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Autore: rocchi68    17/10/2017    3 recensioni
“La giovinezza è sia una bugia, che un male. Quelli che elogiano la giovinezza stanno solo ingannando se stessi e chi gli sta vicino. Credono che quelli che gli stanno attorno approvino sempre gli atti che compiono.
Usando la parola giovinezza, loro alterano e stravolgono il buonsenso e qualsiasi cosa ci sia di logico.
Per loro bugie, segreti, peccati e insuccessi non fanno altro che aggiungere pepe alla loro giovinezza.
Se il fallimento è il simbolo dell’essere giovani come dicono, allora qualcuno che non è riuscito a farsi degli amici dovrebbe essere all’apice della sua giovinezza, giusto?
Ma di certo, nessuno di loro lo ammetterebbe mai perché tutto deve andare come più gli torna comodo.
Per concludere: gli idioti che si godono la loro gioventù dovrebbero suicidarsi”.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dawn, Scott, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Coloro che non avevano perso la speranza, sarebbero stati premiati.
Passarono molti giorni da quando Dawn aveva risolto il problema di Courtney e in tutto questo il club ci aveva guadagnato un’ottima visibilità.
Capitava frequentemente che qualcuno entrasse in cerca di un consiglio e che ne uscisse poi con un entusiasmo contagioso.
In tutto questo, però, Dawn era cambiata.
Non dava più consigli con lo spirito gioioso dell’anno prima, ma almeno era abile a mascherare il tutto e a sforzarsi di sembrare la più naturale possibile.
Il gruppo del tennis aveva continuato a farle visita molte altre volte, ma lei era sempre rimasta sulle sue posizioni.
Le avevano chiesto di rinunciare al ruolo che ricopriva con le sue sole forze, con la speranza che si accasasse nel loro team.
Con la popolarità di Dawn e con la sua influenza nella scuola, potevano avere qualche chance in più di strappare un consenso ai professori.
Invece lei era rimasta inamovibile.
Non avrebbe mai lasciato il club del Volontariato perché si sarebbe sentita in colpa.
Sperava che un giorno Scott varcasse la porta, che si sedesse al suo posto e che con la solita aria menefreghista risolvesse i problemi.
Quelle preghiere che rivolgeva ogni sera al cielo, sembravano rivolte al caso.
Eppure il caso non l’aveva mai tradita.
Nemmeno quando credeva che sarebbe caduta nell’oblio, dato che apparentemente nessuno sembrava avere a cuore la sua felicità.
E invece prima Zoey e poi gli altri le erano state vicini.
E quel 6 novembre avrebbe ricevuto il regalo che tanto aspettava.
 
Così come se ne era andato in una calda e afosa giornata di luglio, allo stesso modo aveva fatto ritorno.
Senza avvertire nessuno aveva riabbracciato con lo sguardo la sua città.
Non era poi cambiata molto in quei lunghi mesi di lontananza.
Si era preso qualche ora per visitare i posti a lui più cari e poi, sotto mezzogiorno, aveva fatto ritorno alla baracca.
Per la sorella e la madre fu quasi un infarto sentire la serratura dare segni di vita.
In pochi secondi erano scattate in piedi e avevano aperto la porta, prendendo in contropiede Scott.
Lui si aspettava qualche rimprovero, ma il figliol prodigo era stato rinchiuso nelle forti braccia delle 2 donne.
E come era tornato a casa, allo stesso modo avrebbe ripreso le sue vecchie abitudini.
Infatti l’indomani si era ripresentato a scuola.
Tutto risolto secondo la maggior parte della comunità, ma tutto più complicato per quelli che lo conoscevano bene.
Anche nella sua sezione aveva ricevuto molti abbracci insoliti e molte parole di sostegno, ma in tutto ciò una cosa sola era cambiata.
Il suo sguardo ferito era la prima cosa che in molti avevano notato.
Uno sguardo vitreo, sofferente, deluso e un viso scavato da quella che sembrava una strana malattia, ma che era molto peggio.
Sembrava avesse appena finito di combattere in una rissa in cui le aveva buscate alla grande.
Alle poche domande che gli venivano rivolte, lui rispondeva senza proferire parola.
Solo il silenzio non lo tradiva.
Anche con sua madre e con Alberta non aveva detto nulla.
Aveva ascoltato i loro rimproveri e il loro sollievo, ma non erano riuscite a restituirgli un pizzico di gioia.
Lui le fissava e sembrava sempre sul punto d’esplodere, salvo poi accontentarsi di un sorrisino appena accennato.
Non era la mancata loquacità di Scott a renderle pensierose, ma la sua indole.
Una volta cinica e apatica ora sembrava limitata.
Quando aveva salito le scale per portare la valigia in stanza, avevano notato la difficoltà nei movimenti.
Prima di luglio quasi correva per buttarsi sul divano, mentre ora si sorreggeva sul supporto, quasi non avesse le forze per continuare.
Inoltre quando era uscito per avviarsi verso scuola, avevano notato un passo ancora più lento e indeciso.
Credevano avesse paura d’affrontare i suoi compagni, anche se sospettavano che non fosse solo questo.
La verità è che lui si trascinava ovunque.
Trascinava il suo inutile corpo dove non avrebbe potuto causare danni a nessuno e anche quel poco di felicità, che aveva nell’anima prima di partire, si era estinta.
Tutta colpa di quel viaggio malsano che aveva spezzato una sciocca illusione.
Per oltre 4 mesi aveva girato senza meta con la speranza d’ottenere una risposta e in nemmeno 5 minuti era stato disintegrato.
Terminate le prime 6 ore di scuola dopo il suo improbabile ritorno, si era defilato nel vecchio club di Volontariato con la speranza che, almeno lì, potesse esistere in santa pace.
Non aveva fatto i conti con l’esuberanza e la gioia di una sua conoscente che in quei mesi aveva patito la sua assenza.
Era appena entrata e lui fissava il vuoto della parete bianca dinanzi a sé con le lacrime agli occhi.
Fu quando sentì la porta cigolare che ebbe l’istinto di asciugarsi il volto, ma quel movimento non passò inosservato all’amica.
“Dove sei stato?”
“Ti prego Dawn, non chiedermelo.”
“Sai cosa abbiamo passato senza di te? Sai quanto mi sono sentita sola?” Chiese, arrossendo un po’, senza scioglierlo in alcun modo.
“È stato tutto uno sbaglio.”
“Perché?” Domandò lei, sedendosi al suo vecchio posto.
“Lasciami in pace.” Sussurrò, appoggiando la testa al banco con la speranza che lei seguisse il suo consiglio.
Non aveva fatto i conti con la sua testardaggine e infatti aveva subito sentito un abbraccio capace soltanto di farlo singhiozzare.
Scott credeva che lo facesse di proposito ad approfittarsi dei suoi rari momenti di debolezza, ma doveva ammettere che quella sensazione era assai piacevole.
“Cosa ti è successo, Scott? Non eri così mesi fa.”
“Sono stanco Dawn.”
“Non ne capisco il motivo.”
“Se tu sapessi quanto fa male.” Borbottò il ragazzo, rialzando il volto e mostrando i suoi occhi segnati dalle troppe lacrime versate.
“Se mi spieghi cosa ti è successo, posso aiutarti.”
“Nessuno può aiutarmi.”
“Spiegami il perché.” Continuò, facendolo negare con il capo.
“Non importa.” Ammise con un ghigno forzato e accarezzandole la testa, quasi volesse farle capire che apprezzava il suo interesse.
“Tu mi hai sempre protetto, perché non vuoi fidarti di me?”
“Credevo di sostenerlo da solo e tu non sei in grado di sopportarlo. Te ne prego Dawn, lascia perdere.”
“No.”
“Dovresti evitarmi così come hanno sempre fatto gli altri.” Riprese il giovane.
Quel segreto, lo sentiva fin nelle viscere, lo stava uccidendo.
Era logorante e diventava sempre più insopportabile.
Se solo fosse esistito uno uguale a lui, cinico e freddo nella stessa misura, allora avrebbe potuto confidarsi.
Ma con Dawn gli risultava impossibile.
“Se non lo dici a nessuno, continuerai a soffrire.”
“Ci sono abituato ormai.”
“Perché non me ne parli?” Ripeté, cercando di smuoverlo.
“Non posso…non capiresti.”
“Cos’è che non capirei?”
“Non ha importanza.” Sussurrò il giovane con molta fatica.
Anche parlare gli sembrava inutile ormai.
Cosa aveva ottenuto menando la bocca inutilmente se non dolore e sofferenza che poteva benissimo evitare?
“Come?”
“A volte succedono delle cose terribili e tu non puoi farci niente per evitarle. Perciò perché preoccuparsi?”
Non aveva notato nulla di diverso, se non uno sguardo più rabbioso da parte sua.
Si accorse della sberla di Dawn solo quando vide la mano scattare verso il suo volto.
Non era stato un colpo molto violento.
Gli sembrava impossibile anche solo d’aver sentito quella debole mano stampargli uno schiaffo.
Infatti quell’istante d’ira era durato pochi attimi e lei era subito tornata ad essere apprensiva e dolce come al solito.
“Quando capirai che tengo molto a te?” Domandò lei, stupendolo per quel repentino cambio d’umore.
“Dawn…io…”
“Lo so Scott…ho un po’ esagerato.” Sorrise la giovane, mentre lui cercava di trovare qualcosa da poter dire in quei frangenti.
Sapeva d’essere in torto e non lo negava, ma non trovava le parole adatte per sentirsi meglio.
Avrebbe voluto liberarsi di quel fardello, ma non se questo significava far soffrire la ragazza di cui era innamorato e che aveva sempre avuto fiducia in lui.
Si sarebbe sentito un infame.
“Credimi…vorrei parlartene, ma non ci riesco.”
“Già il solo volerlo è un passo in avanti. Non appena ti sentirai pronto per affrontare i demoni che ti tormentano, potrai contare su di me.”
“Tu e le tue frasi fatte.” Borbottò il rosso, strappandole un sorriso appena accennato.
“Sono seria.”
“Lo so.”
“C’è nulla che possa fare per te?” Chiese Dawn, sostenendo il suo sguardo carico di dolore e sofferenza.
“Potresti venire a casa mia?”
“Non vorrai mica approfittarti della situazione?” Domandò la ragazza, restituendogli un minimo di colore sulle guance cadaveriche.
“Vorrei solo che mi aiutassi con le lezioni perse.”
“Certo.”
Dawn conscia di non poter ottenere nulla più da quel pomeriggio, decise di aprire un libro, mentre Scott preferiva fissarla con attenzione.
Nonostante fossero passati solo pochi mesi, doveva ammettere che era cambiata molto.
Aveva fatto cadere il velo che la circondava ad appannaggio di una semplicità sconcertante.
Si era fatta più interessante sotto molti punti di vista, anche se la prima volta che il vecchio McLean lo aveva trascinato nel club l’aveva considerata malissimo.
Quanto si era sbagliato.
Le sue scuse non sarebbero mai state sufficienti per distruggere quel pregiudizio che lo aveva infastidito.
Forse era poco, ma almeno doveva farle sapere che apprezzava il suo aiuto.
“Grazie Dawn.” Sussurrò appena, mentre lei alzava gli occhi dal libro e gli rispondeva con un sorriso.
 
Quella mezzora che li separava dalla libertà era passata velocemente.
I due erano usciti dal club e da lì si erano diretti verso la casa del ragazzo con il chiaro intento di studiare e di permettere a Scott di recuperare il tempo perso.
Riuscirono con molta fatica a raggiungere la stanza del rosso, dato che prima sua madre e poi sua sorella avevano interrogato a lungo Dawn.
Solo quando sentirono che si trattava di studio lasciarono perdere, tornando ai loro impegni.
“Scusale…a volte sono un po’ seccanti.”
“A me piacciono.”
“Sei la prima che lo dice.” Borbottò il rosso con un ghigno appena accennato.
Comparato a quello con cui sbeffeggiava di solito gli altri non valeva nulla, ma almeno era un inizio incoraggiante.
Era un qualcosa che ricordava a tutti che lui era Scott e che nessuno gli avrebbe mai tolto.
“Vorrei ricordarti che siamo qui per studiare.” Riprese la giovane.
“Lo so.”
“Vediamo se ricordi gli argomenti dell’anno scorso.”
La ragazza afferrò, quindi, la borsa e appoggiò sul letto i libri che potevano tornarle utili.
Subito Scott si avvicinò e si sedette per osservare i suoi appunti.
Lui non sapeva quantificare quanto tempo era passato.
Quanti mesi erano trascorsi dall’ultima volta che lei aveva cercato di inculcare nella sua testa qualche nozione o formula importante.
Quanti mesi erano scivolati da quando lei si confidava e contava sulla segretezza di Scott.
Effettivamente era passato tanto tempo.
La sua mano si muoveva su quei fogli con una semplicità tale da farle dubitare che lui fosse scappato per tutto quel tempo.
“Scott qui hai commesso un errore.”
Alla stessa Dawn suonava insolito, eppure era successo.
Però non fu questo a stupirla e a farle sgranare gli occhi dalla sorpresa.
Lui stava piangendo, di nuovo, senza che lei ne capisse il motivo.
Non aveva detto, né fatto nulla per farlo star male e anzi aveva pesato con attenzione ogni parola che faceva uscire dalla sua bocca.
“Errore.”
Quanto faceva male quell’unica parola.
Peggio di una pugnalata al cuore.
Era bastata solo la parte di una frase senza senso, per far riemergere quella debolezza.
Non aveva motivo di piangere.
Non per quella freddezza che aveva ascoltato.
“Cosa ti succede Scott?”
Non si era nemmeno accorto che lei lo stava abbracciando di nuovo.
In quegli istanti si era chiesto quanto patetico dovesse sembrare ai suoi occhi.
“Secondo te...sono sbagliato?”
“Sbagliato? In che senso?” Domandò, staccandosi da lui e sforzandosi di ricordare un altro giorno in cui l’avesse visto così triste.
“Credi che io sia sbagliato per questo posto?”
“Come puoi pensarlo?”
“È solo una domanda.” Rispose il giovane, asciugandosi il viso.
“Tu non sei mai stato uno sbaglio. Nessuno lo è.”
“Però…”
“Tu hai risolto tanti problemi e non te ne rendi conto.” Lo interruppe Dawn, sfiorando il suo viso con una carezza.
“Davvero?”
“Non ricordi che mi hai salvato la vita?”
“Lo avrebbe fatto chiunque.” Borbottò il rosso, facendola negare.
“Tu non hai mai avuto paura quel giorno e sei stato il primo ad uscire con la tempesta. Se tu sei un errore, io cosa sono?”
“Sei solo un po’sbadata.”
“Anche tu lo sei, ma non sarai mai uno sbaglio.” Soffiò, zittendo Scott che si ritrovò a riflettere per quelle parole così dolci.
“Credo che per un po’ dovrai stare con un ragazzo molto giù di morale.” Le fece presente il giovane, facendole scrollare la spalle.
Per Dawn quello non era un problema.
Un giorno o l’altro si sarebbe liberato del peso opprimente che si portava dietro e lei sarebbe stata presente per rialzarlo.
“Non preoccuparti. L’importante è che tu stia bene.”
“Grazie Dawn.”
Senza che lei se lo aspettasse, Scott la avvicinò a sé per un abbraccio che gli serviva per recuperare la sicurezza perduta.
Allo stesso modo quella stretta permetteva all’amica di sentirsi protetta.
Anche se lo aveva sempre considerato un pervertito, Dawn sentiva che quella vicinanza era l’unica medicina di cui aveva bisogno.
L’unica soluzione che gli permettesse di sconfiggere le insinuazioni velenose che aveva ascoltato durante il suo viaggio.
E poco gl’importava che qualcuno potesse rovinare quel momento.
In altri frangenti il suo timore sarebbe stato quello d’evitare che la madre e Alberta vedessero quell’abbraccio, ma ora non poteva comportarsi diversamente.
Tanto sapeva che le due iene avevano osservato le sue mosse per tutto il tempo.
 
Come accadeva di consueto nell’anno precedente, Scott la riaccompagnò a casa e appena tornato, sua madre e sua sorella iniziarono con un interrogatorio assai pesante.
Doveva chiarire con loro quella situazione, la fuga che aveva inscenato e il posto in cui era stato per tutti quei mesi.
Parzialmente raccontò parte della storia, omettendo i dettagli più dolorosi e specificando che Dawn dovesse ignorare la verità.
Un giorno si sarebbe preso la briga di risolvere anche quella faccenda, ma prima voleva metabolizzare la botta.
“E con Dawn?”
“Non complicatemi la vita.” Rispose il rosso, fissando la sorella.
“Tanto te la complichi da solo.”
“Io ho capito molte cose in questi mesi lontano da casa.”
“E lei cosa centra?” Domandò la madre che era tornata gioiosa come in principio e che faceva di tutto per star vicina ai suoi figli, quasi credesse di sognare.
“Vuole sapere la verità.”
“Sbaglio o è la prima volta che qualcuno s’interessa così tanto a te, fratellino?” Chiese Alberta.
“È di questo che ho paura.”
“In che senso?”
“Mamma…se lei sapesse qualcosa che non le piace, potrei perderla per sempre.”
“E il vostro rapporto può basarsi su un segreto?” Tentò la sorella, facendo negare Scott.
“Perché è così difficile?”
“Qualsiasi cosa accada, sai che puoi contare sul nostro sostegno. Noi non ti abbandoneremo, anche se dovessi farla soffrire.”
“Spero solo che il tempo possa rendere il tutto più semplice.” Borbottò il rosso, alzandosi dal divano e avviandosi con lentezza verso la sua stanza.
Scott era convinto che tutto fosse questione di pazienza e che prima o poi avrebbe trovato il coraggio di raccontare a Dawn il segreto che si ostinava a nascondere.
E prima o poi avrebbe avuto la forza di ammettere i suoi sentimenti.
Tanto sapeva che un rifiuto da parte sua non sarebbe mai stato micidiale quanto la botta che aveva ricevuto durante quei 4 lunghi mesi d’assenza.




Angolo autore:

Ryuk: Forse abbiamo affrettato un po' i tempi del ritorno di Scott, ma non avevamo idee.

Già.

Ryuk: E dato che siamo bravi, abbiamo omesso il motivo della sua fuga.

Vi terremo sulla graticola fino alla fine della serie.
Anche se credo che qualcuno di voi abbia già intuito cosa sia successo.

Ryuk: Ringraziamo tutti i lettori di questa serie e ci auguriamo che non ci siano errori.

Alla prossima!
   
 
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