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Autore: Yuphie_96    17/10/2017    0 recensioni
Dal Prologo:
L’uomo annuì, accarezzando un attimo la fronte del fagottino, poi si voltò nella direzione da dov’era venuto e si mise a correre per raggiungere la sala operatoria.
“Ah figliolo! Un attimo solo!”
L’uomo si voltò verso il padre.
“Come si chiama?”
Chiese l’anziano.
L’uomo sorrise.
“Amèlie”
E riprese a correre.
“Amèlie eh…”
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Edward Elric, Nuovo personaggio | Coppie: Roy/Ed
Note: Movieverse, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Angolino della Robh: Buonasera a tutti...se ci siete.
Purtroppo ho visto che la mia storia non è piaciuta molto, però voglio continuare ad aggiornarla, ma non per ambizione o perchè sono convinta di essere una grande e brava scrittrice badate bene, io per prima non mi considero poi questa gran scrittrice, ma semplicemente perchè mi è piaciuta scriverla e voglio condividerla con voi non tanto per le recensioni, ma per farvi vedere quanto mi sono divertita, tutto qui ^^. Ovviamente, poi, se volete commentare, una recensione fa sempre piacere xD.
Passiamo alla storia però, questo capitolo è sia introduttivo che abbastanza 'cruento' diciamo, ho cercato di descrivere la scena il meglio possibile, se non ci sono riuscita, mi dispiace, ditemelo pure e cercherò di migliorare ^^.

Buona lettura <3.


Una serie di colpi sulla porta chiusa a chiave fece schiudere gli occhi alla ragazza sotto le coperte, che si prese il suo tempo per tornare nel mondo della realtà dopo il sogno che ormai non ricordava neanche più. Solo quando i colpi divennero vere e proprio manate contro la porta, la sedicenne allungò la mano fuori dal piumone caldo per andare a prendere il suo orologio d’argento, lo aprì e guardò l’ora mentre il padre le urlava che era tardi…mancava ancora un’ora alla prima campanella.
Sospirò, stiracchiandosi e alzandosi per andare ad aprire la porta.
“E’ l’ultima volta che te lo dico, signorina, smettila di chiudere la porta a chiave la sera! Giuro che te la tolgo sennò”
“Scusa”
Mormorò la ragazza, uscendo dalla stanza e andando a sedersi al tavolo della cucina.
Il padre continuò a rimproverarla per qualcosa che non aveva capito, ancora per metà nel mondo dei sogni mentre beveva il suo succo all’ace freddo di frigorifero.
“Potresti metterti qualcosa di più idoneo, almeno a tavola?”
Chiese poi suo padre, sospirando.
La ragazza guardò la maglia enorme che usava per dormire in inverno, poi alzò le spalle.
“Amèlie”
Sospirò ancora, il padre, passandosi una mano sulla fronte.
“E’ comoda per dormire”
Protestò lei.
“Uff…va bene, forza ora, vai a cambiarti, alla prima ora hai latino no?”
Stavolta toccò ad Amèlie a sospirare.
“Tesoro ne-“
“Ne abbiamo già parlato”
Finì lei, alzando gli occhi al cielo.
Si alzò anche dal tavolo e andò in bagno a darsi una sciacquata.
Tornò in camera sua e, sorridendo, chiuse la porta a chiave.
Per non sentire di nuovo le urla del padre accese l’ipod collegato alle casse e si mise a danzare in maniera buffa mentre si svestiva, poteva permetterselo ora che era da sola.
“Feel the rain on your skin!”*
Urlò, prendendo i jeans dal cassetto, poi da quello sotto le calze imbottite.
Fermò il suo ancheggiare e l’indossò, andando poi a scovare il reggiseno nella massa di stoffe che sua madre li regalava ogni domenica quando andavano a fare shopping insieme, mise la canottiera, la maglia leggera a maniche corte, quella a maniche lunghe e infine il suo adorato maglione lilla.
Adorava l’inverno proprio perché poteva mettersi i suoi amati maglioni caldi.
A quel punto pronta, andò ad aprire la porta, lasciando però la musica accesa in modo che anche il padre la sentisse. Capì che l’aveva sentita quando lo sentì a sua volta mugugnare qualcosa.
Si diresse nuovamente in bagno ridendo, mentre suo padre andava a spegnere la musica rimproverandola, si pettinò in maniera accurata i capelli castani, prese delle ciocche dai lati e li legò dietro grazie al suo adorato fermaglio a forma di piuma.
Si mise giusto un tocco di matita intorno agli occhi verdi, contornati da qualche pagliuzza dorata, e del leggero mascara sulle ciglia.
“Forza Amèlie, siamo in ritardo, in ritardo!”
Riandò di corsa in camera, prendendo la cartella dove ci aggiunse la macchina fotografica caricata la sera prima e l’orologio del nonno.
Corsero fuori di casa e poi di filata in macchina.
“Presi tutti i libri?”
Chiese il padre.
Amèlie annuì, accendendo la radio.
Non gli andava di parlare della scuola, già era imbarazzante farsi accompagnare alla sua età ma dopo cinque assenze non motivate, di cui suo padre non sapeva niente, l’uomo aveva deciso di accompagnarla personalmente per evitare altre scorribande della figlia.
Arrivarono in perfetto orario, dopo una quindicina di minuti.
“Bene, buona giornata tesoro, di pomeriggio viene a prenderti tua madre”
“Okay, buona giornata papà”
Gli diede un bacio sulla guancia e scese dalla macchina, andando a confondersi tra la massa di studenti pronti a entrare nell’istituto classico.
L’uomo si sporse giusto un poco dal finestrino, tenendo d’occhio il fermaglio tra i capelli della figlia, quando la vide entrare nella struttura sorrise, più tranquillo, e riaccese la macchina per andare a lavoro.

Amèlie controllò che nessun professore fosse in giro, poi corse nei bagni del piano terra, aprì la finestra vicino ai lavandini e la scavallò, saltando fuori nel cortile sul retro.
Si guardò di nuovo intorno e poi corse al muro infondo, si arrampicò borbottando contro gl’inservienti che non tagliavano mai le foglie degli alberi. Arrivata in cima, prese macchina fotografica e il cellulare della tracolla e poi la buttò oltre il muro, iniziando la sua discesa.
Ripresa la tracolla e messo a posto tutto, si mise a correre, sia mai che qualcuno la beccasse proprio in quel momento.

Un’ora e mezza dopo precise, che aveva trascorso sul treno a scattare foto fuori dal finestrino e a persone assorte nei loro pensieri, Amèlie si ritrovò davanti alla casa di riposo per anziani ‘Ultimo Respiro’.
Salendo le scale si ritrovò a ridere, ancora una volta, per il nome e per la reazione del nonno quando si era ritrovato lì davanti per la prima volta.

“Mi vuoi proprio male figliolo se mi metti qui dentro!”

Entrò facendo tintinnare la porta.
“Signorinella, tu non dovresti essere a scuola?”
La riprese l’infermiera alla reception, con fare divertito.
Amèlie le fece l’occhiolino, salutandola.
Ormai tutti la conoscevano in quel posto e non facevano più caso se la ragazza entrava anche in orario non di visita.
Anche perché trovava comunque il modo di entrare.
In quanto a testardaggine, Amèlie faceva concorrenza al nonno.
La ragazza si mosse veloce verso l’area relax, dove aveva intravisto una coda di cavallo a lei molto familiare.
Fece una leggera corsetta e abbracciò di slancio le spalle dell’anziano, lasciandogli un bacio a schiocco sulla guancia.
“Buongiorno nonno!”
Quello alzò gli occhioni dorati verso di lei e sorrise.
“Mi stavo chiedendo come mai eri in ritardo, fagiolina”

“Le mie ossa con questo tempo non fanno che borbottare, per non parlare degli arti artificiali”
“Cambiare aria ti fa bene ogni tanto, lo sai, non puoi stare sempre dentro quell’edificio ad ammuffire”
Edward girò la testa quel poco che bastava per guardare in faccia la nipote, che stava guidando la sua carrozzina.
“Amèlie, come faccio ad ammuffire lì dentro se vieni praticamente ogni giorno per portarmi fuori?”
“Oh beh, le persone di bassa statura sembrano sempre più vecchie”
Ironizzò la ragazza, fermandosi vicino al gazebo poco lontano dalla casa.
“Mi stai dando del fagiolino?!”
“Non lo farei mai”
Rise lei, sedendosi sui gradini e tirando fuori la macchina fotografica dalla tracolla.
Fece una foto al nonno con l’aria imbronciata, andando poi a zoomare sugli occhi dorati.
Erano bellissimi.
Così vivi, infuocati direbbe quasi, nonostante l’età dell’uomo.
“Amèlie”
Edward la fece tornare al presente.
“Sai che tuo padre si arrabbierà quando scoprirà che sei venuta di nuovo qui, dovresti essere a scuola”
“Tu a scuola non ci sei andato, hai fatto solo l’elementari eppure sei un genio”
Si lamentò la nipote, accasciandosi sulla scalinata.
“Erano…altri tempi tesoro, la scuola ti serve”
“Non quella! Non l’ho scelta io, l’ha scelta papà! Io volevo fare l’artistico…ma lui no! Devi studiare cose importanti, per poi entrare in una buona università!”
Sbottò la ragazza.
“Gli Elric sono testardi fagiolina, lo sai”
Mormorò l’anziano, accarezzandole la testa.
La castana si rialzò un poco, andando ad appoggiare il capo sulle sue gambe, chiudendo gli occhi.
“Raccontami ancora le tue storie nonno”
“Non sei troppo grande?”
Chiese Ed, accarezzandole i capelli che tanto gli ricordavano quelli di Trisha.
“Poi mio figlio si arrabbia, perché dice che ti riempio la testa di baggianate”
“Voglio andare nel tuo mondo per un po’, per favore nonno”
L’anziano sorrise.
Quando c’era qualcosa che la stressava troppo, Amèlie gli chiedeva sempre di raccontarle le storie che le raccontava quando era piccola, prima di andare a letto, allora erano solo favole della buona notte, adesso erano un modo per fuggire dalla realtà.
“Quale vuoi sentire, fagiolina?”
“Il tuo scontro contro il colonnello di fuoco”
“Oh, ti piace tanto sentire di come tuo nonno veniva mezzo umiliato eh?”
Chiese Edward, incrociando le braccia al petto.
Amèlie alzò lo sguardo verso il suo e sorrise birichina.
L’anziano non poté che capitolare. Cosa non fanno i nonni per i nipoti, e ormai alle lamentele di suo figlio si era abituato pure lui.
“Dunque…”

Era arrivato quasi a fine racconto, quando sentì che qualcosa non andava.
Era stato nell’esercito e, anche quando erano rimasti da quella parte del portale, lui e Al si erano continuati ad allenare fino a quando avevano potuto, il suo orecchio quindi era ancora abituato a captare dei rumori.
“Che succede?”
Chiese Amèlie, alzando il capo dalle sue gambe, non sentendolo più raccontare.
Edward poggiò le mani sulle ruote della carrozzina e la girò, dando le spalle alla nipote, poggiando un dito sulle labbra, dicendole silenziosamente di non parlare.
La ragazza fece come detto e ‘allungò’ anche lei all’orecchio, ma al contrario di Ed, lei non sentiva niente. Si guardò intorno, ma ancora niente. Aspettò pazientemente allora, rimanendo seduta, fino a quando il nonno le fece segno di andare accanto a lui.
Si alzò e si accucciò di fianco a Ed, rimanendo a disposizione.
“Ascoltami bene Amèlie, adesso prendi la tua borsa e corri fino alla casa di riposo, quando sei arrivata prendi il telefono della reception e chiama immediatamente la polizia”
“La polizia?...Ma, non posso chiamarla da qui con il cellulare?”
“No, devi andartene immediatamente!”
“E tu che fai? Non posso mica lasciarti qui!”
“Io sono vecchio quindi posso anche fare da e-“
“Non pensarlo minimamente!”
Urlò la ragazza, alzandosi in piedi.
Edward, troppo preso dalla conversazione con la nipote, non si era accorto dell’uomo nascosto lì vicino, e quando sbucò dal suo nascondiglio, non fece in tempo a prendere il braccio della nipote per spostarla via da lì.
Vide sua nipote venir bloccata per la vita e una siringa che le s’infilava nel collo.
Avrebbe voluto gridare il suo nome ma qualcosa di freddo gli si appoggiò alla nuca.
“Signor Elric, dovrebbe farci il grande favore di venire con noi”
“Immagino di non poter rifiutare”
Mormorò vedendo Amèlie svenire tra le braccia del suo aggressore.
L’uomo dietro di lui sorrise.
“Immagina bene”

Amèlie si risvegliò con un gran mal di testa, con dei ricordi confusi che le ballavano davanti agli occhi. Sbattendo le palpebre, cercò di riprendere un po’ di controllo, ma quello che si ritrovò davanti non l’aiutò per niente.
“Nonno!”
Gridò, scattando in avanti ma un colpo alla testa la sbattè di nuovo per terra.
“Ehi! I patti erano chiari! Non dovevate toccarla!”
Urlò Edward.
“E lei non doveva muoversi”
Rispose il capo, scuotendo le spalle con nonchalance.
“Lasciami avvicinare”
Sibilò l’anziano.
“Poi continueremo, ma adesso lasciami andare da mia nipote”
Andrei, il capo, lo guardò attentamente, poi avvicinò il viso al suo.
“Patti chiari Elric, cinque minuti con la nipotina poi farai esattamente quel che ti diciamo, altrimenti la saluterai in un altro modo, abbiamo capito entrambi quale, vero?”
L’anziano si ritrovò ad annuire frettolosamente, prima di venir sollevato e spinto per terra vicino alla nipote.
Le accarezzò la tempia sporca di sangue.
“Che succede nonno? Chi sono questi? Cosa vogliono?!”
Mormorò Amèlie, terrorizzata, mentre iniziava a piangere.
“Sono delle persone che fanno parte di un’organizzazione che pensavo di avermi lasciato dietro le spalle parecchi anni fa, tesoro mio, mi dispiace così tanto di aver coinvolto anche te”
Le sussurrò Ed, abbracciandola stretta.
Quando la sentì farsi sfuggire un singhiozzo spaventato si sentì morire dentro.
Avrebbe voluto poter dirle che sarebbe andato tutto bene, ma non ne ebbe neanche il tempo, li separarono brutalmente.
“Mollami! Dannazione, lasciami!”
Urlò la castana, iniziando subito ad agitarsi tra le braccia del suo aggressore.
Andrei la guardò di striscio un attimo soltanto, poi prese la sua pistola dalla cintura e sparò alla gamba di carne di Edward.
Alla castana gli mozzò il fiato in gola mentre l’anziano reprimeva l’urlo.
“Oh, la bambina si è calmata, molto bene, passiamo alle cose importanti Elric, ora. Aziona il cerchio”
Lo incalzò l’uomo, prendendolo per la collottola delle spalle in modo da metterlo in piedi, indicando poi con la pistola il cerchio disegnato per terra con il gesso.
Ed ingoiò la saliva, cercando di non imprecare dal dolore, doveva tenere gli occhi fissi su Amèlie.
“L’alchimia non funziona da questa parte, non posso attivarlo”
“Ma davvero?”
Chiese Andrei, facendosi passare un fascicolo di fogli.
“Perché, secondo queste informazioni, in passato sei riuscito ad attivarlo e i nostri predecessori sono riusciti ad arrivare a Shamballa, esattamente quello che vogliamo fare pure noi. Ora, io scommetto la vita della tua cara nipotina che, volendo, puoi attivarlo invece”
“Non posso, il portale è stato chiuso da entrambe le parti!”
Urlò l’anziano.
“Scommettiamo?”
Sorrise Andrei, puntando la pistola contro Amèlie.
“No!”
Gridò l’anziano mentre la ragazza stringeva gli occhi, preparandosi al colpo.
“Lo farò! Lo farò, ma lasciala stare!”
Gridò ancora, guardando le lacrime che scorrevano sulle guance del suo tesoro più grande.
“Ma serve un sacrificio…uno scambio equivalente, altrimenti non si attiverà”
“Nessun problema”
La pistola stavolta sparò verso l’uomo che teneva ferma Amèlie, la quale si ritrovò a strillare terrorizzata quando ulteriore sangue andò ad imbrattarle il viso, scappando verso le braccia di Ed tese verso di lei.
“E’ abbastanza come sacrificio?”
Sorrise Andrei.
“Bastardo”
Bisbigliò l’anziano, accarezzando la schiena della nipote scossa dai tremiti.
L’uomo perse il sorriso e puntò la pistola nuovamente verso Amèlie.
“Muoviamoci vecchio, Shamballa ci aspetta”
Edward sospirò.
“Tesoro, accompagnami per favore”
“Cosa vuoi fare?”
Chiese la castana.
Il nonno accarezzò la guancia alla nipote.
“Amèlie…i miei non erano racconti, erano ricordi…”
“Non…Non capisco”
L’anziano annuì, baciandole delicatamente la fronte.
“Ti prometto che ti porterò via da qui, ti fidi di me, eh fagiolina?”
La ragazza annuì e, titubante, abbozzò un sorriso per farlo stare tranquillo e lo accompagnò fino al cerchio per terra, aiutandolo a inginocchiarsi.
Ed si morse con forza il dito, facendosi uscire un po’ di sangue. Guardò l’uomo agonizzante al centro del cerchio e si ritrovò a sospirare, sussurrando delle scuse.
Batté le mani, lasciando che il sangue si mescolasse bene anche sull’arto meccanico, poi poggiò le mani per terra, sopra il gesso.
Non successe niente.
Edward chiuse gli occhi, mormorando qualcosa.
“Beh?!”
L’anziano pressò meglio le mani sul gesso.
“Nonno?”
Bisbigliò Amèlie.
Ed si girò verso di lei e le sorrise.
“Ti voglio tanto bene Amèlie”
Le mormorò alzando la mano per mettergliela sulla spalla, la guardò con amore e poi la spinse con tutta la forza che gli rimaneva dentro al cerchio.
La ragazza, già frastornata, non riusciva a capire quel comportamento ma poi iniziò a sentire delle mani sul suo corpo. Abbassò lo sguardo e vide centinaia di manine nere che iniziarono a trascinarla verso il terreno.
Strillò.
Alzò lo sguardo su suo nonno ma lo vide sorridere tranquillo.
“Andrà tutto bene, tranquilla…ti voglio bene fagiolina”
Avrebbe voluto chiedergli tanto altro, Amèlie, ma quello che le uscì dalla bocca fu solo un lungo ‘no’ quando vide Andrei sparare alla schiena di suo nonno.
L’ultima cosa che vide fu Edward accasciarsi al suolo, poi quelle manine nere la fecero scomparire del tutto e lei cadeva nell’oblio.



*La canzone è 'Unwritten' di Natasha Bedingfield.
Noticina post capitolo: so benissimo che il portale nel film è stato distrutto, ma mi sono presa questa piccola licenza poetica ispirata alla scena del film dove Ed, dopo essersi passato una mano sulla guancia ferita, attiva il cerchio, un pò banale lo ammetto ma passatemela per favore ^^''.


 
   
 
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