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Autore: Clonnie    17/10/2017    3 recensioni
Speak my name and I'll appear
Right here
Hideaway

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Dean è in un'altra cittadina uguale a tutte quelle in cui John ha trascinato lui e Sam da quando sono piccoli. Non è facile attirarsi le simpatie degli altri diciassettenni quando si hanno vestiti troppo grandi e tasche troppo vuote e forse per questo finisce spintonato in un vicolo da un gruppetto di ragazzi del posto. È li che lo trova Cas, un altro ragazzo isolato da tutti per via delle voci sulla sua famiglia, silenzioso e strano, ma efficace nel salvare Dean con un paio di pugni...
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Teen!Destiel
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Gabriel, Jo, John Winchester, Sam Winchester
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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4 – Someone to stay
 
You were alone, left out in the cold
Clinging to the ruin of your broken home
Too lost and hurting to carry your load
We all need someone to hold
 
You’ve been fighting the memory, on your own
Nothing worsens; nothing grows
I know how it feels being by yourself in the rain
We all need someone to stay
We all need someone to stay
 
Hear you, falling and lonely, cry out:
Will you fix me up? Will you show me hope?
At the end of the day you were helpless
Can you keep me close? Can you love me most?
 
(“Someone to stay” Vancouver Sleep Clinic)
 
Il giorno successivo, Dean passò la prima metà del pomeriggio a grattarsi la spalla, il ginocchio che gli ballava sotto il tavolo, nervoso.
«Che c'è?», gli chiese Sammy dal tappeto.
«Niente,» brontolò. «Devo andare in un posto.»
«Che posto?»
Avrebbe potuto parlargliene, ma aveva promesso. E poi... e poi non voleva. Non sapeva perché, era così e basta.
«Un posto, fatti gli affari tuoi.»
Sammy gli mostrò la lingua e riprese a scrivere sul suo quaderno, sdraiato a pancia in giù e le caviglie incrociate in aria.
Quando aspettare fu troppo anche per lui, che di appostamenti inutili ci era cresciuto, scattò in camera sua e poi fuori dalla porta prima che Sammy avesse tempo di ribattere. Tanto era abituato a vederlo entrare e uscire a suo piacimento.
Arrivato alla fattoria entrò, tentennando di fronte alla mancanza della scala. Castiel probabilmente non era ancora arrivato, e doveva nasconderla da qualche parte, ma non si azzardò a cercarla o a profanare quel posto senza di lui.
Che poi, chi lo diceva che si sarebbe ripresentato? Avrebbe potuto chiederglielo, ma non ci aveva pensato. Beh, se non fosse venuto, Dean poteva sempre leggersi il libro che si era portato lì in mezzo al fienile. Era sporco e non c'era posto per sedersi, ma il terreno contava comunque, no?
 
Castiel arrivò al fienile un po' di corsa, i capelli scompigliati. Trovò Dean a vagare quieto per il posto, in attesa. Lo osservò un istante senza essere visto, rapito dalla realizzazione che fosse proprio lì. 
Capì di averci sperato parecchio, anche senza razionalizzarlo, e le orecchie si tinsero di rosso all'idea. 
«Dean,» disse soltanto, la voce un po' più grave del solito, come se quel nome pesasse sulla lingua. «Potevi salire,» aggiunse, ricordando solo dopo che la volta prima Dean era già fuori quando Cas aveva nascosto la scala.  
Gli fece vedere dove la teneva, poi la recuperò, la sistemò e iniziò a salire i pioli, cauto. 
 
Dean non rispose che non sapeva se poteva, che non voleva e non gli sembrava giusto salire, quindi si limitò a seguirlo, registrare dove teneva la scala, e arrampicarsi subito dopo di lui.
«Ho portato degli snack,» annunciò, subito dopo essersi seduto sul bordo del materasso come il giorno prima, frugandosi nelle tasche.
Aveva qualche barretta energetica rubata a Sam e un paio di cioccolatini.
«E della birra, ma posso portarti qualcosa la prossima volta. Non sapevo cosa ti piacesse.»
Fissò gli snack che aveva appoggiato sulla coperta blu, improvvisamente conscio di aver portato due schifezze che probabilmente Cas nemmeno mangiava.
 
Cas osservò meravigliato il tutto, prima di alzare lo sguardo.  
«Grazie, Dean,» mormorò, abbozzando uno dei suoi sorrisi per Dean, prima di prendere un cioccolatino e iniziare a scartarlo. 
«Per oggi posso anche bere un po' di birra. Insomma... per festeggiare,» aggiunse, rendendosi conto che poi avrebbe dovuto spiegare cosa voleva festeggiare e suonava un po' triste celebrare l'unica amicizia che avesse mai avuto.  
E non erano ancora amici, dopotutto. 
Il suo cervello sembrava non volersi spegnere, quel giorno, con quel rumore di sottofondo sempre più invadente, a dirgli che c'era un motivo se era corso lì come lo strambo che era. 
 
«Davvero?»
Dean sorrise, felice di non aver fatto una cazzata, e tirando fuori una lattina dall'altra tasca. L'aprì, lasciando che il sonoro fischio si librasse nell'aria tra di loro prima di passarla a Cas, ma trattenendola tra le dita, incerto. Non voleva farlo prendere una cattiva strada.
«Che cosa festeggiamo?»
 
Questo. 
Tu che sei gentile con me. 
Noi.
Cas cercò il modo di dirlo senza che suonasse strano o, peggio, facesse scappare Dean 
«Il nostro posto segreto,» scelse, alla fine. 
Prese la lattina sfiorando le dita di Dean e bevve un piccolo sorso. Era amara e frizzante e forse quel sapore gli avrebbe ricordato Dean per molto, molto tempo. 
 
Dean annuì, e si riprese subito la birra.
«Al posto segreto,» asserì, prima di bere, evitando la parola nostro per qualche motivo.
Dean era abituato a farsi gli amici piuttosto velocemente, ma sicuramente non aveva mai avuto un rifugio appartato o cose del genere. O qualcuno come Cas, sempre così serio, ma che ogni tanto si sbottonava e sorrideva, lasciandosi trapelare tra quelle che dovevano essere mille insicurezze.
«Mi sono portato anche un libro,» lo alzò in aria, mettendo la lattina di lato, ma dalla sua parte, lontana da Cas. «Non voglio importi la mia presenza tutto il tempo, quindi... tu fai quello che fai di solito, leggi, disegna... io me ne sto qua tranquillo a leggere.»
Si lasciò andare all'indietro, buttando la testa sui cuscini, ma senza ancora aprire il volume - che era 1984 di Orwell, titolo che non aveva assolutamente scelto per darsi una certa aria di importanza.
 
Cas annotò il modo un po' distante con cui Dean reagì alla sua proposta di brindisi e sentì le orecchie arrossarsi. Magari Dean aveva solo bisogno di un posto in cui starsene tranquillo e per puro caso era incappato nel suo. Non significava che fossero loro, da festeggiare, né che dovevano riprendere a chiacchierare come la volta prima. 
Per non pensarci armeggiò con la scatola, prendendo blocco e una matita, e si mise a gambe incrociate sul materasso, sbirciando di tanto in tanto Dean per disegnarlo al meglio.  
Non aveva mia avuto un soggetto dal vivo e Dean era davvero... bello. Rilassato, con una mano ripiegata sotto la testa quando non doveva girare le pagine e l'altra a tenere il libro.  
Così il tempo passò e una ventina di minuti dopo, a disegno completato, Cas si rese conto che probabilmente avrebbe dovuto chiedere a Dean il permesso prima di ritrarlo. 
«Emh...» 
 
Dean alzò un sopracciglio per guardare Cas da sopra la pagina. Si era messo a leggere non appena Cas aveva preso il blocco, ma non era stupido, sapeva che lo stesse disegnando, e il suo ego si era gonfiato a dismisura. Aveva cercato di muoversi il meno possibile, sperando di non rovinare il lavoro all'artista.
Che forse adesso aveva finito?
Lascio che la domanda la ponesse il suo sguardo
 
«Spero non sia un problema. Non capita molto che io possa disegnare qualcuno dal vivo e...» 
Cas chiuse il blocco da disegno, guardando dritto negli occhi di Dean. 
«Ti ho disegnato, ma se ti dà fastidio posso buttarlo,» comunicò, risoluto, prima di posare il blocco ai piedi del materasso. 
Non voleva davvero che Dean lo odiasse. Ed era assurdo, perché tutti l'avevano sempre odiato e per lui non era mai stato un problema. 
 
Dean rise, forse perché gli faceva ridere il pensiero che Cas non si fosse accorto che Dean stesse... beh, posando per lui, alla fine.
Gli lanciò il libro in grembo e si tirò per afferrare il blocco prima che Cas decidesse di non farglielo vedere o di buttarlo sul serio.
«Wow,» mormorò, il sorriso un po' più lieve, addolcito sulle labbra. Erano delle belle linee, non troppo spesse, che lo armonizzavano. Dean non pensava assolutamente di essere così nella vita reale, Cas doveva averci aggiunto del suo per abbellirlo. «Ho davvero tutte queste lentiggini?», scherzò, voltandosi a guardarlo. 
 
Cas doveva avere le orecchie davvero in fiamme, a quel punto. Avrebbe voluto parlare, dire che sì, Dean aveva tutte quelle lentiggini ed erano bellissime. Che lo avrebbe disegnato ogni volta che lui si fosse presentato lì, per poterselo ricordare una volta ripartito. Che era la prima persona a cui voleva piacere, di cui gli importava l'opinione. Che nemmeno per Hannah gli era interessato tanto non essere disprezzato. Che era patetico - soprattutto perché non lo conosceva che da un paio di giorni - ma il modo in cui lo trattava, quella gentilezza genuina, gli aveva fatto tornare i vecchi dubbi e che continuavano a fare paura, certo, ma non così tanto. 
«Ne hai un po',» rispose invece, cauto. 
 
Cas era arrossito e Dean sorrise più a fondo.
Non era solito mostrare i suoi lavori? Beh, avrebbe potuto disegnare Dean tutte le volte che voleva e farlo vedere a chiunque avesse voluto, non gli importava. E anche gli altri disegni, avrebbe dovuto... sì, avrebbe dovuto farli vedere a una galleria d'arte o qualcosa del genere.
«A chi non piacciono le lentiggini,» commentò, strizzando l'occhio e pizzicando un orecchio di Cas, per poi sdraiarsi di nuovo sul materasso a leggere. Era a buon punto, aveva sempre voluto finire di leggerlo, quel libro.
«Per ritrarmi nudo devi pagare, sappilo,» buttò là, il naso tra le pagine e la faccia nascosta dalla copertina.
 
Cas arrossì ancora di più. Dean gli aveva pizzicato l'orecchio e lui aveva sentito i polpastrelli un po' ruvidi entrare a contatto con la pelle come una scena a rallentatore. 
«Non sono bravo con le anatomie,» si limitò a rispondere, forse un po' brusco, mentre l'immagine mentale e indelebile di Dean nudo gli si piantava nell'occhio del ciclone di tutti i suoi dubbi. 
Si chiuse di nuovo in se stesso, riponendo blocco e matita per pescare un libro qualsiasi dalla scatola. In realtà li aveva letti e riletti tutti, e fra quelli c'erano anche i libri di suo padre, ma non voleva disturbare Dean o essere evidente nel suo... beh, qualsiasi cosa gli stesse capitando.  
Si sdraiò sul materasso, attento a mantenere le distanze. 
  
Dean non alzò gli occhi dalla pagina, ormai deciso a finire 1984 entro quel pomeriggio.
Sentì il peso di Cas affondare il materasso accanto a lui, e sbirciò per vedere se lo volesse ritrarre da un'altra angolazione, ma si era portato dietro un libro pure lui.
«Che leggi?», chiese, come se non avesse mai distolto gli occhi dalle righe.
  
«Un libro,» rispose Cas, voltando la testa per scrutare il profilo di Dean. «L'ha scritto mio padre, ma Naomi dice che è spazzatura,» spiegò, certo che non bastasse una risposta evidente come “un libro”. 
In realtà era difficile anche solo concentrarsi sull'idea di leggere, perché quel momento gli pesava addosso come fosse stranamente intimo. 
«Ci sono due fratelli e una quantità sostanziosa di creature mostruose. Si ispira alla mitologia cristiana e...» 
Cas smise di parlare, un po' indeciso sulla prossima frase. 
«Forse ti piacerebbe. Per via di te e Sammy. Ieri hai parlato di lui e ho dedotto che è tuo fratello e che siete molto legati. Come i due del libro.» 
  
«Huh.»
Dean si tirò su meglio con la schiena, appoggiandosi Orwell sulla pancia.
«Sembra interessante. Posso vedere?», chiese, mostrando il palmo.
E così il padre di Cas scriveva libri e poi abbandonava la prole. Non sapeva se fosse peggio di sua madre, che non aveva scritto né lasciato niente dietro di lei.
  
Cas allungò il libro a Dean. 
«Ne ha scritti parecchi quando era giovane e con i soldi ci si è comprato il ranch. Non so chi sia nostra madre, non ne ha mai parlato, per questo quando se n'è andato nostra zia è venuta a vivere da noi. In realtà credo abbia sempre voluto mettere le mani sul ranch e basta, ma almeno non siamo dovuti finire chissà dove, separati,» si mise a spiegare Cas, mentre Dean ispezionava il libro, più per riempire il silenzio imbarazzante che per altro. 
E Dean era così vicino... 
Avrebbe potuto toccarlo solo alzando la mano, invece di lasciarla abbandonata sul materasso. 
  
«Ah, quindi è per tua zia che devi correre a casa e rifugiarti in questo posto?»
Sfogliava le pagine, leggendo pezzetti qua e là, maneggiando il libro con cura perché era di suo padre e quindi doveva essere importante per Cas.
Dean sicuramente lo avrebbe tenuto nascosto da qualche parte in casa, a parti invertite. Forse nascosto anche da Sammy, come quelle fotografie in cui erano solo lui e la mamma e Dean era talmente tanto piccolo da avere un caschetto inguardabile e un sorriso ignaro di quello che sarebbe successo dopo.
  
«Già,» rispose soltanto Cas, guardando Dean concentrato sul libro. «Ha buttato quelli di Gabriel, quindi i miei li ho portati qui.» 
Si chiese cos'avrebbe pensato Dean nel vedere la sua stanza, la libreria vuota, le pareti spoglie, niente di niente che potesse essere usato contro di lui. 
Per un attimo, immaginò Dean sul suo letto, sdraiato come si era sdraiato sul materasso, un braccio dietro la testa, lo sguardo verde fisso in un punto imprecisato in cui doveva esserci il Cas della sua fantasia, in piedi poco distante. Era un'immagine così strana e assurda che gli strappò un piccolo sbuffo divertito, nonostante l'accelerare del battito. 
«Puoi leggerli, se vuoi. Le prossime volte... s-se ci saranno altre volte  in cui verrai qui, ovviamente,» disse, un po' sorpreso dalle sue stesse parole. 
  
«Certo che ci saranno. Voglio dire, se non è un problema...»
Stava quasi per chiedere di estendere l'invito a Sammy, ma le parole non gli uscivano. Non che non ce lo volesse lì, anzi, Sammy avrebbe adorato poter leggere là dentro. Forse Dean voleva solamente un posto che fosse solo suo, per una volta. Beh, e di Cas, che era un'aggiunta piacevole.
  
Cas si aprì in un altro sorriso ed era sempre più facile abbandonarsi a quell'espressione. 
Il giorno dopo poteva passare al drugstore con i pochi soldi che Naomi gli permetteva di avere e comprare altro da mangiare, magari qualche bibita che piacesse anche a lui. E poi un giorno sarebbe stato invitato in macchina di Dean e avrebbero ascoltato la musica.  
Erano amici
«Non è un problema,» rispose, quindi, prima di tornare a sdraiarsi e fissare la tela cerata che pendeva sopra le loro teste. 
  
Dean si tenne il libro di fianco per il resto del tempo che a Cas era concesso stare fuori.
Finì 1984 come si era prefissato, mentre Cas rimaneva sdraiato placidamente al suo fianco, e non chiese mai di riavere indietro il volume, quindi doveva essere contento di rimanere semplicemente là a guardare il soffitto e giocherellare con la stoffa dei vestiti. Magari a volte passava così i suoi pomeriggi e Dean non aveva intenzione di disturbarlo.
Quando Cas cominciò ad agitarsi, Dean riuscì a capirlo da un leggero cambio nella respirazione e nel modo in cui non riusciva a stare fermo sul materasso, capì che era giunto il momento di tornare a casa. Dean odiava quella zia, sul serio.
Si salutarono con il solito sventolare di palmo impacciato, e Dean camminò fino a casa con il libro di Chuck stretto al petto, mentre quello di Orwell giaceva a faccia in su sul materasso. Alla fine uno scambio equo era la cosa migliore, no?  



 
Salve!
Come ogni martedi: eccoci!!!
nel prossimo capitolo si entra ancora più nel vivo, ma qui già si scoprono un po' delle fragilità dei due. 
Speriamo vi piaccia e, come sempre, grazie per le letture e le recensioni. ❤❤❤
serClizia & DonnieTZ
   
 
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