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Autore: Yugi95    16/10/2017    1 recensioni
§La presente raccolta s'inserisce all'interno della serie "Winx Club - Cassiopea's Chronicles" e, pertanto, è direttamente collegata alle altre fanfiction che ne fanno parte. Di conseguenza si consiglia, anche se non è strettamente necessario, la lettura delle restanti storie per una maggiore comprensione§.
Raccolta di brevi one-shot incentrate sull’universo Winx e direttamente collegate con le fanfiction presenti all’interno della serie “Winx Club – Cassiopea’s Chronicles”. Alcune storie andranno a coprire determinati “buchi di trama”, lasciati appositamente durante la stesura delle fanfict appartenenti alla serie. Altre, invece, rappresenteranno dei “missing moments” delle opere originali del Winx Club.
Genere: Avventura, Dark, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Winx
Note: Missing Moments, OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Winx Club - Cassiopea's Chronicles'
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Il Fiore delle Anime
 
Una navetta spaziale di colore bianco atterrò silenziosamente sul vasto prato, che circondava quella graziosa casa di periferia. Era buio, le stelle erano coperte da pesanti banchi di nuvole e, conseguentemente, la loro luce risultava fioca, quasi impercettibile. Un debole vento spirava tra gli alberi agitandoli giusto quel po’ che bastava per turbare il sonno degli uccelli, placidamente appollaiati sui loro rami. Voci concitate si accavallavano nella notte, mentre lingue di fuoco nere come la pece si alzavano alte e minacciose nel cielo. Il portello posteriore dell’astronave si aprì consentendo agli occupanti del veicolo di uscire. Tra di essi si fece largo una possente e austera figura maschile, vestita con una pesante armatura bronzea sulle cui spalle ricadeva un lungo mantello color porpora. Il suo viso, segnato da una profonda cicatrice, era torvo, la fronte corrugata. I profondi occhi celesti scrutavano attentamente la zona, soffermandosi su ogni singolo dettaglio, anche quello più insignificante. Rowarir fu immediatamente circondato da un manipolo di giovani in uniforme che, mettendosi in ginocchio, rimasero in attesa di un qualcosa.
«William…» sibilò, improvvisamente, l’umo al centro - «Esigo un rapporto dettagliato della situazione, adesso».  
In quello stesso istante un muscoloso e possente soldato dai lunghi capelli castani si rimise in piedi e, affiancandosi al suo Comandante, gli bisbigliò nell’orecchio:
«È complicato, Signore».
«Quanto complicato?».
«”Molto”… sarebbe un eufemismo».
«Capisco» concluse Rowarir con fare ermetico.
Senza aggiungere nient’altro il Comandante fece un cenno con la mano destra. Gli altri soldati, allora, si misero sull’attenti in attesa di ordini. Lo stesso William si posizionò davanti al suo superiore in modo tale da poter essergli utile in qualche modo. Rowarir prese un profondo respiro e, dopo essersi massaggiato pensierosamente la crespa barba, disse:
«Vyserys, Tyrion e Jorah, a voi affido il controllo dell’Eagle, mi raccomando… trattatela bene. Jaime, Rhaegar e Khal, a voi il compito di coordinare il pattugliamento del perimetro: nessuno deve uscire o entrare senza il mio permesso. William e Jon, voi siete con me!».
«Signorsì signore!» esclamarono in coro i Templari al suo servizio.
Subito dopo i soldati si adoperarono per mettere in pratica gli ordini del Comandante; quest’ultimo, seguito dai due sottoposti, si diresse verso il centro di quel vasto prato. Il suo era un incedere lento ma deciso, la mano era poggiata sull’elsa della spada che gli scendeva lungo il fianco destro. Tutt’intorno vi era un grande via vai di persone: soldati, funzionari governativi e civili affollavano quel luogo un tempo così tranquillo. Autobotti magiche piene d’acqua e stregoni esperti nel controllo dei liquidi, intanto, combattevano una strenua lotta con gli ultimi residui di quello che doveva essere stato un vasto incendio. Nonostante i Templari di Roccaluce cercassero di mantenere il più possibile l’ordine, il caos regnava sovrano e la tensione era palpabile. Ciononostante compostezza e la tranquillità di Rowarir sembravano non essere minimamente scalfite da quella confusione assordante. L’uomo, infatti, continuava ad avanzare in maniera imperterrita, lasciandosi scivolare addosso qualsivoglia distrazione. D’altra parte i presenti, non appena scorgevano l’imponente sagoma del Lord Comandante, si facevano immediatamente da parte al fine di non intralciarne il cammino. I tre procedettero spediti per una cinquantina di metri finché, ormai giunti in prossimità dell’abitazione semidistrutta, non si fermarono all’altezza di un cordolo di sicurezza. William e Jon si affiancarono al loro Comandante, intento ad osservare con maniacale attenzione i danni all’abitazione. Questi, però, dopo aver fatto cenno ai suoi sottoposti di mantenere la posizione, oltrepassò da solo il limite di sicurezza e varcò il cancelletto del giardino. Al suo interno vi erano alcune squadre di agenti, appartenenti ai diversi dipartimenti governativi interessati da quel disastro, che si affannavano a svolgere il loro lavoro. Rowarir non prestò la minima attenzione a quelle persone considerate nulla più che seccatori e, proseguendo per la sua strada, si diresse all’ingresso dell’abitazione.
«Comandante» esordì la squillante voce di un soldato dai capelli rossi e vestito con un lungo camice bianco.
«Robert, rapporto…» sibilò l’altro con un filo di voce.
Il giovane, allora, si fece consegnare da un suo compagno una sorta di cartellina di metallo con dei fogli di carta spillati; poi, sfogliando le pagine con fare certosino, disse:
«Non vi sono dubbi che si è trattato di un caso di omicidio: un’intera famiglia assassinata da non più di tre soggetti ignoti. In particolare le vittime sono due adulti e una ragazzina di età compresa tra i quattordici e i sedici anni. Marito e moglie sono stati ritrovati in cucina, entrambi presentavano profonde ferite al torace e diversi traumi alla testa. Tuttavia non sappiamo ancora di preciso quale sia stata la causa della morte. Il corpo della figlia, invece, si trovava al primo piano, quando la squadra del Dipartimento per l’uso improprio delle arti magiche ha fatto irruzione. A differenza dei genitori, che sembrano essere stati presi alla sprovvista, la ragazzina ha cercato di difendersi ma… ma sono stati spietati: non ha avuto alcuna possibilità. Sebbene solo un’autopsia dettagliata sarà in grado di confermarmelo, sono convinto che i tre siano deceduti prima che fosse appiccato l’incendio. Molto probabilmente gli assassini avevano un unico scopo: uccidere queste persone, il resto è venuto dopo. Stando ai rilievi della squadra inviata dal Dipartimento per l’uso improprio dei manufatti magici, l’attacco è avvenuto presumibilmente verso le dieci di sera. Tuttavia, a causa della distanza, i vicini si sono resi conto dell’incidente soltanto alle dieci e mezza… in pratica quando le fiamme hanno minacciato le loro abitazioni. Sempre secondo le testimonianze raccolte dai nostri uomini e dagli ufficiali del Dipartimento, nessuno avrebbe visto i presunti responsabili dell’accaduto. Per quanto riguarda l’incendio la squadra, inviata dall’Istituto per la Sanità Pubblica, ha ormai la situazione sotto controllo. Ciononostante le cause e la natura di quelle fiamme nere risultano ancora adesso ignote. Il responsabile dell’Ufficio Misteri ha azzardato l’ipotesi che si tratti di magia nera, molto oscura… molto potete. Personalmente non avevo mai visto nulla del genere».
Rowarir si portò la mano al mento barbuto e, massaggiandolo tranquillamente, iniziò a riflettere sulle informazioni appena ricevute. Far quadrare quei pochi indizi non era affatto facile e, come se non bastasse, la smodata quantità di “risorse umane” coinvolte non faceva altro che peggiorare la situazione. Il Comandante dei Templari era ben consapevole che più persone avessero maneggiato prove delicate più queste si sarebbero potute rovinare. Allo stesso tempo l’avere tanti agenti, appartenenti a numerose squadre tra loro indipendenti, comprometteva anche la raccolta delle testimonianze. Queste, infatti, sebbene fossero state ottenute dallo stesso gruppo di civili, risultavano contraddittorie, incomplete e, soprattutto, fuorvianti. Di conseguenza l’uomo, non volendo che un’indagine già di per sé abbastanza difficile si complicasse ulteriormente, convocò William e Jon. I due si presentarono immediatamente al suo cospetto e esclamarono all’unisono:
«Comandi, Signore?!».
«Solo uno: allontanate tutte le altre squadre governative!» replico, lapidariamente, l’altro.
«È… è sicuro di ciò che dice?» mormorò, timidamente, William tenendo lo sguardo basso - «Non penso abbiamo l’autorità per un’azione del genere».
Rowarir, allora, infilò la sua mano sotto la corazza della spessa armatura al fine di estrarne una pergamena, chiusa con un vellutato nastro rosso. Subito dopo consegnò il rotolo al suo secondo dicendogli:
«Questo è un ordine esecutivo firmato da Arcadia e dai restanti membri del Consiglio degli Anziani. Data la gravità della situazione, hanno deciso di scavalcare l’autorità della “Commissione di Sicurezza Esterna” e della Grande Assemblea. Ci hanno conferito piena libertà d’azione e l’esclusiva assoluta su questa caso. Quindi… non farti troppi problemi nel congedare gli altri funzionari e i loro agenti».
«D’accordo… sarà fatto» concluse William a denti stretti, per poi uscire dall’abitazione seguito da Jon.
Rowarir e Robert rimasero per alcuni secondi con lo sguardo fisso sui due che si allontanavano, finché il capo della Divisione Medica non si rivolse al suo Comandante:
«Signore… sul serio Arcadia ha fatto questo? Ha davvero scavalcato la Commissione e l’Assemblea?».
«A quanto pare si».
«Non sapevo il Consiglio avesse questa facoltà».
«Infatti… non c’è l’ha!» concluse, secco, il Signore dei Templari, mentre la sua fronte si corrugava ulteriormente.
Robert fu spiazzato da quell’ultima affermazione. Gli risultava davvero difficile credere che Arcadia e i suoi più stretti collaboratori potessero essere arrivati a tanto. Certo, sapeva bene che quella non era la prima volta che il Consiglio andava ben oltre le proprie funzioni, ma che esautorasse addirittura la Grande Assemblea… era impensabile. Rowarir, notando lo stupore impresso sul volto del giovane, gli mise una mano sulla spalla e, come era solito fare quando dispensare consigli ai suoi uomini, gli disse con fare paterno:
«Robert, non crucciarti per queste cose. La politica è sempre un brutto affare, ma fortunatamente è un affare che non ci riguarda. Piuttosto perché non continui a parlarmi del rapporto che hai redatto. C’è altro che dovrei sapere?».
«Beh… …ecco…» balbettò, timidamente, il soldato non sapendo cosa rispondere - «Siamo… siamo arrivati alla conclusione che l’aggressione ai danni della famiglia non sia la conseguenza di una rapina finita male. Infatti, sembra che non manchi nulla: tutti gli oggetti di valore sono stati lasciati al loro posto. Anche dal giardino e dalla serra, adiacente al lato sinistro della casa, non è stato prelevato nulla d’importante. Tuttavia…».
«Tuttavia?!» insistette Rowarir alzando un sopracciglio.
Robert, allora, si avvicinò ad un tavolino, bruciato in più punti, sul quale era poggiato un grosso tomo con la copertina in pelle. Dopo avere preso il libro, lo consegnò a Rowarir spiegandogli cosa fosse.
«Questo è una sorta di registro, un libro mastro sul quale la coppia annotava quali e quante piante fossero presenti all’interno della serra. Vi sono dettagliate descrizioni sulle proprietà dei fiori e le loro fotografie. Una di queste, però, non corrisponde ad alcun tipo di pianta, cespuglio o arbusto rinvenuto dalla nostra squadra. È come se si fosse volatilizzato nel nulla. All’inizio avevo pensato che l’incendio l’avesse distrutto, ma la serra non risulta minimamente danneggiata dalle fiamme. Perciò è altamente improbabile che sia stato bruciato».
«Sappiamo come si chiama questo fiore?».
«Mallothea».
Rowarir divenne improvvisamente pallido, mentre le sue mani iniziarono a tremare debolmente. Era come se quel nome l’avesse turbato, quasi spaventato. Il suo stato d’agitazione, però, durò solo alcuni secondi. Dopotutto era pur sempre il Signore dei Templare di Roccaluce: non poteva mostrarsi debole o intimorito. Come se non bastasse, il suo interlocutore aveva immediatamente notato la paura impressa su quel volto segnato dai ricordi di mille battaglie. Così, cercando di assumere un atteggiamento distaccato e di recuperare il proprio contegno, il Comandante prese il registro dalle mani del suo sottoposto e, dopo aver eseguito un incantesimo di rimpicciolimento, lo pose sotto la corazza.
«Signore…» bisbigliò, confuso, il capo della Divisione Medica.
«Voglio solo dargli un’occhiata più accurata» si giustificò l’altro con tono scherzoso - «Non appena avrò finito lo consegnerò agli addetti del deposito prove».
«D’accordo… come vuole lei».
Rowarir, allora, tirò un profondo sospiro di sollievo. Detestava il dover mentire ai suoi uomini, ma quella faccenda stava diventando sempre più complicata e pericolosa. Conosceva Robert ormai quasi da dieci anni, l’aveva visto crescere, migliorarsi, maturare; era fiero del soldato e, soprattutto, del medico che era riuscito a diventare. Non poteva fargli correre quel rischio, non poteva permettere che altri soffrissero a causa di quei mostri. Preferiva tenere i suoi fedeli sottoposti all’oscuro di alcuni dettagli, piuttosto che vederli preda di un qualche cosa che nessuno comprendeva appieno. Una volta recuperato il libro, Rowarir si apprestò ad uscire dall’abitazione per far ritorno alla sua navetta. Tuttavia Robert lo afferrò per un braccio e, avvicinandosi il più che poté, gli bisbigliò nell’orecchio.
«Signore, prima che vada ci… ci sarebbe una questione che richiede la sua attenzione».
«Quale?».
Il responsabile della Divisione Medica, però, non rispose nulla e, limitandosi a trascinare con sé il Signore dei Templari, sempre più confuso da quella situazione, lo condusse ad una piccola porticina in legno posta sul lato opposto della casa. A quel punto il giovane la aprì lentamente e i due si ritrovarono dinanzi un grazioso giardinetto privato, al cui centro erano posti una fontana marmorea e un paio di panchine in legno. Su una di queste era seduta una ragazza dalla pelle olivastra e dai lunghi capelli castani. Era piegata in avanti, la sua fronte poteva quasi toccare le ginocchia mentre le braccia erano strette al petto. Sembrava che stesse male, sembrava che stesse soffrendo… soffrendo terribilmente. Al suo fianco si trovava un ragazzo che le massaggiava la schiena. Era alto, robusto e di bell’aspetto; i suoi capelli neri erano lunghi fino alla schiena, mentre gli occhi, anch’essi di colore nero, erano stranamente lucidi e arrossati. Nonostante avesse assistito moltissime volte a scene del genere durante la sua lunga carriera, Rowarir fu profondamente scosso da ciò che si mostrava ai suoi occhi. L’esperienza e la consapevolezza che la morte è pur sempre una costante della vita umana, non furono in grado di rendere quella situazione meno struggente. Dopotutto quella ragazza avrebbe avuto potuto avere la sua età… un’età alla quale lei non era mai arrivata. Inspirò profondamente al fine di farsi coraggio, al fine di trovare la forza per fare ciò che andava fatto. Non era mai facile, ma qualcuno doveva assumersi quella responsabilità… doveva parlare con quella persona. Dopo aver fatto segno a Robert di non seguirlo, si avvicinò ai due ragazzi, i quali non si erano ancora resi conto della sua presenza. Mentre camminava sul manto erboso, lasciando dietro di sé profondi e sproporzionati solchi, rimuginò più e più volte su cosa dire; ma, avendo realizzato che in quelle situazioni non si può seguire una specie di “copione”, preferì concentrarsi esclusivamente sull’aggraziata figura della ragazza e sul suo immenso dolore. Il giovane fu il primo ad accorgersi dell’arrivo di Rowarir, seguito pochi secondi dopo dalla sua compagna, che non ebbe però la forza di alzare la testa e di guardarlo negli occhi.
«Lei… lei chi è?» bisbigliò il ragazzo dai capelli neri con voce tremula.
«Il mio nome è Rowarir, Signore dei Templari di Roccaluce» rispose, dolcemente, l’altro cercando di mettere i due a loro agio.
«Cosa possiamo fare per lei?».
«Dovrei parlare in privato con… con Flora».
In quello stesso istante la Fata della Natura, colpita dall’ultima parola dell’uomo, rialzò la testa e, cercando di trattenere le lacrime e i singhiozzi, piagnucolò:
«Come fa a conoscere il mio nome?».
Il Comandante sorrise e, prendendo il viso della giovane tra le sue grandi ma delicate mani, le disse:
«Mia cara, non c’è abitante della Dimensione Magica che non conosca te e le tue amiche. Noi vi dobbiamo molto…».
A quel punto Flora chiese ad Helia di lasciarla sola con Rowarir in modo tale che potesse ascoltare cosa aveva da dirle. Lo Specialista, sebbene avesse preferito di gran lunga rimanere al fianco della sua fidanzata, fece come gli era stato detto. I due parlarono per circa una decina di minuti, mentre Helia e Robert li osservavano da lontano senza riuscire a capire cosa stessero dicendo. Una volta che ebbero terminato Rowarir si congedò dalla ragazza e tornò alla piccola porta di legno.
«Signore, credo sia ora di andare» esclamò il soldato.
«D’accordo» sentenziò l’altro.
Tuttavia prima di lasciare definitivamente quel luogo, si rivolse un’ultima volta allo studente di Fonterossa e gli disse:
«Mi raccomando, resta al suo fianco… lei ha bisogno di te, ha un disperato bisogno di tutti voi».
«Signorsì, Signore» replicò Helia portandosi la mano destra al cuore e facendo una sorta di giuramento.
L’Eagle era pronto per la partenza, il vasto prato verde era stato ormai del tutto sgomberato. I civili e i membri delle altre squadre governative avevano lasciato campo libero ai Templari, i quali si apprestavano a trascorre una lunga notte di indagini. Rowarir, avendo dato le ultime disposizioni ai suoi uomini, era pronto per salire sulla navetta, quando una fioca luce argentea, proveniente dal folto della foresta, richiamò la sua attenzione. Il Comandate capì immediatamente il significato di quel bagliore e, dopo aver ordinato ai William e Jon di aspettare ancora un paio di minuti, si diresse verso la fonte del segnale. Percorse un centinaio di metri lungo un impervio sentiero finché non raggiunse un’ampia radura illuminata dalla fioca luce della luna.
«Lo sai che dovrei arrestarti, vero?» esclamò, divertito, il Signore dei Templari, mentre fissava un punto ben preciso di quello spiazzo.
«E quali sarebbero le accuse?» replicò, sarcasticamente, una voce maschile che sembrava provenire da ogni direzione.
Quella domanda così impertinente e canzonatoria suscitò le risate di Rowarir, che, mettendosi a contare le dita delle sue mani, disse:
«Vediamo… appartenenza ad un ordine segreto illegale; partecipazione ad operazioni di spionaggio; contaminazione di una scena del crimine; disturbo della quiete pubblica; offesa a pubblico ufficiale e… e devo continuare?».
«D’accordo, d’accordo hai reso l’idea» concluse un uomo anziano dalla pelle scura, apparso improvvisamente alle spalle del soldato.
«Dopo tutti questi anni riesci ancora a trarmi in inganno».
«Sei tu ad essere troppo cocciuto per imparare».
A quel punto i due si strinsero in un forte e sincero abbraccio per alcuni secondi. Una volta separatisi, il Signore dei Templari, assumendo quel suo atteggiamento di austera serietà, sospirò:
«Azekel, amico mio… è bello vederti, ma non dovresti esporti così tanto, non con me».
Il maestro di Aenuashiba annuì debolmente con la testa. Dopotutto il Comandate dei Templari aveva ragione: uscire allo scoperto ed immischiarsi in faccende che riguardavano il Consiglio degli Anziani, non era molto saggio. Ciononostante Azekel, sebbene fosse consapevole dei rischi, non sembrava essere troppo preoccupato per la sua sorte. L’anziano membro dell’Ordine di Agador, infatti, sapeva bene che un qualcosa, di gran lunga più importante della sua stessa vita, era minacciato da un grave pericolo… un pericolo chiamato Ksendras.
«Rowarir…» sibilò Azekel con voce greve - «Se sono qui, se gli abitanti della Dimensione Magica continuano a sparire, se quella povera famiglia è stata brutalmente assassinata, c’è un solo motivo e tu sai bene a cosa io mi stia riferendo».
«Azekel, credimi ci sto provando, ma è difficile» mugugnò il Signore dei Templari con tono dispiaciuto.
«Lo so, ma… ma il tempo a nostra disposizione scarseggia e questa sera ne abbiamo avuto la prova».
«Secondo te per quale motivo hanno rubato un esemplare di Mallothea?».
Il Maestro di Aenuashiba si portò la mano chiusa a pugno al mento e iniziò a riflettere sulle possibili implicazioni di quella pianta. Allo stesso modo anche Rowarir cominciò a camminare avanti e indietro per la radura, al fine di ragionare meglio. Trascorsero alcuni minuti di assoluto silenzio, scanditi dal roco rumore metallico prodotto dall’armatura del Comandante; finché Azekel non si pronunciò in merito a quella spinosa questione.
«Il “Fiore delle anime” possiede della proprietà uniche, quasi miracolose; che nelle mani sbagliate potrebbero causare non pochi problemi alla Dimensione Magica. Tuttavia il suo potere non è sufficiente a rompere i sigilli che imprigionano Ksendras. L’unico modo per spezzare l’incantesimo, eseguito da Acheron e dalla Custode della Fiamma del Drago, consiste nell’utilizzare il potere delle due Fiamme. No… deve esserci dell’altro, deve esserci un altro motivo che li ha spinti a rubare la Mallothea, che li ha spinti ad uccidere quelle persone».
«Li hanno massacrati. Quella povera ragazza non aveva speranze» sibilò Rowarir stringendo i pugni per la rabbia.
Il maestro di Aenuashiba, comprendendo e condividendo il dolore dell’amico, gli poggiò una mano sulla spalla e, sfoggiando un luminoso sorriso d’incoraggiamento, gli disse:
«Purtroppo tutto ciò che possiamo fare è continuare a combattere. Certo, le vite che sono andate perdute e che continueremo a perdere lungo la strada, non potranno mai esserci restituite. Ma è proprio per questo che lottiamo… lottiamo per evitare che altre persone soffrano a causa di Ksendras, lottiamo per assicurare ai nostri giovani un futuro migliore. Questa sera quella ragazza ha perso tutto, il suo mondo è finito, svanito nel nulla. Il dolore e la rabbia che in questo momento le stanno devastando l’animo sono per noi incomprensibili. Questo è il motivo per cui continuiamo a rialzarci, lo facciamo per lei… lo facciamo per la sua famiglia e per tutti quelli che sono stati vittima dell’Oscurità. Andremo avanti finché potremo, finché non saremo soddisfatti di ciò che abbiamo fatto. Poi, quando sarà giunto il nostro momento, lasceremo il nostro posto a quei due ragazzi. Dopotutto è per questo motivo che li stiamo addestrando, è per questo motivo che continuiamo ad infondere in loro le nostre speranze».
«Come sempre non ti sfugge mai nulla» esclamò, sarcasticamente, l’altro.
«Beh… ormai mi conosci, ho occhi dappertutto» sentenziò Azekel allontanandosi di alcuni passi al suo amico.
«Secondo te hanno qualche possibilità?».
«Non saprei, l’unica cosa che possiamo fare è aspettare» concluse, amaramente, il membro dell’Ordine di Agador - «Fino ad allora… continuiamo a combattere».
Non appena pronunciò quelle ultime parole, Azekel fu avvolto da un’accecante luce bianca per poi scomparire sotto lo sguardo dello stesso Rowarir. Questi, per nulla sorpreso dall’accaduto, ridacchiò soddisfatto e, voltante le spalle alla radura, sibilò:
«La guerra è appena cominciata».
 
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Note dell’autore: Ben ritrovati a tutti!!! Eccoci giunti al terzo capitolo della raccolta XD. Alloooora, come promisi diverso tempo fa, questa storia è dedicata alla tragica morte della famiglia di Flora. Tuttavia, a differenza di quanto qualcuno di voi aveva immaginato, ho preferito descrivere la scena da un punto di vista differente. Infatti, tutta la narrazione è incentrata su Rowarir e i suoi uomini, intenti a risolvere questo caso di omicidio. Ho preferito seguire questa strada perché il descrivere la tortura e la morte di personaggi, ai quali noi tutti siamo particolarmente affezionati, non mi andava proprio giù XD. Di conseguenza ho preferito che si assistesse alla scena da una prospettiva diversa. Spero che questa mia scelta sia stata di vostro gradimento 😊. In secondo luogo ho preferito omettere (lasciandolo conseguentemente alla vostra immaginazione) il dialogo tra Rowarir e Flora. Ad essere sincero ho agito in questo modo, perché non sapevo proprio cosa scrivere. Cioè… avevo paura di risultare banale trattando in maniera troppo semplicistica una tematica così importante. Dopotutto non è per nulla facile trovare le parole quando il tuo interlocutore ha appena perso tutta la sua famiglia. Di conseguenza ho pensato fosse meglio tacere che scrivere fesserie ^_^.  Un altro paio di cose e ho finito, giuro. I diversi “uffici governativi”, nominati all’interno del capitolo, non sono stati chiamati in causa per puro caso. Con il capitolo 6 della Rinascita, infatti, caricherò sul Drive e (qualora mi decida finalmente ad aprirla) la pagina Facebook lo schema (corredato di spiegazioni) delle istituzioni presenti nella Dimensione Magica. Vi avviso, non è semplice da capire… ma è necessario perché queste istituzioni e dipartimenti saranno presenti in tutta la saga. I nomi dei diversi soldati, ai quali Rowarir da ordini, (ad eccezione di William e Robert) sono stati intenzionalmente presi da Game of Thrones, mentre il Fiore delle Anime o Mallothea deriva dal nome elfico Malloth, che significa “fiore giallo” 😉. Infine, prestate attenzione alle ultime battute di Azekel. Il saggio membro dell’Ordine di Agador, infatti, fa riferimento a due giovani (rispettivamente il discepolo di Azekel e quello di Rowarir). Del primo conosciamo bene l’identità e sappiamo che ha un nome incomprensibile XD; però adesso vi chiedo: chi potrà mai essere il preferito del Signore dei Templari? William e Robert… li escludo io (lo so, sono cattivo ahahahahahahahahah). Beh… penso di avervi detto tutto. Come sempre un grazie ai lettori silenziosi e ai recensori 😉. Vi dò appuntamento alla settimana prossima 😊 😊 😊.

Yugi95
   
 
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