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Autore: NanaLuna    15/10/2017    3 recensioni
"Le uniche due ore a notte in cui riesco a dormire, quei bastardi spostano mobili come se avessero il fottuto Ikea nel cesso che, coincidenza, sta proprio sopra la mia stanza. Non sanno fare la differenziata, cosa che invece sarebbe loro molto utile per potersi gettare nel bidone dell'umido e sparire dalla mia vista. Sembrano essere troppo stupidi per comprendere l'uso di semplici utensili in legno come il mocio per i pavimenti, figurando quindi come la prima specie di australopiteco incapace di lavare le scale secondo i turni prestabiliti"
[Modern!Au] [Rivetra] [Levi che, essendo il solito Levi, parla con la stessa eleganza e raffinatezza di un scaricatore di porto alla Scala] [2026 words]
Genere: Comico, Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Erwin Smith, Levi Ackerman, Petra Ral
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il Sonno ed il Furto





 

Levi, quella sera era nero. E per nero s’intendeva più nero del solito, tanto che Sasha e Connie avevano trovato opportuno citare il loro film Disney preferito: “Senti il suo nero potere?”, aveva commentato la prima, quando l’aveva visto entrare nel locale. “Oh, nero forte” era stata la risposta. Ed il motivo era solo uno: i nuovi vicini di Levi e dei suoi coinquilini.

Infatti, appena il Piccolo Caporale varcò la soglia del bar, accompagnato dalla cara Petra – che invece portava sul viso una strana espressione mista di esasperazione e apprensione, che molto spesso si trovava ad indossare esclusivamente per il suo amato Levi –, l’atmosfera nel locale si fece tesa e, Connie avrebbe continuato a giurarlo per tutta la sua vita, le lampade sul loro tavolo e su quello accanto presero a spegnersi e ad accendersi a intermittenza, sempre più veloce mano a mano che la coppia si avvicinava. Questo scatenò un sospiro preoccupato seduto all’altro tavolino quadrato.

“Professor Smith?” fece Sasha, rivolgendosi a colui che, oltre ad essere l’avvocato d’ufficio di Levi dai tempi della primissima denuncia – fu l’inizio di una grande amicizia –, era stato anche loro professore di diritto. Si era guadagnato l’eterno affetto e la gratitudine dei due alunni svolgendo per loro anche il suo primo lavoro, e salvandoli da qualsiasi ripercussione o conseguenza delle loro peggiori beghe scolastiche. Tanto lo adoravano che, intravedendolo dalla vetrata del bar, si erano fiondati a salutarlo, ritrovandosi senza volerlo in mezzo all’ennesima chiamata in tribunale per l’Ackerman Vecchio.

“Non so nemmeno se ho voglia di non farlo andare in carcere, questa volta” rispose lui, appena in tempo perché il suo cliente e la sua fidanzata storica non lo sentissero, mentre prendevano posto nelle due sedie di fronte. Il riguardoso “buonasera” della voce gentile di Petra fu seguito a ruota dal borbottare poco umano – decisamente più attribuibile al mondo dell’anticristo – di Levi, da cui però orecchie ben allenate potevano distinguere le ultime vocali di un saluto.

“Come mai anche loro qui?” furono le prime parole effettive pronunciate dal Caporale, rivolgendo un cenno del capo a Connie e Sasha.

“Siamo entrati a salutare il Prof” spiegò il ragazzo, giocherellando con una bustina di zucchero.

Sasha annuì. “Giusto. Oh, e non preoccuparti, il Prof usava sempre i tuoi casi come esempi estremi durante le sue lezioni: non ti giudicheremo”, continuò, anticipando le parole di Erwin e scatenando altri versi scocciati di Levi.

“Su, su.” Petra, ridacchiando, gli accarezzò il capo con fare comprensivo. “Anche questo mese dobbiamo assolutamente evitare di farti finire in prigione. È importante, ricordi?”

“Sì.”

“Quindi possiamo sapere cosa è successo stavolta?” chiese Sasha, fremente di curiosità, rosicchiandosi l’unghia dell’indice.

“Mia cugina non vi ha ancora detto nulla?”

Lei e Connie fecero segno di no con la testa.

“Mikasa alla fin fine sa essere leale con chi le nascondeva l’erba quando era ragazzina.”

Mentre loro due ridevano e Petra ed Erwin si dilettavano entrambi in uno sguardo diverso, ma in entrambi i casi veramente da raccomandare, da rivolgergli, Levi si schiarì la voce e, tagliando corto il suo avvocato, rivelò finalmente vittime e movente del reato.

“I nostri nuovi vicini sono delle fottute merde parassite infedeli.”

Proprio in quel momento calò il silenzio nella sala, e le sue parole riecheggiarono fra quelle quattro mura ed oltre. Dal retro si sentì il barista urlare:

“Buongiorno Contessa, aspettavamo solo lei per il tè delle cinque!”

“Si fotta!” replicò il Caporale. “E voi che avete da ridere, mocciosi?”

“Niente, niente.”

“Assolutamente nulla” provarono a camuffarsi Sasha e Connie, traditi da grugniti e colpi di tosse che non riuscivano a nascondere le ennesime risate.

Gli altri due, abituati, non si scomposero. Anzi, Erwin si sentì gonfiare il petto di orgoglio quasi paterno: Levi era stato comunque più educato e meno scurrile di quando lo aveva telefonato per riferirgli i vari fattacci e, infine, il colpo grosso.

“Quindi, dicevamo, prima che qualche stitico decidesse d’interromperci, che i nostri nuovi vicini sono la definizione di stronzo sul dizionario”

E, raccolto davanti ai loro caffè come giovani scout che si raccontano storie dell’orrore attorno a un falò, quel piccolo, inusuale gruppo rimase in silenzio ad ascoltarlo denunciare tutte le loro malefatte. Anche chi era già a conoscenza di tutto – Petra, coprotagonista assieme a lui e i loro coinquilini – o aveva ricevuto spoiler – Erwin – non si perdeva una sillaba del sintetico ma carico d’astio racconto del Tyrion Lannister povero.

“Ho capito di che razza erano dal giorno in cui, lavando il pavimento del balcone, ho visto il furgone nella strada sotto casa occupare tre parcheggi. E mezzo. E tutti che mi dicevano: ma no, Levi, vecchio visionario, stai esagerando, su. Non li hai nemmeno visti in faccia, prenditi un bel tè, rilassati e non ci pensare più, nulla sarà mai peggio dei sordomuti con due bambini piccoli che piangono, amanti degli zoccoli olandesi. Ma no, no, io me lo sentivo, cazzo.” E qua finiva l’unica parte, effettivamente non sintetica, del racconto. Il resto altro non era che una o più sfilze d’insulti intervallata dai vari “reati” dei vicini, e poi ancora insulti. Addirittura Petra s’era intromessa come seconda narratrice, liberando la parte di sé più colorita e stronza, quella che da quando conosceva Levi era cresciuta in maniera esponenziale e, da minuscolo semino di cattiveria, era sbocciata in un altissimo girasole.

Soltanto quando vide gli occhi di Sasha e Connie in bilico sul bordo delle orbite capì di aver esagerato a chiamare il vicino insulso pirla microdotato che sfoga la sua frustrazione esistenziale su chi a differenza sua ha sia un cazzo che dei neuroni.

“Porca puttana, mi dispiace, ragazzi.” E, ancora stringendo i pugni, tornò ad appoggiarsi allo schienale della sedia.

“Levi, ancora una volta mi trovo a dirti che non avevi alcuna ragione di fare quello che hai fatto. Di grazia, queste sono solo incomprensioni tra vicini di pianerottolo.” disse Erwin , fissandolo con disapprovazione e appoggiando la tazzina vuota sul piattino.

“… Erwin, forse dovresti farmi finire la lista.” replicò Levi, a testa bassa, quasi come un toro alla carica.

“Levi—“

“No.”

Al no, Petra cominciò a ridacchiare, attirando su di sé gli sguardi confusi di tutti. Era come se sapesse qualcos’altro, un altro pezzo del racconto di cui loro non erano ancora a conoscenza. Levi la guardò e, senza che gli occhi perdessero quella loro espressione da boia, le regalò un sorriso. Un’infinitesimale frazione di secondo, prima della conclusione.

“Le uniche due ore a notte in cui riesco a dormire, quei bastardi spostano mobili come se avessero il fottuto IKEA nel cesso che, coincidenza, sta proprio sopra la mia stanza. Non sanno fare la differenziata, cosa che invece sarebbe loro molto utile per potersi gettare nel bidone dell’umido e sparire dalla mia vista. Sembrano essere troppo stupidi per comprendere l’uso di semplici utensili in legno come il mocio per i pavimenti, figurando quindi come la prima specie di australopiteco incapace di lavare le scale rispettando i turni prestabiliti—“

“Queste cose ce le hai già dette—“ 

“Un attimo, Erwin” Sasha e Connie non ridevano più, ormai, capaci solo di pensare a come la semplice riconoscenza verso il loro prof li avesse portati a prendere il caffè più emotivamente coinvolgente della loro vita. Levi era sempre incazzato, vero – la sindrome di Napoleone era ciò che gli valeva il suo soprannome, del resto – ma così incazzato? Mai. Forse, forse, soltanto una o al massimo due altre volte, ma non ne erano sicuri.

“Sulle scale. Hanno. Osato. Parlar male. Urlare. E fischiare. A mia madre.”

Se prima erano solo muti, ora i due ragazzi erano paralizzati. Ed Erwin cominciò a capire il punto di vista di Levi. Tutti conoscevano la Signora Kuchelle, una donna non più giovanissima d’età, ma ancora molto bella e che come il figlio portava bene i suoi anni, ormai cinquantuno. Non era purtroppo difficile credere che la poveretta si fosse trovata vittima di un classico episodio di catcalling.

Levi, oltretutto, teneva la madre sul cuore anche più di quanto ci si aspetterebbe normalmente da un figlio. Chiunque si fosse mai permesso di dire qualsiasi cosa di negativo nei riguardi della donna – che si trattasse della sua gravidanza adolescenziale o dei diversi, pesantissimi sacrifici fatti per crescere lui prima, e la piccola Mikasa poi – aveva a malapena il tempo di processare la gravità del suo gesto prima di trovarsi addosso Levi e, nel peggiore dei casi, i suoi calci.

“Ho accompagnato io Kuchelle fino alla fermata del bus e, dopo averla vista salire, sono tornata a casa per andare con Levi nell’appartamento di questi infami.” proseguì per lui Petra. “E per miracolo siamo riusciti ad andare senza che tu ti portassi il coltellino in tasca, giusto caro?”

“Giusto. Tu ed Erd siete le mie fatine buone del cazzo.”

Vedendo che gli altri tre ancora stavano zitti, Levi chiese loro: “Sapete cosa è successo quando sono entrato lì?”

“… cosa è successo?” domandò, stranamente paziente, Erwin che, conoscendolo, immaginava una rissa come quelle in cui si cacciava quando l’aveva appena conosciuto.

“Ci siamo seduti per parlare e vedere se avevo fatto bene o meno a non portare un’arma. E quello che mette la carta nell’alluminio, che però era l’unico che non era sulle scale con gli altri, si è scusato da parte di quei due sgorbi e ha provato a farglielo fare da soli. Quindi ci offre qualcosa da bere. Io accetto e, ovviamente, esprimo la mia preferenza verso il tè. Se fischiare a mia madre è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, questo è stato un cazzo di allagamento. Lo sai come fanno il tè, quegli stronzi?»

Petra tornò a ridacchiare, questa volta con meno vergogna, mentre Levi si preparava a rispondere ai dubbi di Erwin, Sasha, Connie e il barista che lavava i bicchieri poco distante da loro.

“Col microonde.”

Si sentì il barista tossire.

“Capisco ma non condivido le tue posizioni da estremista—“ cominciò Sasha, senza nemmeno sapere davvero cosa dire.

“Tu stai andando in tribunale perché i tuoi vicini ti hanno fatto il tè col microonde?” sbottò Connie, incredulo, prima di passare la parola ad Erwin. Il pover’uomo si massaggiava una tempia, in crisi per la denuncia più assurda che il suo protetto aveva ricevuto in tutti quegli anni.

“Tu hai rigato un’auto, urinato in un portaombrelli e incendiato uno zerbino per questo?!”

“Non solo. Petra, fagli vedere cosa ti ho regalato l’altro ieri.” disse Levi, fiero e soddisfatto del suo gesto. E lei, gaia e ridente, con un gesto aggraziato della mano sinistra mostrò loro il semplice, delicato anellino d’oro giallo con un piccolo diamante che portava all’anulare.

“I soldi che mi mancavano arrivano dal microonde di quei miscredenti.”

 

Bonus:

Uscirono dal tribunale a testa bassa, Levi, Erd, Gunther e Auruo, i suoi prodi amici e coinquilini che l’avevano aiutato in quel furto alla Robin Hood. Cosa cazzo ci fa la gente con un microonde da novecento euro? Il loro era mezzo rotto, ne era costato ottanta ed era già tanto che riscaldasse lo strato esterno del cibo.

Insieme a loro camminavano la futura sposa, la signora Kuchelle e anche Erwin, d’umore nero esattamente come tutti gli altri. Quel microonde, assieme a portaombrelli, sportello dell’auto e zerbino, alla fine, avrebbe dovuto ripagarli. Certo, Levi era libero – per ora –, ma con molti meno soldi. E data la povertà sua e di quello che ormai chiamavano tutti “il coinquiliname”, forse sarebbe stato meglio che fosse finito in carcere e sua madre e Petra si fossero dedicare a spendere l’equivalente di un decimo del microonde in lime ed ingredienti per torte, come vuole lo stereotipo.

Avvocato e cliente si ritrovarono qualche passo più indietro rispetto agli altri, abbastanza lontano perché soltanto Erwin potesse sentire i sussurri del nano malefico.

“Ho comunque avuto la mia vendetta.”

“… Levi. “ Ti prego, siamo appena usciti dall’aula, non voglio tornarci così presto.

“Ho bucato una gomma a quegli eretici rivoltanti.”

“Levi!”

“Tranquillo, non una di quelle già montate.” Un sorriso, non un ghigno, un vero e proprio sorriso, come quelli che rivolgeva alla donna che amava, increspò le sue labbra. “Son riuscito ad aprire il cofano e ficcare il coltellino in quella di scorta. Così sarà una vendetta lenta… ed efficace.”







Note dell'autrice:
Cominciamo coi ringraziamenti: a Tata, per avermi dato l'incipit e quindi il prompt. A Tata, per aver betato. E a Tata, per aver sostenuto questa cagata.
Ho cavato sta merdina in una sera, dopo aver trascurato la scrittura per un mese, in favore del disegno (fuck me). Cercherò di essere più equilibrata, da ora in poi! :V *Famous Last Words*Enniente, mi è sempre piaciuta molto l'immagine della Squadra Levi, in Modern!Au, come coinquilini un po' in stile CDM (Coinquilini Di Merda, yup): poveri, criminali, ma altamente ingegnosi. Dei miserabili, insomma.In ultimo, titolo gentilmente offerto dalla canzone "Il Sonno ed il Furto (Storia di un Coinquilino)" dei Pinguini Tattici Nucleari: una band indie italiana e una delle mie preferite in assoluto. Consiglio a tutti di ascoltarli, sono fantavolosi~
Stay alive, kiddos!
Nana
   
 
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