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Autore: S_Austen    16/10/2017    2 recensioni
Edward Cullen, ricco e sfrontato giovane borghese nella sfrenata Chicago degli anni '20 verrà irrimediabilmente travolto dal desiderio per Isabella, semplice operaia di fabbrica. Ma tra il carbone delle nuove macchine ed il metallo della fiorente metropoli, tra sfarzose feste da ballo e intrighi economici, Edward riuscirà a scorgere in Miss Swan il tesoro più prezioso: un tenero, innocente, orgoglioso, delicato, semplice, combattivo, leale, dolce, comprensivo, sensibile Cuore di donna.
Genere: Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Emmett/Rosalie
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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31 Ottobre 1917

Pov Emmett

BEEP
La fottuta sirena suonò segnando la fine della giornata e la conclusione di un’altra fottutissima settimana di lavoro.
Le fottute macchine cominciarono a fermarsi mentre gli operai correvano a chiudere le manopole della pressione e gli interrutori elettrici venivano spenti per fermare i potenti macchinari.
Sputai per terra un grumo di tabacco che stavo masticando mentre goccioline di sudore mi imperlavano la fronte e i capelli sudati per il fottuto calore all’interno della fabbrica.
Sbattei i palmi delle mani sulla canottiera lercia che indossavo durante il turno.
‘Fanculo, era ancora sporca di sangue.
Quel giorno un operaio che lavorava vicino a me era stato risucchiato da una fottutissima turbina ed era stato un fottuto disastro. Io e gli altri miei compagni siamo riusciti a tirarlo fuori ma una gamba gli era stata fottutamente maciullata.
Che fottuto schifo.
Non pensavo che sarebbe mai più tornato a lavorare quell’operaio, ma a casa aveva quattro fottutissimi bambini e una maglie da mantenere.
Beh, ad ogni modo, non erano affari miei, io avovo già i miei fottuti problemi a cui pensare.
La fottutissima malattia di mia madre peggiorava ogni fottuto giorno mentre Bella diventava ormai adulta e più di un fottuto ammiratore le girava attorno.
Sorrisi distrattamente mentre indossavo il vecchio cappotto e mi dirigevo all’uscita della fabbrica.
La mia sorellina… così sciocca e testarda el tempo stesso così matura e responsabile.
Se mai ci fosse stato un fottuto uomo degno di lei lo avrebbe fatto penare quel fottuto poveretto. Lei era fottutamente come nostro padre, più silenziosa e meditabonda di me e nostra madre (sempre solari e dalla fottutissima parlantina), ma capace di un’integrità morale e una forza d’animo che le ho sempre fottutamente invidiato.
Sospirai pensando a nostro padre.
‘Fanculo, mi mancava da morire, ma infondo ero stato fottutamente fortunato in confronto a Bella, io ho avuto la possibilità di averlo accanto durante tutta la fottuta infanzia, lui ha potuto vedermi diventare uomo.
Quand’è morto io avevo già vent’anni, mentre Bella era ancora un ragazzina.
Non dimenticherò mai quella fottuta sera di febbraio in cui due uomini vestiti con la fottuta divisa militare vennero a bussare alla nostra porta per informarci della fottuta morte di mio padre, consegnandoci la sua divisa e qualche fottuta medaglia all’onore. Alla fine la cosa più preziosa che c’è rimasta su questa fottuta Terra di nostro padre è una lapide di pietra con inciso sopra:

CHARLIE HAROLD SWAN
17 AGOSTO 1874
3 FEBBRAIO 1915
COMBATTÈ PER LA PATRIA E MORÌ CON ONORE

Ma quale onore? Che onore c’era nel morire tra il fango e la merda con una pallottola nel cervello e due nella milza? Cosa volevano dimostrarci con quelle fottute medaglie? Che il sacrificio di mio padre era stato utile? No, fottutamente no! Mio padre era morto in una fottuta guerra inutile che dopo tre anni dal suo inizio non si era ancora conclusa e intanto mandava a morire altri migliaia di fottuti uomini.
Tenevo lo sguardo fisso a terra mentre camminavo spedito verso casa rimugginando su queste fottute questioni quando un forte vento mi investì costringendomi a stringermi di più nel cappotto.
Cartacce e polvere volarono in giro e un volantino si impigliò alle mie scarpe. Provai a scuotere il piede ma questo non volevava staccarsi.
‘Fanculo.
Lo raccolsi da terra e feci per appallottalarlo e gettarlo via quando una scritta attirò la mia attenzione.

BOSTON’S NAVAL COMPANY

Cercavano manodopera, giovani uomini forti disposti a lavorare nelle navi che attraversavano l’Atlantico, trasportando carichi mercantili e persone in viaggio.
Boston.
Oceano.
Europa.
La retribuzione era quasi tre volte quella che prendevo in fabbrica e vitto e alloggio erano garantiti all’interno della nave nella zona riservata ai braccianti.
Boston era sull’estrema costa est degli Stati Uniti, avrei potuto vivere su quella nave, spedire mensilmente i miei guadagni a casa senza pesare su mia madre e mia sorella, avrei potuto vedere il Vecchio Continente (beh magari solo il porto di qualche grande città, ma tanto mi bastava).
Era la fottuta occasione della mia vita. Passai freneticamente le mani sul volto guardandomi attorno.
Da dove diavole era sbucato quel fottuto volantino di offerte di lavoro di Boston a Chicago?
‘Fanculo, poco m’importava. Ripensai a quella fottuta gamba maciullata nelle eliche dalla turbine, i volti depressi degli operai, la fottutissima monotonia che ti uccideva lentamente e le condizioni schifose in cui costringevo a vivere mia madre e mia sorella.
Potevo dare a loro una vita migliore, magari non di molto ma comunque migliori, ed io potevo andarmene da tutto questo schifo, cambiare aria, ricominciare una nuova vita.
‘Fanculo a tutti, me ne andavo in Europa!


 

1 Novembre 1917

Pov Edward

Leggevo il giornale bevendo tranquillamente il mio caffè mentre Sue mi serviva la colazione di omelette.
– Gli inglesi sono arrivati in Francia a dar man forte agli alleati dell’Intesa, mentre la Russia è in una grave crisi, ma i tedeschi sembrano resistere e avanzano. – lessi ad alta voce a mia madre che stava facendo colazione assieme a me.
Sospirai scuotendo il capo e bevendo un altro sorso di caffè.
– Per la miseria! – bofonchiò lei sconsolata.
Era sempre stata contraria alla guerra, in verità Esme era sempre stata contraria ad ogni tipo di violenza.
Misi giù il giornale, non erano notizie da apprendere di prima mattina.
– Cosa vuoi fare oggi, caro? – mi chiese mia madre.
– Oggi è giorno feriale perciò non so, potrei farmi una passeggiata al parco … – risposi scrollando le spalle.
– Gli Hemilton ci hanno invitato questo pomeriggio a prendere il the da loro … hanno invitato anche Isabella, alla festa dei King la settimana scorsa l’hanno trovata così simpatica … vuoi accompagnarci? – mi chiese con finta indifferenza.
Isabella … avevo pensato a lei tutta la settimana, l’avevo anche incontrata qualche volta, sempre accompagnato da mia madre o da Alice.
In questo periodo avevo imparato di lei molte cose e ogni giorno che passava sentivo il mio … affetto (perché ancora ero restio dal definirlo un vero e proprio innamoramento, era se mai un profondo senso di protezione e desiderio nei suoi confronti) per Isabella crescere, in certi momenti sentivo il bisogno di lei mancarmi come l’aria ed era sempre più una tortura per me vederla così distante ed indifferente nei miei confronti.
Beh, forse indifferente non proprio, sapevo che agli occhi del genere femminile ero un bell’uomo ed ero certo che lei non era immune al mio fascino.
Lo potevo intuire vedendo come le sue guance si tingevano di quel delizioso rossore che la rendeva, se possibile, ancora più incantevole ogni volta che la guardavo intensamente o le sorridevo.
Si, avevo scoperto che le piacevano i miei sorrisi, uno in particolare, quello che Alice definiva “sghembo”.
E poi ero sicuro che le piaceva il mio profumo, ogni volta che le stavo accanto, magari più vicino del solito, lei inspirava profondamente per poi arrossire e non avere più il coraggio di guardarmi in faccia.
Questa era stata per me fonte di grande soddisfazione.
Ma sebbene lei mi trovasse sicuramente attraente faceva ancora il possibile per evitarmi.
Era sfuggevole, a volte potevo chiaramente percepire il suo astio nei miei confronti.
Non capivo il perché, non sapevo cosa le avevo fatto di mele e come potevo rimediare.
Ormai le mie intenzioni con lei erano fin troppo palesi, in pubblico, anche se la compagnia era prevalentemente femminile, prestavo sempre più attenzioni a Isabella, cercavo sempre di interagire con lei nei discorsi oppure semplicemente la nominavo, giusto per farle comprendere che le avevo riservato un posto d’onore nel mio cuore.
– Si, mamma, verrò volentieri. –
– Perfetto! Questa mattina devo andare a fare compere, vuoi venire con me? –
Passai così tutta la mattina in compagnia di mia madre e Miss Brandon che, ignorandomi totalmente, chiacchieravano fra loro mentre passavano da un negozio all’altro.
Nel frattempo io ero in trepidante attesa che il pomeriggio arrivasse presto e quando finalmente le mie preghiere furono esaudite tutto la mia felicità fu distrutta nel ritrovarmi di fronte quel viscido individuo che era il signor Davis.
Lui stava lì, a chiacchierare tra tutti gli altri uomini con un bel sigaro in mano come se fosse la cosa più normale di sempre, come se lui fosse davvero degno di trovarsi in mezzo a persone elevate come noi.
Mr Davis continuava a sorridere sornione e a compiacere i signori con i suoi racconti da quattro soldi che, puntualmente, facevano ridere tutti.
Tutti, tranne me.
Tanto era per me l’astio nei suoi confronti che mi chiedevo come facesse il signor Hemilton ad averlo invitato. Io lo trovavo un uomo così odioso, così orrendamente lascivo e completamente privo di morale.
Nel frattempo facevo buon viso a cattivo gioco e scambiavo chiacchiere amichevoli ed argute osservazioni con gli altri uomini, compreso il mio nemico, mentre le signore erano allegramente riunite a prendere il the.
Poi, dopo qualche minuto di fremente attesa, lei arrivò.
Fu per me una meravigliosa visione veder arrivare Isabella, vestita come sempre con i sui abiti semplici, ma che probabilmente era uno dei migliori del suo guardaroba. Aveva i capelli ben stretti in uno chignon impeccabile e le guance erano lievemente arrossate mentre teneva sempre lo sguardo basso e rivolgeva a tutti timidi sorrisi che mi intenerivano.
Da quando ero diventato un uomo così smielato non lo sapevo, ma se cera una cosa che mio padre mi aveva insegnato era che la tenerezza verso la propria donna non significa mai essere uno smidollato, anzi, ti portava ad elevarti ad un livello più alto sia mentale che spirituale.
Ero sempre stato convinto che mio padre fosse la personificazione di questo pensiero. Egli era un uomo molto intelligente, certamente uno degli uomini più colti di tutta Chicago e anche perseverante nel suo lavoro, ma al tempo stesso padre e marito amorevole, dal cuore grande pieno d’amore per la sua famiglia. Spesso lui mi raccontava come l’aver conosciuto mia madre lo aveva radicalmente cambiato, inducendolo a diventare l’uomo fantastico che era ora.
Mi chiesi distrattamente se un giorno, avendo al mio fianco la mia meravigliosa Isabella, sarei potuto diventare anch’io un uomo come lui, perché io stesso ammettevo di non essere minimamente paragonabile alla grandezze e alla bontà d’animo di mio padre.
Ridacchiai tra me.
Già di principio consideravo Miss Swan una mia proprietà senza che nemmeno avessi fatto grandi ostentazioni nel farle la corte.
Ne avevo parlato con Alice in proposito e lei mi aveva rimproverato per non essermi impegnato abbastanza a corteggiarla.
– Miss Swan, oggi è incantevole. – sentii dire a Mr Davis mentre lo osservavo prendere una mano della mia Isabella e baciargliela, sempre con quel suo schifoso e viscido sorriso lascivo.
E mentre lui le sorrideva imperterrito con il desiderio dipinto in faccia io mi sentivo morire dentro, inutile e con le mani legate, mentre vedevo la mia dolce Isabella sorridere a quel maledetto donnaiolo.
– Le piace il mio vestito? L’ho fatto io! – disse orgogliosa.
– Ma non mi dica! Bella, intelligente e pure talentuosa nel cucito! –
– Ma non dica sciocchezze Mr Davis! – rise civettuola – È una semplice passione la mia. –
Lo vidi avvicinarsi pericolosamente a lei… troppo vicino.
– Allora mi correggo Miss Swan: bella, intelligente e passionale… – le sorrise lascivo mentre lei non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, arrossendo – Un giorno signorina dovrà cucirmi un vestito su misura, me lo promette? –
Brutto … schifoso … maledetto …” non riuscivo nemmeno a formulare un pensiero sensato tanta era la rabbia che mi corrodeva le viscere.
Quell’essere abominevole continuava a sorriderle senza pudore, gli si leggeva negli occhi quel suo schifoso desiderio di lussuria nei confronti di Isabella.
Verso la mia Isabella.
Verso la mia futura sposa.
Verso la mia donna.
Lei rideva alle sue battute, discorreva con lui con naturalezza, arrossiva persino, quando lui le faceva un complimento o le prestava attenzioni, mentre a me … semplicemente mi ignorava.
Ironia della sorte, tutte le altre donne nella sala, che fossero nubili o sposate, mi prestavano fin troppe attenzioni, sembravano fare a gara per attirare il mio interesse su una di loro, e io, che desideravo le attenzioni dell’unica donna che, guarda caso, mi ignorava deliberatamente, le ignoravo a mia volta.
Credetti di esplodere dalla rabbia quando vidi Mr Davis e Miss Swan sedersi l’uno a fianco all’altra, ma grazie al cielo fu mia madre ad intervenire salvando la situazione e la faccia di quel damerino da strapazzo che se no avrebbe fatto una brutta fine.
Ma sebbene il suo intervento era stato alquanto tempestivo, non era stato granché pianificato visto che mi cedette il suo posto per mettermi io a fianco a Miss Swan, costretto così a sorbirmi le loro inutili chiacchiere e risatine che mi facevano montare la rabbia, nuovamente impotente.
– Ho vissuto parecchi anni a Richmond, in Virginia, poi mi sono trasferito a Bristol per continuare i miei studi. – stava dicendo il signor Davis sotto lo sguardo incantato ed ammirato di Isabella.
Sbuffai tra me e me.
Era risaputo che Mr Davis dopo la morte dei genitori se n’è andato chi sa dove con tutti i soldi del padre per spenderli al gioco d’azzardo e solo dopo la fuga del fratello maggiore, rimasto senza un soldo e con l’impresa editoriale di famiglia in declino, che è stato costretto a mettere la testa a posto (per così dire) e venire qui a Chicago per rimettere in carreggiata il giornale di famiglia.
Ma si sa: il lupo perde il pelo ma non il vizio.
E sebbene ora potesse apparire un uomo per bene si sapeva che quando non era in pubblico lui se la spassava in qualche lurido pub di periferia a dilettarsi con donnette da poco e gioco d’azzardo.
– Anche lei, signor Davis, è stato in Virginia? – mi intromisi nella conversazione.
– Si, sono nato lì. – rispose infastidito dalla mia intromissione.
– Sa, anch’io sono andato spesso in viaggio in Virginia … beh, per la verità in tutto il nord America. – mi pavoneggiai cercando di dimostrarmi migliore agli occhi di Isabella.
– Ah si? È stato anche nel Massachusetts? – colse la sfida implicita che avevo lanciato, attaccando a sua volta.
– Certamente! Ci sono stato l’estate scorsa, per il lavoro di mio padre. Boston è fantastica. –
– Davvero? Io invece l’anno scorso sono dovuto andare a Philadelphia, in Pennsylvania. –
– So dove si trova Philadelphia. – risposi a denti stretti – Probabilmente dovrò viaggiare molto ora che possiedo le fabbriche di mio zio, si parlava addirittura di un trasferimento delle fabbriche in Australia. –
Miss Swan si voltò verso di me con gli occhi sgranati pieni di meraviglia e sorpresa. – L’Australia? Vuole dire dall’altra parte dell’Oceano? – finalmente avevo tutta la sua attenzione solo per me.
– Certamente Miss Swan, L’Australia! Crediamo che investiremmo bene le nostre industrie là. Si immagina? La terra del sole, immense praterie e montagne rocciose, il mare più bello del mondo. Ho letto così tanti libri su quei posti esotici che non posso neanche crederci che forse un giorno potrò andare in quei luoghi di cui tanto ho letto ma che non ho mai potuto vedere con i miei occhi. –
… e forse un giorno potrà esserci lei al mio fianco, ad accompagnarmi in questa nuova terra che potrà essere anche sua, Miss Swan.
– Le piace leggere, signor Cullen? – mi chiese e un lampo di curiosità nei miei confronti le illuminò gli occhi bellissimi che ora mi scrutavano con attenzione.
– Certamente. Non c’è niente di meglio della compagnia di un buon libro a rasserenare giornate particolarmente noiose, lei non trova Miss Swan?--
– Sono pienamente d’accordo con lei, Mr Cullen, ma purtroppo per me non dispongo di molti libri, perciò mi devo accontentare di leggere e rileggere i vecchi testi che possiedo. –
– La mia biblioteca è sempre a sua disposizione Miss Swan, sarebbe un onore per me poterle prestare qualche buon libro che possa rallegrare le sue giornate. – colsi l’occasione al volo.
-- Signor Cullen. Lei percaso sta insinuando che le giornate di Miss Swan sono noiose? -- si intromise Mr Davis.
Maledizione!
L’attenzione di Isabella, l’inconsapevole premio di quella tacita disputa, tornò alla mia spina nel fianco.
E per l’ennesima volta mi chiesi il perché l’avessero invitato.
– Oh no, non mi permetterei mai di dire una cosa simile, ma so bene che Miss Swan è una donna molto impegnata. – risposi alludendo implicitamente al suo lavoro in fabbrica, poi mi arrischiai ad agiungere: – l’ammiro per questo, sono sicuro che lei è una donna molto responsabile e generosa, una donna fantastica direi, come se ne incontrano di rado di questi tempi. Sono certo che, su chiunque cadrà la sua scelta, chi la sposerà sarà un uomo molto fortunato. E la sua non sarà di certo una scelta casuale, ma bensì le spetterebbe un uomo forte ed intelligente, sicuro di se e capace di proteggerla e di darle una vita dignitosa, come lei merita. –
Tutto della mia descrizione sembrava dire “Edward Cullen”.
Lei mi fissò qualche istante negli occhi cercando di comprendere il significato delle mie parole, ma non disse niente per istanti infiniti.
Poi, ancora un po’ disorientata dalle mie parole, si alzò scusandosi e dirigendosi verso il bagno, lasciandomi in compagnia di Mr Davis.
– Davvero lei crede di riuscire a conquistarla con queste belle ma vuote parole? – mi schernì l’uomo al mio fianco, sogghignando.
– Perché, lei con i suoi inutili discorsi sulle sue origini spera di riuscire ad ottenere le sue attenzioni? –
Lui rise – Lo ammetta a se stesso, signor Cullen, Miss Swan preferisce di gran lunga me a lei, è inutile negarlo e i suoi ridicoli vanti su ciò che l’aspetta in futuro non servono a niente. –
– Questo lo dice lei, Mr Davis, sono curioso di sentire cosa dirà quando Isabella sarà all’altare al mi fianco. –
– Onestamente, Mr Cullen, dubito che riuscirete ad infilarle un anello al dito. –
– Onestamente, Mr Davis, dubito che riuscirete ad infilarvi nel suo letto. – risposi fumando di rabbia ed accendendomi alla svelta una sigaretta.
– Staremo a vedere, signor Cullen. – rispose con un ghigno per poi alzarsi e andare dai padroni di casa e congedarsi, andandosene.
Mi alzai dirigendomi verso il bagno delle signore dove attesi che ne uscisse Miss Swan.
Quando lei ne uscì sobbalzò trovandomi ad aspettarla furioso.
– Signor Cullen, cosa …? – ma non la lasciai finire. Ero pieno di rabbia ed esplosi, riversando tutta la mia ira su di lei.
– QUELL’INSOLENTE DAMERINO! SCIOCCO VIEVEUR! ADULATORE DA STRAPAZZO! – urlai fuori di me cominciando a camminare avanti e in dietro per il corridoio.
Lei rimaneva in silenzio, le mani intrecciate sul petto, tremante, impaurita e assoggettata dalla mia rabbia folle.
A quella vista mi sentii morire.
No!
Mi voltai verso di lei, l’ira distruttrice che mi aveva invaso mi luccicava ancora negli occhi, ma piano, piano il rimorso si faceva strada in me.
Per l’ennesima volta in sua presenza mi ero lasciato andare, ero stato preso dalla rabbia e mi ero scordato di ricoprire il mio ruolo di dignitoso e controllato uomo d’affari, ma purtroppo con lei era sempre così, riusciva a tirare fuori un lato nascosto di me, l’Edward Cullen più soggetto alle emozioni.
Ma se c’era una cosa che odiavo oltre che un altro uomo le si avvicinasse era che lei avesse paura di me.
Addolcii lo sguardo e mi imposi di calmarmi per poi avvicinarmi a lei di qualche passo – Perdonatemi, non volevo spaventarla. – le dissi e, con mio profondo rammarico, una piccola lacrima le sfuggì e io reagii d’istinto.
Avvicinai una mano al suo volto e con una lieve carezza le asciugai la lacrima che, traditrice, le era sfuggita.
Arrossì deliziosamente, scostandosi velocemente dal mio tocco.
Per me era un gesto fin troppo naturale avvicinarmi a lei e accarezzarla, coccolarla.
Era un comportamento senza dubbi inopportuno ma inevitabile da parte mia.
Ma a quanto pareva lei non gradiva questo mio comportamento forse troppo dolce nei suoi confronti.
Ma quale donna non desiderava essere riempita di premure e dolcezze da parte di un uomo come me? Un uomo che avrebbe potuto mettere il mondo ai suoi piedi, che le avrebbe donato anche la luna se solo lei lo avesse chiesto.
– La prego di non riferirsi più così al signor Davis. Egli è un uomo amabile e rispettabile al contrari di ciò che lei ha affermato. – ribatté decisa.
Quelle parole mi colpirono con una violenza inaudita.
Rabbia.
Dolore.
Umiliazione.
Gelosia.
Tutti quei sentimenti dolorosi mi corrodevano il fegato e ora più che mai desideravo uccidere con le mie stesse mani quel farabutto.
Volevo disintegrarlo.
Perché lei lo difendeva? Perché lo riempiva di complimenti mentre a me era riservato solo uno sguardo di disprezzo? E da quell’insolita dolcezza che fino a prima avevo provato per lei tornò la furia.
– Lei non conosce abbastanza bene il signor Davis da poterlo giudicare. Anzi, gradirei che non lo conoscesse affatto. Voglio che lei smetta di frequentarlo, non deve più rivolgergli la parola. – dissi pacato, in un tono che non ammetteva repliche, cercando di trattenere la rabbia.
– Cosa? Lei non può dirmi cosa devo e cosa non devo fare! –
– Oh si che posso Miss Swan. E le assicuro che lo farò. – le dissi in tono minacioso.
– La prego di non immischiarsi nei miei affari personali. – disse con voce tagliente.
Queste parole mi ferirono nel profondo, mi voleva allontanare, non voleva nulla a che fare con me … beh, come se gliel’avessi permesso di lasciarmi fuori dalla sua vita.
– È mio dovere immischiarmi nei sui affari e lei, volente o nolente, farà come le dico: non incontrerà più il signor Davis. –
Lei arrossì dalla rabbia e strinse le labbra per non rispondermi in malo modo – La prego di spiegarmi il perché di questa sua perentoria decisine di non permettermi di avere alcun genere di rapporto con un gentiluomo come un altro? –
– Semplicemente perché Mr Davis è una persona poco raccomandabile, è famoso per la sua fama da donnaiolo, uno “sciupa femmine” se così mi è permesso dire. Perciò diffidi della sua galanteria e rifiuti tutte le sue offerte. –
Fu improvviso e nemmeno me l’aspettavo.
Uno schiaffo mi arrivò dritto in faccia mentre assistevo al meraviglioso volto della donna di fronte a me passere dallo sconcerto alla rabbia, ma non fu il dolore fisico a ferirmi, ma il suo gesto.
Mi aveva schiaffeggiato pur di farmi tacere e non dire altre ingiurie nei confronti di quel maledetto.
Mi sentii malissimo, il dolore del suo rifiuto era quasi insostenibile.
Era ormai palese come lei preferisse di gran lunga lui a me.
Lei, la donna che mi ero giurato di proteggere e difendere dal mondo.
Lei, la cui bellezza, purezza e semplicità mi avevano stregato in ogni modo.
Lei che volevo al mio fianco per il resto della mia vita.
Che davvero mi fossi innamorato? Ormai non ero più neanche certo del contrario.
La desideravo in ogni modo possibile all’uomo.
Amavo tutto di lei al punto da desiderarla solo per me, per sempre.
Ma sebbene tutto lei mi stava ancora rifiutando, non mi voleva al suo fianco, mentre io la desideravo disperatamente.
Mi si avvicinò infuriata e quando fu a un palmo dal mio viso sibilò – Almeno il signor Davis ha il coraggio di dimostrarsi uomo e non nascondersi dietro a una ridicola maschera pur di proteggersi dalle illusioni. Lui non
 è un vigliacco al contrario di lei. – sputò con rabbia contro di me prima di superarmi e andarsene.
Che si stesse riferendo ad E.C.? Che avesse compreso tutto? Ma sebbene tutti i miei sforzi era questo che dovevo subire? Sentirmi definire un vigliacco e paragonato a quel lurido verme?
Non lo potevo accettare.
Mi dispiace amore mio ma che tu mi ami o no sarai comunque mia.


 

Ciao a tutte! Come va? Che ne pensate di questo nuovo capitolo? Vi è piaciuto il Pov Emmet? Non ve lo aspettavate eh?! u.u Grazie per tutte le vostre bellissime recensioni che mi rendono felicissima! Nel capitolo ho fatto un piccolo accenno al fatto che Bella si sia cucita da sola l'abito che indossa, in realtà non è nulla di strano, all'epoca in molti quotidiani femminili c'era una pagina dedicata ai vestiti in cui settimanalmente riportavano il cartonato e le misure per fare un vestito ogni volta diverso così che le donne  a casa potessero cucirseli da se (basta che chiediate alle vostre nonne che sicuramente potranno raccontarvelo), ma tenetevi questo dettaglio a mente perchè potrà tornarci utile più avanti ;) 
Buonaserata e al prossimo capitolo

Bacioni 
S.

  
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