglio anche la "nuova caratterizzazione" di Eren dopo il time-skip (e la depressione che l'ha cambiato così tanto), spero di non aver fatto danni e di non essere andata OOC. Lo stesso con Mikasa: è complesso scrivere di lei, specie in situazioni come questa, e ho cercato in tutti i modi di non rovinarla. A voi lettori l'ardua sentenza!
Ringraziamenti alla già citata Tata per il beta-reading e l'aiuto con la scelta del titolo, lei sa *sigh*.

Stay alive, kiddos
Nana


   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti / Vai alla pagina dell'autore: NanaLuna