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Autore: mughetto nella neve    15/10/2017    1 recensioni
"[...]Si sentono spari in lontananza. Gli viene ordinato di continuare ad avanzare, di correre più veloce. Il fango entra nelle sue scarpe, gli macchia i vestiti e rende i suoi movimenti ancora più goffi e difficili. Il rumore della mitragliatrice risuona nel suo orecchio. Le urla si fanno più stridule, disperate – non sembrano nemmeno un qualcosa di umano, ma sirene d’allarme.[...]"
[ GerIta | riferimenti a WWI ]
Genere: Guerra, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Autore: mughetto nella neve
Fandom: Axis Power Hetalia
Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas; [citati] Sud Italia/Romano Vargas
Coppia: Germania/Italia
Generi: Guerra, Malinconico, Sentimentale
Avvertimenti: missing-moment
Note: Per la stesura di questa one-shot è da ritenersi responsabile il corso di storia contemporanea che sto seguendo al momento. Si ringrazia Giulia che, da sempre, mi spinge a scrivere ed è un po’ la Germania della mia vita.

 

 

 

 

Nel suo sogno sta correndo su un terreno fangoso.

Qualcuno, alle sue spalle, urla. Si guarda attorno, confuso. Non c’è nessuno. Attorno a lui, ciò che resta di una città devastata.

Si sentono spari in lontananza. Gli viene ordinato di continuare ad avanzare, di correre più veloce. Il fango entra nelle sue scarpe, gli macchia i vestiti e rende i suoi movimenti ancora più goffi e difficili. Il rumore della mitragliatrice risuona nel suo orecchio. Le urla si fanno più stridule, disperate – non sembrano nemmeno un qualcosa di umano, ma sirene d’allarme.

Cerca di mantenere lo sguardo fisso davanti a sé e di non badarci. Il fiato è sempre più corto ed i polmoni si fanno di piombo che lo rendono sempre più pesante. Sprofonda nella terra. Le tasche della giacca si riempiono di fango e lo tirano ancora più giù.

Intorno a lui, la gente grida: si chiama Dio, la propria madre, aiuto – sempre con più forza e pena.

Non ci sono uomini, però. La paura prende le sue gambe. Comincia a guardarsi attorno sempre con più paura. Il cielo è dello stesso colore della terra, forse addirittura più scuro.

Ansima e si dimena.

Cerca vanamente di liberarsi dal fango.

Apre la bocca e chiama aiuto: dalla sua bocca non esce un suono. Non un gemito, non una parola.

Si agita ancora più velocemente. Ancora grida, ancora ordini. La mitragliatrice continua ad andare: il rumore dei colpi entra fin dentro la sua testa, si sincronizza con lo stesso pulsare del cuore. Apre la bocca, ancora. Cerca aiuto, protende la propria mano verso il cielo; ma nessuno la afferra.

Il fango lo risucchia dentro di sé.

 

Germania spalanca gli occhi.

Si tira velocemente a sedere e si tocca il petto, cercando di rimuovere il fango immaginario che ancora sente sulla propria pelle. Non mette a fuoco l’ambiente che lo circonda: non vede la propria stanza, la finestra sulla destra, il proprio letto.

Gli manca il fiato. I suoi polmoni prendono e lasciano l’aria con una velocità sempre più veloce e disperata. Balbetta parole prive di senso e continua a toccare il proprio corpo, in cerca di ipotetiche ferite.

Qualcosa di caldo circonda le sue spalle e lo stringe in un dolce abbraccio. Germania si scopre un pezzo di ghiaccio, rigido e freddo – che fatica a liberarsi da quel corpo sconosciuto che gli si è approcciato con fare premuroso.

Italia gli accarezza con delicatezza la guancia. Lo chiama con voce tremante, ancora impastata dal sonno. Il suo corpo è caldo ed accogliente – sebbene sia nudo. Germania si sente quasi cullato da quella voce, ascolta il respiro dell’altro e finalmente l’ambiente che lo circonda si fa chiaro.

È nel suo appartamento.

È a Berlino.

È notte.

C’è Italia accanto a lui.

« Era un sogno » lo sente dire. La mano dell’altro passa sul suo viso, accarezza i suoi zigomi marcati con gentilezza e scende fino al mento. È un tocco leggero, affettuoso. « Solo un brutto sogno »

Si gira lentamente a guardarlo – osserva il suo viso arrossato ed i suoi capelli disordinati – e questi gli rivolge un sorriso leggero, ancora preda della preoccupazione. Si scosta con improvviso imbarazzo, sistemandosi la coperta che ha precedentemente allontanato sulle gambe. L’altro lo lascia fare – sebbene la sua espressione si faccia vagamente più triste.

« Vuoi che ti prepari qualcosa? » lo sente chiedere, mentre gli si accosta di fianco. Il tono che gli rivolge è dolce, quasi lo volesse rassicurare ulteriormente. Lo vede vacillare quando scuote il capo.

« Non credo che il cibo possa–»

Italia stringe il suo braccio destro e si china su di lui, baciando la sua spalla: « Faccio qualcosa di leggero »

 

Una volta Italia gli ha detto che gli piace credere che il cibo sia la soluzione ad ogni problema. Ha difficoltà a contestualizzare simile affermazione – la sua mente è ancora intontita dall’incubo fatto – ma non fatica a darla per vera. Italia ha uno strano rapporto col cibo, così lontano e diverso dal suo da fargli spesso paura. Forse solo Francia, in Europa, affronta la cucina con così tanta serietà.

Entra in cucina e lo osserva ai fornelli. Passa il cucchiaio in legno nella pentola ed il suo sguardo è talmente assorto nell’osservazione dell’acqua da non far caso a lui. Germania sente la propria gola secca, osserva il tavolo già apparecchiato e lentamente va a sedersi.

In cucina regna il silenzio. Si sente solo il fornello che continua a scaldare la pentola.

Germania si guarda attorno. Non sa bene che ore siano; ma, a giudicare dal buio oltre la finestra, è probabile che sia ancora notte fonda. L’ambiente è – ovviamente – familiare, ma una spiacevole sensazione di disorientamento: la paura e la confusione che ha segnato il suo animo durante il sonno fatica a lasciarlo andare. Sente i suoi polmoni stanchi e gli occhi pesanti. Le sue mani tremano un poco, tanto che le porta velocemente sulle ginocchia.

« Anche Romano fa spesso dei brutti sogni »

La voce di Italia gli arriva lontana. Germania alza lo sguardo dal tavolo ed osserva l’uomo che sta in piedi, accanto al tavolo. Si è vestito in fretta: ha la maglietta al contrario e i capelli ancora in disordine. Lo vede passarci una mano distrattamente, tirando indietro le ciocche più dispettose.

« A volte me li racconta, altre volte vuole stare semplicemente un po’ da solo » continua con tono vago. Probabilmente non vuole scendere nei dettagli per non mettere in imbarazzo il fratello. Germania, di suo, non desidera sapere cosa infesti i sogni del più grande dei fratelli Italia e si limita ad osservare il tavolo davanti a sé. « Ti capisco se non me ne vuoi parlare »

Italia si gira, di nuovo, verso i fornelli e afferra con due presine la pentola. Germania osserva i suoi movimenti lenti: guarda la sua schiena magra, le sue braccia esili e poi il naso si riempie lentamente del profumo di pasta. Italia si volta verso di lui e gli rivolge un sorriso.

Arrossisce un poco e torna a guardare i piatti vuoti davanti a sé, sul tavolo in legno.

« Non c’è niente da raccontare » si limita a mormorare con tono quanto più serio e credibile. La sua gola è secca, le parole fanno fatica ad abbandonare la sua lingua. L’altro, però, non glielo fa notare e si avvicina a lui solo per prendere il piatto.

Si domanda se gli faccia pena. Italia è tipo da provare simpatia anche per le cose più pietose ed un uomo spaventato dai suoi stessi sogni certamente rientra in simile categoria.

La pasta è calda, sporcata di pomodoro e parmigiano. Il sugo deve essere quello della cena – Italia aveva detto che era avanzato e che glielo lasciava nel frigo, così da usarlo in caso gli mancasse. Germania osserva il viso rilassato dell’altra nazione: guarda la sua pelle rosata e le sue labbra piccole.

Prende in mano la forchetta e comincia lentamente a mangiare.

È buona.

Comincia lentamente a masticare, mentre sente l’altra sedia tirarsi indietro. Italia si siede al suo fianco e lo osserva con espressione serena. Probabilmente il fatto che stia mangiando con così tanto gusto lo intenerisce. Germania guarda infatti il suo viso e questi allarga ancora di più il suo sorriso, passando poi il pollice sulla sua guancia – a voler pulire un poco di sugo rimasto all’angolo della bocca.

« Hai parlato di Romano prima … tu, invece? Cosa fai quando hai gli incubi? » chiede, tra un boccone e l’altro.

Forse Germania dovrebbe mangiare e basta. Non è bravo a fare conversazione, soprattutto da appena svegliato. Italia, poi, nonostante tutto, ha la faccia di chi tornerebbe volentieri a dormire.

Lo vede raddrizzare la propria schiena e farla aderire contro la sedia.

« Vengo da te » risponde semplicemente. Sul suo viso, si dipinge un sorriso soddisfatto. Non se ne vergogna.

Ha senso: Italia non proverebbe mai imbarazzo per una cosa simile. È perfettamente consapevole di ciò che è. Conosce le sue debolezze e le mostra senza difficoltà. In questo è molto diverso da Germania: lui non potrebbe mai abbassare in questo modo le sue difese, non potrebbe mai chiedere aiuto in quella maniera.

Questo Italia, probabilmente, lo sa già.

Ha preferito non dirglielo perché lo conosce e, col tempo, ha cominciato a ritenerlo un tenero timido. Una simile descrizione dovrebbe irritarlo – come minimo – ed invece, in qualche modo, lo spinge a rilassarsi. Italia non sembra malgiudicarlo per le sue debolezze: tuttalpiù propone soluzioni originali per risolvere i suoi problemi.

Come preparargli della pasta in piena notte.

Germania lo guarda, ancora. E si scopre ben presto ricambiato.

Italia gli sorride e sembra davvero sollevato del vederlo finalmente tranquillo.

Arrossisce un poco e si passa la mano sul viso: « Torniamo a letto, ti va? »

Italia, semplicemente, annuisce.

 

 

 

Lovely girl won't you stay, won't you stay, stay with me
All my life I was blind, I was blind, now I see

 

 

 

~Il Mughetto dice~

Frequentare il corso di Storia Contemporanea mi ha portato a questo. La colpa non è mia, ma del pathos con cui il docente ha elencato il numero delle vittime della Prima Guerra Mondiale!

Ma andiamo per gradi. Non ho mai scritto su questa sezione. Un po’ mi spaventa essere qui, dato che è fandom che ho sempre guardato da lontano o seguito silenziosamente. Hetalia è un manga che ho seguito con molto entusiasmo ed in cui ho shippato questo mondo e quest’altro – letteralmente; non ci ho mai scritto su perché ancora troppo piccola e perché tristemente consapevole della povertà del mio stile.

Non che ora sia migliorato, eh – ma almeno ho la faccia da culo per presentarmi e depositare leggere GerIta.

Parlando di questa coppia, è una delle preferite della mia ragazza ed ho voluto farle dono di questa piccola shot nella speranza di infonderle un poco di serenità dato che sta iniziando ora l’università e … povera a lei! Altro che la mitragliatrice automatica L’università fa i danni veri!

Probabilmente Italia è troppo serio in questa shot ed è per questo che ho inserito l’avvertimento OOC. A mia discolpa, posso dire che si parlava di un argomento che personalmente ho sempre percepito molto serio – ovvero come una nazione ricorda le passate guerre – ed ho ritenuto che troppa allegria avrebbe solo peggiorato la situazione. Germania si sarebbe sicuramente trasformato in un riccio vivente all’ennesimo “veh”.

Il titolo di questa storia significa “veglia” e l’ho presa dal tedesco. La canzone che chiude la one-shot è “Big Parade” dei Lumineers.

Concludendo, grazie per aver letto. Lasciate una recensione!

 

  
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