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Autore: Journey    16/10/2017    0 recensioni
La prima volta che i miei occhi incontrarono i suoi rimasi sbalordito dalla profondità di quel blu. E quando le sue braccia mi accolsero per la prima volta per confortarmi, credo di aver percepito il tempo scandire i secondi allo stesso ritmo con cui batteva il mio cuore. Mai, prima di quel momento, avevo sentito il mio cuore battere così forte. E così, finalmente ho capito: non avrei mai potuto amare nessuno come amavo lei. Mi ero quasi dato per vinto. Avrei vissuto il resto della mia vita uscendo con ragazze interessanti delle quali non mi sarei mai innamorato e piano piano avrei visto lei invecchiare tra le braccia di un altro.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altro Personaggio, Jennifer JJ Jareau, Spencer Reid, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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Capitolo 1

La prima volta che i miei occhi incontrarono i suoi rimasi sbalordito dalla profondità di quel blu. La prima volta che vidi il suo sorriso volto nella mia direzione, il mio cuore saltò un battito. La prima volta che la sua mano si poggiò sulla mia spalla, credo abbia saltato due battiti. E quando le sue braccia mi accolsero per la prima volta per confortarmi, credo di aver percepito il tempo scandire i secondi allo stesso ritmo con cui batteva il mio cuore. Ho pensato di soffrire - addirittura - di una qualche malattia cardiaca. Mai, prima di quel momento, avevo sentito il mio cuore battere così forte. Lei era l'unica a chiamarmi Spence. L'unica disposta ad ascoltarmi. La prima che non mi ha fatto sentire completamente fuori luogo. Credo di essere sempre stato innamorato di lei. Purtroppo lei non ha mai provato nulla del genere per me. Per lei sono solo un collega, un amico, il padrino del suo primogenito, niente di più. Certo, non è poco, ma non riesco ad accontentarmi. Per un periodo avevo creduto di aver finalmente trovato l'amore. Per un periodo avevo creduto che il mio sentimento nei suoi confronti era derivato solo dal fatto che mi avesse dato attenzioni quando per tutti ero invisibile. Credevo davvero di amare Meave. Credevo davvero che il mio sentimento per lei fosse puro. Avevamo così tante cose in comune e quando è morta ero distrutto. Mi si era chiuso lo stomaco e la sola idea di un mondo senza lei, mi soffocava. Ma è bastato che lei posasse la sua mano sulla mia guancia per mandare all'aria tutte le mie convinzioni. È bastato che mi rivolgesse un accenno di sorriso per far crollare i miei castelli di carta. E così, finalmente ho capito: non avrei mai potuto amare nessuno come amavo lei. Mi ero quasi dato per vinto. Avrei vissuto il resto della mia vita uscendo con ragazze interessanti delle quali non mi sarei mai innamorato e piano piano avrei visto lei invecchiare tra le braccia di un altro.
Poi, un bel giorno, mi sono ritrovato davanti la persona più fastidiosa sulla faccia della terra. L'unica persona in grado di innervosirmi e farmi perdere la pazienza. Ho trovato l'unica donna in grado di farmi completamente perdere le staffe. L'ho conosciuta in biblioteca un sabato pomeriggio qualunque. Avevo la giornata libera e mi ero recato nel tempio della conoscenza per poter prendere alcune letture interessanti per il fine settimana. Avevo in mente un testo in particolare. Avevo controllato online la disponibilità e in città l'unica biblioteca a possederlo era quella in cui mi trovavo. Feci tutto con molta calma, non c'è molta gente a Washington particolarmente interessata al genere e soprattutto a quel titolo. Arrivato lì, girovagai per i corridoi alla ricerca di qualche lettura interessante e piacevole. Scelsi alcuni libri e poi mi diressi alla sezione in cui avrei trovato quello che cercavo. O almeno, così credevo. Una volta lì la vidi. Se ne stava in piedi davanti allo scaffale. Aveva una mano su un libro e con l'altra rispondeva ad un messaggio sul proprio cellulare. Non volevo infastidirla, quindi restai in piedi a meno di due metri da lei, aspettando che si spostasse e mi lasciasse prendere ciò che cercavo. Ma non lo fece. Poi, dopo esattamente 4 minuti e 37 secondi mi chiese perché la stessi fissando come un pazzo maniaco. Le spiegai gentilmente che non sono né pazzo, né maniaco argomentando le mie risposte. Lei non mi lasciò nemmeno finire, sfilò molto velocemente il libro dallo scaffale e andò a sedersi. Mi accorsi immediatamente che era esattamente lo stesso libro per il quale mi ero recato in quel posto. Così la seguii, ma lei continuò ad ignorare ogni mio tentativo di prendere quel testo. Di solito non sono una di quelle persone che si innervosiscono facilmente, ma la sua arroganza mi fece perdere le staffe. Così le dissi che era stata davvero scortese e mi diressi all'uscita. Avrei semplicemente dovuto aspettare i tempi di lettura di una persona di intelligenza media per poter consultare quel libro. Avrei potuto cercarlo online e farmelo spedire a casa, ma non avrei mai permesso che il mondo di internet mi privasse di fare una bella camminata in una libreria. Non avrei mai permesso a me stesso di non toccare con mano un libro prima di prenderlo. Così mi ripromisi di ripassare due settimane dopo. Peccato che la reincontrai qualche giorno dopo. Ero appena stato da Morgan, gli avevo fatto visita. Non ci vedevamo da un po' e sentivo la sua mancanza. Dopo aver giocato un po' con il mio figlioccio e dopo aver fatto una due chiacchiere con Derek e Savannah, decisi di raggiungere Garcia in un bar lì vicino. Stando a quanto scritto nel galateo, è sempre l'uomo ad ordinare. Così, una volta nel locale, salutai la mia amica con un bacio sulla guancia e mi misi in fila per ordinare i nostri caffè. Non avevo notato, inizialmente, che la tiza davanti a me fosse proprio la ragazza che solo qualche giorno prima mi aveva battuto sul tempo e aveva preso il libro a cui ero interessato. Fu mentre aspettavo in fila che le squillò il telefono e, quando rispose, riconobbi la sua voce. Era vestita in maniera molto diversa rispetto a quando la incontrai. In biblioteca indossava dei pantaloni da yoga neri e una maxi felpa grigia, adesso, invece, aveva un look completamente diverso. Indossava un vestito molto aderente nero e una giacca dello stesso colore. Le grandi scarpe da ginnastica bianche erano stata sostituite da delle scarpe col tacco molto alte. Era alta più o meno un metro e settanta centimetri, con quei tacchi arrivava a un metro e settantacinque massimo. Accanto ai suoi piedi, appoggiata sul pavimento, c'era una ventiquattrore. I suoi capelli biondi, diversamente dal nostro primo incontro, non erano legati in una coda. Questa volta li portava slegati. Erano molto lunghi. Quando è arrivata al bancone ha ordinato velocemente un caffè e una brioche al cioccolato. Nel momento in cui si è girata per andare via, ho visto il colore dei suoi occhi. Erano verdi. Ma non un semplice verde, tendevano al giallo ocra. Mi dissi che probabilmente cambiavano colore a seconda dell'illuminazione. Quando si girò e mi vide esclamò qualcosa in italiano e sbuffando andò via, lanciandomi una strana occhiata. Subito Garcia mi raggiunse e mi chiese se la conoscessi. Le dissi di averla vista in biblioteca e che c'era stata una piccola discussione tra noi. Lei mi sorrise maliziosa e mi aiutò a portare al nostro tavolo gli ordini. Passarono un altro paio di giorni e non mi sarei mai aspettato di rivederla ancora. Mentre ero seduto alla mia scrivania e leggevo un libro, sentii qualcuno avvicinarsi a me.
"Credo sia arrivato il nuovo membro della squadra" mi disse JJ facendomi un cenno col capo verso l'ingresso.
Quando alzai gli occhi e la vidi lì, sentii qualcosa muoversi all'interno del mio corpo. Era chiaramente irrequietudine. Quella ragazza mi rendeva ansioso e irrequieto. La mia collega notò subito il mio sguardo e mi chiese se la conoscessi. Annuii e le raccontai a grandi linee dei nostri due precedenti incontri. Arrivammo in sala riunioni e quando lei mi vide, replicò la stessa identica reazione che avevo avuto solo qualche minuto prima. Hotch ce la presentò ufficialmente. Finalmente conoscevo il suo nome. Si chiamava Sarah Conti. Successivamente ci disse di avere madre americana e padre italiano. I suoi divorziarono quando aveva più o meno dieci anni e fino ai vent'anni aveva vissuto con suo padre in Italia. Era tornata negli Stati Uniti al compiere dei ventuno anni. Subito aveva seguito le orme di sua madre riuscendo ad entrare nell'accademia dell'FBI a Quantico. Fu la migliore del corso, però, all'età di ventisei anni dovette necessariamente prendersi un anno sabbatico. Suo padre era venuto a mancare a causa di un incidente e lei dovette tornare in Italia per risolvere alcune importanti faccende. Non appena le acque cominciarono a calmarsi, decise di ritornare all'FBI. Era ormai negli States da due anni. Finalmente aveva concluso il suo training come Profiler. Da subito si mostrò attenta e brillante. Faceva ottime osservazioni e senza dubbio era un membro importante per la squadra, soprattutto dopo l'addio di Morgan. Ma nonostante tutto, nonostante fossero mesi che lavoravamo assieme, riuscivamo sempre a trovare tempo per litigare e bisticciare come fossimo bambini all'asilo. La cosa mi innervosiva, non capivo per quale motivo non riuscissi ad entrare in sintonia con lei come facevo con tutti. Ammetto che pensare a questo, distolse la mia attenzione dalla donna che segretamente amavo: JJ. E mi faceva bene questo continuo battibeccare, stimolava la mia mente a tenersi sempre sull'attenti, pronta in qualunque momento a combattere contro una domanda impertinente o fastidiosa di Sarah.
Ricordo che una volta, avevamo appena finito di discutere. In ufficio non c'era più nessuno, solo io e lei. Ci guardammo per una quantità di tempo che mi sembrò infinita. Mi ero perso in quei suoi occhi profondi. Scrutavo le sue labbra leggermente aggrottate e sentii l'irrefrenabile voglia di posare le mie sulle sue. Lei mi afferrò il braccio ed io feci lo stesso con il suo. Mi tirò verso di sé ed io la tirai verso di me. Ero così vicino alla sue labbra, così vicino ad assaporarle quando arrivò Jennifer. Alzai lo sguardo e la vidi. Si scusò e disse che sarebbe tornata domattina a recuperare il file che le serviva. Mi sentii terribilmente sporco, come se l'avessi tradita, come se avessi tradito il mio profondo amore celato dall'amicizia che da anni mi teneva intrappolato al suo fianco, silenziosamente. Sapevo che non c'era alcun motivo per sentirmi così, eppure per tutta la sera non feci altro che pensare a quello che era successo. Jennifer non ricambiava il mio amore. Dovevo farmene una ragione. Ma non ci riuscivo. Il pensiero di assicurarmi come stesse Sarah, non mi sfiorò minimamente. L'unica a cui riuscivo a pensare era lei. Jennifer.

 

Ndr. Sarah Conti non esiste, è un personaggio che ho inventato. Mentre la inventavo, avevo in mente un attrice in particolare, attrice che apprezzo molto: Dianna Agron. Quindi se le volete dare un volto o la volete immaginare in qualche modo, Sarah avrebbe il suo volto. 
 
   
 
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